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Se lo scopo della psicologia è, con A. Adler, “l’esplorazione del significato implicito
di tutte le espressioni dell’individuo, per trovare la chiave che permette di individuare il suo
scopo e paragonarlo con lo scopo degli altri individui” (A. Adler in Bastianini, 1987, pag. 41),
la psicodiagnosi è il punto di partenza di questo cammino, finalizzato ad avviare un vero
processo di modificazione dello stile di vita, orientato alla crescita armoniosa ed a rendere il
bambino consapevole delle sue difficoltà e dei suoi errori “di percorso”, ma anche della sua
importanza come persona e delle sue capacità.
Si dispiega “l’aspetto processuale” della diagnosi : un’attenta valutazione e
descrizione del presente offre indicazioni rispetto al livello di adattamento-disadattamento ; la
storia del soggetto (“aspetto genetico”) dice come quel soggetto è diventato quello che è ;
l’eventuale comprensione degli obiettivi consci ed inconsci che il soggetto si prefigge
(“aspetto teleologico o finalistico”) completa l’immagine della personalità in esame nelle sue
caratteristiche “strutturali e dinamiche” e permette una previsione attendibile rispetto
all’evoluzione e al decorso della situazione (“aspetto prognostico”) (Vidotto, in Grandi,
1995).
Il processo diagnostico si conclude con la restituzione al bambino (che varierà a
seconda dell’età, della gravità del disturbo, della motivazione esplicita del bambino) e ai
genitori (capitolo 2).
Lo psicologo, durante il percorso psicodiagnostico, viene a conoscenza di aspetti
molto profondi della personalità che, molto spesso, sono a livello inconscio nel bambino, che
non vanno toccati nel colloquio di restituzione (Lis, 1990). Si tratta di fare leva su aspetti
preconsci che sono più facilmente collegabili alla motivazione e al disturbo del bambino. Con
soggetti in età evolutiva ed in particolare con gli adolescenti è importante concordare con loro
cosa riferire ai genitori dei contenuti emersi durante gli incontri.
Il colloquio di restituzione con i genitori è il momento più delicato della fase
diagnostica e da esso dipende l’utilità dell’indagine clinica. Ha come scopo quello di
comunicare loro una valutazione clinica, una sintesi del lavoro svolto, da utilizzare insieme a
loro per costruire un quadro psicologico-comportamentale del bambino, che consenta di
evidenziare le difficoltà che il figlio potrà incontrare nella crescita, assieme alle risorse
presenti (Codispoti, 2002).
Inoltre, è necessario valutare con i genitori i modi di intervento, se e come essi
possano aiutare il bambino sul piano educativo e del loro rapporto con lui, quali accorgimenti
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possano essere messi in atto, e un eventuale progetto di presa in carico psicoterapeutica. È
importante discutere l’impatto emotivo che tale proposta può avere.
Un aspetto di maggiore riflessione è il progetto terapeutico(capitolo 3), la
progettazione degli interventi con i bambini e con le loro famiglie. Scopo di questo scritto è di
evidenziare proprio come si costruisce il progetto terapeutico, un tentativo di intervento
complessivo che prenda in considerazione le possibili modalità di presa in carico del bambino
e del contesto relazionale : presa in carico del bambino di tipo psicoterapeutico o
psicomotorio, presa in carico della famiglia, presa in carico dei contesti.
Essendo in questione la psicoterapia, e considerando che la diagnosi deve essere intesa
come un momento di preparazione alla terapia successiva, qualora sia necessaria, mi soffermo
sulle basi del progetto terapeutico in psicoterapia (capitolo 3).
“Considerata una teoria, acquisiti gli assunti di base, si prendono in
esame le ipotesi di partenza e gli obiettivi che si è inteso raggiungere e si vaglia
con metodo coerente se le tecniche che vengono proposte, possono consentire il
raggiungimento dei suddetti obiettivi” (Grandi, 2002).
Passerò poi ad analizzare i primi momenti della terapia (capitolo 4) considerando i
vari strumenti che il bambino utilizza all’interno delle sedute attraverso cui potrà comunicare
i suoi pensieri e i suoi sentimenti al terapeuta.
Tenendo in considerazione il progetto terapeutico pensato per questo bambino, ho
cercato di riflettere nel corso della terapia sul progetto, sugli obiettivi del trattamento i quali
possono cambiare di fronte a fattori nuovi o a problemi in precedenza non riconosciuti.
Non di rado, dopo che gli accertamenti iniziali sono conclusi e la terapia è
cominciata, può succedere che la motivazione del paziente cambi, che la
situazione di realtà si modifichi, oppure che vengano in luce fattori prima ignoti
al terapeuta, indicando che le mete fissate inzialmente non sono più quelle
ottimali. Può darsi che lo scopo iniziale fosse troppo ambizioso, oppure che la
valutazione del paziente si sia rivelata pessimistica, cosicché ora è possibile
mirare ad obiettivi più ambiziosi (Dewald, 1964, pag. 129).
