materiali a cambiamento di fase (PCM) in edilizia
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pubblica mondiale dove più di 10.000 rappresentanti fra rappresentati dei governi,
economisti, scienziati, osservatori, giornalisti e membri di organizzazioni non governative
partecipano a questa Conferenza che si conclude l’11 dicembre con l’approvazione del
Protocollo di Kyoto.
Il protocollo è la base per una politica di riduzione delle emissioni vincolata a livello
internazionale che obbliga i paesi industrializzati a ridurre le proprie emissioni di gas a
effetto serra nel periodo 2008-2012 mediamente del 5,2% rispetto ai livelli raggiunti nel
1990. Ogni successiva edizione della Conferenza delle Parti ruota intorno al Protocollo,
con l’obiettivo di avviarne la convalida e quindi l’entrata in vigore.
Sono nate così nei vari stati dell’unione Europea delle leggi contenenti valori minimi di
trasmittanza, metodologia di calcolo per il rendimento energetico e altre misure atte alla
diminuzione dei consumi in edilizia e alla diminuzione della CO
2
.
La Direttiva 2002/191/CE del Parlamento e del Consiglio Europeo sul rendimento
energetico nell’edilizia introduce importanti novità nell’ambito del risparmio di energia
negli edifici con molteplici finalità, ad esempio la tutela dell’ambiente, la riduzione delle
emissioni inquinanti, l’indipendenza da fonti energetiche provenienti da paesi diversi.
Entrando più in dettaglio la direttiva dispone (2):
• adozione di un quadro generale e una metodologia per il calcolo del
rendimento energetico integrato degli edifici;
• l’applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli
edifici:
a. di nuova costruzione
b. esistenti di grande metratura sottoposti a ristrutturazione
• la certificazione energetica degli edifici (art. 7);
• l’ispezione periodica di caldaie ed impianti di condizionamento d’aria negli
edifici, nonché una perizia degli impianti termici.
Ad ogni stato europeo si chiede di recepire questa direttiva all’interno di norme a carattere
nazionale, in modo tale da garantire una maggiore sensibilità alle specificità del clima di
ciascun paese e rendere cooperativa la direttiva.
In Italia, la norma fondamentale sull’uso razionale dell’energia è stata finora la legge del 9
gennaio 1991 n. 10, cui hanno fatto seguito solo alcuni tra i vari decreti di attuazione
previsti. Tra questi il D.P.R. 26/08/1993 n. 412, parzialmente modificato dal D.P.R.
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21/12/1999 n. 551, che disciplina la progettazione, l’installazione, l’esercizio e la
manutenzione degli impianti termici degli edifici.
Il 31 marzo del 1998 viene emanato il Decreto Legislativo n. 112 che, all’articolo 30,
delega alle Regioni il compito di regolamentare l’applicazione della certificazione
energetica. Il Decreto Legislativo 19 agosto 2005, n. 192, è il decreto di attuazione della
direttiva 2002/191/CE sul rendimento energetico nell’edilizia. Tale decreto stabilisce i
criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici
con finalità che sono: lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, la
limitazione delle emissioni inquinanti e lo sviluppo tecnologico.
Sono poi state pubblicate sulla G.U. n. 26 del 1/2/2007, attraverso il D.Lgs. 311/06, alcune
disposizioni integrative, che correggono alcuni errori e lacune rilevati nel corso di più di un
anno di applicazione del decreto ed attuano alcuni indirizzi politici di maggiore severità sul
tema energetico. (2)
Queste normative, assieme alla presa di coscienza degli sprechi energetici, hanno perciò
spostato l’attenzione dei progettisti da una dotazione impiantistica sempre più pervasiva e
sofisticata a una progettazione intelligente dell’edificio, inteso come filtro di flussi di
energia in scambio con l’ambiente.
La progettazione volta al risparmio energetico deve saper controllare tre livelli: ambientale,
tipologico e tecnico-costruttivo. Per quanto attiene il controllo degli aspetti relativi al
rapporto tra edificio e ambiente, occorre:
• una progettazione attenta al clima locale, che tenga conto delle diverse
condizioni stagionali (temperatura, umidità relativa, ventosità, irraggiamento
solare; desumibili dalla norma UNI 10349 sui Dati climatici);
• una progettazione in relazione al sito, che tenga conto dell’ombreggiamento
per la presenza di ostruzioni e che sfrutti alcune condizioni al contorno (per
esempio la presenza di alberi per l’ombreggiamento estivo);
• una progettazione in relazione al sito, che tenga conto delle caratteristiche
dell’area (morfologia, presenza di elementi di inquinamento acustico o
ambientale, presenza di corsi d’acqua).
