5
concetti teorici studiati nei primi due capitoli all‟analisi del film e del libro citati
precedentemente. La prima parte del capitolo sarà dedicata allo studio del film The
Matrix dei fratelli Wachowski. Dopo una breve presentazione del film, dei dati
tecnici di realizzazione e della segmentazione delle sequenze narrative si passerà allo
studio dei riferimenti intertestuali presenti. La seconda parte del capitolo sarà
dedicata prima ad una breve introduzione su William Gibson e sul romanzo, poi si
passerà all‟analisi del libro, a cui il film è liberamente ispirato, e infine si studieranno
i riferimenti intertestuali presenti. Nel paragrafo conclusivo si farà il punto della
situazione, cercando di individuare le implicazioni ideologiche, letterarie, stilistiche
sulla specificità dei linguaggi di media diversi, a partire dal confronto dei dati
ottenuti dalle due analisi.
La tesi si completerà con appendici di riferimento in cui sono stati raccolti i
documenti specifici riguardanti i riferimenti intertestuali nel film e nel romanzo.
6
I. L‟INTERTESTUALITÁ NEGLI STUDI TEORICI
I. 1 DIALOGISMO, PLURIDISCORSIVITÀ E ROMANZO POLIFONICO IN
BACHTIN
I. 1.1 ORIGINI DEI CONCETTI DI DIALOGISMO E PLURIDISCORSIVITÀ
Il termine “intertestualità” 1 oggi designa una categoria critica applicabile a diversi
campi di studi, dalla letteratura ai mezzi di comunicazione di massa. Sebbene il
termine sia stato coniato dalla studiosa bulgara Julia Kristeva nel 1967, il concetto
affonda le sue radici nella nozione di dialogizzazione della parola e di
pluridiscorsività elaborata nel corso degli anni dallo studioso russo Michail Bachtin.
Ritroviamo i primi accenni e le prime definizioni del concetto di dialogismo nel
saggio La parola nel romanzo (1934-1935), considerato uno dei testi più importanti
dello studioso russo. Come ci dice Gianni Turchetta “Qui il grande studioso ci fa
vedere in che modo la filosofia del dialogo possa riorientare profondamente le
metodologie di indagine linguistica sui testi romanzeschi”2. Nella prima parte del
saggio Bachtin definisce i cambiamenti verificatisi nella stilistica classica in seguito
alla nascita della prosa romanzesca in contrapposizione al linguaggio poetico. In un
primo momento la stilistica classica non riesce ad adeguarsi al nuovo genere
sottoposto principalmente ad analisi astratte ideologiche che vertono sulla
1
Julia Kristeva, “Le mot, le dialogue et le roman”, Semeïotikè, recherches pour une sémanalyse, s.l.,
Points Essais, Éditions du Seuils, 1968, pp. 82-112.
2
Gianni Turchetta, Critica, letteratura e società, Carocci, Urbino, 2004, p. 109.
7
descrizione della lingua usata dal romanziere, o nel cercare di delineare gli elementi
stilistici ancora facilmente riconducibili alle categorie tradizionali.3
In particolare una delle caratteristiche contestate da Bachtin alla stilistica
tradizionale è la concezione secondo cui esisterebbe una lingua unitaria nel romanzo.
Per lo studioso russo, infatti, la peculiarità del romanzo è proprio quella di non avere
una lingua unitaria perché esso è caratterizzato dalla presenza di varie unità
stilistiche eterogenee che, considerate nel loro insieme, creano una totalità
plurilinguistica e pluridiscorsiva. La frantumazione della prosa romanzesca nella
pluridiscorsività sociale e la sua “dialogizzazione” sono dunque le principali
caratteristiche del romanzo.4
Secondo Bachtin i rapporti dialogici della lingua sono comunque presenti non
solo nel romanzo ma in qualsiasi settore essa venga impiegata e possono essere
studiati dalla metalinguistica. La linguistica stessa ha bisogno di appoggiarsi ai dati
elaborati dalla metalinguistica per studiare il discorso dialogico e coglierne i tratti
caratteristici. Infatti nella lingua oggetto di studio della linguistica non ci sono
rapporti dialogici, poiché essa si occupa di analizzare i testi e la lingua applicando
dei criteri puramente linguistici.5
Il dialogismo è quindi un fenomeno presente in tutti gli aspetti della vita della
parola, come si evince da ciò che è stato detto finora e dalla definizione data dallo
stesso Bachtin: “A word, discourse, language or culture undergoes dialogization
when it becomes relativised, de-privileged, aware of competing definitions for the
3
Cf. Mikhail M. Bakhtin, The Dialogic Imagination-Four Essays, Austin, University of Texas Press,
Michael Holquist, trad. Caryl Emerson e Michael Holquist, 2006, pp. 259-260.
4
Ivi, pp. 259-262.
5
Cf. Michail M. Bachtin, Dostoevskij- poetica e stilistica, Einaudi, Torino, 1968, pp. 236-237.