5
Una valutazione diagnostica continuamente in corso è fondamentale nello svolgimento
della terapia. Il terapeuta deve avere una definizione concettuale chiara delle finalità del
trattamento, basata su un giudizio conscio, esplicito e razionale. Quando le finalità e le
strategie del trattamento non sono chiare, la terapia diventa spesso vaga e inconcludente.
È importante non tralasciare d’altronde gli altri interventi progettuali, proprio perché
per intraprendere un trattamento individuale con un bambino, è necessario non sottovalutare o
trascurare l’importanza del mondo esterno, non solo con i genitori, ma anche con le
insegnanti, le istituzioni, i servizi sociali, ecc. . Il terapeuta interviene come membro di
un’èquipe insieme ad altri operatori e ad altri enti.
In conclusione, riprendo il pensiero di Grandi (2005) rispetto a questo punto :
Pregnante diventa [...] la considerazione che una o due ore settimanali di
lavoro terapeutico, non possono incidere, specie in un bimbo, più di tanto ; le
pressioni familiari e socioambientali appaiono troppo potenti per subire un
costruttivo scardinamento e non si dimentichi che spesso è proprio
l’interrelazione nell’ambito del nucleo primario quella che può essere
considerata la genesi prima e il rinforzo poi del disturbo psicologico. [...]
l’opportunità di coinvolgere famiglia ed insegnanti nel processo terapeutico,
evitando [...] di infrangere segreti professionali nonché l’alleanza terapeutica
che ha da essere espletata ed esperita col solo soggetto di cui ci si è presi cura.
L’azione riguarderà invece il coinvolgimento, la messa in azione cioè di
operazioni idonee ad introdurre famigliari ed insegnanti nel processo curativo
quali attori indispensabili per la buona riuscita dello stesso.
L’azione di counselling [...] viene a tradursi in comprensione
socioterapica che il disturbo va combattuto là dove si è espresso e verificato ;
[...] l’intervento poi del docente [...] completerà l’azione di crescita con la messa
in opera di strumentazioni corrette, finalizzate ed armonicamente impostate
(sinergia famiglia/scuola/bimbo). È evidente come azioni coordinate consentano
comprensioni più approfondite dei problemi, nonché conseguenti operazioni
teleologicamente e produttivamente impostate (Grandi, 2005).
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CAPITOLO 1
PRESENTAZIONE DEL CASO
Il caso presentato in questo lavoro riguarda un bambino di 7 anni, Gabriele.
Si presenta al servizio di Neuropsichiatria Infantile la madre di Gabriele nel febbraio
del 2004 preoccupata per le difficoltà scolastiche riscontrate. Gabriele risulta indietro
nell’apprendimento della letto-scrittura. È invitata dal neuropsichiatra ad attendere in quanto
nel periodo della scuola materna il bambino non ha avuto adeguati stimoli per poter
incrementare tali capacità.
La madre ritorna al servizio nel settembre 2004 all’inizio della seconda elementare
evidenziando come le difficoltà scolastiche non siano diminuite ed inoltre sembra presentare
dei momenti di ‘assenza’.
Viene così attuato l’inizio dell’intervento con una serie di test da parte del
neuropsichiatra che evidenziano una lieve disprassia e un disturbo del linguaggio. Sono stati
somministrati a Gabriele le matrici di Raven con risultato tra 50° e 75°, e prove
metafonologiche. L’ipotesi diagnostica è stata di sospetta epilessia per cui viene richiesta una
diagnosi differenziale (viene prenotato l’EEG) e di disturbo di apprendimento da approfondire
con sedute psicodiagnostiche.
Il percorso psicodiagnostico ha inizio nell’ottobre 2004 e ha termine nel febbraio
2005, prendendo forma più di terapia che di diagnosi proprio per le caratteristiche del
bambino che vengono qui di seguito riportate.
Al primo colloquio anamnestico si presenta solo la madre di Gabriele, la quale dice di
non capire il motivo per cui è stata inviata dalla psicologa.
Anamnesi
Seduta 11 ottobre 2004
Al colloquio si presenta solo la signora M., madre di Gabriele.
Le dico di accomodarsi e mi spiega che pensava di avere notizie dal dott. B. sugli esami fatti dal
bambino e che avrebbe dovuto dargli una cura in quanto ha visto che ha il piccolo male tipo
epilessia, ma non le ha telefonato. Adesso il bambino è molto nervoso. Mi dice che non pensava di
dovere andare da una psicologa e portare il bambino e non capisce il motivo.
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Le spiego che il primo incontro con lei è per avere maggiori informazioni sulla situazione
familiare e sullo sviluppo del bambino, sul rendimento scolastico, sui problemi che hanno rilevato
loro come genitori. Poi ci saranno incontri con il bambino per fare una valutazione sui problemi
che presenta.
