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La tesi è strutturata come segue.
Nel primo capitolo viene definito il concetto di valore e si presenta brevemente il
Value Based Management; successivamente, iniziando la trattazione con il DCF,
vengono illustrate le varie metodologie utilizzate nelle valutazioni compresa
quella dei multipli di mercato. Di seguito vengono poi presentate alcune possibili
classificazioni dei multipli seguite da una trattazione più accurata degli indicatori
che saranno considerati nel corso della tesi.
Il secondo capitolo contiene un esame degli elementi critici riscontrati nei singoli
multipli, ovvero degli aspetti critici che in parte sono insiti nella definizione del
multiplo e in parte derivano dal loro utilizzo nelle valutazioni.
In particolare si è esaminato, nella definizione del multiplo, il peso dei seguenti
elementi:
ξ il rischio;
ξ la volatilità del mercato;
ξ la presenza di particolari strumenti finanziari (potentially dilutive securities);
ξ gli intangibles;
ξ la staticità del book value;
ξ la staticità delle vendite;
ξ la dinamica dei cash flows;
ξ la struttura finanziaria;
ξ i criteri contabili.
L’analisi è arricchita dai contributi che testano empiricamente questi aspetti.
Il capitolo tre contiene una review empirica internazionale di quegli studi che
verificano l’efficacia dell’utilizzo di ciascun multiplo nella valutazione. Gli studi
analizzati sono 16, si è tentato di offrirne un quadro sinottico individuandone
analogie e differenze in termini di metodologia di indagine e di risultati.
Il capitolo quattro è infine dedicato alla verifica empirica condotta su un campione
di imprese quotate alla Borsa Italiana. Il campione d’indagine è rappresentato da
4.512 osservazioni distribuite in 15 settori e nel periodo 1999–2003. La
performance dei vari multipli è stata testata tramite l’analisi media-mediana,
l’analisi della deviazione standard e l’analisi del percentage within 15% (si fa
rinvio per il dettaglio del loro utilizzo al capitolo relativo).
Dopo aver presentato il campione sul quale è stata condotta l’indagine nonché la
metodologia utilizzata, si sono illustrati i risultati ottenuti. L’indagine è stata
condotta con la volontà di verificare se nei vari settori esaminati esiste o meno un
multiplo ottimale per la valutazione di quel determinato tipo di imprese.
Considerando inoltre l’intero mercato sono stati effettuati dei confronti con quanto
osservato negli studi esaminati nel capitolo tre.
Di seguito vengono riportate alcune considerazioni che emergono dalla review
empirica internazionale e dall’indagine empirica condotta sul campione di imprese
quotate in Italia.
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Da quanto è stato osservato nel terzo capitolo emerge che nessuno dei multipli
presi in esame produce delle stime di valore precise dato che le valutazioni
ottenute mediante la loro applicazione tendono, nella maggior parte degli studi
considerati, a sottostimare il valore di mercato della società valutata. Soltanto
Deloof-De Maeseneire-Inghelbrecht (2002), Kim-Ritter (1999) e Chang-Tang
(2002) osservano che il P/CE e il P/Sales di norma producono valutazioni che
sovrastimano il valore di mercato dell’impresa. Al contrario, nel mercato italiano,
si può affermare che i multipli utilizzati per valutare le società italiane di norma
producono delle valutazioni che sovrastimano il valore di mercato. Le uniche
eccezioni sono rappresentate da quanto osservato a proposito del P/E e del P/BV
per i quali invece si rileva la tendenza a sottostimare questo valore.
Un discorso differente va fatto però sulla dispersione del valore stimato da quello
osservato che sembra in diversa relazione in base all’ambito di valutazione.
Osserviamo, infatti, che nella stima del corporate value, l’EV/BV si dimostra
essere il multiplo più affidabile dato che le valutazioni ottenute risultano più
accurate (minore dispersione) di quelle conseguibili mediante altri indicatori.
Per quel che riguarda la determinazione dell’Equity invece è possibile ritenere che
il multiplo più efficiente sia il P/E atteso (o P/E forecast) poiché i valori degli
indici di dispersione considerati (deviazione standard e interquartile range)
risultano per questo multiplo inferiori rispetto a quanto rilevato per gli altri
rapporti.
