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riguarda la natura delle cose, in quanto esistono indipendentemente dall idea che ne
abbiamo. In ogni caso, ci che avviene nel passaggi o dal significato tradizionale e
scolastico a quello piø moderno e psicologico Ł la considerazione dell atto
rappresentativo inteso come ricostruzione di quell oggetto, e non piø come
semplice similitudine.
La causa di questo cambiamento di attenzione Ł da ricercarsi a sua volta nella
filosofia stessa. Come scrive Ernst Cassirer, Uno dei primi ed essenziali principi
raggiunti dalla filosofia critica Ł che gli oggetti non vengono dati alla coscienza
compiuti e rigidi nel loro puro essere in sØ, ma il rapporto della rappresentazione con
l oggetto presuppone un atto autonomo e spontaneo della coscienza. L oggetto non
esiste fuori e prima dell unit sintentica, ma vien e costituito solo in virtø di essa; non
Ł una forma gi coniata che semplicemente si imponga alla coscienza e si imprima in
essa, ma Ł il risultato di una attivit formatrice che si compie in virtø dei mezzi
fondamentali della coscienza. [1923; trad.it. 1966, 43]. Proprio su questo principio,
posa la celebre rivoluzione copernicana di Kant. Questa rivoluzione, che traspone
le categorie dell essere di origine aristotelica, nella dimensiona a priori della
coscienza del soggetto conoscente, segna del resto anche i primi dubbi circa
l adeguamento della rappresentazione, alla realt c he quell atto intende ricostruire.
Cos facendo, Kant, segna l inizio di una riflessione che non si Ł piø fermata sino ai
giorni nostri. Al contrario, l attenzione per le rappresentazioni, come atto
intenzionale della coscienza e non piø come passiva registrazione di stati di fatto
esterni, si Ł propagata in varie direzioni, entrando a far parte di domini differenti da
quello filosofico e costituendone, talvolta, di nuovi.
Il mondo Ł una mia rappresentazione . Con questa affermazione
Schopenhaur apre la sua piø celebre opera, Il mondo come volont e
rappresentazione. Questa affermazione riassume in maniera esemplare il mutamento
di prospettiva da Kant determinato. La rappresentazione Ł dunque il risultato del
rapporto necessario tra soggetto ed oggetto: essa Ł data dall unione di entrambi i
termini, intesi come due componenti indissolubili e paritetiche.
Ma, alla prima rivoluzione copernicana di Kant, che vede ruotare la realt
intorno al soggetto che la ricostruisce e non piø il soggetto ruotare intorno ad una
realt oggettiva che lo plasma interamente, ne Ł seguita una seconda. Questa, a sua
volta, ritratta l idea dell uomo come centro dell universo , e lo rimette in
movimento intorno ad un altro tipo di realt : quell a sociale. A partire da questa
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considerazione, ogni riflessione che abbia assunto come oggetto di studio le
rappresentazioni, ha dovuto tenere in considerazione tre poli necessari di cui si
costituisce ogni conoscenza possibile: il soggetto, l oggetto, e le relazioni che il
soggetto intrattiene con gli altri e con la piø vasta realt sociale. Da questo punto di
vista, le differenti teorie che tematizzano le rappresentazioni risultano descrivibili a
seconda del differente peso accordato ad ognuno di questi tre fattori. La stessa
costruzione di situazioni di laboratorio, atte a estrapolare l individuo dal suo contesto
sociale di appartenenza, non fa, a questo proposito, che rendere evidente
l importanza accordatagli.
Il seguente lavoro prende dunque il via dall analisi di Durkheim, inteso come
teorizzatore forte di quel relativismo che coinvolge l uomo in riferimento ai contesti
sociali di appartenenza. In questo modo egli realizza la trasposizione del concetto di
rappresentazione dalla filosofia alla sociologia. Durkheim, infatti, sposta l attenzione
sia dal carattere oggettivo della realt , sia dalle caratteristiche individuali del
soggetto conoscente per porre l accento sul caratt ere convenzionale, ovvero
socialmente elaborato, della rappresentazione [...] [Mancini, 1989, 27]. Attraverso il
concetto di rappresentazione collettiva, Durkheim pone la societ come l elemento
centrale della riflessione sociologica e della teoria della conoscenza a questa
correlata.
