Introduzione.
va dal 1995/1996 al 2005/2006), vengono descritti i diversi strumenti
della politica regionale, i Fondi strutturali e le iniziative comunitarie
che hanno operato nel periodo di nostro interesse. Viene affrontato
inoltre in un’ottica di maggiore semplificazione e concentrazione degli
interventi strutturali, la riduzione da sette a tre obiettivi figlia
dell’Agenda 2000. Vengono passati in rassegna i vari Fondi, alcuni
dei quali non più operanti, per comprendere meglio i meccanismi che
stanno dietro la coesione. Si esplicano quelli che sono i principi di
funzionamento su cui si basa la gestione dei fondi, gli obiettivi, i
campi di applicazione e l’evoluzione delle spese comunitarie negli
ultimi cinquant’anni. Un breve sguardo infine è dedicato ai recenti
allargamenti dell’Unione, soffermandosi sulla strategia di preadesione
per analizzarne poi l’impatto sulla politica regionale.
Da che nascono le divergenze regionali? Quanto è efficace la
politica di coesione? Sono solo le regioni a basso reddito a pagare il
costo di tali disparità? Quali sono state le regioni che sono cresciute
maggiormente negli ultimi anni? È in atto un processo di convergenza
riguardante le economie regionali?È possibile attraverso la politica
regionale valorizzare le varie risorse territoriali e contribuire a
risolvere problemi come la sovra concentrazione e la congestione?
L’utilizzo dei fondi strutturali riesce a generare un effetto leva
sull’economia o si tratta di investimenti a fondo perduto? Il costo
redistributivo delle politiche regionali riesce ad essere compensato da
una crescita aggiuntiva nelle zone previste? Queste sono alcune delle
domande a cui si cercherà di dare delle risposte nel prosieguo del
testo.
Nel secondo capitolo infatti, vengono analizzati i cambiamenti del
panorama regionale europeo. La politica di coesione risulta essere una
delle principali modalità d’azione per influenzare le dinamiche
territoriali all’interno dei paesi membri. Successivamente, prima di
analizzare le dinamiche regionali di PIL e occupazione, viene
illustrato a livello nazionale quale sia stato l’impatto della politica
regionale nei dieci anni presi in considerazione per la nostra analisi.
Le amministrazione nazionali e regionali inoltre non rispondono
allo stesso modo al sistema di governance multi-livello e multi-
soggetto della politica di coesione ed infatti in questa parte del nostro
8
Introduzione.
lavoro vengono elencati i tre tipi di risposta (negazione, adattamento e
apprendimento) delle amministrazioni riscontrati in diverse esperienze
nelle regioni europee negli ultimi anni. In seguito nel testo vengono
analizzati i principi sulla convergenza e l’analisi che ne viene fatta
dalla letteratura.
Prima di focalizzare l’attenzione sull’analisi empirica dei dati
regionali un breve sguardo viene dedicato alla dimensione territoriale
delle politiche regionali dell’UE, su quello che è l’ambiente dove
agiscono queste politiche e sulle immagini e le rappresentazioni più
note del territorio europeo.
Poste tutte le premesse necessarie alla comprensione delle
dinamiche economiche regionali stimolate dall’intervento di fondi
strutturali, vengono riportati i dati relativi ai principali indici aggregati
di tutte le regioni dell’Unione europea. Per meglio comprendere la
situazione complessiva la nostra analisi inizia con un approfondimento
sulla situazione del benessere economico delle regioni agli antipodi
dell’Unione dal punto di vista della ricchezza, dalla regione britannica
dell’ Inner London alla regione rumena di Nord-Est.
Dopo aver preso in considerazione i centri e le periferie economiche
europee, si passa a discutere delle dinamiche del reddito pro capite di
tutto il panorama regionale europeo attuando una categorizzazione
delle regioni in sottogruppi relativi agli incrementi percentuali del PIL
pro capite. Dalle regioni a crescita accelerata alle regioni a crescita
debole si prendono in considerazione il periodo che va dal 1995/96 al
2000/01, dal 2000/01 al 2005/06 e l’intero decennio che va dal
1995/96 al 2005/06. Attraverso elaborazioni statistiche inoltre è parso
opportuno valutare le dinamiche del reddito correlate alle variazioni
del tasso d’occupazione per ognuna delle regioni europee valutando la
situazione generale e le variazioni più evidenti nel corso del periodo
preso in considerazione.