La signora risponde che Gabriele ha il piccolo male ma non sa che altri problemi ha. Rivediamo
insieme sulla cartella il motivo dell’invio. Le dico che risulta che ha difficoltà scolastiche,
problemi di concentrazione, la signora dice che ci sono stati richiami dalle maestre, che il
bambino è molto nervoso e per lei è un problema e ne ha già tanti lei di salute.
La madre sembra non volere riconoscere le difficoltà scolastiche di Gabriele e di
volere concentrarsi esclusivamente sui problemi organici (epilessia) con la conseguente cura
farmacologica.
Durante il colloquio anamnestico, la signora evidenzia le problematiche del bambino
ma con particolare difficoltà come se non ci fosse per lei in quel momento ‘spazio per
Gabriele’ È stato necessario da parte mia riportarla spesso sul discorso del bambino per avere
una raccolta esauriente dei dati anamnestici.
Riporto qui di seguito il colloquio anamnestico :
La gravidanza è stata vissuta molto male, all’inizio del terzo mese la signora ha avuto
un’emorragia rettale, diagnosi di rettocoliteulcerosa. È stata in cura con cortisone, asocol, antra
nel periodo della gravidanza. Verso il sesto, settimo mese di gravidanza è guarita. Prima della
gravidanza aveva solo qualche colica.
Il parto è stato cesareo a causa di una sofferenza fetale ; “loro hanno scritto che il parto è
avvenuto all’ottava settimana ma si sono sbagliati secondo me è avvenuto prima”.
Il bambino pesava kg. 2.3, lunghezza cm. 45. Racconta di avere perso del liquido durante la notte,
così ha telefonato alla dott.ssa che l’ha inviato in ospedale per controlli e poi “Gabriele è nato
giovedì”. È stato nella culla termica perché ‘era tutto bruciacchiato’. Racconta che con l’altro
figlio è scoppiato lo stesso problema. Dopo due anni ha avuto Michele, ‘i due bambini non vanno
d’accordo’.
Ha allattato il bambino per un mese e poi è passata al latte artificiale (Nidina). “Mangiava 15 gr.
E dormiva, piangeva spesso”. Aveva spesso le convulsioni perché non riusciva a vomitare,
diventava viola e per un mese non è cresciuto. Era molto preoccupata, così insieme a suo marito
hanno deciso di portarlo in ospedale al S. Anna dove è stato ricoverato per una settimana a due
mesi di vita nel periodo di Pasqua. La signora ripete che mangiava poco, e gli dava spesso il latte
invece di aspettare le tre ore tra un pasto e l’altro. ‘In ospedale lo hanno messo a posto, mi hanno
spiegato che la tettarella non funzionava’.
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Lo svezzamento è avvenuto intorno ai sei mesi senza particolari problemi. “Adesso ci sono cibi
che non mangia, come ‘i legumi, le carote solo in insalata e non bollite ; devo fare il minestrone
passato altrimenti non lo mangia ; comunque è un bravo bambino”.
Il controllo degli sfinteri è avvenuto a due anni, si ricorda di avergli tolto lei il pannolino.
Rispetto alle malattie infettive, Gabriele ha fatto tutte le malattie meno la pertosse e la rosolia. Ha
iniziato a camminare a 10 mesi. ‘E a sei mesi si alzava sempre. È sempre stato molto vivace’. La
signora riferisce che Gabriele non parla con le persone adulte, fa lo sciocco, dice cose senza
senso.
La signora non ha visto Gabriele per un mese quando aveva due anni perché è stata ricoverata in
ospedale, anche in rianimazione. Nei periodi in cui doveva stare in ospedale lasciava il bambino
a sua sorella, ‘ho subito tanti interventi’. In questo periodo la sorella ha tolto il ciuccio a
Gabriele e ‘non so se questo gli ha procurato dei problemi’.
Ha portato con sé i documenti che attestano le sue malattie e i suoi interventi : è stata operata al
Mauriziano il 20/10/1999 ed è uscita dall’ospedale il 3/11/1999. In questa operazione le hanno
alzato la placenta per la retttocolite ulcerosa, le hanno asportato 90 cm. tra intestino e colon.
Dopodiché le hanno inserito il sacchetto prima sopra nel periodo della gravidanza e dopo sotto.
‘Ora il bambino c’è ed ha 4 anni’. In tutti e due i casi le gravidanze sono state molto brutte. ‘ E
pensare che sono andata sempre a pagamento, ho girato molti dottori, per la seconda gravidanza
mi avevano anche detto che non avrei avuto problemi ed invece ...’. Attualmente ha sempre
problemi, ‘mia madre a maggio ha avuto un ictus’ ; con la madre si sentivano diverse volte al
giorno mentre ora non è più possibile e lei sta male per questo.
La signora presenta un altro problema di ordine fisico : spondiloartropatia infiammatoria
(infiammazione delle ossa) diagnosticata a luglio 2002.
