6
senza pericolo di essere contraddetti, non ha ancora trovato una collocazione
ben precisa e complessivamente chiara né nella società, né nella Chiesa.
Affrontare tutti gli aspetti che caratterizzano la complessa realtà
dell’universo femminile sarebbe stato a dir poco impossibile. Si è scelto,
quindi, di fermare l’attenzione sull’analisi di una categoria che potesse
rappresentare una dimensione importante del mondo della donna, una sua
peculiarità specifica. La categoria scelta è la sollecitudine. Essa da sempre ha
contraddistinto il mondo femminile e, inoltre, è una tematica presente in tutta
la riflessione e la vita della Chiesa.
La donna, nel suo cammino di liberazione, ha lottato per superare
un’idea preconfezionata che determinava il percorso della sua vita,
fondandolo solo sulla funzione naturale di maternità e sul suo ruolo di sposa.
Per sfuggire a questa impostazione, ormai ben radicata nei secoli, ha reagito
imitando tutto ciò che riguardava il mondo maschile. La donna per liberarsi
doveva essere come l’uomo, rispecchiare il suo stile di vita, il modo di
pensare, il modo di porsi nel rapporto con gli altri, rinunciando a tutto ciò che
limitasse in qualche modo la nuova realtà, che stava conquistando.
All’uscita della sposa-madre dal focolare quasi mai corrispondeva
l’ingresso di uno sposo-padre che rileggesse il suo nuovo compito.
La sollecitudine verso i figli, il marito, i genitori, i parenti era una
realtà che rientrava esclusivamente nel ruolo della donna-casalinga. L’aver
cura rappresentava un atteggiamento non meccanico, ma quasi sempre
accompagnato da una dedizione totale, che in alcuni casi rasentava
l’annientamento della dimensione personale della stessa donna. Con i
cambiamenti che hanno trasformato radicalmente l’universo femminile, la
società ha demandato questo ruolo a servizi esterni alla famiglia. La
sollecitudine, quindi, è diventata una categoria che si paga.
7
Questo lavoro nasce dal desiderio di rivalutare la dimensione della
sollecitudine, che è certamente espressione di un amore pratico e può servire
alla donna stessa perché la viva come paradigma dell’aver cura per l’uomo, e
all’uomo perché si metta in ascolto dell’universo femminile in quella che è
una sua peculiarità assai ricca. Su questa base si può anche ridare forza alle
figure genitoriali e delineare una strutturazione della famiglia, fondata
proprio sul prendersi cura gli uni degli altri.
Un limite della ricerca sarà l’arco di tempo che si prenderà in esame.
La complessità della tematica invita a focalizzare l’attenzione su un periodo
ben preciso di tempo. L’arco di tempo scelto è il cinquantennio che va dalla
fine degli anni ’60 all’inizio del nuovo millennio. Proprio in questi anni la
questione femminile è venuta fuori in modo dirompente ed ha ottenuto i
primi risultati.
Naturalmente per rendere più chiara la problematica saranno necessari
collegamenti con periodi precedenti: a livello storico, per capire da dove è
iniziata tale realtà di cambiamento; a livello di pensiero, per comprendere le
radici della riflessione della seconda parte del XX secolo, che rappresenta la
punta dell’iceberg di una realtà che andava trasformandosi.
Il metodo utilizzato è l’analisi dei testi più significativi, documenti e
anche elementi storici che permettano di rilevare questi cambiamenti sia
nell’ambito del pensiero della teologia femminista, sia del magistero
pontificio.
Il lavoro si divide in due parti: la prima parte affronta il tema della
sollecitudine nel pensiero teologico femminista.
Il primo capitolo ha la finalità di offrire un chiarimento sulle
terminologie che accompagnato tale tematica. Spesso termini come teologia
femminista o teologia al femminile, questione femminile e femminismo,
vengono utilizzati come sinonimi, anche se hanno significati diversi. Altro
8
scopo del capitolo è dare alcuni accenni sulla nascita della teologia
femminista per poter capire la realtà di tale riflessione nel mondo e in Italia e
come essa sia oggi presente nelle pubblicazioni teologiche. Durante il lavoro
di approfondimento, preliminare alla stesura del testo, si è notato che
difficilmente si trovano contributi nella produzione italiana che non siano una
rilettura della letteratura internazionale e quindi si è scelto di privilegiare i
testi originali.