Per quanto attiene il controllo degli aspetti tipologici, i fattori che incidono sul
comportamento energetico dell’edificio sono:
• la forma compatta (più vantaggioso rapporto tra superficie e volume);
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• l’orientamento e la distribuzione interna delle unità abitative e dei singoli
locali costituenti l’edificio, tenendo conto della destinazione d’uso;
• la distribuzione, l’orientamento e i sistemi di protezione delle superfici
trasparenti, il loro rapporto con la superficie opaca, in relazione allo
sfruttamento degli apporti solari diretti nel periodo invernale e al controllo
dell’irraggiamento nel periodo estivo e all’ottenimento di un adeguato livello
di illuminazione naturale;
• la presenza di elementi come aggetti e schermature, porticati o logge o serre
(spazi filtro) ad assetto variabile tra inverno ed estate.
Per quanto attiene il controllo degli aspetti tecnico-costruttivi, i fattori che incidono sul
comportamento energetico dell’edificio sono:
• la presenza di un efficace isolamento termico e di finestre ad alte prestazioni
termiche;
• l’uso passivo dell’energia solare per lo sfruttamento degli apporti solari in
maniera diretta o indiretta (finestre, accumulatori di calore);
• l’integrazione di tecnologie solari attive (collettori solari, pannelli
fotovoltaici);
• l’uso di tecnologie ad alto rendimento (pompe di calore, celle a combustione,
corpi d’illuminazione e elettrodomestici a basso consumo energetico, ecc.).
Dunque orientamento dell’edificio, forma dell’edificio, caratteristiche dell’involucro e
scelte impiantistiche sono gli aspetti su cui deve concentrarsi maggiormente il progettista.
Un edificio che sfrutta le caratteristiche al contorno è un edificio ‘passivo’, da distinguersi
rispetto a quegli edifici che costruiscono artificialmente (e dunque in maniera ‘attiva’) il
comfort all’interno degli ambienti.
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1.2. L’ EVOLUZIONE DELL’INVOLUCRO EDILIZIO
L’involucro edilizio è un elemento architettonico che delimita e conclude
perimetralmente l’organismo costruttivo e strutturale. La sua funzione è quella di mediare,
separare e connettere l’interno con l’esterno, ma esso è anche un elemento ambientale,
che delimita e identifica gli spazi esterni circostanti. (1)
Forma e funzione dell’involucro edilizio hanno subito nel tempo modifiche sostanziali.
Dall’uso di materiali legati alla tradizione locale (pietra, legno e mattone) attraverso i quali
veniva affidato all’involucro edilizio non solo la funzione di confine tra spazio interno ed
esterno, ma anche quella portante, si passa all’uso di nuovi materiali (acciaio e vetro),
svincolati dalla tradizione locale e legati a processi di industrializzazione edilizia. La
massa muraria, tipica degli edifici tradizionali, viene bucata da superfici vetrate di
dimensioni sempre maggiori, fino ad esserne completamente sostituita.
La tendenza che ha guidato questa fase, peraltro già iniziata nel XIX secolo, è quella di
operare uno scostamento dell’involucro edilizio propriamente detto dalla funzione
portante. A causa di ciò variano di conseguenza le esigenze architettoniche, funzionali ed
energetiche degli involucri.
Al tradizionale requisito statico, di portare i carichi provenienti dai diversi impalcati,
vengono affiancate nuove esigenze di protezione termica (derivante dalla notevole
diminuzione degli spessori delle masse murarie), di illuminazione diurna degli ambienti e
parallelamente di protezione solare degli stessi. Risulta indispensabile governare i flussi
termici e luminosi che vengono scambiati attraverso l’involucro, adottando nuovi materiali
che, sposandosi con i mutati linguaggi architettonici, riescono a soddisfare i sopra citati
requisiti.
Il settore degli involucri, rispetto ad altri ambiti del panorama edilizio, ha visto negli ultimi
anni un notevole sviluppo, sia in termini di soluzioni costruttive adottate che in termini di
prestazioni offerte. Questa innovazione nell’elemento involucro si orienta verso la ricerca
di specifiche direttrici basate principalmente sul risparmio energetico, rispettando
contemporaneamente una serie di parametri legati al corretto inserimento ambientale
dell’intervento, al rispetto del contesto storico-culturale di appartenenza, alla qualità delle
soluzioni architettoniche e costruttive proposte.