8
same things”.6 Tale fenomeno è strettamente correlato al concetto di eteroglossia,
definita come “The base condition governing the operation of meaning in any
utterance” 7. È dal concetto di dialogismo e da quello di eteroglossia che Bachtin
pone le basi per la sua filosofia del dialogo. Il dialogo è l‟essenza del linguaggio
nonché struttura fondatrice della coscienza. L‟uomo esiste in quanto coscienza e la
coscienza, intesa come una forma di dialogo interiore, può nascere solo all‟interno
del linguaggio.8
Bachtin afferma che è proprio nel dialogo che la parola assume una duplice
direzionalità: da un lato essa tende verso l‟oggetto del discorso, dall‟altro lato essa
tende verso la parola altrui o l‟altra parola.9 Questo permette allo studioso russo di
individuare tre diverse tipologie di parole: 1) la parola diretta e intenzionale, usata
direttamente per la comprensione dell‟oggetto e che verrà assimilata dalla studiosa
Julia Kristeva alla parola dell‟autore; 2) la parola raffigurata o oggettiva
rappresentata dal discorso diretto dei personaggi; 3) la parola altrui di cui l‟autore si
serve, essa mantiene il senso che aveva originariamente e si carica di un significato
nuovo, quello che l‟autore vuole esprimere.10 In particolare la parola altrui, come
ribadisce Julia Kristeva nel suo saggio “Le mot, le dialogue, le roman” (1967),
assume due significati, essa nasce dall‟unione di due coscienze linguistiche che
possono anche essere separate l‟una dall‟altra da un‟epoca, da differenziazioni sociali
6
Cf. M. Bakhtin, The Dialogic Imagination, op. cit., p. 427. (Trad. “una parola, un discorso, un
linguaggio o una cultura è dialogizzato quando diventa relativizzato, quando perde i suoi privilegi e
diventa consapevole della presenza di altre definizioni che competono per gli stessi oggetti”).
Traduzione di chi scrive. Dal momento che anche la traduzione è una presa di posizione nei confronti
del testo, ho ritenuto opportuno fornire una mia traduzione letterale a partire dalla versione inglese di
Bachtin.
7
Ivi, p. 428. (“La condizione basilare che governa le attribuzioni di significato in qualsiasi
enunciazione”. Trad. di chi scrive).
8
Cf. G. Turchetta, op. cit., pp. 105-106.
9
Cf. M. Bachtin, Dostoevskij, op. cit, p. 240.
10
Ivi, pp. 242-244.
9
ecc.
11
Bachtin stesso infatti scrive:
…it [the language] represents the co-existence of socio-ideological
contradictions between the present and the past, between different epochs of the
past, between different socio-ideological groups in the present, between
tendencies, schools, circles and so forth….12
Questa pluridiscorsività e plurivocità individuale si riflettono sia nella lingua parlata
che nel romanzo, ad esempio attraverso la stratificazione linguistica presentata dai
diversi personaggi. In questo senso le ricerche di Bachtin vanno oltre la linguistica,
esse possono essere considerate strettamente legate alla pragmatica e all‟aspetto
socio-linguistico del linguaggio, poiché egli si addentra nello studio della
stratificazione linguistica nazionale applicata ai testi letterari.13 Lo studioso afferma
che così come la lingua unitaria nazionale è formata da un insieme di mondi concreti
e di sistemi ideologici verbali, allo stesso modo anche la prosa romanzesca è
stratificata e diversificata. Infatti, i personaggi, la voce narrante, l‟autore possiedono
ognuno un proprio modo di esprimersi, un proprio vocabolario, un proprio accento,
che dipende da numerosi fattori quali ad esempio la classe sociale di appartenenza, il
grado di istruzione raggiunto, ecc.14
È da questa molteplicità di voci e dalle relazioni che intercorrono tra di esse che
la pluridiscorsività nel romanzo può essere concepita come “another‟s speech in
another‟s language”15 e il dialogo risulta essere “a double-voiced discourse”16 perché
l‟autore impiega la parola altrui, che ha già una propria intenzione oggettuale, e vi
11
Cf. J. Kristeva, op. cit., pp. 93-94.
12
M.M. Bakhtin, The Dialogic Imagination, op. cit., p. 291, (“…esso [il linguaggio] rappresenta la co-
esistenza di contraddizioni socio-ideologiche tra il presente e il passato, tra diverse epoche del passato,
tra differenti gruppi socio-ideologici del presente, tra tendenze, scuole, circoli e cosi via…”. Trad. di
chi scrive).
13
Cf. G. Turchetta, op. cit., pp. 105-109.
14
Cf. M.M. Bakhtin, The Dialogic Imagination, op. cit., pp. 289-290.
15
Ivi, p. 324.
16
Ibid.