Il secondo capitolo prende in esame l’idea di Dio come padre e madre,
modello di sollecitudine. Questo capitolo permette di evidenziare come la
riflessione teologica che vede Dio al femminile sia ancora un problema che
suscita parecchi interrogativi. In ogni caso si evidenzia chiaramente che, nel
linguaggio biblico, la sollecitudine di Dio viene espressa sempre con
terminologie che rimandano all’aver cura materno come realtà esemplare.
Il terzo capitolo analizza il vissuto di alcune figure femminili che
hanno attraversato la storia della salvezza. Nei vari ruoli e nelle diverse realtà
storiche, tali figure permettono di ricostruire l’evoluzione della categoria
della sollecitudine e di come essa sia stata un elemento presente e
caratterizzante la donna anche in un contesto patriarcale e androcentrico. La
seconda parte del capitolo affronterà il modello femminile per eccellenza,
Maria, la quale rappresenta la massima espressione della sollecitudine. La
Madre di Dio ha vissuto pienamente la sollecitudine: verso Dio, con la sua
accettazione immediata del piano di amore divino, e verso gli uomini, nel suo
ruolo di mediatrice. I pochi, ma ricchissimi, passi contenuti nei vangeli
offrono alla donna e a tutta l’umanità l’esempio di come l’aver cura sia una
dimensione preziosa e indispensabile nella vita di ogni uomo.
Infine, nelle conclusioni della prima parte si propongono, alla luce del
percorso tracciato nei capitoli precedenti, alcune considerazioni riepilogative.
Dato che è stato più volte ribadito che l’aver cura è una dimensione
9
importante per costruire una società più umana, si sottolinea l’urgenza di
proporre un’etica della cura che permetta di riscoprire l’importanza della
sollecitudine. Un’ etica della cura che tenga conto delle sollecitazioni che
scaturiscono dalla Sacra Scrittura, dal vissuto dalle figure femminili più
incisive della storia della salvezza e naturalmente dal modello mariano.
Il lavoro di ricerca continua nella seconda parte analizzando la
categoria della sollecitudine e la questione femminile nella riflessione del
magistero pontificio da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II.
Il quinto capitolo è dedicato a Giovanni XXIII, che ha avuto un ruolo
preparatorio importante. Con la Pacem in terris, infatti, per la prima volta si
evidenzia come stia avvenendo una grande svolta. L’ingresso della donna
nella vita pubblica diventa un segno dei tempi che non va ignorato, ma
maturato e interpretato.
Il sesto capitolo si occupa della riflessione di Paolo VI e del suo
impegno per la promozione sociale e culturale della donna. La donna è una
ricchezza per la comunità cristiana, ma è necessario che essa trovi un posto e
rielabori la sua presenza nella Chiesa. Questa nuova realtà sarà più facilmente
realizzabile se la donna farà chiarezza sulle caratteristiche che la
rappresentano in questo nuovo cammino di riflessione. Sia nel pontificato di
Giovanni XXIII, sia in quello di Paolo VI, si nota un desiderio forte di non
depennare la tradizione che da sempre ha descritto la donna, ma allo stesso
tempo il desiderio di non disattendere l’innovazione che urgeva.
Il settimo capitolo è dedicato a Giovanni Paolo II. In esso si è scelto di
aprire una parentesi sul pontificato di Giovanni Paolo I, anche se si aveva la
consapevolezza che il breve lasso di tempo, che ha contraddistinto il suo
pontificato, non avrebbe permesso di trovare molto materiale. Riguardo,
invece, Giovanni Paolo II è stato interessante scoprire come il discorso sulla
questione femminile, durante il suo pontificato, abbia seguito un cammino
10
graduale, attento e vigile delle grandi trasformazioni. Giovanni Paolo II ha
offerto un apporto ricco, dove riflessione teologica e carica umana hanno
trovato una sintesi pregevole. Il pontificato di Giovanni Paolo II rappresenta
un punto di riferimento oltre che autorevole, anche teologicamente e
culturalmente denso e originale.