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Le soluzioni progettuali prevedono pertanto scelte costruttive consapevoli, l’uso di
materiali, di prodotti e componenti non nocivi e si concentrano su soluzioni tecnologiche
nuove inserite in un preciso contesto architettonico e culturale.
La Direttiva 2002/91, che ha ispirato i Decreti Legislativi, citati nel paragrafo precedente,
192/05 e 311/06, basa la sua struttura sull’assunto che il 40% dei consumi energetici
comunitari attengono al funzionamento degli edifici.
Gli involucri moderni, diversamente dal passato, risultano in grado di controllare
dinamicamente i flussi energetici, governandoli in funzione delle esigenze di comfort
interno. Oggi è possibile utilizzare gran parte dell’energia solare incidente l’involucro,
distribuendola in zone dove è maggiormente necessaria e non semplicemente assorbendola
o schermandola totalmente. Il tutto è possibile grazie alla innovazione tecnologica che ha
permesso la realizzazione di nuovi materiali passivi, attivi e ad alte prestazioni per
l’involucro edilizio.
Possono essere classificati quali materiali passivi tutti quelli che, grazie semplicemente
alla forma, riescono a modificare la quantità di energia trasmessa (sia ottica che energetica)
in funzione della inclinazione della radiazione solare.
I materiali attivi, d’altra parte, modificano la quantità di energia trasmessa in funzione di
stimoli esterni forniti al sistema, quali corrente impressa, gradiente di temperatura o
variazione di energia solare incidente.
Una terza tipologia di materiali innovativi è costituita da prodotti ad alte prestazioni, in
grado di soddisfare, grazie a proprietà intrinseche, la maggior parte dei requisiti di confort.
Le tre tipologie di materiali sono state studiate sia dai programmi di ricerca
dell’International Energy Agency – Solar Heating and Cooling Programme, che ne ha
realizzato una classificazione. (3)
A partire dal 2005 il mercato ha assistito alla presentazione di molti materiali proposti dalle
aziende quali soluzioni ideali per il rispetto delle prestazioni energetiche richieste dalle
citate normative. Nella quasi totalità dei casi si tratta di materiali per i quali la ricerca
spinge al massimo livello possibile le prestazioni tradizionali. In alcuni altri casi si assiste
addirittura alla riproduzione di materiali che erano stati messi da parte poiché di difficile
utilizzo, che ora sono lanciati come innovazione.
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Più specificatamente nel campo dell’infissistica, ai telai a taglio termico si sovrappongono
quelli che aggiungono schiume all’interno dei profili; nel campo dei sistemi in vetro il
mercato ha ormai assorbito soluzioni che sino a pochi anni addietro avevano costi troppo
elevati, quali vetrate isolanti con lastre esterne ad alto fattore solare e lastre interne basso
emissive, arricchite con inserimento di gas rarefatti.
Riguardo ai sistemi opachi, i materiali che più hanno cercato di sfruttare l’impulso del
nuovo quadro normativo sono quelli dotati di maggiore massa, che si sono proposti quali
migliorati attraverso l’utilizzo di colle ed altri accorgimenti per ridurre i ponti termici.
Soluzioni che in passato erano state superate per via di diversi problemi costruttivi
correlati, quali quelle a cappotto, sono oggi riproposte con forza. Il sistema di isolamento a
cappotto infatti era stato abbandonato per essere sostituito in molti casi da rivestimenti
esterni in mattoni a vista e isolamento nella zona interna della muratura. Queste soluzioni
permettevano un buon isolamento, ma non eliminavano completamente il problema dei
ponti termici, che viene invece risolto grazie all’applicazione dello strato isolante sulla
faccia esterna della muratura come prevede il sistema a cappotto.
Data la complessità della progettazione dell’involucro, che deve garantire livelli
prestazionali elevati e divenire applicabile al nuovo come all’esistente si opta sempre più
per una scomposizione dei comportamenti termici in singoli fenomeni fisici, utilizzando i
materiali per le loro caratteristiche intrinseche e componendoli in un insieme capace di
rispondere alle variazioni di condizione.
Questa è quella che viene definita la quarta generazione di involucri evoluti, quella in cui i
sistemi dinamici di terza generazione (doppia pelle, facciata ventilata, frangisole, muri di
trombe), si compongono e scompongono, riassemblandosi nel progetto di architettura.