A termine della nostra analisi sembra interessante valutare come la
ricerca, l’istruzione, le competenze e le qualifiche dei lavoratori
assumano valori meno importanti in regioni dove anche la
convergenza è più bassa. In tal senso viene analizzato il rapporto tra il
PIL pro capite e le risorse umane impiegate nei settori di scienza e
tecnologia dimostrando, come vedremo in seguito, che sarebbe
9
Introduzione.
opportuno (tra le altre cose) che le regioni puntino sull’innalzamento
del livello d’istruzione della forza lavoro in quanto il passaggio ad
attività a più alto valore aggiunto potrebbe far salire la domanda di
questo tipo di manodopera.
Nel terzo ed ultimo capitolo del testo si tirano le somme
sull’operato della politica di coesione negli ultimi anni e ci si interroga
su come comportarsi in vista delle problematiche future che l’Unione
europea dovrà necessariamente affrontare. In tal senso gli Stati
membri (attraverso gli aiuti regionali) e l’Unione europea continuano
ad adoperarsi per ridurre il divario tra i livelli di sviluppo, facilitare la
riconversione delle zone industriali in crisi, favorire la
diversificazione delle attività agricole e la riqualificazione dei
quartieri degradati continuando ad essere convinti che la strada
intrapresa sia quella giusta. In realtà la politica regionale non
costituisce solo un trasferimento di fondi ma rappresenta anche un
insieme di regole e procedure che danno vita ad azioni volte a favorire
il processo di crescita evitando il ricorso a dannose politiche di
sussidi. Infatti, gli interventi sulle carenze strutturali, volti a creare
migliori condizioni di condizioni di contesto, possono favorire lo
sviluppo di nuove imprese e l’incremento dell’occupazione
innescando un processo cumulativo di crescita che, dato il grado di
integrazione delle economie può estendersi all’intero territorio
europeo.
L’Unione deve confrontarsi con sfide legate all’allargamento e
all’accelerazione della ristrutturazione economica, causata dalla
globalizzazione, dalla liberalizzazione degli scambi, dal progresso
tecnologico, dall’invecchiamento della popolazione e della crescita
dell’immigrazione. Per questi motivi la politica di coesione deve
essere un elemento essenziale dell’intero pacchetto di provvedimenti.
Vengono discussi in quest’ultimo capitolo, infine, i risultati
conseguiti dalla politica regionale confrontandosi con il IV rapporto
sulla coesione economica e sociale della Commissione europea e
riportando quelle che sono anche le successive proposte avanzate dalla
Commissione stessa per meglio affrontare le sfide future.
10
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
I. LA POLITICA REGIONALE DELL’UNIONE
EUROPEA.
1. Le basi giuridiche della politica di coesione e la sua
evoluzione.
1.1. Il trattato di Roma e la politica regionale.
Il processo di integrazione europea inizia nel 1951 con la creazione
della CECA e prosegue nel 1957 con il trattato di Roma
1
che istituisce
CEE e Euratom. Il trattato al suo interno non contiene alcun
riferimento esplicito alla questione dello sviluppo regionale e alle
relative politiche ma recita solo nel Preambolo: “gli stati membri sono
ansiosi di rafforzare la coesione delle loro economie e di assicurare il
loro sviluppo armonioso attraverso la riduzione delle differenze
esistenti tra le varie regioni e dell’arretratezza di quelle meno
favorite.”Al momento della firma del trattato di Roma, infatti, le
disparità regionali non erano considerate fondamentali ai fini
dell’integrazione per due ragioni: i sei paesi fondatori Belgio,
Germania, Francia, Lussemburgo, Italia e i Paesi Bassi apparivano
come un gruppo abbastanza omogeneo sotto il profilo economico
(eccetto vaste aree dell’Italia); il progressivo allineamento delle
politiche economiche degli Stati membri (art.2), avrebbero portato alla
riduzione delle disparità. Il trattato considerava le politiche di
riequilibrio territoriale di esclusiva competenza dei governi nazionali e
che esse dovevano essere condotte esclusivamente attraverso lo
strumento dell’incentivo regionale escluso in quel periodo dal divieto
generale per gli aiuti di Stato
2
.
Pertanto, fino alla prima metà degli anni ’70, non è possibile parlare
di una politica regionale formulata dall’insieme degli stati membri ed
amministrata in prima persona dalla Commissione e con risorse
comuni. Il trattato contiene esclusivamente alcune disposizioni volte
1
Trattato istitutivo della Comunità economica europea (CEE) del 25.03.1957, entrato in vigore il
1° gennaio 1958.
