5
avvocato. E' probabile che la colorata animazione della città
natale, “sans cesse réchauffée par le vin et une inspiration
flamande lisible dans ses oeuvres d'art”
3
, abbia suggestionato
il giovane Cazotte e sia, in qualche modo, all'origine della
grande varietà riscontrabile nei suoi scritti, cui non è
certamente estranea la lettura di opere come La Gerusalemme
liberata, le favole di La Fontaine, la Création du Monde,
l'Aminta.
Alla fine del 1740, o all'inizio del 1741, Cazotte si
spostò a Parigi. Nemmeno di questo soggiorno abbiamo
testimonianze documentarie, ma soltanto il profilo dal sapore
un po' leggendario e romantico che Charles Nodier schizza
dell'autore borgognone nel racconto Monsieur Cazotte,
conosciuto bene da suo padre e incontrato da lui stesso
ancora bambino. A Parigi Cazotte poteva contare sulla
protezione del conte di Choiseul, procuratagli dal fratello
maggiore Chrétien-Nicolas Cazotte, vicario generale della
diocesi di Châlons, di cui Choiseul era vescovo. Forte di
questo appoggio, il giovane venne presentato al ministro
della Marina, il conte di Maurepas e, dopo due anni di
tirocinio presso un procuratore parigino, ottenne il brevetto di
écrivain ordinaire della Marina, diventò, cioè, uno di quei
sotto-commissari cui venivano affidati compiti di
sorveglianza in settori specifici. Durante questo primo
soggiorno nella capitale si rivelò il precoce talento letterario
di Cazotte che pubblicò due racconti: La Patte du Chat
(1741) e Mille et une fadaises (1742). E' probabile che egli
frequentasse gli ambienti letterari dove, secondo l'uso, poteva
leggere estratti dalle sue opere prima di pubblicarle. Tuttavia
non abbiamo testimonianze al riguardo ed anche Nerval, in
Jacques Cazotte (testo confluito poi in Les Illuminés), pur
affermando che Cazotte frequentò il salotto del suo
compatriota Raucourt, visitato - tra gli altri - da Fontenelle e
Marivaux, non fornisce alcuna prova.
3
R. Trintzius, op. cit., p. 14.
6
Nel 1743 Cazotte ottenne il suo primo incarico
nell'amministrazione della Marina: fu inviato al porto di Le
Havre per occuparsi del controllo dei legnami destinati alla
costruzione delle navi. Nel 1744 fu a Brest e, in quello stesso
anno che vedeva formalmente aprirsi le ostilità tra Francia e
Inghilterra nella Guerra di Successione austriaca, fece la sua
prima campagna marittima in qualità di scrivano. Seguirono
altri viaggi ed altri incarichi amministrativi che Cazotte
eseguì lodevolmente, tanto da meritarsi la promozione al
rango di écrivain principal. Nel luglio del 1747 ancora un
avanzamento: Cazotte fu nominato contrôleur delle Iles du
Vent. Egli doveva svolgere ora la funzione d'ispettore su tutti
gli affari dell'arsenale: dalla verifica delle entrate e delle
uscite all'acquisto di mercanzie e al loro impiego, dal lavoro
degli operai al censimento dei marinai.
La data di partenza per la Martinica non è certa,
ma è probabile che sia da collocarsi verso la fine dello stesso
1747. La congiuntura non era favorevole alla Francia perché
l'Inghilterra, dotata di una flotta più numerosa e potente,
aspirava al monopolio del commercio col Nuovo Mondo e,
contemporaneamente, minacciava i mercanti francesi e
spagnoli. Infatti, il convoglio in viaggio verso le Antille fu
attaccato dagli inglesi che catturarono alcuni vascelli.
Tuttavia quello principale, su cui con ogni verosimiglianza si
trovava Cazotte, riuscì a rientrare nel porto di Brest, ma lo
scrittore perse nella disavventura tutti i suoi effetti personali.
Non doveva mancare di presenza di spirito perché, nel vivo
della battaglia, annotò, come esigevano le sue funzioni, tutte
le peripezie della lotta in un rapporto ufficiale. Ad ogni modo
egli raggiunse il suo posto alla Martinica prima del 1748.