La distinzione tra le rappresentazioni individuali e quelle collettive, viene
ripresa da LØvy-Bruhl, per spiegare le rappresentazioni dei primitivi. Con LØvy-
Bruhl, comincia pertanto un movimento di pensiero che segna una direzione opposta
a quella presa dalla concettualizzazione durkheimiana. Si tratta di quello che Denise
Jodelet [2008] definisce nei termini di un movimen to di ritorno verso il soggetto .
Le rappresentazioni collettive e quelle individuali, cessano di essere concettualizzate
nei termini di una radicale opposizione: la mentalit primitiva Ł, secondo LØvy-bruhl,
l esito dell influenza che la societ esercita sul pensiero e sulla psiche individuale.
Tuttavia, come vedremo nella secondo capitolo, egli pur partendo dal punto di vista
strettamente sociologico e durkheimiano, modifica nel tempo tale impostazione. Le
rappresentazioni dei primitivi divengono il prodotto di una coscienza mitica .
Nel terzo capitolo esamineremo come Jean Piaget, abbia accolto la
concettualizzazione lØvy-bruhliana. Egli riprende questa determinazione
specificatamente psicologica e la ripropone applicandola allo studio del fanciullo.
Infatti, secondo Piaget, le rappresentazioni del bambino, ripropongono nei contenuti
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gli stessi che l analisi antropologica di LØvy-Bruhl ha messo in evidenza a proposito
nei primitivi. Tuttavia, secondo lo psicologo svizzero, le ragioni della forma propria
delle rappresentazioni infantili sono da ricercarsi nella stessa costituzione psicologica
del bambino, anzichŁ nell influenza che la societ esercita sul soggetto. Infatti, la
costituzione psicologica infantile, nella sua determinazione essenzialmente
egocentrica, non rende possibile parlare, per quanto riguarda il bambino nelle prime
fasi dello sviluppo cognitivo dell influenza delle relazioni sociali.
Nel quarto capitolo esamineremo le linee di sviluppo fondamentali della
teoria delle rappresentazioni sociali di Serge Moscovici. In questa parte, vedremo
come il superamento dell opposizione radicale e durkheimiana tra rappresentazioni
individuali e collettive e tra i due tipi di coscienza a queste correlate, sia in buona
parte la storia del concetto di rappresentazione sociale. Se con LØvy-Bruhl comincia
dunque il movimento di ritorno verso il soggetto, questo trova poi una esauriente
sistematizzazione teorica proprio nell opera di Moscovici. Il vantaggio della teoria
delle rappresentazioni sociali risiede proprio nella capacit di integrare al suo interno
la dialettica tra i tre elementi di soggetto, oggetto e relazioni sociali.
Nella seconda parte e nelle conclusioni questo discorso viene approfondito.
L eredit durkheimiana infatti, prima di portare al ricco filone di ricerca e di
produzione teorica delle rappresentazioni sociali, passa per il lavoro di ricerca
antropologico di Lucien Levy-Bruhl sul pensiero pre-logico, e attraversa la
psicologia evolutiva di Jean-Piaget. Il punto di vista della psicologia sociale, cos
come questo viene definito da Serge Moscovici, diviene dunque l occasione per
approfondire le caratteristiche ed i limiti di ciascun autore, nonchŁ le connessioni
teoriche tra le varie teorie.
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Capitolo primo
mile Durkheim
1.L opera
L opera di Durkheim si snoda attraverso un numero importante di opere
divenute dei classici della sociologia. La sua prima grande opera e tesi di dottorato Ł
intitolata De la division du travail social [Durkheim, 1893; trad. it 1962]. Discusso
nel 1893, questo lavoro Ł legato al periodo trascorso dal sociologo francese
all universit di Bordeaux, presso la quale egli in segnava la pedagogie et la science
social [Cazeneuve, 1960, 225]. In quest opera, Durkheim disegna un profilo delle
societ tradizionali in opposizione a quelle modern e, offrendone al contempo una
spiegazione sociologica. Parallelamente, egli si occupa anche di stabilire sul piano
teorico e metodologico quello che Ł il terreno della sociologia. In relazione a questo
compito fondativo, l opera intitolata Les RŁgles de la mØthode sociologique
[Durkheim 1895; trad. it. 2001a], abbandona il campo della ricerca sociale empirica
per dedicarsi ai prinicipi teorici e metodologici che ne strutturano la forma. Pochi
anni dopo, vede la pubblicazione Le suicide sottotitolato tude de sociologie [1897;
trad. it. 1969], lavoro nel quale Durkheim, applicando quegli elementi teorici che
nelle RŁgles trovano compiuta sistematizzazione, offre una spiegazione sociologica
dei tassi di suicidio. In seguito, dopo l importante svolta professionale, che nel 1902
vede Durkheim abbandonare l universit di Bordeaux per la Sorbona di Parigi, vede
la luce Les formes ØlØmentaires de la vie religieuse [Durkheim, 1912; trad. it. 1963].