Dice che al lavoro ha molti problemi : è addetta alle pulizie al supermercato Conad da due anni.
Gabriele non ha frequentato l’asilo nido, mentre è andato alla scuola materna dai due anni ½, in
quel periodo la madre era in ospedale, e se ne occupava la sorella di lei.
Prima della nascita di Gabriele, ha lavorato per 5/6 anni come addetta alle pulizie. Si sono
sposati il 23/10/1994.
Gabriele ha iniziato a parlare verso i due anni ½, prima diceva solo mamma e papà. Era un
problema alla scuola materna, perché parlava poco. ‘E non andava volentieri per una maestra’.
Dice che Gabriele gioca molto, gli piace andare ai giardini, ma fa fatica nello studio, ‘non ha
voglia perché fa fatica’. Ha avuto anche una riunione con le maestre ; Gabriele va al prescuola e
‘fa le crisi’ perché non vuole andare. La signora dice che per lei è una situazione molto difficile, e
ancora più difficile perché non ne può parlare con sua madre che ha avuto un ictus e ora non
parla più e cammina a fatica, deve essere sorretta. La signora dice che i fratelli la guardano,
perché lei ha già troppi problemi. Chiedo quanti fratelli ha. Dice che ha tre fratelli e una sorella.
Lei è la minore. Mi informo se nella sua famiglia vi sono casi di malattie ; lei ci pensa dice di no,
e poi si riprende dicendo che ha un fratello con problemi. Chiedo di che tipo. Dice ‘sa quando
uno è sempre stato normale, un bravo ragazzo, e poi fa cose ...’, chiedo di spiegarsi meglio.
Risponde che è andato dal dott. D. P. e gli ha dato un nome, ‘lei che è una psicologa non sa come
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lo hanno definito, un nome ... come uno che ha allucinazioni, no ...non allucinazioni, sa uno che
era normale poi fa certe cose ...,’, allora chiedo se ha fatto uso di sostanze, psicofarmaci o abuso
di alcol, dice che ha usato pastiglie e poi è stato male. Mi chiede che tipo, ne elenco qualcuna, e
lei dice che forse sono quelle. Continua ad insistere ‘sull’etichetta’ datagli. Alla fine capisco che
ha una diagnosi di schizofrenia.
Chiedo notizie sulla famiglia del marito. Riferisce che sono in sette figli con i genitori in vita ma
separati. Dice che tra di loro sono molto rigidi, litigano molto e si parlano poco, ma che non sa
molto della famiglia perché non frequenta né i suoceri né gli altri. Al contrario della sua famiglia,
che anche se si vedono poco si sentono sovente per telefono. Si ricorda che il marito aveva un
fratello che è mancato all’età di tre anni per malattia ma non sa altro.
Chiedo ulteriori informazioni su Gabriele, in particolare cosa preoccupa loro come genitori. Mi
dice che in prima elementare è andata dal dott. B. perché era preoccupata e le maestre dicevano
che c’erano dei problemi. ‘Il dottore mi ha detto di non preoccuparmi se è capace di scrivere solo
mamma e papà, perché all’asilo non gli hanno insegnato molto’. Ma la signora riferisce che per
lei la situazione era difficile, Gabriele è sempre in movimento, si arrampica dappertutto. Adesso
non fa nessuno sport, l’anno scorso ha seguito un corso di nuoto. ‘Gabriele vorrebbe fare un
corso di arti marziali’, ma la signora non è molto d’accordo perché dice che è già molto agitato
così, ‘cosa farà dopo ? Anche se è un bambino che ha bisogno di sfogarsi’. Vuole chiedere
consiglio al dottore se va bene per Gabriele questo tipo di attività.
Domando i rapporti di Gabriele con il fratello e con loro genitori. La signora riferisce che
Gabriele e Michele non vanno d’accordo, ‘se si compra una cosa deve essere doppia per tutti e
due ; Gabriele è un bambino che deve crescere’. La signora riferisce che non riesce a capirlo e
adesso inizia a rispondere sia a lei che al padre, ma non dice parolacce al contrario del più
piccolo. Dice che Michele va all’asilo e riesce a capire di più. Racconta che ha avuto richiami
dalle maestre, in particolare da quella d’italiano perché non ascolta. ‘A volte fa domande
assurde, fa discorsi che non riguardano quello che si sta facendo in quel momento a scuola, ma
per lui forse sono importanti’. In asilo collaborava poco.
