riassumere con le parole di Marcella Delle Donne, mentre il migrante è un volontario
economico, il richiedente asilo è un involontario politico.
In questo contesto si venuto a creare un paradosso: da una parte vi è l’Unione Europea,
che emana disposizioni con l’obiettivo di un’armonizzazione futura del quadro
legislativo sul diritto d’asilo in tutti i Paesi membri e con lo scopo di una maggiore
integrazione e tutela dei richiedenti, dall’altra, l’Italia, che sembra andare in tutt’altra
direzione, promuovendo un atteggiamento di forte chiusura e indifferenza nei confronti
di tali persone, adottando l’equazione “straniero uguale criminale”, come evidenziano le
recenti disposizioni introdotte con il Pacchetto Sicurezza.
Nel secondo capitolo affronto la procedura prettamente tecnica, nonché i cambiamenti
intervenuti dal 1990 ad oggi, dalle condizioni che determinano l’accesso alla protezione
internazionale fino alla possibilità del ricorso che può presentare il richiedente quando
gli vengono negate le forme di protezione internazionale.
Infine, nel terzo capitolo metto in evidenza i principali aspetti critici emersi, a cui quasi
sempre i richiedenti asilo vanno incontro e come la giurisprudenza è dovuta intervenire
in merito, spesso in maniera contraddittoria. Ciò non fa che rafforzare ulteriormente la
consapevolezza dell’urgenza e della necessità di una legge che regoli il diritto d’asilo in
maniera puntuale ed organica nel nostro Paese, anche perché le migrazioni forzate,
collegate a situazioni di violenza derivanti da conflitti armati o timori di persecuzioni
per ragioni politiche, religiose ed etniche, ci sono state, ci sono e ci saranno, purtroppo,
sempre.
2
1. Il diritto d’asilo nell’ordinamento comunitario ed italiano: profili generali
1.1 Breve excursus storico del diritto d’asilo
Per comprendere appieno il diritto d’asilo come esso si configura attualmente,
non si può ignorare il contesto storico da cui esso ha avuto origine, in quanto tale
istituto ha assunto nel corso della storia diversi significati e denominazioni.
Nella Grecia antica era considerato un diritto di immunità, di inviolabilità:
infatti, la parola asilo deriva dal termine greco asulos costituito dalla a privativa
e dalla radicale sulao il cui significato è tolgo, rapisco ed indica, per esteso,
l’inviolabilità (Cappelletti, 2006). Quest’ultima si rivolgeva alle persone, ma,
soprattutto, ai luoghi. Templi e altari erano ritenuti territori sacri e, pertanto,
inviolabili, e non vi si poteva essere esercitare alcuna persecuzione.
L’asilo inteso come forma di accoglienza e ospitalità sembra nascere, invece, dai
costumi dei popoli nomadi, quali ebrei e musulmani, che basavano le loro forme
di protezione dello straniero sui precetti della Bibbia, gli uni, e sul Corano, gli
altri. Ma è nel IV secolo, con il diffondersi del cristianesimo e della relativa
influenza dei valori di carità e penitenza che l’asilo conosce il momento di
massima diffusione, anche se ben presto tale concezione, ispirata a sentimenti
altruistici e disinteressati, si modifica, assolvendo una funzione “politica”:
l’accoglienza che accordavano i religiosi non rispondeva più soltanto a
sentimenti di carità cristiana, ma era diventata anche un modo per affermare la
sovranità e i privilegi delle istituzioni ecclesiastiche di fronte al potere temporale
(Ferrari, 2009).
Con l’accresciuto potere della monarchia, nell’Età Moderna, e soprattutto in
seguito ad una serie di scandali che ha portato alla trasformazione delle Chiese
in luoghi di violenze ed oscenità, l’inviolabilità dell’asilo all’interno dei luoghi
sacri subisce un importante declino, determinando la fine della pratica dell’asilo
3
interno, delimitato dallo spazio del sacro. Il diritto di concedere l’asilo diviene
sempre più prerogativa dello Stato: prende corpo la concezione dell’asilo
esterno esteso all’intero territorio dello Stato, che è alla base del moderno diritto
d’asilo. Esso affonda le radici nella Rivoluzione francese e trova nella
Costituzione repubblicana dell’anno I del 1793, la prima e importante
espressione giuridica.
La Francia rappresenta, quindi, la patria del moderno diritto d’asilo, anche se
occorre aspettare la IV Repubblica e la Costituzione del 1946 affinché l’asilo
acquisisca una piena consistenza giuridica (Cappelletti, 2006).