2
E’ il Regno Unito ad adottare, negli anni ’30, le prime misure di politica regionale. In Italia, una
politica di sviluppo delle aree più arretrate del paese viene attuata, per la prima volta, negli anni
’50, con la creazione della Cassa del Mezzogiorno. Tuttavia, solo negli anni ’60, la gran parte dei
governi dell’Europa occidentale comincerà ad attuare una politica regionale.
11
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
alla creazione di strumenti destinati a contribuire allo sviluppo
armonioso e alla riduzione delle disparità regionali quali: il FSE e la
BEI istituiti nel 1957 e il FEAOG istituito nel 1962. La BEI in
particolare, per molti anni, ha finanziato con i suoi prestiti progetti di
sviluppo e costruzione di infrastrutture nelle aree depresse (ad es. il
Mezzogiorno d’Italia).
L’introduzione di un esplicito elemento regionale nel bilancio
comunitario è determinata, nel 1973, dal processo di ampliamento
della Comunità a Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca
3
. Quel
momento rappresentò un punto di svolta, le risorse destinate dalla
Commissione europea alla politica regionale, cosi come i suoi poteri e
le sue competenze aumentano progressivamente. L’esistenza di forti
disparità a livello dei redditi e della struttura produttiva, ostacolando
l’integrazione tra le diverse aree, rende necessario un intervento della
Comunità per favorire la convergenza tra le regioni. Il rapporto
Werner (1970) e il rapporto Thomson (1973) accendono un intenso
dibattito sella politica regionale che porterà alla creazione di un fondo
per lo sviluppo regionale (FESR), finanziato con risorse proprie della
Comunità. Il 1975, anno in cui si ha la costituzione del FESR, La
comunità comincia ad occuparsi attivamente della risoluzione delle
problematiche regionali.
Una serie di successivi eventi, quali:
- l’accentuarsi delle disparità dovuto all’ingresso nella CEE di
Grecia (1981), Spagna e Portogallo (1986)
4
,
- l’adozione, nel 1985, dei Programmi Integrati Mediterranei PIM
(destinati alle regioni mediterranee della Francia, Italia e alla Grecia),
- l’avanzamento del processo di completamento del mercato
interno con l’impegno ad eliminare, entro il 1992, tutte le restanti
barriere al commercio e alla mobilità dei fattori all’interno della
Comunità determinano un rilevante cambiamento nell’approccio
comunitario alle problematiche regionali. Viene cosi introdotta una
programmazione a medio termine e stabilito un maggiore
coordinamento nell’uso degli strumenti comunitari. Vengono, inoltre,
introdotti alcuni principi di programmazione recepiti, poi, nella
gestione dei Fondi Strutturali, quali:
- partenariato di responsabilità tra i livelli istituzionali
partecipanti all’ attuazione del programma;
3
Trattato di adesione del Regno Unito, della Danimarca, e dell’ Irlanda del 22.01.1972, entrato in
vigore il 1°gennaio 1973.
4
Trattato i adesione della Grecia del 28.05.1979, entrato in vigore il 01.01.1981. Trattato di
adesione della Spagna e del Portogallo del 12.06.1985, entrato in vigore il 1°gennaio 1986.
12
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
- responsabilità gestionale del livello regionale;
- cofinanziamento nazionale dei progetti;
- valutazione delle previsioni e dei risultati del programma.
1.2. AUE e riforma dei fondi strutturali.
Nella seconda metà degli anni ’80, il modello territoriale delle
attività economica Europa
5
mostra la necessità di un significativo
rafforzamento della politica regionale comunitaria. Tale modello
infatti si caratterizza per l’esistenza di due gruppi di regioni, quelle
centrali e più ricche che si estendono lungo l’asse Londra-Parigi-
Monaco-Milano e quelle periferiche meno sviluppate. Appare quindi
evidente che in assenza di una forte politica regionale, tali differenze
sono destinate ad aumentare a causa della concentrazione delle attività
economiche nelle aree a maggior sviluppo, aree che presentano
vantaggi localizzativi quali infrastrutture, manodopera qualificata e
vicinanza ai mercati.