Racconta che i bambini non stanno mai bravi e lei ad agosto è stata nuovamente in ospedale per
controlli al Maria Vittoria. È stata spostata al Mauriziano perché continuava a stare male, ‘lì mi
conoscono, hanno tutti i miei dati in computer’, e da lì è venuto fuori che ho l’ansia, piango
spesso, non ho una vita tranquilla’. Mi racconta che a volte si sveglia di notte e piange. Così è
andata dal dott. M., ma dice che non è soddisfatta, non crede che possa aiutarla, non ha trovato
beneficio. Chiedo da quanto è in cura, dice da questo mese, ‘ma non ho niente di scritto’, prende
altri documenti, dice di essere andata due volte dal dott. M.. Ribadisce che non sa quanto aiuto gli
può dare, dice che lei ha bisogno di aiuto fisico per i suoi problemi e prima c’era sua madre con
cui poteva sfogarsi. Diagnosi del dott. M. : disturbo dell’adattamento con umore ansioso-
depresso secondario alla pat. Organica di cui è portatrice. Trattamento : ansiolitici,
antidepressivi, Lexotan, trilico.
Dice che è sempre nervosa, Gabriele fa perdere la pazienza e non riesce a capirlo ; chiedo notizie
del marito. Mi dice che lui è più tranquillo, fa il decoratore, arriva sempre tardi, è spesso stanco.
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Rispetto alle modalità educative, la signora dice che non avrei dovuto fare questa domanda.
Racconta che se è lei che sgrida va bene, ma se è il marito a rimproverare i bambini, lei lo ferma
e prende le parti dei bambini. Dice che non deve permettersi di toccarli, di sgridarli. Mi chiede se
è uno sbaglio, sa che è un errore rimproverare il marito di fronte ai bambini. Dice che anche
quando vanno a scuola ha paura che le maestre li rimproverino.
Dice che Gabriele tiene tutto dentro, non si sfoga, ed è molto nervoso e la signora non sa se la
causa è il fratello. Quando è uscita dall’ospedale nel 1999 dopo l’operazione Gabriele era molto
più aggressivo, più nervoso. Racconta che lui e il fratellino litigano già al mattino presto appena
alzati.
‘Gabriele inizia a balbettare quando si agita, come capita a me, non con lei perché posso parlare
liberamente, lei cerca di capire come aiutare Gabriele”. Al lavoro non riesce a dire quello che
pensa e loro non capiscono che sta male, le fanno fare cose pesanti. Quando deve esprimersi
inizia a balbettare. Mi riferisce che l’hanno assunta con invalidità al 67% ma non prendono in
considerazione questo suo problema.
Nel primo incontro è necessario concordare con i genitori come avvertire il bambino
della visita con lo psicologo. Deve essere chiaro per i genitori che il bambino va informato
che verrà accompagnato da una persona che si pensa possa aiutarlo.
Nell’incontro con la signora M. sono stati concordati i successivi incontri con il
bambino :
A fine del colloquio, chiedo alla signora cosa pensa di dire al bambino. Lei mi risponde che il
bambino non avrà problemi in quanto è già venuto qui due volte. Mi dice che così potrò
conoscerlo e capire come è fatto, ‘ma può anche darsi che sarà tranquillo’. I bambini sono stati
cresciuti dalla sorella che aveva già due figli, perché lei era spesso in ospedale ; la sorella è più
dura come carattere, ‘non voleva che Gabriele toccasse il fratellino perché poteva fargli male,
può essere per questo che litigano sempre, forse è geloso’. Quando tornava dall’ospedale,
preferiva stare con Gabriele e che lo faceva stare con il fratellino. Dice che è d’accordo di
portarlo da me perché lei non è riuscita a capire cosa vuole e sta male per tutto questo. Riferisce
che lei è stata cresciuta diversamente, a tre anni giocava in cortile con gli amici, ‘ora è diverso, si
hanno molte più paure, anche al supermercato lo tengo sempre d’occhio, perché lui gira da solo,
devo chiamarlo molto’. Concordiamo un appuntamento per la prossima settimana.
Alla fine dell’anamnesi ci si deve chiedere quali dati sono importanti per formulare
un’ipotesi diagnostica. Nel caso di soggetti in età evolutiva può essere utile seguire lo schema
proposto da Kemmler (1970) :
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1. quali fattori ambientali negativi hanno influito sullo sviluppo psichico del
bambino ?
a. fattori di disturbo che possono essere stati determinati da uno sfavorevole
ambiente di vita (ad esempio sfavorevoli condizioni di abitazione, spazio
insufficiente per giocare, periodi trascorsi in ospedale, ecc.)
b. fattori di disturbo che possono essere stati determinati dall’ambiente educativo (ad
esempio genitori che non vanno d’accordo, che vivono separati, madre assente per
lavoro, genitori troppo severi, madre troppo preoccupata e ansiosa, ecc.)
c. fattori di disturbo nelle singole fasi di sviluppo (ad esempio insufficiente
assistenza nel primo anno di vita, educazione alla pulizia precoce e severa,
scolarizzazione a uno stadio di insufficiente maturità scolastica e psicosociale, ecc.)
2. quali malattie somatiche possono aver avuto influenza sfavorevole sullo
sviluppo del bambino ? (ci si riferisce in particolare a malattie in seguito alle quali è
possibile un danno cerebrale, ad esempio trauma da parto, meningite, encefalite).