Anche nella valutazione delle società coinvolte in una IPO, il P/E atteso si
dimostra essere l’indicatore più efficace nelle valutazioni dato che la percentuale
di stime che producono un errore inferiore a 0,15 è più elevata di quella
riscontrata per gli altri multipli.
Se si confrontano questi risultati con quanto riscontrato in Italia, si rileva che il
grado dispersione è in media molto più elevato di quello riscontrato per gli stessi
indicatori negli studi internazionali. I valori assunti dalla deviazione standard nel
mercato italiano infatti sono sempre superiori ad 1 (ad eccezione di quanto
riscontrato per il P/BV dove tale variabile è pari a 0,932) mentre osserviamo che
negli altri paesi è il valore di tale variabile risulta molto più contenuto.
Rileviamo invece che i valori del percentage within 15% riscontrati per le
valutazioni effettuate sulle società italiane sono molto più contenuti di quelli
osservati nelle valutazioni eseguite su società estere. Le percentuali di stime che
producono un errore inferiore a 0,15 nel mercato italiano non sono mai superiori
al 16,62% mentre negli altri paesi raggiungono soglie molto più elevate, ciò
significa che le valutazioni ottenute mediante i multipli in Italia sono meno
precise di quelle effettuate in altre nazioni.
Un discorso a parte merita invece il ruolo dei multipli nella stima delle
performance di un portafoglio; gli studi considerati infatti rivelano che è difficile
stabilire quale tra il P/Sales ed il P/BV sia l’indicatore che permette di ottenere
una valutazione più accurata. Le argomentazioni fornite nei vari studi a favore
dell’uno o dell’altro multiplo portano però a concludere che per ottenere una stima
attendibile delle performance di un portafoglio sia preferibile utilizzare
congiuntamente i due multipli.
Per quanto riguarda l’analisi condotta sui singoli settori italiani si è riscontrato che
solo in cinque dei quindici settori che sono stati presi in esame è stato possibile
individuare un multiplo che produce delle performance accettabili e che risulta,
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quindi, affidabile nelle valutazioni. I multipli ed il relativo settore di riferimento
sono stati indicati nella tabella che segue.
Settori e multipli che producono performance accettabili
Settore Multipli
Pubblico EV/EBIT
Immobiliare P/BV
Assicurativo P/E
Bancario P/BV
Società di ingegneria
P/Sales, EV/Sales,
EV/EBITDA
Ciò che emerge da questa analisi, quindi, è la scarsa convergenza del valore
stimato tramite i multipli verso il valore di mercato osservato. Con questo non si
ritiene comunque di poter rigettare la validità dei multipli di mercato in quanto
l’analisi è in parte inficiata da alcuni limiti di metodo di cui di seguito si tenta di
dare brevemente conto.
In primo luogo si è osservato che l’accuratezza delle stime e la scelta del tipo di
indice da utilizzare è subordinata all’obiettivo che si intende raggiungere; le
indagini che sono state condotte hanno evidenziato che le performance dei vari
multipli dipendono fortemente dal tipologia di valutazione che deve essere
effettuata. Abbiamo riscontrato infatti che le caratteristiche dei vari rapporti
considerati li rendono più adeguati a cogliere determinati aspetti dell’impresa con
la conseguenza che tali indicatori permettono di ottenere delle valutazioni più
precise se impiegati, ad esempio, nella stima dell’Equity piuttosto che del
corporate value.
Un secondo limite riguarda invece le difficoltà che si incontrano nella scelta della
comparable. Se l’impresa comparabile non è simile, in termini di rischio e
redditività, alla società valutata si corre infatti il rischio di ottenere delle
valutazioni che forniscono una rappresentazione distorta della realtà aziendale.
Relativamente all’analisi condotta sul mercato italiano è necessario specificare
che il multiplo della comparable è stato calcolato come valore medio dei multipli
relativi alle società operanti nello stesso settore di quella presa in considerazione.
Naturalmente questo tipo di procedimento non rappresenta la modalità più corretta
per l’individuazione del multiplo della comparable, ma i dati a nostra disposizione
non permettevano di potere determinare quale delle imprese appartenenti al
settore potesse essere considerata simile e non si è potuto quindi procedere in
maniera differente.