La politica di Coesione economica e sociale nasce formalmente il 1
luglio 1987, giorno in cui entra in vigore L’Atto Unico Europeo
(AUE)
6
che apporta una ampia revisione al Trattato CEE. Con L’AUE
viene affermata per la prima volta in forma ufficiale l’importanza di
uno sviluppo territoriale equilibrato che garantisca margini di crescita
stabili e diffusi: tra le varie modifiche apportate con l’AUE al trattato
CEE spicca infatti, il titolo V sulla “Coesione economica e sociale”,
parte inserita ex-novo che istituisce con i suoi 5 articoli (art 158-162)
le prime competenze comunitarie in materia di politiche sociali, di
ricerca e sviluppo tecnologico, di politica ambientale. L’atto unico
riconosce la possibilità di una maggiore integrazione che riduca gli
squilibri regionali esistenti: nasce cosi la politica regionale europea.
La politica di coesione si pone come obiettivo prioritario il
superamento dei cd. “ritardi strutturali”, problemi di natura non
contingente connessi all’incapacità di adeguamento delle strutture
locali ai mutamenti del contesto economico e sociale comunitario.
Tale obiettivo è perseguito tramite la revisione e il potenziamento
degli strumenti solidaristici, con funzione non solo redistributiva ma
anche allocativa. Gli strumenti concreti sono i Fondi strutturali, cioè
tutte le risorse stanziate dal bilancio dell’Unione per finanziare la
politica regionale.
5
Esso si caratterizza come un modello centro‐periferia (Krugman 1991)
6
Atto Unico Europeo del 28.02.1986, entrato in vigore il 1°luglio 1987.
13
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
Con l’adozione della proposta di regolamento quadro da parte del
Consiglio, il cd “Pacchetto Delors” si avvia la riforma dei Fondi
Strutturali che prevede:
- il rafforzamento delle politiche regionali attraverso un
consistente aumento delle risorse destinate ai fondi;
- la riforma della Politica agraria comune (Pac);
- la riforma del bilancio comunitario con l’introduzione di una
nuova fonte di entrate basata sul Pil dei singoli stati membri.
Con la riforma inoltre viene approvato il regolamento che stabilisce
da un lato le disposizioni comuni ai Fondi strutturali e i principi guida
che ne regolano l’azione: concentrazione, programmazione,
partenariato e addizionalità; dall’altro le disposizioni che coordinano
sia gli interventi dei vari Fondi tra di loro, sia gli interventi dei Fondi
con quelli della BEI.
1.3. Trattato di Maastricht e la politica di coesione.
Le sfide esterne che la Comunità deve affrontare negli anni ’90
necessitano il rafforzamento delle politiche strutturali. Nuove sfide
come gli ulteriori ampliamenti, i problemi dell’Europa centro-
orientale, le relazioni con i paesi del bacino del Mediterraneo, i
negoziati dell’Uruguay Round, il completamento del mercato interno
e il cammino verso l’Unione economica e monetaria. Diventa
fondamentale distribuire equamente tra le regioni, i vantaggi
dell’integrazione, per cui la Commissione suggerisce l’incremento
delle risorse, una maggiore integrazione della dimensione regionale e
nelle altre politiche comuni e l’introduzione della pianificazione
territoriale.
L’importanza della politica regionale viene ribadita dal Trattato di
Maastricht
7
che nell’art.2 afferma: “La Comunità ha il compito di
promuovere(…) uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività
economiche nell’insieme della comunità, una crescita sostenibile,(…)
un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato
livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del
tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la
solidarietà tra gli stati membri.” In particolare il titolo XVIII
intitolato “Coesione economica e sociale” mira a ridurre il divario tra i
7
Trattato sull’Unione Europea (Trattato di Maastricht) del 07.02.1992, entrato in vigore il
1°novembre 1993.
14
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
livelli di sviluppo di varie regioni ed il ritardo delle regioni meno
favorite o insulari e stabilisce la partecipazione della Commissione
allo sforzo di coesione attraverso i fondi strutturali. Essa è tenuta a
presentare ogni tre anni una relazione sui progressi compiuti
corredandola di appropriate proposte sulle azioni di Politica regionale.