3. quali dati fanno supporre una costante reattività psicofisica, nel senso che esista
una costituzione schizoide o una costituzione ixoide. (Per la neuropatia i caratteri psichici
sono : il soggetto è facilmente eccitabile, irritabile, impressionabile, sensibile, molto
pauroso, piange. Per lo schizoidismo i caratteri significativi sono : il soggetto ha scarse
capacità di contatto, vive isolato, è riservato, non parla con certe persone, è timido,
preferisce stare solo. Per l’ixodia i caratteri psichici sono : il soggetto è impacciato e tardo
sotto l’aspetto motorio, inquieto nel sonno, spesso di cattivo umore, ha difficoltà di
adattamento e di mutamento).
4. si notano nel soggetto modi di agire decisamente fuori dalla norma ? (ad
esempio : è sempre aggressivo, non va d’accordo con i fratelli, non ha amici, tormenta gli
animali).
5. quali fattori ambientali e quali tratti di personalità del soggetto sono da ritenere
positivi (ad esempio il ragazzo va bene a scuola e ottiene buoni voti, il matrimonio dei
genitori ha un’influenza favorevole, la madre è affezionata al bambino, ecc.).
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Tenendo in considerazione lo schema di Kemmler, nel colloquio anamnestico con la
signora M. sembrano rilevanti i seguenti dati :
Rispetto al punto 1 :
a) la gravidanza è stata vissuta molto male : emorragia rettale della madre al terzo
mese di gravidanza, diagnosi di rettocoliteulcerosa ; parto cesareo a causa di una sofferenza
fetale, alla nascita ‘era tutto bruciacchiato’,
nel 2002 diagnosticato alla madre ‘spondiloartropatia infiammatoria’. Spesso
ricoverata in ospedale.
Gabriele da piccolo aveva spesso le convulsioni, ‘in ospedale lo hanno messo a
posto’.
la signora è stata ricoverata per un mese in rianimazione quando Gabriele aveva
due anni e non si sono visti in questo periodo : ‘è rimasto con mia sorella che gli ha tolto il
ciuccio e non so se questo gli ha procurato dei problemi’,
ad agosto nuovamente in ospedale per controlli, ‘ho l’ansia, piango spesso, non ho
una vita tranquilla’.
b) i due genitori non sono d’accordo sulle modalità educative : ‘non doveva farmi
questa domanda, se li sgrido io va bene, ma se è mio marito, lo fermo e prendo le parti dei
bambini’. Non c’è spazio per il marito nel colloquio.
i due fratelli non vanno d’accordo.
la signora è molto concreta, nega l’aspetto mentale, ha l’idea della mancanza che
viene spostata sull’oggetto (ciuccio) e non sulla mancanza materna e non le viene in mente
che il bambino possa essere turbato. È seguita dalla psichiatria, diagnosi : ‘disturbo
dell’adattamento con umore ansioso-depresso secondario alla patologia organica’.
c) Gabriele ha iniziato a parlare verso i due anni e ½, prima diceva solo mamma e
papà,
frequenti assenze della madre nei primi anni di vita di Gabriele per problemi di
salute.
Rispetto al punto 2 :
parto cesareo per sofferenza fetale, convulsioni ‘perché non riusciva a vomitare,
diventava viola’, ricovero per una settimana a due mesi, mangiava poco.
Rispetto al punto 3 :
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Gabriele non parla con le persone adulte, fa lo sciocco, dice cose senza senso.
Gabriele gioca molto, è sempre in movimento, ‘si arrampica dappertutto’,
‘Gabriele è nervoso, tiene tutto dentro, non si sfoga’.
fatica nello studio, richiami dalle maestre, ‘a volte fa domande assurde, fa discorsi
che non riguardano quello che si sta facendo in quel momento a scuola’.
Rispetto al punto 5 :
Elementi positivi : la madre e il padre sono affezionati al bambino, Gabriele ha ‘in
mente’ i genitori, è perseverante nelle attività, è molto socievole e curioso.
Tenendo in considerazione i dati rilevati nel colloquio con la signora M., si è
proceduto alla valutazione psicodiagnostica del bambino. La psicodiagnosi si è prolungata
oltre le sedute prefissate per la necessità di completare il profilo diagnostico che altrimenti
non sarebbe stato possibile rilevare. Gabriele ha avuto la necessità di più tempo per
completare il test della WISC-R, come anche il C.A.T., protratti per diverse sedute, proprio
per le sue caratteristiche di base, che riflettono le caratteristiche sopra esposte della madre.
I dati successivamente riportati sono tratti dall’osservazione del comportamento di
Gabriele e dall’elaborazione di alcuni test psicologici che gli sono stati proposti: test carta e
matita, WISC-R, C.A.T. (i protocolli e l’analisi di essi sono riportati completamente
nell’appendice).
Esame obiettivo.