Frattanto, prima di partire per le colonie, sembra che Cazotte
avesse concepito quel poema criticamente incentrato sulla
figura di Voltaire, La Voltériade appunto, che verrà
pubblicato solo nel 1788, nella prima edizione - peraltro non
completa - delle sue opere.
Dopo circa un anno scrisse al ministro Maurepas,
suo protettore, per ottenere il posto di garde des Sceaux.
Evidentemente Cazotte non era soddisfatto della sua
condizione e sentiva le proprie competenze impiegate male.
Non riuscì ad avere l'incarico sperato ma, comunque, fu
promosso come facente funzione del commissario della
7
Marina e fu introdotto nel Consiglio Superiore della
Martinica.
Nel 1749 Maurepas venne sostituito per avere
scritto un epigramma contro Mme de Pompadour, ma la
carriera di Cazotte non ne risentì perché il nuovo ministro,
Louis-Antoine Rouillé, lo apprezzava ed era in
corrispondenza diretta con lui. Molto presto gli venne
affidata una missione piuttosto importante: demolire gli
edifici civili e militari dell'isola di Sainte-Lucie, divenuta
neutrale in seguito ad un trattato con l'Inghilterra, e togliere le
guarnigioni che vi si trovavano. L'evacuazione fu compiuta
in soli due mesi e questo, insieme alla precisione con cui
Cazotte teneva i conti dell'amministrazione, ci fornisce
l'immagine di un funzionario zelante, scrupoloso e dotato di
notevoli doti organizzative.
Nel giugno del 1752 Cazotte lasciò la Martinica
per un soggiorno di riposo in Francia: le febbri che aveva
contratto già prima della partenza per la Martinica si erano
aggravate durante il soggiorno a Sainte-Lucie e lo avevano
spinto a domandare un congedo. Ma ai problemi di salute
andavano sommate anche altre difficoltà materiali. Infatti,
dopo quattro anni di servizio, egli non aveva ancora incassato
alcuno stipendio e aveva dovuto sborsare non poco per il
proprio mantenimento. Oltretutto aveva dovuto abbandonare
la casa dove alloggiava alla Martinica per cederla
all'intendente, Hurson, che non lo aveva minimamente
indennizzato. La sua corrispondenza di questo periodo è
caratterizzata da un amaro realismo, peraltro accompagnato
sempre da un tono cortese e ragionevole, rispettoso della
gerarchia e privo di asprezze. Alle difficoltà materiali, che
persistevano nonostante un parziale riconoscimento del
dovuto da parte del ministro, si devono aggiungere quelle
professionali. In particolare Cazotte soffriva
dell'autoritarismo dei suoi superiori: il già citato Hurson,
intendente, e Bompar, governatore generale delle Iles du
Vent. Così, nel luglio del 1752 lo vediamo a Parigi a
riprendere contatto con gli ambienti letterari, dopo essersi
ristabilito grazie alle cure di un medico suo conterraneo,
Pierre-Isaac Poissonnier. Il caso volle che, proprio in quel
mentre, fosse nella capitale la compagnia italiana dei Buffoni,
la cui presenza dette luogo ad una celebre querelle che si
protrasse fino al 1754. In realtà si discuteva già da molto sui
8
meriti della musica francese e di quella italiana, almeno da
quando l'abate Raguenet aveva scritto, nel 1702, un opuscolo
in cui si pronunciava, da una parte, a favore della musica
italiana e, dall'altra, dell'opera francese. Gli interventi e le
prese di posizione si moltiplicarono e, quando arrivarono a
Parigi i Buffoni italiani, il dibattito si fece appassionato e
divise gli animi in due campi avversi: il Coin du Roi, pro-
francese, e il Coin de la Reine, pro-italiano.
Che Cazotte non fosse alieno da interessi musicali
è testimoniato dal fatto che egli stesso aveva scritto canzoni e
romanze alla moda. Nel complesso si tratta di opere minori,
interessanti più che altro per il gusto e la personalità che
rivelano. Tuttavia ve ne sono alcune assai significative, che
racchiudono elementi tipici dell'autore e saranno più tardi
utilizzate in Ollivier: si tratta della Veillée de la bonne femme
e delle Prouesses inimitables d'Ollivier. Il periodo in cui
Cazotte compose le sue canzoni è difficilmente databile:
alcune sono probabilmente precedenti alla partenza per la
Martinica, altre sembrano risalire agli anni del secondo
soggiorno parigino. Lo scrittore partecipò attivamente alla
querelle: esistono due scritti teorici in difesa della musica
francese che, seppure anonimi, sembrano doversi attribuire a
lui: La Guerre de l'Opéra e le Observations sur la lettre de J.
