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1.2 Modifiche al codice civile
La tecnica normativa utilizzata dal legislatore è stata
quella di modificare, con l’art. 2, la rubrica del titolo XII
del libro primo del codice civile già intitolata
“Dell’infermità di mente, dell’interdizione e
dell’inabilitazione” denominandola “Delle misure di
protezione delle persone prive in tutto od in parte di
autonomia”.
Con il successivo art. 3 è stato introdotto nel predetto
titolo XII il capo I intitolato “Dell’amministrazione di
sostegno”, nel quale le norme disciplinanti il nuovo istituto
sono state inserite come articoli dal 404 al 413
1
.
L’art. 4 della l. n. 6/04 ha poi introdotto nel titolo XII del
codice civile il capo II intitolato “Della interdizione, della
inabilitazione e della incapacità naturale”, nel quale sono
1
Questi ultimi, nel testo originario del codice civile, facevano parte del
titolo XI, relativo all’affiliazione e all’affidamento ed erano stati
abrogati dall’art. 77 della legge 4 maggio 1983, n. 184. Ormai privi di
testo vigente, questi articoli sono stati utilizzati dal legislatore del
2004 per inserirvi la disciplina del nuovo e diverso istituto.
Conseguentemente l’art. 11 della l. n. 6/04 ha abrogato l’art. 39 disp.
att. c.c., il quale si riferiva al procedimento di affiliazione.
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confluiti i previgenti articoli in materia (da 414 a 432), in
parte modificati dagli articoli da 4 a 10 della nuova legge.
I rimanenti articoli da 12 a 20 della l. n. 6/04 recano
“norme di attuazione, di coordinamento e finali”.
1.3 Legge n. 6 del 9 gennaio 2004
Anteriormente alla l. n. 6/04, l’interdizione comportava la
perdita totale della capacità di agire del soggetto, il quale
era quindi privato del potere di compiere validamente
qualsiasi atto giuridico, sia di straordinaria che di ordinaria
amministrazione, dovendo essere sempre rappresentato
dal tutore.
Questa incapacità andava a colpire anche gli atti di natura
personale, non potendo l’interdetto contrarre matrimonio
(art. 85 c.c.), disporre per testamento dei propri beni (art.
591 c.c.), ovvero riconoscere un figlio naturale (art. 266
c.c.).
L’inabilitato, che conservava la capacità di agire
relativamente agli atti di ordinaria amministrazione e agli
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atti civili a contenuto non patrimoniale, non poteva invece
compiere alcun atto eccedente l’ordinaria amministrazione,
se non con l’assistenza di un curatore.
L’art. 9 della l. n. 6/04 ha modificato questo quadro,
aggiungendo all’art. 427 c.c. un nuovo comma.
Esso stabilisce che, nella sentenza di interdizione o di
inabilitazione o con successivo provvedimento
2
, l’autorità
giudiziaria
3
può individuare alcuni atti di ordinaria
amministrazione che possono essere compiuti
dall’interdetto senza l’intervento ovvero con l’assistenza
del tutore, oppure determinati atti di straordinaria
amministrazione che possono essere compiuti
dall’inabilitato senza l’assistenza del curatore.
Si è quindi prevista la possibilità che l’interdetto conservi
la capacità di agire, per porre in essere specifici atti
2
Non essendo prevista la forma di sentenza, il successivo
provvedimento ben può essere un decreto motivato, in applicazione
dei principi generali contenuti negli artt. 121 e 131 c.p.c. nonché di
quanto previsto dall’art. 737 c.p.c. in materia di procedimenti
camerali. Si deve inoltre ritenere che i provvedimenti integrativi
possano essere emessi anche con riferimento a interdizioni e
inabilitazioni pronunciate prima dell’entrata in vigore della l. n. 6/04.
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In assenza di ulteriori specificazioni della norma, l’autorità giudiziaria
competente per l’emissione dei successivi provvedimenti va
individuata nella stessa competente per la pronuncia e la revoca
dell’interdizione o dell’inabilitazione, e dunque nel tribunale, ordinario
o per i minorenni in base all’età del soggetto al momento della
domanda. Tanto si deduce dalla lettura coordinata degli artt. 38 e 40
disp. att. c.c., nonché degli artt. 712 e 720 c.p.c..
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patrimoniali individuati caso per caso dall’autorità
giudiziaria; parimenti, si è riconosciuto che l’inabilitato
possa mantenere una capacità di agire piena anche per
alcuni atti di straordinaria amministrazione.
In tal modo, il legislatore ha inteso ovviare agli
inconvenienti derivanti da una generalizzata esclusione
della capacità di agire per soggetti che, pur infermi di
mente, mantengono comunque una capacità di
autodeterminazione rispetto agli atti della vita
quotidiana.
E’ rimasto, invece, invariato il regime giuridico previgente
per ciò che riguarda gli atti c.d. “personalissimi”
(matrimonio, testamento, riconoscimento di figlio
naturale). L’attenzione verso la concreta
situazione di vita del singolo beneficiario ha trovato la
massima espressione nella disciplina degli effetti
sostanziali dell’amministrazione di sostegno.
Il nuovo art. 405 c.c. prevede che nel decreto di nomina
dell’amministratore il giudice tutelare indichi
specificamente gli atti che l’amministratore stesso ha il
potere di compiere in nome e per conto del beneficiario,
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nonché gli atti che il beneficiario può compiere solo con
l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
La prospettiva è dunque rovesciata rispetto a quella
operante in tema di interdizione e di inabilitazione: per
queste ultime è stabilita una generale incapacità del
soggetto, tranne che per gli atti espressamente individuati
dal giudice; nell’amministrazione di sostegno, invece, è
affermata una generale capacità di agire del beneficiario,
tranne che per gli atti espressamente menzionati.
