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operazioni di trasporto, magazzinaggio e vendita, privilegiando dunque gli aspetti
funzionali e protettivi dell’involucro, collegati a quelli logistici.
Se si va in seguito ad esaminare la voce “packaging” si troverà: “forma nominale
del verbo to package ( “imballare”), usato generalmente in forma passiva, a sua
volta derivato dal verbo to pack (“imballare, stipare”), forma sviluppatasi dal Middle
English packe, pakke, ed è lemma probabilmente adottato dal fiammingo pak; il
lessema appare in inglese nel periodo di sviluppo del commercio delle lana […]”
2
.
Analizzata l’origine del vocabolo, mutuato dunque dall’inglese ed entrato nell’uso
comune della nostra lingua, andiamo ora ad approfondirne la definizione.
Scorrendo la voce “packaging” notiamo che, secondo il Grande Dizionario
Enciclopedico Larousse, consiste nella “preparazione per la vendita di un oggetto,
articolo o prodotto compresa una buona presentazione e una protezione
meccanica o fisico-chimica sufficiente; il contenitore stesso”. Vediamo quindi che il
termine si riferisce al confezionamento e alla presentazione del prodotto, tanto
nella sua accezione di contenimento e protezione quanto di informazione e
persuasione, funzione quest’ultima attinente alla comunicazione e al marketing.
Se consideriamo quanto scrive Anceschi, comprendiamo che un corretto utilizzo
dei due termini permette la selezione di un determinato ambito funzionale
dell’involucro a seconda del caso specifico, dato che “ probabilmente, è infatti più
opportuno parlare di imballaggio laddove sia in questione la funzione di
contenimento, di protezione, ecc., laddove emerga il carattere sistemico dell’intero
contesto, allora si può dire che il ruolo principale tocca al designer industriale, che
si occuperà di questioni che vanno dall’impilabilità alla riciclabilità, ecc.”. Egli
sostiene inoltre che “laddove invece si tratta della dialettica suasiva e persuasiva,
del celare e del mostrare, quando è in causa l’arte retorica del modificare il
comportamento dei destinatari, dovunque, ad esempio, i materiali vengano usati, al
di là delle loro peculiarità tecnico-funzionali, per le loro qualità sensoriali e
semantiche, laddove a questi registri sintattici della grafica , insomma, in generale,
in tutti i luoghi e i modi dove il prodotto va incontro all’immaginario del
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Mariani, G. (a cura di), Il dizionario illustrato della pubblicità, Lupetti & Co., Milano, 1992.
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consumatore, allora si avrà un ruolo principale delle comunicazioni visive, e
l’oggetto progettuale si chiamerà packaging”
3
.
Conferma la distinzione qui presentata Abruzzese, definendo infatti il packaging
come “attività di creazione della confezione di un prodotto al fine di proteggerlo, ma
soprattutto di presentarlo al consumatore”
4
.
Per maggiore chiarezza specifichiamo che nella presente trattazione utilizzeremo i
due termini in modo indifferente al fine di semplificarne la lettura.
3
Anceschi, G., L’involucro transitorio, Imballaggio, n. 439 (settembre), 1992, p. 125.
4
Cfr.la voce “packaging”in Abruzzese, A., Colombo, F., Dizionario della pubblicità, Zanichelli,
Bologna, 1994.
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Introduzione
Divenuto una presenza costante nella sfera personale, il packaging, rivestimento
del prodotto, segno distintivo della produzione industriale, custodisce ogni merce
che acquistiamo, ci parla, ci seduce, ci informa, ci emoziona, ci semplifica (o
complica) la vita.
Lo incontriamo ovunque: in ufficio, al supermercato, al bar, al cinema, ma anche
nelle nostre case. Lo vediamo in televisione, sul giornale, in rete, sul tram, per la
strada. Non possiamo evitarlo, né darlo per scontato. Dentro la confezione si
racchiude una grande storia, la storia della nostra civiltà, di tutti noi, ma anche
storie più piccole, che parlano di alcuni di noi. Storia di rivoluzioni industriali e
commerciali, di mutamenti sociali e culturali, di invenzioni e innovazioni tecniche,
storia di uomini ingegnosi e idee vincenti, quella del packaging diventerà poi anche
una storia di marche e di prodotti simbolo, per raggiungere oggi uno stadio di
maturità, delineato dalla consapevolezza della sua importanza da parte di tutti i
suoi interlocutori.