J. Rousseau au sujet de la musique française. Il primo è, in
sostanza, più che un'opera di critica musicale, “une sorte de
manifeste de défense nationale de l'esprit français, face à
l'aggression étrangère”
4
, anche se Cazotte riconosce
lealmente dei meriti alla musica italiana e sottolinea i limiti di
quella francese; il secondo, scritto in risposta alla presa di
posizione di Rousseau a favore della musica italiana
5
,
costituisce soprattutto un violento attacco ad hominem che ha
come bersaglio l'insieme delle opinioni e della personalità del
filosofo. Cazotte si fa portavoce di una posizione nazionalista
che può riassumersi così: quandanche la musica francese
fosse inferiore a quella italiana, essa va difesa in quanto
espressione dello spirito nazionale. In Cazotte il
nazionalismo va di pari passo con il conservatorismo, con la
difesa del classicismo e della tradizione. Per lui la querelle
era un tentativo di sovversione, di rivoluzione nei costumi, da
4
G. Décote, op. cit., p. 69.
5
Rousseau espresse le sue opinioni nella Lettre sur la musique française (1753).
9
denunciare con forza in quanto “prélude d'une attaque contre
la société elle-même, sinon contre l'ordre politique établi”
6
.
In ogni caso, al di là dell'interesse strettamente musicale, si
può dire che i due pamphlets in questione sono importanti
perché “they show Cazotte's fearlessness in entering a debate
with the leaders of the French intelligentsia”
7
.
La Querelle des Bouffons terminò, come abbiamo
detto, nel 1754 con il successo del Castor et Pollux di
Rameau e il sostanziale fiasco de I viaggiatori, ultima
rappresentazione degli Italiani. Eravamo nel mese di marzo e
Cazotte era ripartito per la Martinica all'inizio dell'anno.
L'intervento nella disputa musicale, comunque,
non aveva fatto dimenticare a Cazotte le responsabilità
professionali, come attesta un memoriale del 1753 inviato al
ministro della Marina per suggerire alcune modifiche
nell'amministrazione della Martinica. In particolare Cazotte
proponeva di aumentare il numero dei funzionari civili (di
rafforzare, cioè, la cosiddetta Plume), ma la sua richiesta non
venne accolta. Questo ci mostra lo sforzo dei militari (l'Epée)
per mantenere il controllo sugli elementi civili e ci fa capire
perché Cazotte avesse incontrato - e ancora incontrerà - tante
difficoltà, lui che cercava di opporsi alle pretese dei militari.
Una volta ripreso il suo posto alla Martinica, lo
scrittore si trovò di nuovo al centro di conflitti che lo
opposero ai suoi superiori; in particolare Rouillé [omonimo
del ministro?], governatore dell'isola, assunse atteggiamenti
d'insopportabile prepotenza. Senza entrare nel dettaglio dei
loro contenziosi, possiamo dire che da queste controversie
esce l'immagine di un Cazotte rispettoso ma ostinato e fermo,
preoccupato di difendere con vigore i diritti dei membri civili
dell'amministrazione.
Nel 1759, allo scoppio della Guerra dei Sette
Anni, gli Inglesi attaccarono in forze le Antille. Cercarono
dapprima di espugnare la Martinica ma, sia per la
conformazione dell'isola, sia per l'efficace difesa degli
abitanti, non riuscirono nell'intento. Ignoriamo quale fu il
ruolo preciso di Cazotte nel fare fronte all'assalto, tuttavia
pare certo che abbia dimostrato molta fermezza e sangue
freddo. Visto l'insuccesso, gli Inglesi assediarono la
6
G. Décote, op. cit., p. 79.
7
E. P. Shaw, op. cit., p. 13.
10
Guadalupa. Cazotte fu incaricato di organizzare una
spedizione per togliere il blocco navale dell'isola, cosa che
fece dimostrando capacità ed esperienza. Questa spedizione
era guidata da Bompar e da Hurson, così Cazotte si trovò a
rivestire in loro assenza le funzioni d'intendente. E' proprio
durante questo periodo che si verificò lo scontro più duro tra
Cazotte e Rouillé. Questi cercò addirittura di farlo arrestare,
al di fuori di ogni procedura legale. Nella tentata irruzione
nell'abitazione di Cazotte, lo scrittore fu anche ferito
leggermente alle mani e, benché poi riuscisse a far valere i
suoi diritti, i responsabili del gesto non furono perseguiti e a
tutta la vicenda non venne dato il risalto che avrebbe
meritato.