10
aggiunge la propria intenzione.17 Ciò è possibile perché tra la parola e il suo oggetto,
tra la parola e il soggetto parlante c‟è un ambiente saturo di altre parole che sono
state dette sullo stesso oggetto e sullo stesso tema18. Per questo quando si parla non
si fa altro che citare altre persone, o dire cose che abbiamo già sentito dire da
qualcun altro. Questa realtà è particolarmente vera per lo scrittore che ogni volta che
scrive un‟opera non può fare a meno di fare riferimento ad altri prodotti letterari e di
citare seppur indirettamente altri scrittori, la voce dell‟autore non può che essere una
delle tante voci che possono dire qualcosa su un oggetto. Qualsiasi cosa egli dica o
scriva farà si che esso esprima una propria posizione all‟interno della tradizione, per
rispettarla o distanziarsene. Quindi la parola nel romanzo si orienta necessariamente
su qualcosa di noto, che è già stato detto da qualcun altro, non può mai essere una
parola ingenua, la sua ingenuità avrebbe una connotazione polemica proprio perché
è una parola dialogizzata.
I. 1.2 IL ROMANZO POLIFONICO
Il dialogismo ha portato alla nascita del romanzo polifonico, che è al centro degli
studi di Bachtin. In particolare lo studioso russo individua nei romanzi di Dostoevskij
la piena realizzazione di questo tipo di romanzo. Già prima, secondo Bachtin, altri
grandi scrittori come Shakespeare e Dante avevano posto le basi del romanzo
polifonico, ma solo lo scrittore russo l‟ha saputo sviluppare ai massimi livelli, infatti
Bachtin stesso afferma che:
la pluralità delle voci e delle coscienze indipendenti e disgiunte, l‟autentica
polifonia delle voci pienamente autonome costituisce effettivamente la caratteristica
17
Cf. M. Bachtin, Dostoevskij, op. cit , p. 245.
18
Cf. M. M. Bakhtin, The Dialogic Imagination, op. cit., p. 276.
11
fondamentale dei romanzi di Dostoevskij19.
Altri critici si sono occupati di studiare le opere dostoevskijane e di coglierne le
particolarità, ma tutti questi studi, attraverso varie operazioni riportavano la parola
nel romanzo di Dostoevskij alla tradizionale parola monologica. Invece la
particolarità della scrittura di Dostoevskij è proprio quella di creare dei personaggi
che non sono direttamente assimilabili all‟autore, essi sono portatori della propria
parola, che ha una propria intenzione; è come se il personaggio non fosse l‟oggetto
della parola dell‟autore ma ne avesse la stessa autorità e potesse decidere di ribellarsi
all‟autore stesso grazie all‟autonomia che possiede.20
I romanzi polifonici dostoevskijani sono completamente dialogici in quanto
creano una realtà ultima che accoglie in se le coscienze dei personaggi che
interagiscono tra di loro.21 La nascita del romanzo polifonico è stata possibile perché
lo scrittore russo ha saputo cogliere le contraddizioni della sua epoca e le ha
interpretate non come contraddizioni presenti all‟interno di una singola coscienza,
ma piuttosto come contraddizioni collettive collocate nel mondo sociale oggettivo.
Tali contraddizioni sono state interpretate da Dostoevskij come forze coesistenti.22
Infatti le caratteristiche della visione artistica di Dostoevskij sono la coesistenza e
l‟interazione. Ciò significa che gli eventi acquistano importanza per la loro
collocazione spaziale piuttosto che temporale. Dostoevskij percepisce tutto come
contemporaneo, è per questo motivo che cerca di “cogliere le reciproche relazioni
nella sezione di un solo istante”23.
Questa sua particolare visione artistica del mondo si riflette nella costruzione dei
19
M.M. Bachtin, Dostoevskij, op. cit., p. 12.
20
Ivi, pp. 12-13.
21
Ivi, p. 26.
22
Ivi, p. 40.
23
Ivi, p. 41.
12
personaggi. Questi ultimi infatti non sono caratterizzati mai da un passato e non
parlano mai al futuro. Il loro esistere è legato al presente e il passato è ammesso solo
nel momento in cui ha una certa valenza per il presente, ad esempio un delitto o un
peccato commesso che torturano il personaggio, oppure un offesa ricevuta.24
Bachtin afferma che la capacità di Dostoevskij di percepire tutto come
coesistente e correlato lo ha portato a cogliere “il vario e il molteplice la dove gli altri
vedevano l‟unico e l‟identico”25 ma che a volte questo lo ha penalizzato perché “ lo
ha reso cieco e sordo a molte cose essenziali”26.
Come dice Bachtin molti ritengono che il romanzo polifonico sia confusionario
in quanto la voce dell‟autore non è direttamente distinta da quelle dei personaggi ma
si fonde con esse, o viene soffocata da esse.27 Eppure, nonostante questa pluralità di
voci e la coesistenza di piani diversi il romanzo polifonico dostoevskijano, per
Bachtin, non è dominato dalla contraddittorietà o dall‟inconcludenza, esso
rappresenta un mondo chiuso e definito come l‟universo dantesco.28
24
Ivi, pp. 42-43.
25
Ivi, p. 44.
26
Ibid.
27
Ivi, p. 11.
28
Ivi, p. 45.