Tali chiusure possono essere definite come “involucri evoluti a comportamento
dinamico”. (4) Il termine involucro evoluto deriva dall’elaborazione, dalla trasformazione
e, naturalmente, dal perfezionamento di un sistema tecnologico o un materiale di origine
tradizionale. L’espressione a comportamento dinamico dichiara, invece, i principi di
funzionamento che sottendono alla definizione delle prestazioni offerte da queste
innovative chiuse esterne.
Dal raffronto con i sistemi e le tecnologie tradizionali appare evidente, quindi, che gli
involucri evoluti a comportamento dinamico presentano prestazioni innovative sia per la
natura dei materiali impiegati e per le specifiche costruttive che ne regolano l’applicazione.
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Per definizione, questi involucri si compongono attraverso l’applicazione di due distinte
pelli, separate da un’intercapedine d’aria. Le due pelli posso essere realizzate con materiali
e sistemi costruttivi diversi, in modo da ottenere una discreta gamma di soluzioni
costruttive differenti.
Le caratteristiche di una chiusura così configurata risultano tali da consentire l’innesco e lo
sfruttamento di fenomeni fisici naturali complessi, capaci di introdurre prestazioni elevate
e varabili all’occorrenza.
Gli involucri evoluti, infatti, possono essere definiti come chiusure dinamiche volte a
produrre non solo un diaframma protettivo, ma un luogo attivo d’interscambio tra energia
interna ed esterna prodotta, accumulata ed espulsa in funzione delle condizioni ambientali
esterne esistenti ed interne desiderate. (1)
La dinamicità delle prestazioni offerte costituisce quindi la migliore caratteristica
discriminante che qualifica questi involucri evoluti rispetto alle chiusure tradizionali.
Tali chiusure sono nate storicamente e si sono sviluppate per rispondere alle esigenze
imposte dalle condizioni climatiche più estreme del contesto di applicazione (ad esempio le
condizioni invernali per i Paesi nord europei e le condizioni estive per i Paesi
mediterranei).
Gli involucri evoluti possono invece rispondere, in termini prestazionali, alla variabilità sia
delle condizioni climatiche che delle condizioni ambientali interne.
I fenomeni fisici generati derivano dall’adozione di soluzioni costruttive per la pelle
esterna, capaci di intercettare, dirigere, accumulare, espellere le radiazioni solari o gli
effetti da esse prodotti.
Alla pelle interna sono tradizionalmente affidati le prestazioni legate al concetto di
chiusura; la pelle esterna invece, assieme all’intercapedine, raggiunge le prestazioni
dinamiche. Mentre l’involucro interno può essere realizzato con tecniche tradizionali
definite ad umido, quello esterno è sempre realizzato attraverso l’impiego di sistemi “a
secco”.
Aver realizzato un involucro a comportamento diversificato e variabile, nel quale ogni
porzione di edificio sfrutta l’effetto serra, l’effetto camino, l’ombreggiamento, l’inerzia
termica, a seconda della condizione, della stagione e dell’ora del giorno, consente infatti di
fare interagire tale sistema con molti elementi capaci di influire con i consumi energetici.
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In primo luogo è possibile rendere dialoganti gli impianti di riscaldamento e di
condizionamento con l’involucro stesso, determinandone un utilizzo esattamente
corrispondente alle effettive esigenze.
Inoltre è possibile utilizzare effetti secondari degli impianti, come ad esempio l’aria di
espulsione della climatizzazione, per amplificare l’effetto cuscinetto delle intercapedini
presenti nelle porzioni a doppia pelle. Infine l’involucro così composto può ospitare
elementi a superficie funzionalizzata, che divengono così attivi, producendo a loro volta
energia o svolgendo funzioni a costo nullo.
Si sta poi diffondendo sempre maggiormente l’utilizzo dei Phase Change Materials
(materiali a cambiamento di fase), noti come PCM. Tali materiali hanno iniziato a
diffondersi in campo aerospaziale, come abbigliamento per gli astronauti e si sono espansi,
anche se lentamente, in edilizia e in altri settori.
I PCM rappresentano probabilmente il futuro dei materiali da costruzioni. Sfruttando le
loro proprietà di assorbire e rilasciare calore durante il cambiamento di fase si riescono ad
ottenere materiali "attivi" nei confronti delle condizioni climatiche esterne. Attuali fronti
avanzati di ricerca, ma anche di applicazione sempre più estesa, mostrano come
all’isolamento dell’involucro esterno possa essere affiancata l’inerzia termica artificiale,
programmabile sulla temperatura desiderata, grazie al posizionamento nel nucleo interno, o
nelle frontiere trasparenti, di strati di PCM.