Il 1759 è anche l'anno in cui Cazotte lascia
definitivamente la Martinica per la madrepatria. Prima di
partire scrisse a Choiseul, allora ministro degli Esteri. La
lunga lettera è piena di amarezza, ma anche di accuse precise
contro Bompar, che non volle dare battaglia agli Inglesi per
impedire la capitolazione della Guadalupa e, nel complesso,
non si era rivelato all'altezza dei suoi compiti
nell'amministrazione delle isole, portando confusione,
allontanando i traffici e favorendo i suoi protetti che
occuparono, senza merito, i posti più importanti. Da qui i
frequenti conflitti tra Bompar e Cazotte e, infine, la decisione
di quest'ultimo di lasciare l'isola. Lo scrittore sottolinea, tra
l'altro, che gli Inglesi attaccarono la Guadalupa perché
potevano contare sul malcontento della popolazione,
sottoposta da parte francese a vessazioni e tirannie. Inoltre
prevede che le Antille cadranno, una dopo l'altra, sotto
l'influenza inglese per mancanza di forza e di volontà
difensiva. Così, infatti, accadrà e nel 1762 anche la
Martinica, dopo le altre isole, capitolerà.
Negli anni successivi furono presi diversi
provvedimenti nel senso auspicato da Cazotte ma egli, ormai
disilluso e in condizioni di salute aggravate (era malato di
scorbuto e la vista gli si era indebolita al punto da non poter
più redigere la corrispondenza) era ormai ritornato in Francia
- come abbiamo detto - e doveva innanzitutto fare giustizia
delle calunnie che erano state sparse sul suo conto e che
miravano a screditarne l'immagine professionale. Lo si
accusava, tra l'altro, di essersi arricchito mediante un traffico
di farina dello stato e di avere acquistato vasti possedimenti
11
in Francia. In realtà egli si trovava ancora in difficoltà
finanziarie e una parte dei suoi servizi nelle colonie non gli
era stata ancora pagata.
Quando chiese di ritirarsi dall'amministrazione il
ministro della Marina gli offrì di scegliere tra una pensione,
che Cazotte giudicò del tutto inadeguata ai suoi bisogni, e il
prestigioso grado di commissario della Marina. Cazotte optò
per quest'ultimo contando di ottenere una pensione di
parziale invalidità. Tuttavia, dopo dieci mesi dal suo rientro,
egli si era fisicamente ristabilito e intraprese una serie di
istanze affinché gli fosse di nuovo affidato un incarico attivo.
Fece ripetuti tentativi fino al 1776, ma sempre inutilmente:
non ottenne né la pensione d'invalidità né alcun nuovo
incarico.