Quest opera, in realt , Ł legata ad interessi maturati in un ultimo periodo passato
dall autore all universit di Bordeaux, dopo che il suo insegnamento diventa una
regolare cattedra sotto il nome di scienza social e . In questa opera egli si dedica
allo studio dell origine, della natura e delle funzioni del fenomeno religioso.
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2.Lo studio della societ
Un punto di partenza utile per l analisi del pensiero di mile Durkheim Ł
offerto dall articolo intitolato ReprØsentations individuelles et reprØsentations
collectives apparso nella Revue de mØtaphysique et de morale del 1898 [Durkheim,
1898; trad. it. 2001b]. Qui Durkheim procede disegnando una distinzione tra i due
tipi di rappresentazione, soffermandosi in particolar modo sulla natura delle
rappresentazioni individuali. Esse costituiscono il dominio della psicologia.
Buona parte dell articolo insiste in particolare su di un punto centrale nella
fondazione teorica della scienza psicologica. Come vedremo Durkheim deriva
l argomentazione dal suo maestro filosofico mile B outroux , nella prospettiva di
applicare tale argomentazione anche alla sociologia. Il nucleo attorno al quale ruota il
discorso consiste nell idea secondo la quale l indi viduo, elaborando i propri ricordi
(o rappresentazioni), procede necessariamente a partire da quella che Ł la sua base
bio-neurologica. La disamina delle modalit attrave rso le quali si formano queste
rappresentazioni sembrerebbe quindi dover ripercorrere la catena causale che porta
l uomo a percepire oggetti a lui esterni. La ricostruzione di questi processi e dei suoi
prodotti rappresentativi dovrebbe dunque essere appannaggio della scienza
fisiologica. Questa prospettiva Ł precisamente La concezione psicologica di Huxley
e di Maudsley, che riduce la coscienza ad un epifenomeno della vita fisica [...]
[Ibidem, 138].
Ora, secondo Durkheim questa posizione Ł insostenibile. Questa
insostenibilit , dipende dal fatto che le sole prop riet del sistema nervoso non sono in
grado di spiegare da sole il processo della memoria. Una volta formate, le
rappresentazioni individuali rispondono a logiche e leggi proprie e differenti rispetto
a quelle che sono appannaggio della fisiologia. Conseguentemente, le
rappresentazioni individuali si pongono su di un piano differente e sui generis,
rispetto a quello che altrimenti sarebbe appannaggio delle scienze fisiologiche. Ne
deriva la necessit di una scienza che si occupi de i fenomeni della coscienza: detto
altrimenti, per comprendere la natura delle rappresentazioni individuali, Ł necessario
il ricorso a leggi psicologiche.
La fondazione della psicologia passa pertanto attraverso la considerazione di
come essa non possa derivare le sue esplicazioni dal piano inferiore e fisiologico.
All opposto, questa scienza pu e deve porsi come u n universo di leggi esplicative
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proprie ed indipendenti. Questa indipendenza gnoseologica del resto si accompagna
ad una indipendenza ontologica: arrivare ad affermare l indipendenza delle
rappresentazioni nei confronti del sistema fisiologico, significa al tempo stesso
riconoscere che una volta costituite, esse godono di vita propria. Al contrario,
spiegare queste rappresentazioni in riferimento alla base fisiologica annullerebbe la
coscienza, riducendola ad un insieme di percetti relativi alla dimensione del qui e
dell ora. Lo schema qui proposto ha, alla propria base, una concezione della realt
come costituita da livelli che pur essendo in qualche modo legati sul piano della
genesi, nondimeno conservano una volta costituiti una propria autonomia. Anche in
questo senso trapela, nel pensiero di Durkheim, l influenza esercitata da Comte.
