L’obiettivo del presente lavoro è comprendere, con un approccio a basso livello, i
fenomeni alla base del funzionamento dei fluidi elettroreologici, sui quali si
ritiene ci siano delle contraddizioni in letteratura.
In base a tali fenomeni si cercherà di identificare le caratteristiche che il fluido
dovrebbe presentare e si farà un confronto con dati sperimentali. Tra i dati
sperimentali disponibili in letteratura saranno considerati soltanto quelli ottenuti
con procedimenti ritenuti corretti.
Sulla base dei fenomeni in oggetto si strutturerà un modello comportamentale
presumibile. Verificheremo la validità del modello dal confronto con dati
sperimentali certi, cioè quei dati ottenuti con procedimenti di cui si sia in grado di
verificarne la correttezza concettuale e procedurale.
Inizialmente si richiameranno le principali informazioni disponibili in letteratura,
tracciando lo stato dell’arte della caratterizzazione dei fluidi ed evidenziandone le
contraddizioni.
Si cercherà poi di individuare gli errori, concettuali e di misura, che hanno portato
a risultati spesso contrastanti.
Infine saranno tracciate le linee guida per una caratterizzazione dei fluidi
elettroreologici, strutturata in modo da fornire dei parametri di riferimento
significativi per il loro utilizzo, prescindendo dalla loro composizione chimica.
Nella seconda parte della tesi si progetterà uno strumento di misura con
caratteristiche idonee per tale caratterizzazione, colmando i deficit riscontrati nei
reometri utilizzati normalmente.
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2. Stato dell’arte sui fluidi ER
Qui di seguito viene tracciato lo stato dell’arte della caratterizzazione dei fluidi
ER, riportando i risultati più importanti e le informazioni sugli aspetti più
significativi del loro comportamento evidenziando, ove possibile, alcuni aspetti in
cui i risultati ottenuti da alcuni autori sembrano essere in contraddizione.
2.1 Note introduttive
I fluidi elettroreologici (ER), sono materiali compositi le cui proprietà reologiche
(viscosità, plasticità, elasticità) possono essere variate drasticamente tramite
l’applicazione di un campo elettrico. Sottoposti infatti a campi sufficientemente
intensi essi possono raggiungere uno stato di solidificazione reversibile.
Figura 2.1.1 Immagini del fluido posto tra due elettrodi: nell’immagine di sinistra tra gli elettrodi
non è applicato alcun campo; a destra il fluido e soggetto a campo elettrico. Immagine della ER
Fluid Development Ltd, U.K
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Un tipico comportamento è dato in Figura 2.1.1, in essa sono visibili due
immagini relative allo stato del fluido posto tra due elettrodi. Nella prima
immagine non è applicato alcun campo elettrico, il fluido cola nel recipiente
sottostante. Nell’immagine di destra tra gli elettrodi è applicato un campo
elettrico, il fluido presenta una viscosità elevata e rimane sospeso.
Figura 2.1.2 Immagini al microscopio di un fluido con particelle di colloide in diversi istanti di
tempo e in condizioni di campo elettrico differenti (a) Fluido in assenza di campo elettrico, è
visibile una parziale sedimentazione delle particelle. (b) Le particele, sotto l’effetto del campo,
cominciano a migrare e formano delle colone nella direzione del campo. (c) Dopo alcune ore
dall’applicazione del campo le particelle sono molto ordinate e si presentano nella forma di
grosse colonne. (d) Vista del fluido da una sezione perpendicolare alla direzione del campo, è
visibile la distribuzione rispetto a questo piano delle colonne di particelle
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In genere sono formati da una sostanza fluida non conduttiva in cui sono disperse
delle particelle solide, anche se si riscontrano effetti elettroreologici anche in
composti omogenei. La componente fluida è quasi sempre olio di silicone, che
risulta essere particolarmente idoneo all’applicazione. Le particelle solide possono
essere di diversa natura, ad esempio ossidi di metallo, alluminosilicati, particelle
organiche o polimeri.
