6
l’attenzione sul valore del lavoro, viene presentata una definizione generale e operata una
distinzione tra alcune tipologie di valore e come queste influiscono sul modo di intendere e
concepire la propria professione.
All’interno del secondo capitolo ci si sofferma brevemente sulla crisi del sistema
capitalistico, prima attraverso una prospettiva economica e successivamente attraverso una
sociologica, analizzando le conseguenze di tale crisi.
Vengono considerate le interpretazioni compiute da due autori di fama mondiale in merito
a questo argomento come Sennet, uno dei primi ad occuparsi delle conseguenze del lavoro
flessibile sulle persone e Castel, il quale pone l’attenzione sulla mancanza di tutele rispetto
ai rischi sociali tipici di tali tipologie di lavoro.
Inoltre sono esposte, consapevole delle profonde differenze economiche e culturali, le
considerazioni di sociologi Italiani tra cui Gallino, Fullin e Ranci che individuano alcune
conseguenze della precarietà sui lavoratori Italiani.
Nello stesso capitolo viene affrontata, attraverso la rassegna di più autori operanti nel
campo della psicologia, il periodo della giovinezza in una prospettiva evolutiva, oltre che
delineare la condizione attuale dei giovani Italiani, anche attraverso un confronto con i
coetanei Europei. E’ inoltre esposta la legge Biagi che porta all’introduzione di nuove
forme contrattuali flessibili. Viene presentato un breve paragrafo sull’incontro dei giovani
con il lavoro. Rispetto al passato l’entrata nel mondo del lavoro non è più una tappa di
transizione definitiva che indica la conclusione del percorso formativo, ma risulta essere un
fenomeno intermittente e fluido. Essendo considerata una fase di passaggio viene utilizzato
il ciclo transizionale di Nicholson.
Tale modello teorico permette di mettere in luce quali meccanismi e processi sono
coinvolti nel momento in cui il giovane si trova in un contesto lavorativo del tutto nuovo.
In tale fase è inoltre importante porre l’attenzione sull’esito di tale incontro e sulla
valutazione e sulle interpretazioni che il giovane effettua di quest’ultimo. La sociologa
Fullin distingue due categorie di giovani precari proprio in relazione alle interpretazioni e
valutazioni che quest’ultimi fanno del lavoro incontrato.
Nell’ultima parte di questo capitolo vengono presentate delle ricerche empiriche al fine di
individuare alcune caratteristiche del fenomeno della flessibilità lavorativa giovanile. Sono
7
riportati dati sulla condizione giovanile dei lavoratori Italiani e presentata una lettura
trasversale di ricerche sui lavoratori atipici svolte in diverse aree geografiche, evidenziando
alcune differenze dei percorsi lavorativi. Vengono inoltre individuate due variabili,
l’istruzione e il luogo di residenza, che giocano un ruolo molto importante nel definire
l’esito di tali percorsi. Infine sono messe in luce alcune implicazioni psicologiche del
lavoro flessibile, illustrando alcune ricerche, tra cui un’indagine compiuta sul territorio
Torinese.
Nel terzo capitolo viene presentato un excursus storico del lavoro femminile. Viene
approfondito il significato del concetto di genere, concentrandosi sulla dimensione socio-
culturale. Sono delineati alcuni attributi e ruoli di genere sia nella società, sia nella cultura
strettamente lavorativa, oltre che presentata una ricerca che analizza le narrazioni di alcune
lavoratrici appartenenti a organizzazioni aderenti a modelli culturali tipicamente maschili.
Infine sono esposti i desideri e gli obiettivi femminili nel mondo del lavoro. Vengono
riportati alcuni dati che fanno riferimento al rapporto Censis, Istat e alla ricerca Ires
risalenti al 2006 in merito al lavoro flessibile femminile, al fine di dare un’idea di tale
fenomeno. Questi dati sono esposti distinguendo tra caratteristiche quantitative e
qualitative. Infine si individuano alcuni motivi che spingono le donne a considerare le
forme di occupazione flessibile. Inoltre vengono presi in esame i percorsi occupazionali
delle lavoratrici atipiche, con particolare attenzione a quelle residenti nel Mezzogiorno.
Inoltre, è presentata una ricerca che mette in luce alcune implicazione psicologiche delle
coppie in cui entrambi lavorano con forme flessibili in relazione ai ruoli di genere agiti
all’interno della coppia stessa.
8
I CAPITOLO
L’UOMO E IL LAVORO
1.1 - Il Lavoro: storia e cambiamenti
“Noi viviamo nell’epoca in cui la gente è così laboriosa da diventare stupida”. (O. Wilde).
Nel corso del tempo il lavoro ha assunto diverse connotazioni, esprimendo i valori e la
filosofia di ciascuna epoca. Ancora oggi esso è considerato l'attività umana più importante
che assolve funzioni economiche, sociali e psicologiche, permettendo lo sviluppo della
civiltà e della cultura (Gabassi, Tessarolo, Batic, 1989).
