fa facilmente globale e coinvolge tutti i mercati: ad esempio la
tedesca Daimler ha deciso di separarsi dalla statunitense Chrysler di
cui controllava circa un quinto del capitale. Allo stesso tempo
un’altra grande tedesca come l’Opel è stata ceduta dalla sua
capogruppo americana General Motors. Contemporaneamente
subiscono sul suolo europeo grossi danni anche la giapponese
Toyota e l’americana Ford, mentre la Fiat ha conquistato la
Chrysler. Tutte le case coinvolte e gli impianti di società che
producono auto o camion in Europa varano grossi tagli del
personale, riducono le scorte di magazzino, accettano gli incentivi
pubblici varati per salvare l’occupazione in un settore strategico per
tutte le principali economie. Bisogna considerare che circa un terzo
degli operai che lavorano in Europa, sono impiegati direttamente o
indirettamente nel comparto dell’auto. A ogni dipendente diretto di
un’azienda come Volkswagen o Peugeot corrispondono, infatti, in
media altri quattro dipendenti dell’indotto. In Germania a oltre 840
mila addetti diretti vanno quindi sommati altri 3,3 milioni circa di
lavoratori per un totale di più di quattro milioni di persone che
direttamente o indirettamente dipendono dal settore dei veicoli a
motore. In Italia ci sono più di 167 mila operai che lavorano
direttamente per case automobilistiche e se si considera l’indotto, si
arriva a oltre 800 mila addetti. Complessivamente oltre 2,2 milioni
di persone in Europa lavorano per l’industria dell’auto e, se si
considera anche l’indotto, si superano gli 11 milioni di addetti del
settore.
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Fiat è il più grande Gruppo manifatturiero italiano e da più di
cent’anni opera in campo automotoristico progettando, costruendo e
vendendo automobili, macchine agricole, macchine movimento
terra, motori e componenti per autoveicoli, mezzi e sistemi di
produzione. Il Gruppo ha sempre svolto un ruolo fondamentale
nelle società in cui opera, e in particolar modo in quella italiana, sia
da un punto di vista strettamente economico, sia da un punto di
vista sociale, e di ciò è un esempio, la costruzione di un asilo nido
comunale all’Aquila, in seguito al terribile terremoto che il 6 Aprile
ha devastato la città.
Nel 2003 il Gruppo, con fatturato di 46,7 miliardi di euro e
160.000 dipendenti nel mondo, di cui 71.000 in Italia, aveva
un’esposizione finanziaria netta di cinque miliardi di euro e otto
miliardi di euro di debiti e perdeva due milioni di euro al giorno. La
stragrande maggioranza dei debiti era alla voce Fiat auto, 20,5
miliardi di euro di fatturato e 45.000 dipendenti, di cui 29.000 in
Italia. Le auto prodotte negli stabilimenti Fiat erano esteticamente
ed economicamente meno competitive rispetto alle altre presenti sul
mercato. Alla morte di Gianni Agnelli, nel 2003, il pensiero
comune era che l’Azienda sarebbe stata sepolta con il suo
presidente. La Fiat, infatti, era considerata poco più che un cadavere
moribondo a causa delle scelte industriali degli anni Novanta: scelte
che l’avevano portata a considerare il mercato europeo come una
partita chiusa e a investire nei Paesi in Via di Sviluppo. Le
previsioni erano risultate però errate, infatti, aziende come Bmw e
Peugeot ebbero successo proprio nel Vecchio Continente. Inoltre,
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Cesare Romiti, ex amministratore delegato del Gruppo e mentore
della diversificazione, portò la Fiat a un periodo di grandi
acquisizioni che prosciugarono le riserve finanziarie dell’Azienda.
Le principali cause della crisi che hanno investito il Gruppo
Fiat, portandolo vicino a finire nelle mani di compratori stranieri o a
essere inglobato nelle partecipazioni statali, sono da riscontrarsi
negli errori del management, nel calo della domanda, nell’assenza
di strategie comunicative, nella scarsa attenzione al cliente, nei
bassi investimenti in Ricerca & Sviluppo, nei problemi concernenti
la gamma dei prodotti, nell’indebitamento.
Negli ultimi tempi la Fiat ha cercato di riprendersi dalla lunga
crisi che l’ha caratterizzata per buona parte degli anni Novanta e i
primi anni del Duemila. Con l’avvento di Montezemolo alla
presidenza del Gruppo e di Sergio Marchionne come
amministratore delegato si è iniziato un percorso verso la risalita
che, a cinque anni di distanza dal suo inizio sta dando i frutti
sperati: oggi, infatti, la Fiat appare un’Azienda in salute, molto
diversa da com’era solo pochi anni fa sia sotto l’aspetto
tecnologico-qualitativo dei prodotti sia sotto l’aspetto d’immagine.
Quando Sergio Marchionne nel 2004 è arrivato al Gruppo, i risultati
economici pesantemente negativi si susseguivano da tre anni, con il
patrimonio sceso nel periodo da 13,3 a 4,3 miliardi di euro.