Si cerca continuamente di sintetizzare nuove particelle che conferiscano
caratteristiche particolari al composto. La dimensione tipica delle particelle va da
poche decine fino a alcune centinaia di micrometri. La concentrazione è
tipicamente compresa tra il 20% ed il 60% in volume della soluzione. Il limite alla
concentrazione delle particelle solide è posto dalla necessità di avere un composto
che in assenza di campo elettrico sia molto fluido.
La variazione delle proprietà reologiche è attribuibile alle proprietà dielettriche
dei costituenti. Sotto l’azione del campo elettrico, le particelle si polarizzano,
migrano e formano delle catene o delle colonne nella direzione del campo. Questo
morfologia strutturale altera le proprietà meccaniche del composto.
In Figura 2.1.2 sono riportate le immagini al microscopio di un fluido con
particelle di colloide in diversi istanti di tempo e in condizioni di campo elettrico
differenti.
Nell’immagine (a) è visibile il fluido in assenza di campo elettrico, si può notare
una parziale sedimentazione delle particelle. Nella (b) le particele, sotto l’effetto
del campo, cominciano a migrare e formano delle colone nella direzione del
campo. In (c) è visibile il fluido dopo alcune ore dall’applicazione del campo; le
particelle sono molto ordinate e si presentano nella forma di grosse colonne. In (d)
è visibile il fluido da una sezione perpendicolare alla direzione del campo, si
distingue la distribuzione rispetto a questo piano delle colonne di particelle.
Per molti composti di questo tipo l’applicazione di campi dell’ordine di qualche
Kvolt/mm può causare il passaggio allo stato solido. La solidificazione è una
condizione reversibile, quando il campo viene rimosso il composto torna alle
condizioni iniziali tranne che per la persistenza, in alcuni casi, di disposizioni
ordinate residue delle particelle. Il composto nella fase solida presenta
generalmente una resistenza al taglio unitaria vicina ai 10 KPa/mm, la relazione
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tra la resistenza al taglio ed il campo elettrico applicato per alcuni fluidi è data in
figura Figura 2.1.3. Il valore della resistenza al taglio del materiale allo stato
solido è indicata con il nome di “yield stress” di cui si parlerà nel dettaglio
successivamente.
Figura 2.1.3 Relazione tra yield stress e campo elettrico applicato per alcuni materiali. Dati
APTIAC Quarterly Vol.7,Numero2, 2003
Di recente, con l’impiego di nanoparticelle (50-70nm), si sono ottenuti materiali
che a parità di campo applicato presentano una resistenza al taglio 10 volte più
grande, questa proprietà è stata chiamata “giant electrorheological effect”,GER
[38]. In figura Figura 2.1.4 è riportato il diagramma relativo alla relazione tra
tensione e yield stress per detto fluido.
In condizioni di solidificazione il composto è classificato, come discusso nel
dettaglio in seguito, come fluido viscoplastico, all’applicazione di uno stress di
taglio superiore ad un valore limite, si deforma e assume comportamento di tipo
viscoso.
Nonostante l’elevata tensione elettrica necessaria per generare significative
variazioni meccaniche, grazie alla ridottissima conduttività dei materiali
costituenti la base fluida, la corrente di esercizio è in genere di poche decine di
µA/cm2.
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Figura 2.1.4 Diagrammi relativi ad un fluido di tipo GER.
Sono riportati i valori di yield stress al variare dalla
temperatura per due diverse concentrazioni di nanoparticelle.
Nel riquadro è visibile l’andamento della corrente rispetto alla
radice quadrata del campo elettrico. Dipartimento di fisica e
istituto di nano scienze, università di HongKong.
L’effetto elettroreologico è stato osservato per la prima volta nel 1939 da
Winslow [1]. L’interesse di Winslow verso l’elettroreologia inizia dopo la lettura
nel 1937 dell’articolo “Jounsen Rahbeck Effect” che trattava della elevata forza di
attrazione tra due elettrodi separati da alcuni materiali scarsamente isolanti. Gli
studi in tale direzione lo hanno portato alla prima scoperta dell’effetto
elettroreologico di alcuni materiali composti da una base fluida con delle polveri
sospese, discusso nell’articolo “Induced vibration of suspensions” [1]. Ha ricevuto
il brevetto per la sua invenzione nel 1947, e tale effetto è stato chiamato
inizialmente“Winslow effect”. Un prototipo di fluido commercialmente
disponibile si è avuto soltanto nel 1980.