Un ulteriore limite è infine rappresentato dal fatto che non sempre è possibile far
affidamento sui multipli poiché o non si riesce a determinarne il relativo valore
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oppure questo risulta negativo. Nella prima ipotesi l’indice non può essere
utilizzato per effettuare alcun tipo di stima mentre se il multiplo è negativo si è
riscontrato che il suo impiego è totalmente inutile e si corre anzi il rischio di
ottenere valutazioni errate.
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Capitolo 1 – Valore e Multipli di mercato
1.1 Premessa
Nel linguaggio corrente si individua con il termine di valore “la caratteristica
di un bene per cui esso è scambiabile con una certa quantità di altri beni”.
Tale nozione è senza dubbio corretta, ma se utilizzata in ambito finanziario può
risultare imprecisa e troppo generica perché quando si considera il valore
aziendale, in base al contesto che si sta analizzando, possono essere attribuite allo
stesso termine varie definizioni:si parla infatti di valore di acquisizione, valore di
cessione, valore stand alone, valore di break-up, prezzo di offerta al pubblico e
del “più probabile prezzo di mercato”.
Prima di esaminare nello specifico ognuno di questi concetti di valore, è
importante sottolineare che la presenza di differenti nozioni risponde all’esigenza
di soddisfare le specifiche necessità conoscitive che si presentano in relazione alle
differenti finalità per le quali può essere realizzata una valutazione aziendale.
Con il valore di acquisizione si esprime il valore di un’azienda come il valore
attuale dei suoi flussi di risultato attesi, mentre definiamo valore di cessione il
prezzo in corrispondenza del quale rileviamo un valore attuale netto (VAN) pari a
0, ricordando che il VAN si calcola come differenza tra il valore attuale dei flussi
derivanti da un investimento e il costo necessario per la sua realizzazione. Per
valore stand alone si intende il valore attribuibile ad un’impresa nelle sue attuali
condizioni di gestione, senza considerare, quindi, gli eventuali benefici derivanti
da interventi effettuati da potenziali acquirenti; il valore di break-up invece
rappresenta il valore realizzabile a seguito dello smembramento delle attività
d’impresa e della cessione delle stesse. Il prezzo di offerta al pubblico (Initial
Pubblic Offering, IPO) individua il livello di prezzo che può essere richiesto
nell’ambito della quotazione in borsa di un’impresa o, più in generale, nel caso di
offerta al pubblico di azioni o collocamento presso investitori specializzati. Il “più
probabile prezzo di mercato”, infine, esprime il valore attribuito ad un impresa
da parte di potenziali acquirenti (willing buyers) formulato sulla base delle
informazioni alle quali si può normalmente accedere.
Al di là delle sue modalità di calcolo, il concetto di valore trova massima
espressione e divulgazione tramite il Value Based Management (VBM), di cui
sono state date varie definizioni. Eccone alcune tra le più rappresentative
“VBM è un approccio formale, sistematico, alla gestione delle imprese mirante a
aggiungere l'obiettivo di massimizzare la creazione di valore per gli azionisti nel
lungo termine” (Mc Taggart J., Kontes P., Mankins M., 1994).
“VBM è un approccio al management in base al quale gli obiettivi dell'impresa,
le tecniche e i processi di gestione sono coordinati allo scopo di massimizzare il
valore dell'impresa stessa. Gli obiettivi sono raggiungi concentrando le decisioni
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del management sui drivers del valore” (Copeland T., Koller T., Murrin J.,
1996).
“Value based management è un approccio manageriale il cui primo obiettivo è la
massimizzazione del valore per gli azionisti. Gli obiettivi di un'impresa, i suoi
sistemi, le strategie, i processi, le tecniche di gestione, la misura delle
performance e la cultura dell'organizzazione sono guidate dall'obiettivo di
massimizzare il valore per gli azionisti” (Arnold G., Davies M., 2000).
Le sopracitate definizioni hanno tre elementi in comune:
1. VBM è permeato dal principio che la creazione di valore sia l'obiettivo
primario dell'impresa (creating value);
2. VBM significa prendere decisioni, allocare risorse, remunerare il management
con l'obiettivo di creare valore. Lo scopo ultimo è far in modo che ad ogni
livello dell'organizzazione il management sia indotto ad agire come se fosse
proprietario dell'impresa (managing for value);
3. VBM è un modo per valutare il successo o l'insuccesso delle attività di
gestione che stanno nascendo o che sono in corso di attuazione. Si sostanzia
dunque in uno strumento finalizzato a comprendere il contributo che una certa
attività potrà dare alla creazione di valore (measuring value).