Nell'antichità il lavoro era considerato un'attività manuale degradante per l'uomo, poiché si
credeva che le arti meccaniche impedissero all'anima di elevarsi e praticare la virtù. Greci e
Romani erano concordi nell'attribuire al lavoro caratteristiche negative, in particolare
quella di essere un'attività volgare e poco dignitosa; lo stesso disprezzo era rivolto agli
schiavi, unici uomini che tramite occupazioni manuali provvedevano alla soddisfazione dei
bisogni di tutti (ibidem).
Una concezione più “moderna” del lavoro si ritrova in epoca rinascimentale, attraverso la
diffusione delle arti e dell'artigianato nelle città. Il cristianesimo ha diffuso il concetto di
lavoro come punizione e penitenza e allo stesso tempo come un antidoto contro l'ozio e il
degrado dello spirito e del corpo; inoltre la ricchezza ottenuta tramite l'attività lavorativa
doveva essere spartita con i più bisognosi. L'incontro della chiesa cattolica con le
repubbliche industriali modifica in parte il valore etico-religioso del lavoro: persiste la
condanna del vizio e dello spreco, ma vengono incoraggiati l'iniziativa e l'investimento del
denaro guadagnato in attività socialmente utili. La chiesa protestante, attraverso il pensiero
di Lutero e Calvino, supera la dicotomia esistente tra attività manuale e mentale,
giudicando qualsiasi lavoro necessario per la vita sociale (ibidem).
In quest'ottica, che precede la nascita della società capitalistica e la influenza
profondamente, lavorare è un'esigenza di tutti gli uomini, e non un obbligo morale oltre
che religioso, a patto che il frutto della propria fatica non faccia accumulare ricchezza agli
individui, ma sia investito in nuove attività produttive (Ibidem).
9
Weber, nella sua celebre opera: “L'etica protestante e lo spirito del capitalismo” esprime
alcuni concetti chiave rispetto al significato del lavoro nella società Americana dei primi
del '900.
Secondo l'autore, Lutero - e successivamente Calvino - concepiscono il lavoro come
un'attività ineludibile che gli uomini devono a Dio, non in quanto suoi figli ma in quanto
suoi servi.
“Come mezzo migliore per raggiungere quella sicurezza di sé, fu raccomandato un
indefesso lavoro professionale. Esso ed esso solo dissipa il dubbio religioso e dà la
sicurezza della grazia [...].
Il virtuoso della religione può acquistar sicurezza del suo stato di grazia o in quanto si
sente un recipiente o in quanto si sente uno strumento della Potenza divina. Nel primo caso
la vita religiosa inclina alla mistica del sentimento, nel secondo all'azione ascetica. Al
primo tipo si avvicina maggiormente Lutero, al secondo appartiene Calvino. Anche il
calvinista voleva salvarsi con la sola fede. Ma poiché già secondo l'opinione di Calvino
tutti i sentimenti sono fallaci, la fede deve sperimentarsi nei suoi effetti oggettivi per poter
servire come base sicura alla certezza della salvezza [...]. [Le opere] sono indispensabili
come segno dell'elezione. Esse sono il mezzo tecnico non per ottenere la salvezza, ma per
liberarsi dell'ansia per la salvezza” (Weber, p.126, 1905 trad. it 2006).
Dalle parole riportate si evince che il lavoro è intesoin questo caso come mezzo per
conquistare lo stato di grazia ed eliminare l’ansia in modo tale da ottenere la certezza della
salvezza.
L’etica Protestante ha dato un grande contributo a ciò che Weber chiama "spirito del
capitalismo", cioè la mentalità e la cultura che fanno da base all'economia moderna
Americana. Tale"spirito" è dato dalla piena autonomia assunta dalle funzioni economiche:
il lavoro, la produzione, il risparmio, l'accumulo dei capitali, il profitto, la
razionalizzazione delle attività produttive, la capacità di monetizzare con rigore tutti i
momenti della propria vita economica, facendoli entrare fra i costi e i ricavi (Ancona,
1974).
Lo spirito capitalista considera a tal punto centrale l'importanza del lavoro nella vita da
penetrare in tutti i momenti esistenziali dell’individuo Americano. L'uomo finalizzato al
lavoro piuttosto che il lavoro finalizzato all'uomo (ibidem).
Rispetto a questo modo di intendere il lavoro Taylor, ingegnere Americano fu colui che
riuscì a concretizzare al meglio lo spirito protestante. Alla fine dell’Ottocento attraverso lo
10
studio dei metodi di produzione, individuò nella scomposizione delle mansioni il metodo
più efficiente per massimizzare la produzione e ridurre i costi (Mariotti, 1994).