La conclusione generale raccoglie tutti gli spunti scaturiti sia
dall’approfondimento della tematica nella teologia femminista, sia dalle
sollecitazioni scaturite dall’analisi dei documenti del Magistero dei Papi,
raggiungendo il desiderio iniziale di trovare elementi che possano dare forza
a tale dimensione e renderla nuovamente preziosa agli occhi del cristiano del
Terzo Millennio. Gli obiettivi che si desideravano raggiungere in questo
lavoro sono stati perseguiti, sempre con i limiti già accennati. La categoria
della sollecitudine è certamente una chiave di lettura che permette di
sottolineare una dimensione del mondo della donna che non può essere
esclusa, né dimenticata. L’importanza di tale aspetto è evidenziato sia nella
riflessione teologica femminista, sia in quella magisteriale. La donna deve
riscoprire questa sua caratteristica e diventare modello per l’uomo, sia per la
sollecitudine vissuta nella realtà familiare, sia per quella verso tutta la
famiglia umana, se si vuole riprendere l’espressione utilizzata da Giovanni
XXIII.
In una situazione sociale e storica dove l’attenzione è posta solo
sull’individuo e sulla sua presunta libertà, spostare l’attenzione sulla
sollecitudine verso chi ci sta accanto, forse permetterebbe una svolta meno
egoistica e più consona ad una società che amiamo definire progredita e
civile.
11
PARTE I
LA SOLLECITUDINE NEL PENSIERO TEOLOGICO
FEMMINISTA
CAPITOLO I: La teologia femminista
La sollecitudine rappresenta una dimensione caratteristica del vissuto
di ogni donna. Per approfondire tale categoria e trovare argomentazioni che
sostengano la sua attualità anche per la società del Terzo Millennio è
opportuno riferirsi alla stessa riflessione che la donna, come soggetto
pensante, ha proposto negli ultimi cinquant’anni.
La presenza di una teologia, frutto dell’impegno di donne, diventa
riferimento imprescindibile per un confronto più completo ed esaustivo su
qualsiasi tematica, ma in particolare quando si vuole approfondire una
peculiarità del mondo femminile.
La teologia femminista, però, è una etichetta sotto la quale sono stati
inseriti tanti eventi, significati, riflessioni, e quindi per poter utilizzare ciò che
essa ha prodotto e continua a produrre, è necessario fare chiarezza sulla
complessità che tale realtà racchiude. Prima di analizzare specificatamente la
categoria scelta, oggetto della tesi, è necessario focalizzare il contesto
ermeneutico in cui la riflessione sul femminile si è sviluppata; chiarire alcuni
12
termini e ripercorrere, anche se sinteticamente, lo sviluppo della teologia
femminista, nell’ambito internazionale e in quello italiano. Alla fine del
capitolo si accennerà anche all’esegesi femminista, cioè al tentativo di
rileggere la Sacra Scrittura dal punto di vista femminile. Si è scelto di
approfondire tale aspetto perché ritenuto indispensabile per costruire il
percorso dei capitoli successivi, dato che la Parola di Dio è fondamento della
teologia e della vita di ogni cristiano.
13
1. Teologia e femminismo: teologia femminista o teologia al
femminile?
Il femminismo spesso è stato descritto come il movimento che riuniva
donne arrabbiate, aggressive, arrampicatrici, dai costumi facili e poco dedite
alla famiglia; mentre la teologia nell’immaginario comune era, o forse è
ancora, una disciplina lontana dall’uomo e privilegio di pochi addetti ai
lavori
1
.
La teologia femminista è l’esempio di come queste due realtà non
possono definirsi in modo così superficiale. Essa, infatti, viene fuori dalla
fusione della teologia con il femminismo. La teologia intesa nel suo vero
significato, cioè come riflessione su Dio, che mira a tradurre l’esperienza che
l’uomo fa di Dio in discorso. Il femminismo inteso come il movimento
sociale nato per migliorare la condizione delle donne.
La teologia femminista
2
, quindi, nasce dalla convinzione che la
teologia e il femminismo siano del tutto compatibili, anzi che l’una abbia
1
Giovanni Paolo II affermava: «Non posso non manifestare la mia ammirazione per le
donne di buona volontà che si sono dedicate a difendere la dignità della condizione femminile
attraverso la conquista di fondamentali diritti sociali, economici e politici, e ne hanno preso
coraggiosa iniziativa in tempi in cui questo loro impegno veniva considerato un “atto” di
trasgressione, un segno di mancanza di femminilità, una manifestazione di esibizionismo, e magari
un peccato! »: GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle donne (29 giugno 1995), in AAS 87 (1995) 807.