Inoltre, il comma 2 dell’art. 409 c.c. prevede che il
beneficiario possa “in ogni caso” compiere gli atti
necessari a soddisfare le esigenze della vita quotidiana: in
questa ipotesi, dunque, il soggetto mantiene comunque
intatta la possibilità di libera autodeterminazione
4
.
4
Ne consegue che le limitazioni o i divieti in relazione a determinati
atti o negozi giuridici, stabiliti da specifiche norme con riferimento
all’interdetto o all’inabilitato, potranno essere applicate al beneficiario
dell’amministrazione di sostegno solo ove espressamente richiamate
nel decreto di nomina dell’amministratore, operando altrimenti il
principio della generale capacità di agire del beneficiario. Possono qui
ricordarsi, a titolo esemplificativo e oltre agli atti elencati negli artt.
374 e 375 c.c. (come richiamati dall’art. 424 c.c.) i seguenti articoli del
codice civile: 85 e 119 in tema di matrimonio; 371 n. 3 e 425 in tema
di esercizio dell’impresa commerciale; 471 e 472 in tema di
accettazione di eredità con beneficio di inventario; 591 in tema di
testamento; 166, 774 e 776 in tema di donazione; 1626 in tema di
scioglimento di affitto; 1722 e 1728 in tema di estinzione del
mandato; 1833 in tema di recesso dal contratto di conto corrente;
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Si deve infine osservare che, anche per gli atti per i quali è
previsto il necessario intervento dell’amministratore, la
volontà del beneficiario non è del tutto priva di rilevanza.
Infatti, nel comma 2 del nuovo art. 410 c.c. è previsto
l’obbligo dell’amministratore di informare tempestivamente
il beneficiario prima del compimento dei singoli atti e, per
il caso di dissenso con lo stesso, l’obbligo di informare il
giudice tutelare, il quale può anche essere chiamato, su
ricorso di uno degli interessati, a risolvere il contrasto con
apposito decreto motivato.
Nel caso dell’amministrazione di sostegno, il comma 2 del
nuovo art. 412 c.c. dispone l’annullabilità degli atti
compiuti personalmente dal beneficiario in violazione delle
disposizioni di legge o di quelle contenute nel decreto che
istituisce l’amministrazione di sostegno.
Viene in considerazione l’ipotesi del compimento, senza
intervento dell’amministratore, di uno degli atti
2286 in tema di esclusione del socio dalla società di persone; 2382 e
2399 in tema di ineleggibilità e decadenza dell’amministratore o del
sindaco di società per azioni. Parimenti le limitazioni alla capacità
processuale previste dall’art. 75 c.p.c. opereranno solo per gli atti per
i quali sia stata stabilita dal giudice tutelare la necessità di
rappresentanza o assistenza da parte dell’amministratore di sostegno.
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per i quali il giudice tutelare abbia previsto
l’incapacità o la semicapacità del beneficiario.
Legittimati all’azione di annullamento sono in questo caso
l’amministratore, il beneficiario ovvero i suoi eredi o aventi
causa
5
.
Un’altra ipotesi di annullamento, contemplata dal comma
1 del medesimo art. 412, ricorre allorché sia stato
l’amministratore a porre in essere atti in violazione di
disposizioni di legge oppure in eccesso rispetto all’oggetto
dell’incarico o ai poteri conferitigli dal giudice.
In questa previsione rientrano tutti i casi nei quali
l’amministratore abbia agito violando il dovere di tenere
conto dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario ovvero
trovandosi in conflitto di interessi col medesimo o ancora
esorbitando dall’ambito degli atti per i quali nel decreto di
nomina gli è stato attribuito potere di intervento.
Legittimati ad agire per l’annullamento sono, oltre al
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Nella locuzione impiegata dall’art. 412 “eredi ed aventi causa” la
congiunzione “ed” va intesa in senso disgiuntivo di “o”,
conformemente a quanto risulta dalle analoghe disposizioni in tema di
interdizione e inabilitazione.
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beneficiario, ai suoi eredi o aventi causa, anche il pubblico
ministero e lo stesso amministratore
6
.
Oltre alle previsioni di portata generale di cui all’art. 412, il
comma 1 dell’art. 411 c.c. stabilisce l’applicabilità
all’amministrazione di sostegno, in quanto compatibili, di
alcune specifiche disposizioni dettate dal codice civile in
materia di tutela dei minori.
Tra le norme richiamate rilevano, in tema di annullabilità
degli atti, quelle che prescrivono la necessaria
autorizzazione del giudice tutelare (art. 374) ovvero del
tribunale (artt. 375 e 376) per il compimento da parte del
tutore degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione ivi
elencati, con l’espressa previsione dell’annullabilità degli
stessi ove compiuti senza la prescritta autorizzazione o in
modo difforme da essa (art. 377).
L’art. 411 precisa che, nel caso dell’amministratore di
sostegno, il provvedimento autorizzativo è emesso sempre
dal giudice tutelare.
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La legittimazione del pubblico ministero si giustifica in
considerazione dell’interesse pubblico connesso con l’esigenza di un
puntuale controllo circa il corretto esercizio delle funzioni di
amministratore di sostegno. Quanto alla legittimazione
dell’amministratore, occorre considerare che potrebbe trattarsi di
persona diversa da quella che ha posto in essere l’atto viziato.