Questo fenomeno ha riscontrato notevole interesse perché ha aperto la strada ad
una nuova possibilità di modificare il comportamento meccanico di un sistema
agendo elettricamente. In genere l’interazione elettro-meccanica era affidata a
dispositivi elettromagnetici, elettrostatici, elettrostrittivi o magnetostrittivi. A
differenza di questi fenomeni, in cui in generale una grandezza meccanica (forza o
coppia) viene trasdotta in una grandezza elettrica o magnetica, nei fluidi ER la
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grandezza elettrica può modificare direttamente le proprietà meccaniche di un
sistema. Questa opportunità ha portato alla nascita di nuovi dispositivi che trovano
applicazione in molti campi della tecnica, dal settore automobilistico alla robotica.
Con l’utilizzo di questi fluidi sono stati realizzati dispositivi come: attuatori ad
elettrodo mobile [2], attuatori piezoelettrici autosensibili [3], sospensioni
meccaniche ha smorzamento variabile [4], microattuatori a valvola integrata [5],
attuatori e sistemi aptici per il controllo di strumenti negli autoveicoli [6].
Nel settore della robotica sono stati realizzati dispositivi per il feed-back aptico e
sensoriale [7] per ricreare delle sensazioni fisiche reali in ambito della
teleoperazione o della realtà virtuale.
Per la comprensione della morfologia dei fluidi ER sono stati fatti numerosi studi,
si sono analizzati materiali diversi, con concentrazioni di particelle differenti e in
diverse condizioni ambientali. Sono stati sviluppati diversi modelli matematici
che tentano di mettere in relazione le proprietà reologiche e la loro dipendenza
dalla tensione elettrica applicata con le caratteristiche degli elementi costituenti il
fluido. Il tentativo è quello di capire a fondo l’influenza dei diversi fattori che
intervengono nella definizione delle proprietà comportamentali, per poter
realizzare dei fluidi con caratteristiche idonee per applicazioni specifiche.
Si farà di seguito una analisi a basso livello dei fenomeni che intervengono
quando in un fluido elettroreologici si applica un campo elettrico.
2.2 Studio comportamento
I fluidi ER presentano un intrinseca complessità comportamentale, infatti i fattori
che intervengono nella determinazione delle loro proprietà sono molti.
Microscopicamente li possiamo descrivere come anisotropi e non omogenei, il
loro comportamento dipende da:
ξ temperatura
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ξ tensione elettrica applicata
ξ elementi costituenti e loro concentrazione
A livello microscopico sono fondamentali:
ξ proprietà meccaniche ed elettriche dei costituenti
ξ struttura atomica e molecolare
ξ interazione tra i costituenti
La ricerca di un modello che li caratterizzi ha seguito un percorso articolato, si
sono susseguite teorie differenti per spiegare risultati sperimentali differenti. A
livello internazionale non c’è ancora una convergenza sulla caratterizzazione dei
fluidi ER, non c’è un modello di riferimento comune e si hanno notizie
discordanti su alcuni aspetti importanti come la dipendenza dalla temperatura, di
cui si parlerà in dettaglio successivamente.
Si è subito attribuita la variazione delle proprietà reologiche alla polarizzazione
delle particelle sospese ed alla loro interazione. Le prime osservazioni
sperimentali del fenomeno si sono avute negli anni per mezzo di microscopi laser
[8] o con misure di tipo interferometrico [9]. E’ stato evidente da subito che le
particelle si dispongono in pochi millisecondi in modo da formare delle catene
nella direzione del campo elettrico applicato, successivamente si uniscono per
formare delle colonne, come visto in Figura 2.1.2.
Quando si applica una deformazione di taglio, le catene si piegano nelle direzione
di deformazione. Nella figura Figura 2.2.1 è riportata un immagine, ottenuta al
microscopio, della disposizione delle particelle in assenza di campo (a), in seguito
all’applicazione del campo elettrico ma senza deformazione (b) e in seguito ad
una successiva deformazione di taglio (c). In corrispondenza di ogni immagine è
riportata la riproduzione schematica della disposizione particellare secondo
l’interpretazione degli autori [41].
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