12
1.2. Disavventure finanziarie, vita di campagna
e letteratura
Abbandonando la Martinica, Cazotte aveva
lasciato tutto ciò che possedeva nelle mani dei Gesuiti:
denaro, bestiame e schiavi erano stati venduti al Padre
Lavalette, noto e stimato religioso dell'isola che, dopo essersi
affermato come intelligente uomo d'affari e unico banchiere
della Martinica, aveva visto la sua stella declinare a seguito
della Guerra dei Sette Anni e si trovava ormai sull'orlo della
bancarotta. Cazotte ammirava in Lavalette l'idea di mettere la
ricchezza delle isole al servizio della fede, cioè vendere i
prodotti coloniali per mantenere le missioni e assicurare, così,
l'evangelizzazione dei negri e dei caraibici. Almeno
inizialmente non c'era niente, nelle attività del gesuita, che
andasse contro le leggi canoniche perché egli non faceva
altro che rivendere ciò che veniva prodotto. Ma poi il suo
spirito imprenditoriale andò ben oltre e Lavalette finì per
tacere ai suoi superiori molte iniziative che tendevano al
commercio puro e semplice, cosa che gli costò la denuncia al
ministro della Marina Rouillé e l'accusa di effettuare
operazioni commerciali contrarie alle leggi. Lavalette non
pagò Cazotte con denaro liquido ma gli firmò una cambiale
rimborsabile in Francia. Questo tipo di transazione era molto
frequente tra i viaggiatori francesi che ritornavano in patria; i
Gesuiti potevano acquisire beni per i quali non avevano sul
posto i fondi necessari e i privati non erano costretti a
trasformare ciò che possedevano in contanti, col rischio di
vederseli sottratti dai nemici durante la sempre rischiosa
traversata di ritorno. Arrivato in Francia, Cazotte presentò la
sua cambiale ai Gesuiti che si profusero in manifestazioni di
gratitudine. Tuttavia egli venne a sapere che diversi creditori
non erano stati rimborsati e si erano visti costretti a ricorrere
ai tribunali di commercio. Benché allarmato, Cazotte si limitò
a domandare rassicurazioni presso un Ordine per il quale
aveva sempre nutrito stima ed amicizia fin dai tempi del
collegio. Non ottenendo risultati, si rivolse infine alla
giustizia. Nel 1761, per sostenere la propria causa, pubblicò,
sotto il nome dei suoi avvocati, due pamphlets intitolati
rispettivamente Mémoire sur les demandes formées contre le
Général et la Société des Jesuites e Second Mémoire pour le
sieur Cazotte...contre le Général et la Société des Jésuites.
13
Nello stesso anno un decreto della Corte del Parlamento
condannò i Gesuiti a pagare i debiti contratti ma, per sfortuna
di Cazotte, questa condanna non venne mai eseguita perché
l'anno seguente il Parlamento di Parigi (seguito da altri
Parlamenti) soppresse la Società di Gesù e ne confiscò i beni
senza indennizzare i creditori. L'affaire Lavalette fu così per
Cazotte una vera catastrofe finanziaria.
C'è da dire, però, che nel 1760 lo scrittore aveva
ereditato dal fratello maggiore, il già menzionato canonico
Chrétien-Nicolas che morì in quell'anno, il vasto
possedimento di Pierry, paesino dello Champagne non
distante da Epernay. Col passare degli anni egli avrebbe
condotto una vita da grosso proprietario terriero e, in quella
che Mme d'Hautefeuille, autrice di un'opera memorialistica
intitolata La Famille Cazotte (1845), descrisse come “une
jolie demeure, ni château, ni chaumière”
8
, risalente al XIV
secolo, avrebbe vissuto tranquillamente fino alla
Rivoluzione, rispettato dagli abitanti del paese e amato per la
sua cortesia e generosità, ospitando spesso parenti ed amici,
tra i quali ricordiamo Jean-François Rameau - come
accennato all'inizio - e la marchesa de la Croix, di cui ci
occuperemo successivamente. A testimonaire del credito di
cui Cazotte godeva vi fu anche la nomina a maire di Pierry,
carica che lo scrittore ricoprì per alcuni anni mostrandosi
amministratore pieno d'iniziativa e di metodo, come ai tempi
in cui apparteneva alla Marina. Esistono atti e rapporti che
attestano la sua diligenza e la sua attitudine agli affari
municipali e, nota Trintzius, “son style était alors d'une
sécheresse toute objective et le poète fantastique s'effaçait
tout à fait derrière l'administrateur”
9
. La sua esperienza lo
rese ben consapevole dello stato miserabile in cui versavano
le campagne, per cui, se - come vedremo in seguito - la sua
opposizione alla Rivoluzione fu strenua, questo non può
essere certo imputato a miopia o ad uno spirito retrogrado.
8
Il passo è riportato da G. Décote, op. cit., p. 107.
9
R. Trintzius, op. cit., p. 165.
14
Nel 1761 Cazotte sposò Elisabeth Roignan,
conosciuta alla Martinica, figlia di un consigliere e
luogotenente del re a Fort-Royal. Essa portò un'atmosfera
esotica in casa Cazotte
10
, dove il passato coloniale era
evocato dalla presenza di una domestica di colore, da un
pappagallo bianco e da una pianta profumata posta nel
giardino. Mme Cazotte dette allo scrittore tre figli: Jacques
Scévole, le cui vicende ci sono note grazie ad una sua opera
autobiografica
11
; Simon-Henri, prima ufficiale in Poitou e in
seguito emigrato contro la volontà paterna; Elisabeth, di cui è
rimasto leggendario l'atteggiamento eroico al momento
dell'arresto del padre.