2
Per un’introduzione alla teologia femminista si è tenuto conto dei seguenti testi: HUNT M.-
GIBELLINI R. (a cura di), La sfida del femminismo alla teologia, Queriniana, Brescia 1981; VAN
LUNEN-CHENU M. T. – GIBELLINI R., Donna e teologia, = Giornale di Teologia 182, a cura di R.
Gibellini, Queriniana, Brescia 1988; CHRIST C. – PALSKOW J., Womanspirit Rising. A Feminist
Reader in Religion, Harper and Row, New York 1979; ID., Weaving the Visions. New Patterns in
Feminist Spirituality, Harper and Row, San Francisco 1989.
14
bisogno dell’altro
3
. La teologia femminista introduce nella riflessione l’altra
metà dell’umanità e della Chiesa, arricchendo l’esperienza di fede, la sua
formulazione e le sue espressioni.
Non tutti sono favorevoli ad utilizzare l’espressione teologia
femminista, condizionati dalla visione storica che si ricollega al
femminismo.
4
Tale espressione, infatti, evoca un movimento che si è spesso
opposto non solo alle chiese in genere, ma alla stessa esperienza religiosa,
vedendo in quest’ultima quasi un riconoscimento e una difesa serrata del
patriarcato. La teologia femminista, a prescindere da questo, rimane un
termine tecnico che permette di designare senza equivoci un determinato
ambito e stile di ricerca teologica. Non risulta facile, infatti, sostituire tale
termine con altri: ad esempio teologia al femminile o teologia della donna. La
teologia al femminile rimanda ad una definizione molto vaga e non priva di
una certa leziosità, diffusasi in alcuni ambienti cattolici, e la teologia della
donna richiama un’omonima corrente della metà del Novecento, ben diversa
dall’attuale teologia femminista per l’antropologia religiosa soggiacente, per
3
Cfr. GIBELLINI R., «Teologia femminista», in Enciclopedia Teologica, a cura di G.
Francesconi, Queriniana, Brescia 1990
2
, 1029-1034.
4
Più autori precisano la loro preferenza per il termine “femminile”, quasi per prendere
distanza da “femminista”, ad esempio, P. Vanzan, nella presentazione al primo volume di “La
donna: memoria e attualità”, afferma: «E tuttavia, innegabilmente qualcosa si muove nella Chiesa.
E non solo a opera della riflessione (antropologica e teologica) femminista – o, meglio, al
femminile – ma soprattutto a opera di una riflessione complessivamente umana, maschile e
femminile»: cfr. BORRIELLO L.-CARUANA E.- DEL GENIO M.R.- TIRABOSCHI M. (a cura di), La
donna: memoria e attualità, I, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1999, 8.
Bisogna riconoscere che non è facile far confluire tanti elementi complessi, in una realtà
ricca di luci e ombre, dove sono presenti elementi facili da trasmettere e recepire e altri ancora
inaccettabili: cfr. GARUTTI BELLENZIER M.T.-CAVALLARO E.-VANZAN P.-GENTILI A. (a cura di),
La donna: memoria e attualità, V: Il lungo cammino della donna nella Chiesa: amore, fedeltà e
libertà, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2005, 116-117.
15
il metodo di lavoro, per la prospettiva e soprattutto per i soggetti della
ricerca
5
.
La teologia femminista è una teologia del genitivo soggettivo, cioè una
teologia di donne ma elaborata dalle donne, ma anche una teologia del
genitivo oggettivo, cioè donne che riflettono sulla loro esperienza umana e
cristiana e danno criticamente espressione alla loro esperienza
6
.
Il termine femminista di per sé è anche preferibile rispetto a quello
femminile. Femminile sarebbe adatto nel caso si dovesse qualificare la
differenza a partire dalla quale si pensano realtà e problemi, dove dall’altra
parte troviamo un'altra categoria, il maschile, che non sia egemone. Quindi,
dato che non esiste questo equilibrio, ma anzi è ancora necessario impegnarsi
e lavorare per trasformare ulteriormente la realtà, il termine più esatto resta
femminista.