Per la prima volta, nel trattato di Maastricht la coesione economica
e sociale è indicata come uno dei pilastri della struttura comunitaria;
l’art 130d fornisce le basi per un’ulteriore riforma ed istituzione di un
nuovo fondo:
8
il Fondo di Coesione con lo scopo di finanziare nei
paesi più poveri interventi nel campo dell’ambiente e delle reti di
trasporto. Con tale fondo la politica di coesione prima indirizzata
unicamente alle regioni in ritardo di sviluppo, si rivolge anche agli
stati più poveri. Tale cambiamento è il risultato di pressioni politiche
di nuovi stati membri, in particolare della Spagna. Importante è anche
l’istituzione del Comitato delle Regioni che istituzionalizza per la
prima volta le istanze locali, riconoscendo a Comuni e Regioni il ruolo
e l’importanza del loro contributo nella definizione degli obiettivi
della politica di coesione dell’Unione.
Gli obiettivi della politica di coesione sono:
- valorizzare i punti di forza delle regioni in ritardo di sviluppo;
- operare una vera politica di investimento, grazie al quadro
stabile pluriennale di finanziamento con cicli programmatori
settennali e controlli intermedi;
- perseguire obiettivi di cooperazione transfrontaliera;
- utilizzare al meglio il potenziale di crescita dei territori meno
avanzati;
- operare scelte e realizzare i progetti in modo più efficace.
La politica di Coesione europea si fonda su un principio cardine e
su quattro corollari che da esso discendono. Il principio di
sussidiarietà rappresenta la base giuridica dell’azione comunitaria
anche nella politica regionale; esso ne legittima l’intervento in quelle
materie in cui il trattato non riconosce una competenza esclusiva alla
Comunità, bensì una competenza concorrente, ossia condivisa con gli
stati membri.(art.3b) Da questo principio cardine discendono quattro
corollari altrettanto centrali per la politica di Coesione europea:
- la compartecipazione: sottolinea l’importanza del
coinvolgimento degli attori locali e non, sin dalla fase di progettazione
di qualsiasi intervento operato dall’Unione;
8
Regolamento CE n.1164/94 del 16 maggio 1994 istitutivo del Fondo di Coesione.
15
I. La politica regionale dell’Unione Europea.
- la concentrazione: data la scarsità di risorse economiche è
necessario concentrarle su un numero limitato di azioni, sia a carattere
territoriale che settoriale;
- l’addizionalità: secondo la quale il paese membro deve
affiancare l’intervento comunitario con risorse nazionali, con lo scopo
di evitare che il contributo comunitario vada semplicemente a
sostituire le politiche regionali di origine nazionale. Viene chiesto allo
Stato un livello di spesa “ pari almeno all’importo delle spese medie
annue in termini reali, raggiunto nel periodo di programmazione
precedente”;
- la compatibilità: secondo questo principio le operazioni
cofinanziate dalla politica di coesione europea devono essere conformi
ai principi su cui si fonda l’Unione e alle disposizioni del Trattato,
vedi regole di concorrenza, norme su concessioni di appalti pubblici,
tutela dell’ambiente, eliminazione delle ineguaglianze e la promozione
della parità dei sessi.
1.4. Trattato di Amsterdam e Agenda 2000.
Nel giugno 1997,
9
i 15 paesi membri dell’UE firmano ad
Amsterdam un nuovo Trattato che prelude ad un’ulteriore riforma
della politica strutturale e che incorpora quattro grandi obiettivi:
- porre maggiore attenzione all’occupazione e ai diritti dei
cittadini;
- eliminare gli ostacoli alla libera circolazione;
- far crescere l’influenza dell’Europa sulla scena mondiale;
- rendere efficace l’architettura dell’Unione.
Tale riforma si rende necessaria per due ragioni: innanzitutto perché
alla fine del 1997, l’UE apre i negoziati per l’adesione di alcuni
candidati dell’Europa centro-orientale e di Cipro, in secondo luogo
perché viene avviata la creazione dell’Unione Monetaria, le cui
ripercussioni sulle disparità regionali avrebbero reso sempre più
necessarie le politiche di coesione. Infatti, con l’eliminazione della
possibilità di usare la leva del cambio, l’Unione Monetaria avrebbe
ridotto la capacità di adattamento a shock asimmetrici esterni degli
stati nazionali e in particolare modo, delle regioni in ritardo di
sviluppo (Viesti, Prota, 2004).
Secondo quanto previsto dal Trattato di Amsterdam, la
Commissione presenta nel 1997 al Parlamento europeo una
comunicazione nota come Agenda 2000. Con questo documento, oltre
9
Trattato di Amsterdam del 2.10.1997, entrato in vigore il 1 maggio 1999.
16