Gabriele è un bambino di altezza nella norma e di corporatura adeguata, con i
capelli e gli occhi castani, porta gli occhiali. E’ nato il 5 febbraio 1997.
Il bambino è curato nell’aspetto e dal comportamento educato. Nel corso della
prima seduta, si è dimostrato disponibile e socievole con un primo momento di
esitazione. È sempre sorridente.
Nei vari colloqui si è sempre dimostrato ben disposto e collaborativo. Sul tempo
diviene instabile, si alza, si risiede, si muove per la stanza, osserva tutto ciò che
lo circonda. E’ dinamico e ha una buona espressività corporea. Non ci sono
problemi alla motricità fine.
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E’ molto loquace, e a volte è difficile fare interventi, ma l’espressione verbale è
confusa : le sue risposte non sempre sono attinenti alle domande, tendendo ad
allontanarsi dal tema in esame. In alcune situazioni l’intervento del diagnosta
viene ignorato quando non rientra nel flusso dei suoi pensieri.
Il richiamo al test non suscita reazioni d’insofferenza, ma favorisce un ritorno
alla prestazione. Le resistenze maggiori sono per i compiti che richiamano la
situazione scolastica. Durante la somministrazione, Gabriele costruisce le storie
muovendosi per la stanza, utilizzando gli oggetti presenti per fare esempi.
Interrogato sugli insuccessi scolastici, nel primo incontro Gabriele risponde :
“sto seduto tranquillo e faccio i compiti, e penso a qualcosa d’altro ; mia mamma mi ha detto ‘vai
dal dottor B. che ti aggiusta il cervello, ma sei bravo’”.
Dice che non pensa a niente, “ad altro, penso a scrivere, a casa faccio tanti errori”.
Dice che non gli piace tanto scrivere : “mi fa male la mano”.
“Non so leggere e scrivere”. Dice che la sua scrittura non si capisce tanto bene.
“Non mi ricordo, ho la testa confusa”.
Negli incontri successivi, si mette alla prova per evidenziare la sua bravura nella
lettura e nella scrittura :
“Aveva ragione mio papà a dire di leggere, sono diventato bravo”.
Dice che quando è a casa e non è distratto legge meglio.
“Sono diventato bravo, adesso a scuola vado bene”.
“Sono bravo, sono un piccolo genietto”.
Si evidenziano difficoltà nella dimensione spaziale e temporale :
Gabriele vuole iniziare subito l’attività interrotta ieri.
Spiego che non ci siamo visti ieri, ma la scorsa settimana.
Nella discussione su quanto pesa dice : “Peso 30 kg. ma dico 20 kg., così mi riconosco chi sono,
prima ero 10 ora 30 kg.”.
“Sai quanto pesa Barbara ? 1.75”.
“Si è messo a volare per l’eternità”.
“Prendo le pastiglie ma alla sera quando fa buio, una nel letto, una al mattino”.
“Lui ha un milione della vita, lei 4 ... un miliardo della vita”.
Qui di seguito riporto la sintesi psicodiagnostica in cui si rilevano le difficoltà
emotivo - affettive che sembrano inficiare il successo scolastico :
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Sintesi psicodiagnostica.
Dai colloqui e dalle osservazioni condotte su Gabriele con l’ausilio di alcuni test psicodiagnostici (test
carta-matita, WISC-R, C.A.T.) emerge il seguente profilo di personalità.
Dal punto di vista intellettivo, i test evidenziano un rendimento complessivo leggermente inferiore
rispetto all’età cronologica del bambino. Ma l’organizzazione del quadro cognitivo non è
caratteristica di una situazione di deprivazione (QI V - QI P). In particolare, si registra un
notevole calo dell’attenzione e la tendenza al rifiuto di fronte ai compiti più complessi di tipo
verbale-astratto (WISC-R : Vocabolario, Somiglianze, ecc.). Mentre nei compiti che richiedono
abilità percettive, riproduttive, di osservazione dei dettagli su materiale visivo concreto e di
manipolazione (WISC-R : disegno con i cubi, ricostruzione oggetti, ecc.), il bambino risulta
adeguato nel rendimento ed in grado di concentrarsi anche per lunghi periodi di tempo.
Le competenze percettive (che consentono di operare con un modello) e di integrazione
percettivo-motoria fa pensare a uno stile cognitivo che necessita di dati concreti sui quali poter
operare. Sicuramente, le funzioni linguistiche o i compiti che richiedono una mediazione
linguistica (più legati all’apprendimento scolastico) sono le abilità più compromesse sulle quali
sarebbe opportuno intervenire in modo specialistico. Si tratta di difficoltà sul piano verbale, della
comprensione e nell’area matematica (assimilazione di fatti numerici, acquisizione delle
procedure di calcolo, soluzione di problemi).
Il patrimonio lessicale non viene utilizzato nel modo migliore. Il subtest Somiglianze richiede una
capacità categoriale delle parole stimolo, come ad esempio pere e mele sono due frutti, che
Gabriele rileva con difficoltà muovendosi per la stanza e usando gli oggetti presenti per fare
esempi.