Protezione e conservazione, movimentazione nello spazio e nel tempo,
comunicazione e persuasione, informazione e servizio, emozione ed esperienza:
queste sono le valenze che l’oggetto possiede nell’attuale panorama del consumo,
del quale è ormai attore protagonista, in un crescendo che lo ha trasformato da
semplice contenitore a potente fonte di valore, se abilmente utilizzato, ma anche di
problemi, se non se ne comprende la pervasività.
Scopo della presente trattazione è descrivere l’evoluzione parallela tra packaging e
stili di consumo, analizzando le fasi del passaggio dal bisogno al desiderio, dalla
protezione alla comunicazione, dal materiale all’immateriale, dalla funzione
all’emozione, dalla ragione al cuore. Per tornare, oggi, alla ragione.
Tutto in una logica di risposta alle mutevoli esigenze del consumatore.
L’elaborato si articola in tre parti, nella prima si delinea l’evoluzione dell’oggetto di
studio partendo dai bisogni primordiali che caratterizzavano le antiche civiltà rurali
e proseguendo nella direzione delle esigenze più complesse originate dalla
rivoluzione distributiva e commerciale. Il primo capitolo si propone, infatti, di
inquadrare il packgaging in una prospettiva prettamente storica. A tale scopo si è
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partiti da un’ottica diacronica, che ha permesso di percorrere le tappe della nascita
e dell’affermazione del packaging nello scenario dei consumi, estrapolandone le
motivazioni tanto di natura protuttivo-commerciale quanto socio-culturale. Due
rivoluzioni sono alla base delle progressive trasformazioni del packaging: quella
industriale dell’Ottocento, generatrice del fenomeno “merce”, e quella commerciale
del Novecento, madre del fenomeno “packaging” come venditore silenzioso.
Abbondanza ed iperconsumo, apparenza e spettacolarizzazione, questi sono i
fenomeni che fanno contemporaneamente da sfondo e da elementi propulsori della
nascita del moderno packaging.
La seconda parte è dedicata, dunque, allo studio del packaging moderno e
postmoderno e delle sue valenze logistico - comunicative che diventano leve
strategiche nell’ambito del marketing. Il secondo capitolo si apre con la questione
definitoria, seguita da una messa a fuoco sulle funzioni dell’oggetto di studio
nell’odierna condizione di mercato. Successivamente si è passati ad osservare il
packaging all’interno della disciplina del marketing descrivendo come le sue
funzioni non si esauriscono con la protezione, la conservazione o il trasporto, ma si
allargano a tal punto che esso è da intendersi come strumento di creazione di
valore per l’impresa, in un’ottica che unisce marketing e comunicazione, in vista
delle quale, oggi, gli involucri vengono utilizzati sapientemente nelle strategie di
marketing insieme ai tradizionali mezzi di comunicazione aziendale. In tale
contesto si è dimostrato come il packaging sia diventato un artefatto comunicativo
sempre più complesso che informa, definisce la personalità del prodotto, racconta i
valori della marca, trasmette la brand identity; cattura l’attenzione, migliora le
prestazioni del prodotto, comunica sullo scaffale del punto vendita, così come nel
luogo di consumo, ricoprendo un ruolo delicato nell’ambito della redazione dei
piani di promozionali aziendali. La progettazione del packaging rappresenta una
fase molto delicata, sia per quanto concerne il messaggio che si decide di inviare,
sia in relazione alle modalità attraverso cui trasmetterlo, all’interno della
programmazione delle strategie di marketing e comunicazione. E’ qui che il
packaging, collocato all’interno dei diversi artefatti comunicativi, è stato presentato
come attore massmediale, in grado di far emergere un prodotto anche nella
virtualità dei mezzi della comunicazione di massa.
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Mentre nel punto vendita e nei luoghi di consumo il packaging è esso stesso
strumento e intermediario della comunicazione, negli spazi tradizionali della
comunicazione mediatica si modifica, passando da protesi a oggetto/prodotto.