Nato, dunque, come forma di accoglienza e ospitalità, divenuto poi istituzione
religiosa e, infine, prerogativa del sovrano, la parola asilo diventa un concetto
giuridico che, durante il Novecento, troverà adeguata collocazione non solo
negli strumenti internazionali, come nella Dichiarazione Universale dei diritti
dell’uomo del 1948, di cui all’art. 14 “Ogni individuo ha diritto di cercare e di
godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni”, ma anche nelle Costituzioni o
Leggi sugli stranieri dei vari Stati (Ferrari, 2009).
1.2 La normativa comunitaria sul diritto di asilo
Il persistere della situazione attuale in Italia, caratterizzata dall’assenza di
un’apposita legge che disciplini l’asilo, rende opportuna una panoramica sulle
politiche intraprese a livello di Unione europea che permetta di comprendere
verso quale direzione il nostro Paese dovrebbe muoversi (Gennari, 2002).
L’indirizzo politico generale europeo è quello di promuovere il binomio
integrazione/immigrazione, tenendo conto delle differenze culturali e sociali di
una società pluralista, come è quella attuale. L’Unione europea si è impegnata
4
infatti a raggiungere una politica comune nei campi dell’immigrazione e
dell’asilo.
Prima degli importanti trattati di Maastricht ed Amsterdam, le questioni relative
all’attraversamento delle frontiere esterne, dei visti e permessi di soggiorno sono
state affrontate dagli Accordi di Schengen del 14 giugno 1985, affermando la
libera circolazione delle persone, indipendentemente dalla loro cittadinanza.
Tutti i Paesi dell’area Schengen hanno, infatti, eliminato i controlli alle frontiere
comuni e creato un unico sistema di visti ed ingressi. Il 15 giugno 1990 è stata
firmata la Convenzione di Dublino avente ad oggetto l’individuazione dello
Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno Stato
membro della Comunità europea. Con questa c’è stata un primo importante
passo in vista di una futura armonizzazione delle politiche in materia di asilo
(Troianello, 2006).
Con l’incremento dei fenomeni migratori e delle richieste d’asilo verso i Paesi
europei, sorge una maggiore consapevolezza della necessità di regolare
puntualmente la materia: con il Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1°
novembre 1993, l’azione degli Stati membri in tema di asilo entra nel c.d. terzo
pilastro, ossia quello dedicato alla cooperazione in materia di giustizia e affari
interni. Tuttavia l’azione è intesa come una mera forma di cooperazione
internazionale, molto poco incisiva: il diritto d’asilo è concepito, infatti,
esclusivamente in ragione di un obiettivo comunitario ben preciso, quale la
libera circolazione delle persone e la stessa politica per conseguirlo prevedeva
l’obbligo per gli Stati membri solo di consultarsi reciprocamente per coordinare
le azioni al riguardo. Queste devono agire rispettando alcune importanti
convenzioni, quali la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, la c.d. Convenzione CEDU del 1950 e la
5
Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951. Ma i limiti di tale sistema
emersero ben presto con la crisi jugoslava, il disfacimento dell’Albania e la crisi
del Kosovo che hanno aumentato vertiginosamente il numero delle richieste
d’asilo.
Con il Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, si sono
cercate, quindi, soluzioni più adeguate. La disciplina dell’asilo è prevista nel
Trattato sulla Comunità europea (Trattato CE) al Titolo IV intitolato “Visto,
asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle
persone”, agli artt.61-69. Con questo trattato si è provveduto ad una
“comunitarizzazione della materia”, facendola rientrare così nel c.d. Primo
pilastro dell’Unione Europea, caratterizzato da una collaborazione più stretta ed
efficiente (Troianello, 2006). Successivamente, in occasione del Consiglio
europeo di Tampere dell’ottobre 1999, è stato fissato un programma politico
chiaro e definito, per delineare le basi di un futuro regime comune di asilo
(Morandi, 2005). Le misure in materia dovevano essere adottate entro cinque
anni dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam. Queste, previste nel
Trattato CE agli artt.61-69, sono: l’adozione di criteri e meccanismi per la
determinazione dello Stato membro competente ad esaminare le domande di
asilo, l’emanazione di norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti
asilo ed, infine, le norme relative all’attribuzione e alla revoca della qualifica
dello status di rifugiato.
Oltre alle disposizioni contenute negli artt.61-69 Trattato CE, importante è il
Protocollo allegato al Trattato di Amsterdam sull’asilo per i cittadini degli Stati
membri dell’Unione. In generale, considerando i caratteri di Stati di diritto e la
loro condizione di “origine sicura” cui appartengono, i cittadini dell’UE non
avrebbero il problema di una richiesta di asilo politico. Il Protocollo esclude,
6