La dotazione intellettiva originaria è bassa e il patrimonio culturale dell’ambiente educativo
familiare non molto ricco (WISC-R : vocabolario 7).
Si evidenzia una difficoltà nell’utilizzare le risorse di base nell’ambito degli apprendimenti
verbali-astratti (WISC-R : informazione 4, somiglianze 8) e non appaiono adeguate le capacità di
memorizzazione (MLT), di integrazione delle conoscenze scolastiche (test WISC-R, test grafici). Al
contrario, l’apprendimento appare abbastanza efficace nelle situazioni strutturate, come nella
prova Labirinti della WISC-R, e riesce a seguire, anche se con qualche difficoltà, le indicazioni
ricevute.
Rispetto alle potenzialità, l’attenzione non appare particolarmente adeguata (WISC-R : Memoria
di cifre 8) con conseguente difficoltà a concentrarsi su compiti che richiedono uno sforzo
prolungato e che non sono piacevoli per lui. Ciò indica la tendenza del bambino a perseverare in
compiti a lui piacevoli, come la prova dei labirinti o il disegno con i cubi in cui ha completato il
compito con successo.
Le capacità di comprensione e di giudizio della realtà e di adattamento all’ambiente sociale
(WISC-R : Comprensione 4) sono ridotte, come le potenzialità di base. Queste difficoltà di
concentrazione e di attenzione non gli permettono di applicarsi con necessaria serenità ai compiti
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che l’ambiente educativo gli richiede. Tali difficoltà sembrano ridursi nel passaggio
all’anticipazione e alla progettazione dell’azione (WISC-R : storie figurate 9), dove si dimostra
adeguato cercando di portare a termine la consegna.
La coordinazione visuo-motoria ed il controllo della motricità fine è complessivamente adeguata
(WISC-R : completamento figure, disegno cubi, cifrario, labirinti).
Sono presenti buone capacità di analisi e di sintesi su materiale astratto (WISC-R : disegno cubi
12) ; l’attenzione ai particolari e la capacità di ricostruzione su materiale che fa riferimento a
elementi di realtà appaiono nel complesso adeguate (WISC-R : completamento figure 9,
ricostruzione oggetti 12).
Si evidenzia, quindi, come Gabriele abbia maggiore capacità di operare cognitivamente con
immagini visive e di manipolarle con fluidità e flessibilità. Infatti, il rendimento è buono in
compiti di tipo imitativo ((WISC-R : cifrario 12), di tipo riproduttivo (WISC-R : disegno cubi 12) e
di tipo costruttivo senza modello concreto di riferimento (WISC-R : ricostruzione oggetti 12).
Mentre è presente insufficiente capacità di apprendimento delle informazioni e delle abilità
verbali e della loro applicazione per la soluzione di nuovi problemi (sono componenti la capacità
di manipolazione di dati verbali nella memoria a breve e a lungo termine e le abilità numeriche).
Sul piano affettivo e relazionale, si evidenzia una tendenza all’estroversività ; è ricercato il
contatto fisico : gioco a due, esplorazione della stanza e degli oggetti ; in queste attività è
importante lo spazio di relazione con l’altro : quest’ultimo viene ricercato, i suoi interventi e
richieste vengono tollerati. Nei tentativi di dare un’evoluzione a certe situazioni di gioco,
Gabriele risponde in modo positivo e riesce ad esempio ad uscire da situazioni più confusive e a
dare un certo ordine.
All’interno delle sedute, Gabriele parla molto, spesso in modo confuso, passando da un contenuto
ad un altro e ciò potrebbe essere un modo per non sentire l’angoscia. A volte utilizza una sorta di
scioglilingua (“Vuoi il gelato o l’osso ? osso. Allora sei bocciato. Vuoi gelato o osso ? Gelato,
allora sei promosso. Vuoi gelato o osso ? Osso, allora sei promosso”), che appare come un modo
per non pensare attraverso un riempirsi di parole.
In alcune situazioni l’intervento del diagnosta viene ignorato : Gabriele non risponde alle mie
domande quando sono per lui più disturbanti, in particolare legate all’ambiente scolastico.
Dal punto di vista affettivo, Gabriele appare come un bambino più piccolo con scarse capacità di
controllo delle proprie emozioni che vengono prevalentemente proiettate sul mondo esterno o
negate. Tali caratteristiche lo portano a vivere la relazione con l’ambiente in modo confuso,
senza riuscire a distinguere in modo adeguato ciò che proviene dal proprio mondo interno e ciò
che invece è da attribuire all’ambiente esterno.
Dal punto di vista psicomotorio, Gabriele è dinamico e ha una buona espressività corporea ; il
gioco di tipo senso-motorio (basato sul movimento) è ricercato anche se non stimolato dal
diagnosta.