La locuzione teologia femminista è in qualche modo autodescrittiva e
si accompagna alla pretesa di essere una nuova teologia critica, ma essa non
deve essere considerata come una riflessione intellettuale e accademica sulle
donne, bensì come una teologia militante fatta dalle stesse donne.
7
La
teologia femminista parte dalla critica del passato, sottolineando gli aspetti
della tradizione cristiana che denigrano le donne, ad esempio una parte della
5
ALES BELLO A., Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, a cura di M. D’Ambra,
Città Aperta Edizioni, Troina (En) 2004, 34-35.
6
Cfr. GIBELLINI R., «La questione femminile come “segno dei tempi”», in Credere oggi
12/2 (1992) 5-16, 18; Elisabeth Schüssler Fiorenza sottolinea che spesso «il pensiero femminile
viene definito estremista, sovversivo, irrazionale, anormale, perché cerca di trasporre come base
della società e delle Chiese euroamericane un’alternativa al patriarcato, perché demistifica e
respinge quei valori cultural-religiosi di egemonia maschile e di subordinazione che costituiscono
la norma di ciò che viene considerato ragionevolezza, veridicità, conoscenza»:cfr. SCHÜSSLER
FIORENZA E., Rompere il silenzio, diventare visibili, in Concilium 21/6 (1985) 783-802, 792-793.
7
Cfr. SEBASTIANI L., «Emancipazione, parità, differenza sessuale: alcune implicazioni
teologico-etiche della liberazione delle donne come problema e come progetto», in Corso di
morale, II: Diakonia Etica della persona, , a cura di T. Goffi e G. Piana, Queriniana, Brescia 1990,
379-380; GIBELLINI R., Teologia femminista…, 1030-1034.
16
riflessione dei padri della Chiesa
8
; in secondo luogo cerca di recuperare la
parte della storia riguardante le donne che è stata perduta e, infine, rilegge le
principali categorie cristiane
9
.
La donna sente la necessità di passare da un’identità donata, frutto
della riflessione degli uomini, ad un’identità in cammino, che deve ancora
raggiungere chiarezza e completezza, e che sia frutto delle stesse donne.
Nel nuovo cammino di riflessione sull’identità della donna si è
verificata una distinzione fra correnti radicali e moderate.
Le esponenti più estremiste hanno rifiutato insieme agli aspetti
patriarcali e sessisti, la tradizione biblica, la stessa riflessione giudaico-
cristiana, per arrivare non tanto ad una idea di teologia dell’integralità, ma ad
un’autarchica
10
.
Le esponenti della corrente moderata, invece, hanno scelto di
organizzare proprio attorno alla Parola le varie scienze umane e divine.
Partendo dalla consapevolezza che i pregiudizi interpretativi sono radicati
profondamente nell’esegesi stessa, sono convinte che tutto il passato biblico,
patristico e di prassi ecclesiale sia rivisitabile con occhi femminili
11
.
8
Cfr. RADFORD RUETHER R., «Misogynism and Virginal Feminism in the Fathers of the
Churc», in Religion and Sexism, Simon and Schuster, New York 1974, 150-183; per quanto
riguarda l’androncentrismo è interessante il seguente approfondimento: BØRRESEN K.E., Natura e
ruolo della donna in Agostino e Tommaso d’Aquino, trad. it. E.Liliana Lanzarini, Cittadella
editrice, Assisi 1979, 300-308.
9
CARR A., Grazia che trasforma. Tradizione cristiana e esperienza delle donne, =
Biblioteca di teologia contemporanea 66, Queriniana, Brescia 1991, 15-20.
10
Mary Daly con l’espressione Gin/Ecology esprime il culmine di un cammino di rifiuto
della realtà patriarcale rappresentata dalla tradizione giudaico-cristiana: cfr. DALY M.,
Gin/Ecology. The Metaethics of Radical Femminism, Bacon Press, Boston 1978.
11
Cfr. MILITELLO C., Donna in questione. Un itinerario ecclesiale di ricerca, Cittadella
Editrice, Assisi 1992, 14-26; La donna: memoria e attualità, V: Il lungo cammino della donna…,
121-125.