Questa prospettiva, denominata scientific management, viene applicate successivamente
nel 1913 dall'imprenditore Harry Ford. Nelle sue fabbriche di automobili, si estendono
lunghe catene di montaggio composte da linee di assemblaggio motorizzate. Questo
sistema permette di organizzare in serie tutte le varie fasi e operazioni del processo di
produzione, rendendone possibile un flusso continuo. Lungo queste linee di montaggio vi
sono centinaia di operai che prestano il proprio lavoro attraverso movimenti programmati e
ripetitivi.
Con questo modello produttivo si creano le basi per la formazione di un modello
economico e societario che molti studiosi hanno individuato con il termine di Fordismo.
Tale modello in Europa si sviluppa e si espande tra la fine della ricostruzione post bellica
fino alla metà degli anni Settanta (ibidem).
Ancona, studioso di sociologia del lavoro, evidenzia infatti come l'organizzazione del
lavoro, teorizzata da Taylor, detti un modello di consumo in cui la produzione si trasforma
da mezzo a fine della vita sociale proprio in conformità con lo spirito capitalistico
Americano concettualizzato da Weber agli inizi del ‘900. In questo modo all'uomo non
viene richiesto di essere solo un eccezionale lavoratore, ma anche un disciplinato
consumatore, agendo sui modelli culturali e sul tempo libero (Ancona, 1974).
Gramsci (1932) prendendo in esame l'operaio, categoria che meglio rappresenta la società
fordista, afferma che l'organizzazione del lavoro non si ferma ai cancelli della fabbrica,
ma invade le case e le sfere più intime e private della vita dell'operaio, così da creare non
solo un nuovo tipo di lavoratore, ma di uomo. Il fordismo, come lo intende Gramsci, non
significa soltanto catena di montaggio, ma proibizionismo e puritanesimo; il tentativo di
regolare non solo la vita lavorativa, ma familiare e sessuale delle persone. “I nuovi metodi
di lavoro sono indissolubili da un determinato modo di vivere, di pensare e di sentire la
vita” (Gramsci, 1932, in Blauner 1975, p. 25).
A proposito del tempo libero: “C'è stata una fase storica, nel secondo dopo guerra in cui il
tempo libero andava prendendo la forma del lavoro superfluo, cioè un’attività umanamente
e economicamente priva di scopo e di significato [...] mistificando la vera natura del tempo
libero come momento essenzialmente funzionale al momento produttivo” (Donati, 2001, p.
45).
Sempre lo stesso autore, infine, colloca il lavoro al centro della società fordista:
11
“il lavoro è al centro del modello di organizzazione dell'intera società. Il lavoro, non a
caso, assume un posto di rilievo assoluto in tutte le ideologie novecentesche. Il lavoro
garantisce la sussistenza dell'individuo, ma soprattutto è attraverso il lavoro che egli
partecipa alla società. L'individuo è il suo lavoro, il lavoro che svolgerà con molta
probabilità per tutta la sua vita attiva” (ibidem. p. 73).
E’ quindi chiaro che il lavoro nell’epoca Fordista ricopre decisamente un importantissimo
ruolo nella società e nella vita delle persone. E’ importante indagare le funzioni che esso
svolge per l’individuo. Inoltre come accennato in precedenza questo modello subisce una
profonda crisi che appare tutt’ora in corso, l’introduzione delle forme di occupazione
flessibile mettono in crisi alcune funzioni del lavoro dell’epoca Fordista. Nel secondo
capitolo verranno quindi indagati alcuni effetti di tali crisi, ma prima sono per l’appunto
esposte alcune di queste importanti funzioni psicologiche.
1.2 - Le funzioni psico-sociali del lavoro
“Già dopo la prima settimana Karl comprese di essere completamente all'altezza del
servizio. Le superfici di ottone del suo ascensore erano le meglio lucidate, nessuno degli
altri trenta ascensori poteva essere confrontato con il suo, e forse sarebbe stato anche più
lucido se l'altro ragazzo che lavorava con lui allo stesso ascensore, fosse stato solo in
parte diligente come lui e non avesse approfittato dello zelo di Karl per essere ancora più
negligente.” (Kafka, p. 189, 1935 )
In ambito sociologico il lavoro viene concepito come “un'attività intenzionalmente diretta,
mediante un certo dispendio di tempo e di energia, a modificare in un determinato modo le
proprietà di una qualsiasi risorsa materiale o simbolica, onde accrescerne l'utilità per sé o
per gli altri, col fine ultimo di trarre da ciò, in via mediata o immediata, dei mezzi di
sussistenza” (Gallino, 2001, p. 391).
Dall'esistenza stessa di questo fenomeno derivano alcune conseguenze generali, tra queste
le più rilevanti sono che il lavoro:
- ha accresciuto la distanza tra l'uomo e tutte le altre specie animali, producendo
cultura materiale e non materiale;