Il primo atto salva-Fiat di Marchionne fu la trattativa con il
ceo di GM, Rick Wagoner, al termine della quale ottenne dal
Gruppo automobilistico statunitense 2 miliardi di dollari per lo
scioglimento della joint venture. Dopo due mesi da tale divorzio,
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l’elite del credito, composta di UniCredit, Banca Intesa, SanPaolo-
Imi e Capitalia, concesse a Fiat un finanziamento da tre miliardi di
euro convertendo, cioè tramutabile in azioni e così Marchionne
ottenne una maggiore liquidità per il rilancio del core-business e
poté dare corso al suo piano d’azione, presentato alla comunità
finanziaria il 26 luglio 2004: ritornare all’utile entro un anno,
raddoppiare la quotazione di borsa, rilanciare le vendite,
riconquistare quote di mercato e porsi tra i primi cinque produttori
europei. Nel 2004 il Gruppo perdeva 1,6 miliardi di euro, a fronte di
un fatturato di 43,9 miliardi di euro sviluppato per il 41,4% dal
settore auto. Nella strategia di rilancio, cruciale fu l’accorciamento
dei tempi di elaborazione dei nuovi modelli, mentre le controllate
CNH e Iveco, beneficiarono della stabilità o di una leggera crescita
dei mercati di riferimento. Il fatturato tornò a salire e le drastiche
azioni di contenimento dei costi portarono al raddoppio del reddito
operativo. La svolta è avvenuta nel 2005 con il ritorno all’utile netto
per il Gruppo. I miglioramenti sono proseguiti nel 2006: dopo
cinque anni, infatti, Fiat è tornata a distribuire un dividendo ai
propri azionisti. Nel 2008 il Gruppo, pur alla presenza di condizioni
di mercato critiche per i settori in cui opera, ha ottenuto il suo più
alto risultato della gestione ordinaria con una crescita di 129 milioni
di euro, il 4% in più rispetto all’anno precedente. Inoltre il margine
sui ricavi è stato del 5,7%, mentre l’utile netto è stato di 1,7 miliardi
di euro.
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SCOPO DELLA TESI
Il presente lavoro di tesi si propone di analizzare la realtà
attuale del Gruppo Fiat mettendone in evidenza i motori del
cambiamento che hanno generato l’incredibile turnaround
industriale e finanziario degli ultimi anni, con uno sguardo
particolare all’Azienda che più delle altre ha contribuito
all’eccezionalità dei risultati, Fiat Group Automobiles.
Sono stati approfonditi gli aspetti relativi all’innovazione del
management, del prodotto, dei processi produttivi e del marketing,
ponendo l’accento sull’importanza che per il Gruppo riveste
l’impatto ambientale.
Partendo dallo studio dei dati economici e finanziari relativi
al 2008, si è effettuato un confronto tra i dati per tutto il periodo di
amministrazione Marchionne (anni 2004/2008), per evidenziare i
miglioramenti riscontrati negli stessi a seguito della sua gestione.
Il lavoro presenta, dopo gli aspetti introduttivi, il primo
capitolo che pone in evidenza la realtà globale del Gruppo,
illustrandone sia i siti produttivi sia i settori operativi. Sono inoltre
esposti gli aspetti innovativi introdotti nel management, la
rivoluzione dello stesso come fattore critico di successo, le nuove
metodologie produttive e il nuovo modo di guardare al prodotto. È
esaminata la situazione economica e finanziaria del Gruppo per
tipologia di prodotti presentando i principali indicatori di bilancio.
Nel secondo capitolo, dopo aver illustrato la posizione attuale
del Gruppo nel mercato mondiale rispetto ai competitors, sono
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descritte le alleanze strategiche che l’hanno portato a raggiungere
tali posizioni e i nuovi mercati che il Gruppo sta conquistando, le
nuove strategie di marketing adottate e inoltre è analizzata la
quotazione del Gruppo in borsa.
Infine sono riportate alcune considerazioni conclusive.
Questo lavoro di tesi si basa essenzialmente sui dati e le
informazioni ufficiali pubblicate dal Gruppo Fiat come i bilanci
consolidati e d’esercizio e i rapporti di sostenibilità pubblicati in
ogni anno del periodo di riferimento 2004-2008 e la corporate
presentation 2009. Tali informazioni sono disponibili direttamente
online nel sito www.fiatgroup.com.
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CAPITOLO I
IL GRUPPO FIAT: ASPETTI ORGANIZZATIVI E
PRODUTTIVI
1.1 - I siti produttivi e le aree produttive: un quadro d’insieme
La Fabbrica Italiana Automobili Torino (Fiat) nasce l’11
luglio 1899 per volontà di esponenti dell’aristocrazia e borghesia
torinese che, con un capitale sociale di 800 mila lire suddiviso in
quattromila azioni da duecento lire cadauna, costituiscono la
società. L’iniziativa s’inserisce nel dinamico clima economico e
sociale di fine 800. In Francia e Germania in quegli anni, le
fabbriche automobilistiche tendevano già ad assumere una
dimensione industriale, mentre in Italia l’automobile restava quasi
sconosciuta. La casa tedesca Benz, prima al mondo, attiva dal 1889,
dieci anni dopo produceva la duemillesima vettura; mentre le
francesi Peugeot e Panhard sono presenti sul mercato dal 1891. Il
primo stabilimento Fiat è inaugurato a Torino nel 1900 in Corso
Dante su una superficie di dodici mila metri quadrati e vi lavorano
150 operai. Nel 1906 le officine occupavano cinquanta mila metri
quadrati dando lavoro a 2500 persone
1
. Tra gli azionisti spicca per
determinazione e visione strategica un ex ufficiale di cavalleria,
1
Fonte: V. Catronuovo, L'industria italiana dall’Ottocento a oggi, Mondadori,
Milano, 1980.
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