Leon Kahmi (2000) individua quali sono gli obiettivi (vedi Figura 1.1) che
l’impresa deve porsi per far diventare il VBM uno stile di vita:
ξ assicurarsi che il top-management si impegni nello sviluppo del VBM;
ξ far sì che il valore divenga parte integrante di tutti i processi del management;
ξ fornire ai managers strumenti necessari per prendere le decisioni relative alla
creazione del valore;
ξ elaborare le opportune strategie;
ξ incentivare la formazione del personale;
ξ favorire la comunicazione all’interno dell’impresa;
ξ proporzionare gli incentivi dei managers al valore creato;
ξ osservarne l’impatto sul comportamento e stabilire le misure del valore.
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Figura 1.1 – Gli obiettivi del VBM
Per far sì che il valore divenga parte integrante di tutti i processi del management,
occorre tenere presente che tali processi costituiscono la linfa di ogni
organizzazione e possono influenzare considerevolmente coloro che sono tenuti a
prendere decisioni all’interno dell’impresa.
Ne deriva che il concetto di valore assume un ruolo così importante per il
management aziendale per diversi motivi.
In primo luogo il valore può essere considerato come uno strumento utile per
monitorare i risultati conseguiti dall’impresa nello svolgimento della sua attività,
permettendo di esprimere un giudizio critico sulla gestione.
Inoltre è possibile utilizzare tale fattore per stimare, anche se in modo
approssimativo, le performance aziendali fornendo indicazioni utili al mana-
gement sia sulla validità delle strategie che sono state poste in essere che su come
indirizzare l’attività di programmazione.
Infine il valore svolge un ruolo primario quando l’impresa è coinvolta in
operazioni straordinarie quali l’acquisizione di una società, la fusione con un’altra
società e la scissione della stessa in più società, in quanto è sulla base di questo
elemento che di norma si determina il prezzo al quale viene effettuata
l’operazione.
Alla luce di quanto detto è evidente l’importanza di comprendere le modalità di
calcolo del valore, scopo del presente capitolo. In particolare nel paragrafo 1.2 si
fornirà un quadro dei principali metodi di determinazione del valore per poi
soffermarsi con maggior nel dettaglio (paragrafi 1.3, 1.4, 1.5) sul metodo dei
multipli di mercato.
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1.2 Approcci nella determinazione del valore
Massari (1998) sostiene che la varietà di metodologie di stima, escludendo le
semplici regole empiriche, può essere ricondotta a quattro fondamentali approcci,
in relazione alla tipologia di legame che ciascun di essi instaura tra valore
d’impresa e la sua variabile determinante. Il termine metodo sarà quindi utilizzato
in riferimento allo specifico modo con cui si sceglie di realizzare una valutazione
all’interno di uno dei quattro approcci che sono:
1. l’approccio basato sui flussi di risultato, al quale sono riconducibili il
metodo finanziario (o Discounted Cash Flow) e quello reddituale;
2. l’approccio basato sulla creazione di valore, al quale sono riconducibili
il metodo misto con evidenziazione del goodwill e l’EVA;
3. l’approccio patrimoniale, al quale sono riconducibili il metodo patri-
moniale semplice e quello complesso;
4. l’approccio di mercato, al quale sono riconducibili il metodo delle
transazioni comparabili e quello dei multipli di mercato.
Nei paragrafi che seguono vengono presentate le singole metodologie, utilizzate
per la determinazione del valore, basate sugli approcci appena considerati.
1.2.1 Il Discounted Cash Flow (DCF)
Secondo il metodo del Discounted Cash Flow (DCF), il valore del capitale
azionario viene determinato attualizzando tutti i flussi di cassa (o cash flows)
attribuibili all’impresa; questo equivale ad affermare che bisogna calcolare il
valore attuale, aggiustato per il rischio, di tutti i dividendi futuri ed di ogni altro
flusso percepito dagli azionisti. Il valore sarà dunque determinato come mostra la
seguente formula:
ƒ
T
1 t
t
t
r) (1
CF
W