Questa si rende evidente nella misura in cui [...] la strutturazione logica [...] trova
una fondazione ed una identificazione con una struttura sottostante di ordine
ontologico. In tal senso, infatti, ci pare possa venir letto il principio della
complessit crescente . In natura si danno oggetti piø complessi e meno complessi:
per poterli conoscere adeguatamente, le scienze devono anzitutto adeguarsi a questa
realt di fondo e strutturarsi in maniera isomorfa ad essa. [Bocchi e Ceruti, 1981,
24].
Continuando, si nota come tale rapporto tra livello fisiologico e livello
psichico, tra il piano fisico e quello psicologico, venga da Durkheim brillantemente
riproposto in riferimento al rapporto tra l individuo e la societ . Come egli stesso si
trova a scrivere: La vita collettiva al pari de lla vita mentale dell individuo Ł
costituita da rappresentazioni; Ł dunque presumibile che le rappresentazioni
individuali e le rappresentazioni sociali siano in qualche modo comparabili
[Durkheim, 1898; trad. it. 2001b, 137]. Questa affermazione Ł nei fatti uno
stimolante punto di partenza per una riflessione sulle rappresentazioni collettive.
Quello che si trova ad essere affermato Ł che anche la societ , al pari dell individuo,
elabora delle rappresentazioni Tuttavia, come vedremo, questa affermazione non
deve essere intesa nei termini di una posizione s ocialmente realista [Davy, 1973].
Ripudiare il realismo sociale significa renderi conto di come la societ non sia,
secondo Durkheim, un soggetto al pari dell individuo. Sono le rappresentazioni
collettive che vengono ad essere, ma in quanto ulteriore piano di realt che a sua
volta si innesta sul piano delle coscienze individuali.
Intendendo in questo modo le rappresentazioni collettive, Durkheim teorizza
la societ come una realt indipendente, una volta costituita, dai singoli che ne fanno
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parte. In questo modo, la realt viene ripartita in tre livelli distinti. Questi sono il
piano fisico, quello psichico individuale e quello sociale. Dal punto di vista degli
oggetti che costituiscono questi differenti livelli, la triade si traduce in individui
fisici, rappresentazioni individuali e rappresentazioni collettive. Dal punto di vista
delle discipline che si devono occuppare dei rispettivi oggetti, a questi corrispondono
le scienze fisiologiche, quelle psicologiche, ed infine la sociologia.
Possiamo osservare, gi da quanto detto, come risul ti il modo particolare che
ha Durkheim di guardare la societ . Egli pensa alla societ in una prospettiva olistica
secondo la quale il tutto supera la semplice somma delle sue parti [Cherkaoui, 1997].
Secondo Durkheim, la societ ha la propria base mat eriale nella somma degli
individui che ne fanno parte. Questo intendendo gli individui sia nell accezione
biologica che in quella psicologica. Tuttavia Ł dalla loro associazione, e
dall interazione tra le menti individuali che si origina tale entit che possiamo
chiamare il tutto sociale una realt sui generis, indipendente e che risponde a
leggi proprie e particolari. Questa realt Ł la societ secondo Durkheim. E la societ
si costituisce proprio delle rappresentazioni collettive: queste ultime non hanno
origine dalle singole menti ma dalla totalit che e merge dalla loro sinergia.
2.1.L oggetto della sociologia: i fatti sociali
Per comprendere il significato delle affermazioni sopra riportate, occorre
considerare un aspetto particolare e pregnante dell opera durkheimiana. Questa
consiste in un esigenza teorico-fondativa nei confronti della disciplina sociologica.
Le stesse RŁgles sono state a questo proposito definite un manifesto di fondazione
positivista della sociologia durkheimiana [Poggi, 2000; trad. it. 2003, 30].
Effettivamente Durkheim confrontando la sociologia con la psicologia, confronta una
una disciplina dallo statuto incerto con una scienza gi definita ed avviata sia nella
teoria che nella pratica. Da questo punto di vista la psicologia rappresenta del resto
anche un utile appoggio: tanto le rappresentazioni individuali quanto quelle collettive
hanno natura psichica. PerchŁ dunque le rappresentazioni collettive non possono
divenire oggetto di una scienza al pari di quelle individuali?
Buona parte degli sforzi teorici di Durkheim, dunque, si orientano alla
definizione di un oggetto proprio in grado di giustificare la fondazione di quella che