Abbiamo in seguito approfondito le connessioni tra packaging e brand,
dimostrando come questa si riveli nella confezione, in maniera immediata, grazie a
piccoli dettagli grafici, estetici e di immagine che diventano nel tempo segni di
riconoscimento e garanzia di qualità. Nell’involucro di un prodotto si sommano una
serie di tratti caratterizzanti che contribuiscono alla definizione di un’immagine, e
del prodotto e della marca. Sia nella sua natura materiale, sia in quella
comunicativo-simbolica, il package designer deve, pertanto, prestare attenzione ad
ogni aspetto del progetto, dalla forma al colore, dalla materia agli elementi grafico
illustrativi, attraverso i quali esso svolge i tanto i suoi compiti tecnici e funzionali
quanto quelli informativi e persuasivi. Abbiamo evidenziato a tal proposito un
principio fondamentale affinché il packaging rappresenti un efficace mezzo di
comunicazione e informazione: la coerenza interna, intesa come l’armonia tra le
componenti della confezione e quella esterna. Nella trattazione è emerso come lo
studio degli elementi costitutivi sia un passo fondamentale nella progettazione del
packaging in vista del fatto che una loro buona coordinazione può influenzare la
decisione d’acquisto del consumatore nel punto vendita, dove la dimensione
emozionale risulta potente e l’acquisto è dettato nella maggior parte dei casi da
decisioni prese d’impulso. Il terzo capitolo è infatti dedicato alla componente
estetica ed emotiva dell’acquisto. A tale scopo il packaging è stato delineato come
un dispositivo in grado di stupire, emozionare, in risposta alle esigenze di una
società definita postmoderna, nella quale la materialità cede il posto
all’immaterialità e il desiderio prende il sopravvento sul bisogno, il consumo
assume una connotazione molto più personale, unica ed esclusiva, che travalica il
valore del singolo bene per riferirsi invece al complesso microcosmo che lo stesso
consumatore si crea, giocando con la propria identità e con i significati spesso
imprevedibili che gli oggetti hanno. In risposta alle sue esigenze il packaging si
presenta come un oggetto in grado di veicolare esperienze estetiche, solistiche,
polisensoriali, attirando il consumatore in un vortice di emozioni che lo inducono
all’acquisto. Si è dimostrato come un packaging emotivamente efficace sia stato
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all’origine di grandi successi di mercato, in particolare mediante l’adozione del
kansei, una disciplina orientale che studia le emozioni del consumatore
trasformandole in elementi di design.
La terza parte infine analizza il trend più attuale del consumo, orientato in direzione
della sostenibilità ambientale, verso cui il packaging si sta progressivamente
evolvendo per rispettare la sua vocazione di oggetto “nelle mani” del consumatore.
Il quarto capitolo parte dal presupposto che il packaging è una medaglia dalla
doppia faccia: da un lato, uno strumento comunicativo e funzionale che ha
permesso di migliorare il rapporto tra l’uomo e le merci; dall’altro, un pericolo che
ha peggiorato il rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Si è decritto pertanto il problema
connesso al suo impatto ambientale, presentandone in seguito le soluzioni
normative e gli strumenti volti a ridimensionarlo.
La trattazione si conclude, nel quinto capitolo, con lo studio di uno specifico caso
aziendale, particolarmente significativo e degno di nota. L’azienda presa in esame
è Tetra Pak leader mondiale nel settore del packaging in cartone per liquidi, e del
rispetto per l’ambiente.
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Parte Prima
IL PACKAGING:
PROSPETTIVA STORICA
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- CAPITOLO PRIMO -
1. L’affermazione del packaging nello scenario dei
consumi
1.1. Alle origini del packaging
Per iniziare il nostro viaggio alla scoperta del packaging dobbiamo partire da molto,
molto lontano, addirittura dalla preistoria.
Mettiamo da parte, per il momento, scatole di cartone, sacchetti di alluminio,
confezioni di vetro e plastica, l’infinita gamma di forme e colori che caratterizzano il
packaging moderno e vediamo che, sebbene prima della sua nascita non
esistesse una motivazione di tipo prettamente commerciale che lo rendeva
necessario, da sempre l’uomo ha avvertito l’esigenza di utilizzare involucri,
recipienti, confezioni e contenitori al fine di custodire e preservare varie tipologie di
beni, per numerose ragioni di ordine pratico.
1.1.2. Packaging ”preistorico”…
I primi rudimentali recipienti erano costituiti da oggetti resi disponibili dalla natura;
si trattava di zucche, conchiglie, tronchi cavi, organi animali e così via.
Seguendo il progresso della civiltà comparvero i primi contenitori di origine
artificiale, ancora rozzi e primordiali, la cui evoluzione accompagnò quella dei
materiali inventati o scoperti progressivamente dall’uomo, come ad esempio la
ceramica, i metalli, il vetro.
La ceramica fu invero il primo materiale prodotto dall’uomo, col quale vennero alla
luce, intorno al 9000 a.C., le prime anfore, contenitori esemplari sia in tema di
funzionalità che di estetica, come si evince dalla descrizione riportata in seguito: