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confronti di decisioni prese da istituzioni democratiche e rappresentative, e
quali sono gli effettivi risultati conseguiti da questi gruppi di protesta?
La Tesi è divisa in tre parti.
La prima parte può essere definita di esposizione dei concetti e delle teorie che
verranno utilizzate per l'analisi del caso.
Il primo capitolo tratta dei processi decisionali e degli attori che prendono parte
alla definizione dell'agenda politica, specialmente nel caso in cui le decisioni
politiche riguardino beni pubblici di importanza fondamentale come la difesa
nazionale.
Il secondo capitolo tratta della partecipazione e di come tale fenomeno sia
profondamente complesso e abbia visto grandi cambiamenti negli ultimi anni.
L'analisi che ne segue è incentrata sui comitati di cittadini come espressione
innovativa e spontanea di partecipazione dal basso (bottom-up), in
contrapposizione con le decisioni degli attori istituzionali (governo, ministeri,
provincia, comune), le cui decisioni sono prese dall'alto verso il basso (top-
down) secondo una logica verticistica tipica delle strutture burocratiche
complesse.
La seconda parte della tesi tratta approfonditamente la questione del progetto di
una nuova installazione militare nei pressi di Mattarello (TN). Il caso specifico
scelto mi da la possibilità di approntare un possibile studio sui processi
decisionali utilizzati dalle istituzioni e un analisi sugli attori non istituzionali
che hanno preso parte alla vicenda: il comitato di cittadini di Mattarello e le
azioni di protesta collegate a questa tematica organizzate dal centro sociale
Bruno di Trento. Entrambi i tipi di azioni proposti dai due attori non
istituzionali sono espressione di una protesta popolare a seguito di una
decisione presa dalle istituzioni, locali e nazionali, sentita come ingiusta e
“calata dall'alto”, tuttavia hanno modalità e obiettivi molto diversi. Più
precisamente il caso riguarda il processo decisionale e deliberativo della
costruzione di una nuova base militare nelle vicinanze del centro abitato di
Mattarello, in località San Vincenzo in prossimità della periferia sud dove sorge
l'aeroporto di Trento, capoluogo dell'omonima provincia e della regione a
Statuto Speciale Trentino Alto-Adige.
Dopo aver introdotto la realtà istituzionale, culturale e associativa del Trentino,
il quinto capitolo tratterà dei prodromi della vicenda partendo dalla decisione
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governativa di passare da un esercito di leva ad un esercito di professionisti,
decisione che ha avuto inevitabilmente ripercussioni anche di tipo logistico e
strutturale, le quali hanno influenzato la stesura del nuovo piano urbanistico del
comune di Trento dell'anno 2001, la cui legge costituisce l'incipit della vicenda
della base militare. Per quanto riguarda le fonti si sono utilizzate tutte le fonti di
tipo istituzionale reperibili come: delibere, decreti e leggi provinciali e
nazionali al fine di inquadrare in modo più specifico il case study, ma anche di
collegarlo ad un ambito più ampio: le installazioni militari e il rapporto tra
queste entità e le città.
Il sesto capitolo sarà incentrato sugli attori non istituzionali come il comitato e
il centro sociale e il loro ruolo all'interno della questione, le loro rivendicazioni,
i loro obiettivi e le loro iniziative fin qui portate avanti. I soggetti implicati
nell'opposizione a questa nuova installazione militare sono estremamente
diversi tra loro sia per background culturale sia per rivendicazioni e come
avremo modo di approfondire nel seguito della trattazione proprio questa loro
diversità sarà la chiave per comprendere la loro diversa capacità di influire sulle
istituzioni.
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Capitolo Primo
Processi decisionali e attori
Introduzione
La prima parte di questa tesi ha l'obiettivo di fare una rassegna della letteratura
scientifica su temi come: i beni pubblici, le politiche pubbliche, e i concetti di
rappresentanza e partecipazione, al fine di dare degli strumenti teorici,
conoscitivi e interpretativi che saranno utili nella seconda parte che è
maggiormente descrittiva e incentrata sul caso specifico in studio.
1.1 La difesa nazionale come questione politica e politica
pubblica
La costruzione della base militare1 di Mattarello al pari della più conosciuta
questione della costruzione di una nuova base militare NATO a Vicenza sui
terreni dell'ex aeroporto civile Dal Molin, e le numerose questioni sorte intorno
alle varie dismissioni di aree militari come il caso della Maddalena sono solo
alcune delle questioni sorte a seguito della nuova politica di difesa nazionale.
La nuova politica di difesa nazionale è una riorganizzazione infrastrutturale,
logistica ma anche di risorse umane che Esercito italiano ha compiuto a seguito
della trasformazione da un esercito composto in buona parte da soldati di leva
ad un esercito di professione composto esclusivamente da militari in carriera e
da volontari stipendiati. La sospensione della leva militare obbligatoria (non
l'abolizione, visto che sarebbe stata necessaria una legge costituzionale di
1 L'infrastruttura militare di cui qui si tratta è a tutti gli effetti una vera e propria base militare, e come tale deve essere
trattata. La definizione del progetto proposta dalla P.A.T è scorretta perché fuorviante: non si tratta infatti di un
progetto che riguarda esclusivamente l'edificazione delle nuove caserme di Trento, al posto di quelle vecchie in
dismissione: infatti il progetto stesso prevede una parte notevole di territorio (circa 1/3 del totale del territorio
destinato alla base) soggetto a segreto di Stato, nel quale non verranno costruiti alloggi o caserme. E' evidente perciò
di come sia fuorviante utilizzare il termine “caserme” per un progetto di ben più ampia portata, che prevede per
l'appunto, una parte costruita ad alloggi o caserme, una parte costruita a zone logistiche di supporto, e una parte
“segreta” nella quale potrebbero essere custoditi armamenti pericolosi o dannosi alla salute umana. D'ora in poi
quindi mi riferirò al progetto usando il termine di base militare, e non il termine di caserme.
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modifica dell'articolo 52 che definisce "sacro dovere" la difesa della Patria e il
servizio di leva obbligatorio nei termini di legge), che ha introdotto anche la
possibilità di arruolamento delle donne è stata disposta con il Decreto
legislativo 8 maggio 2001 n. 215 del secondo governo Amato, che recepì leggi
del 1999 e del 2000 e introdusse nuove norme sul rinvio degli ultimi coscritti.
Questa sospensione, inizialmente prevista dopo la fine del dicembre 2006, ha
avuto i termini di applicazione anticipati di due anni con la Legge 23 agosto
2004, n. 226 dal secondo governo Berlusconi; con il decreto legge del 30
giugno 2005 n.115, il 1º luglio 2005 è stata messa completamente fine
all'obbligatorietà, permettendo ai soldati di leva di fare domanda per la
cessazione del servizio. Il servizio di leva è ripristinabile in caso di carenza di
soldati o a causa di gravissime crisi internazionali o guerre che vedrebbero
l'Italia direttamente coinvolta sul proprio territorio. (Ilari V., 1989-1992 ). Dal 1
gennaio 2005 l'arruolamento è divenuto esclusivamente su base volontaria e a
carattere professionale, e ciò ha comportato un necessario adeguamento delle
infrastrutture militari alla nuova struttura dell'esercito italiano. Le crescenti
spese militari2 e i rilevanti e successivi impegni bellici, non a scopi difensivi
come raccomanda invece la Costituzione, che il nostro paese continua a
promuovere e finanziare hanno fatto crescere un certo malcontento e hanno
rinnovato i sopiti sentimenti pacifisti in alcune fasce della popolazione, che
hanno trovano visibilità con l'annuale marcia per la pace di Assisi. L'attenzione
e la preoccupazione dei cittadini nei confronti delle installazioni militari sul
territorio è andata crescendo col tempo, come è confermato dalla nascita di
numerosi movimenti e associazioni antimilitari negli ultimi anni, ed anche per
questi motivi la difesa nazionale e la gestione burocratica di tale apparato sono
diventate questioni politiche di grande importanza. A ben vedere questo è un
ambito in cui c'è stata piena condivisione di valori e idee tra centrodestra e
centrosinistra, ad eccezione della cosiddetta sinistra radicale.3 E' un primo
esempio concreto di politica bipartisan, a cui ne sono seguite molte altre, ciò
che poi è diventato il PD (Ds più Margherita) e lo schieramento di centrodestra
2 L'Italia attualmente partecipa a 26 operazioni militari internazionali, con un esborso per il contribuente di euro
5204 miliardi per il periodo 2000 - 2006:
http://www.difesa.it/Operazioni+Militari/Riepilogo_missioni_attivit%C3%A0_internazionali_in_
corso/
3 Ci fu una forte opposizione da parte dei partiti di sinistra, che vedevano nella professionalizzazione dell'esercito un
rischio per le istituzioni, in quanto lo poneva come un ente troppo autonomo dal controllo politico: "Siamo contro un
esercito di professione perché potrebbe essere un elemento di rischio per la democrazia" (Marco Rizzo, coordinatore
della segreteria di Rifondazione Comunista – Corriere della Sera 10/12/1996).
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avevano ed hanno tuttora identiche visioni per quanto riguarda la politica di
difesa e la compartecipazione dell'Italia alla Nato. Importanti aspetti politici e
programmatici come questi fanno dei due schieramenti un unico schieramento
dove maggioranza e opposizione si confondono e dove non esiste il pervicace
ed energico scontro che caratterizza gli schieramenti su altri argomenti, anche
di minor interesse. Le uniche forze politiche con politiche militari
completamente alternative sono le forze politiche della sinistra radicale, che ora
è relegata fuori dal parlamento e dai principali centri di potere e decisione
anche a livello locale.
La difesa nazionale come bene pubblico
L'articolo 52 della Costituzione, citato in precedenza, definisce definisce "sacro
dovere" la difesa della patria.
Gli apparati statali che si occupano della difesa nazionale, le forze armate,
hanno la funzione di proteggere l'incolumità personale dei membri della
comunità da un comune nemico esterno, quindi lo stato attraverso i propri
apparati istituiti a tale scopo, si fa carico di produrre un bene pubblico.
Recentemente per estensione di questo concetto le forze militari sono impiegate
anche con compiti di polizia e quindi soddisfano anche l'esigenza di ordine
pubblico e di rispetto delle norme. Lo stato fornisce un bene pubblico che
risponde a quel primario bisogno di sicurezza e incolumità che è sentito da ogni
individuo. Ma come si giustifica l'esistenza di un settore come la difesa e
l'apparato esercito che ne è la sua parte operativa, nei moderni stati nazionali?
Lo stato per definizione è un entità politica e burocratica che controlla la
popolazione occupante un determinato territorio. Tale affermazione “implica
che il controllo che uno stato esercita su una popolazione si basa
fondamentalmente sulla coazione. [...]. In altre parole, anche se la popolazione
può venire controllata anche da altri enti e con altre modalità, lo stato si
specializza nel controllo d'ultima istanza, quello che potenzialmente incide
sull'interesse che gli individui hanno a che il loro corpo, e quello delle persone
a loro care, rimanga integro, sicuro, e libero da sofferenze e costrizioni da parte
di altri individui. In secondo luogo lo stato si arroga il monopolio di siffatto
controllo (uso legittimo da parte dello stato della forza), permettendo che venga
esercitato soltanto da individui che ne fanno parte o che agiscono per suo conto;
e tramite tali individui cerca di organizzare, di rendere particolarmente temibile
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ed efficace, l'esercizio (e più spesso la minaccia dell'esercizio) della coazione”
(Poggi G. 1992, 36).
Cosa è un bene pubblico
“Sono beni pubblici o collettivi, quei beni che, se prodotti privatamente per
essere venduti, non vengono acquistati in misura sufficiente.” (Samuelson P.
1947,387) sono per questo esclusiva prerogativa delle amministrazioni
pubbliche. I beni pubblici sono espressione di rilevanti bisogni personali,
comuni a tutta l'umanità in generale. Il concetto di bene pubblico non è da
confondere con i servizi come ad esempio la fornitura domestica dell'acqua o
dell'elettricità, e da non confondere con le risorse collettive come l'acqua, intesa
come materia, che sono caratterizzati da non rivalità ma caratterizzati da
escludibilità.
Tabella 1.1: Classificazione dei beni secondo le caratteristiche di escludibilità e
rivalità:
I beni pubblici presentano inoltre la qualificazione di non espandibilità;
significa che ogni membro della comunità non sente il bisogno o il desiderio di
incrementare ulteriormente la propria dotazione di un bene pubblico, qualora
questa risultasse sufficiente alla soddisfazione del bisogno.
I beni pubblici o comuni, presentano differenze sostanziali rispetto ai beni di
consumo o beni privati. Nella terminologia economica ciò che comunemente
chiamiamo servizi pubblici sono compresi nel tipo beni di club (Buchanan,
1965) e sono ad esempio la distribuzione dell'elettricità, del gas, eccetera.. I
beni di club diversamente dai beni pubblici sono beni che possono essere
escludibili. I beni pubblici presentano differenze significative anche dalle
risorse collettive, infatti se queste ultime sono beni materiali, i beni pubblici,
per loro stessa natura, sono beni intangibili e immateriali, non si possono
toccare, ma che non per questo motivo non ne sentiamo il bisogno o non
esistono.
I beni pubblici in senso stretto, sono beni caratterizzati dalle proprietà di non
rivalità nel consumo o indivisibilità (jointless of supply) e non ecludibilità
Rivalità
Si No
Escludibilità Si Beni privati Beni di Club
No Risorse collettive Beni pubblici
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(infeasibility of exclusion).
Non rivalità significa che il consumo di un'unità di bene da parte di un
individuo non riduce i benefici derivanti dal consumo della stessa unità di quel
bene da parte di latri individui. Non escludibilità è un concetto economico che
significa che nessun membro della comunità può essere escluso dal bene non
escludibile una volta che questo è stato prodotto, senza incorrere in qualche tipo
di costo. Un ben pubblico puro fornisce benefici che sono non rivali e non
escludibili: la riduzione dell'inquinamento o la difesa nazionale sono esempi
tipici di bene pubblico puro. (Buchanan, 1965)
Tabella 1.2: Classificazione dei tipi di beni:
Tipo di bene Escludibile Rivale
Beni privati:
- cibo, abiti, dvd ecc..;
Si Si
Beni Pubblici:
- Difesa nazionale, Polizia e
tribunali (Giustizia), ricerca di
base;
No No
Risorse collettive:
- Acqua, pesci, boschi ecc..
No Si
Beni di Club:
- distribuzione di acqua,
elettricità, gas, telefono ecc...
Si No
Fonte: Buchanan, 1965
1.2 Politiche pubbliche: attori e azioni
“Le amministrazioni realizzano politiche pubbliche non solo producendo
servizi, ma anche attraverso l’emanazione di norme, distribuendo risorse,
modificando le convenienze e i comportamenti degli attori, ridistribuendo
ricchezza. La funzione di compiere scelte collettive costituisce, dunque, il vero
tratto distintivo delle amministrazioni pubbliche. Spostare l’accento dalla
produzione di servizi alla produzione di politiche pubbliche significa mettere al
centro dell’attenzione i processi decisionali, anziché i processi produttivi,
attraverso cui le scelte pubbliche sono formulate ed attuate.” (Capano 2004, 7).
Talune politiche pubbliche sono l'espressione di decisioni messe in opera da
amministratori pubblici per soddisfare bisogni comunitari. La richiesta di beni
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pubblici essenziali quali la difesa nazionale sono l'espressione di sentiti bisogni
comunitari. Quello che ci interessa analizzare in questa sede è la produzione di
decisioni, ovvero di politiche pubbliche che sono orientate da programmi
politici, convinzioni ideologiche per la produzione di beni pubblici, che è una
prerogativa degli amministratori pubblici. Di seguito esaminiamo gli attori che
sono i protagonisti, suddividendoli in attori istituzionali e non istituzionali,
coloro che non fanno parte delle istituzioni e non hanno detengono cariche
monocratiche, successivamente analizzeremo i processi decisionali a cui questi
attori prendono parte.
Gli attori istituzionali
Gli attori istituzionali sono gli enti pubblici e soggetti investiti di cariche
pubbliche che hanno preso o prendono parte per via della loro carica elettiva a
una questione amministrativa e politica, essi possono essere enti locali: regione,
provincia, comune, ma anche organi dello stato come ministeri competenti in
determinate aree di intervento, svariate burocrazie: dagli uffici competenti solo
per limitate questioni a burocrazie più complesse come quelle che gestiscono
grandi apparati complessi come quello dell'esercito. Gli attori istituzionali
hanno un ruolo preminente in tutte le fasi che portano alla definizione e
produzione di un bene pubblico o di un opera pubblica, che serve a fornire uno
specifico ben pubblico. Essi hanno ruoli e ambiti di competenza diversificati
per settori, per ampiezza territoriale, per ambito d'azione, e per tematica. Le
competenze sono normate dalle leggi italiane ed europee e dalla Costituzione
Italiana.
Gli attori non istituzionali
Gli attori istituzionali di ogni ambito e grado tuttavia non sono gli unici attori
presenti nella definizione e attuazione di un processo di policy: sempre
maggiore spazio stanno assumendo quelle realtà innovative di cittadinanza
organizzata, di associazioni di vario tipo, e di comitati ad hoc, che con le loro
azioni di fatto partecipano e affiancano sempre più i pubblici uffici nella
definizione e li aiutano sempre più nel complicato rapporto tra cittadinanza e
istituzioni. In taluni casi, qualora il processo decisionale scelto dai pubblici
poteri sia di tipo inclusivo, questi nuovi attori, che d'ora in poi chiamiamo attori
non istituzionali, prendono parte attiva anche nella ideazione, qualche volta
danno un proprio parere alla progettazione e affiancano i pubblici uffici nella
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realizzazione di importanti opere pubbliche. Tuttavia i processi inclusivi, per
quanto riguarda la prassi amministrativa, sono l’eccezione non la regola.
(Bobbio L. 2004, 9)
1.3 Processo di policy, il modello per fasi
Un processo di policy si compone di fasi tra loro successive e logicamente
susseguenti: definizione dell'agenda politica, definizione dell'agenda
programmatica (le cose da fare), il processo decisionale, l'implementazione
delle decisioni prese precedentemente. Questo lavoro si concentra sulle prime
fasi: l'agenda e il processo decisionale, l'implementazione non è qui trattata
perché è una fase che tutt'ora non è iniziata in quanto il progetto
dell'installazione militare è attualmente fermo alla fase amministrativa e la fase
operativa non è ancora iniziata.
Il processo di policy: la definizione dell'agenda politica
“La fase di formazione dell'agenda costituisce il momento iniziale di un
processo di politica pubblica.” (Capano 1996,15). Un processo decisionale,
invece, nasce a seguito della definizione di alcuni problemi contenuti in un
agenda. Il processo decisionale si incentra sulla risoluzione di uno specifico
problema politico contenuto nell'agenda. L'agenda è un insieme di cose da fare
o di questioni ritenute rilevanti sulle quali si intende discutere. All'interno della
fenomenologia delle politiche si possono distinguere due tipi di agenda:
l'agenda politica, in cui sono collocate tutte le questioni che in un dato
momento sono ritenute di rilevanza collettiva dai membri della comunità
politica; l'agenda decisionale o istituzionale, che raccoglie le questioni sulle
quali si intende procedere effettivamente ad una decisione (Cobb e Elder, 1972;
Kingdon 1984). Può perciò essere presente una marcata differenza tra le due
agende. L'agenda politica è inevitabilmente più corposa rispetto all'agenda
decisionale, che è la sola agenda che contempla i problemi ai quali
l'amministrazione tenterà di porre rimedio. “La formulazione dell'agenda può
essere definita come quell'insieme di attività attraverso le quali vengono
selezionate le questioni che sono ritenute meritevoli di essere trattate come
problemi pubblici. I processi di costruzione dell'agenda hanno un ruolo