Non abbiamo documenti che ci informino sui
frequentatori del salon di Cazotte, ma sicuramente esso vide
più volte riuniti i rappresentanti della nobiltà locale e molte
personalità di spicco della corte: in un libro sull'argomento,
Le Salon de Cazotte à Pierry en 1784 (1890), Armand
Bourgeois, ricorda tra gli altri, ma senza citare alcuna fonte
precisa, Condorcet e Beaumarchais. Cazotte, pur risiedendo a
Pierry, soggiornava spesso a Parigi, cosa che gli permise di
entrare in relazione personale o letteraria con numerose
figure importanti del suo tempo. Tali relazioni dimostrano
come Cazotte non fosse uno scrittore isolato ma svolgesse
una parte attiva, seppur minore, nella vita sociale del periodo.
Possiamo qui di seguito ricordare alcuni scrittori con cui fu,
direttamente o indirettamente, in rapporto. Numerose lettere
indicano una stretta amicizia con Alexis Piron, il poeta
digionese autore della Métromanie, che sarà uno degli
estimatori di Cazotte, ma un legame molto confidenziale si
stabilì anche tra quest'ultimo e Fanny de Beauharnais, cui
forse lo avvicinavano affinità di temperamento. A lei Cazotte
dedicò due favole della sua raccolta (della quale parleremo
più avanti) ed essa lo elogiò nella sua Allégorie à M. de
Cazotte. Fu probabilmente a casa della Beauharnais che
Cazotte incontrò Rétif de la Bretonne, il quale afferma di
avere più volte cenato assieme a lui. La loro stretta relazione
10
E. P. Shaw, op. cit., p. 24, cita, traendolo sempre dall'opera di Mme d'Hautefeuille, il seguente
passo: “il y avait en elle cette grâce négligée et un peu nonchalante des créoles, avec un léger
accent qui donnait à son language un ton tout à la fois d'enfance et de caresse qui la rendait très
attrayante; [...] sa tête était entourèe de mousseline des Indes, tournée à la créole avec un grâce
infinie”.
11
L'opera in questione s'intitola Témoignage d'un royaliste e fu pubblicata a Parigi nel 1839.
15
è inoltre attestata da una questione di paternità letteraria: Les
Posthumes, benché opera di Rétif, furono originariamente
attribuite a Cazotte che le avrebbe affidate a Rétif - a quanto
questi afferma - affinché le pubblicasse sotto il suo nome.
Non è certo, invece, che Cazotte fosse in stretto contatto con
il drammaturgo Michel-Jean Sedaine, ma i due uomini di
lettere furono comunque indirettamente legati dall'opera
buffa Les Sabots che, come vedremo, deve essere attribuita
nella sua forma finale a Sedaine, ma che, in qualche misura,
vide anche la partecipazione di Cazotte, oltre che di Jean-
François Rameau. Con quest'ultimo, come già ricordato,
l'amicizia fu intima e duratura. L'eccentrico digionese, la cui
personalità fu resa celebre da Diderot, si fece conoscere a
Parigi soprattutto come personaggio spassoso e buffonesco,
ma fu incapace di guadagnarsi stabilmente da vivere e si
trovò spesso ridotto in miseria. Seguendo le orme dello zio
musicista, pubblicò nel 1756 le Nouvelles pièces de clavecin,
ma con scarso successo. Non riuscendo ad assestarsi
finanziariamente accettò così l'ospitalità di Cazotte con il
quale visse, anche se in modo discontinuo, dal 1764 fino al
termine della sua vita. Nel 1766 Rameau fece un altro inutile
tentativo per risollevarsi, stavolta in veste di letterato,
pubblicando il poema La Raméide; in quello che nella
corrispondenza tra Grimm et Diderot viene definito “le plus
étrange et le plus ridicule galimatias qu'on puisse lire”
12
, le
frasi più sinceramente affettuose sono riservate all'amico
Cazotte. Questi scrisse - e anche su questo torneremo - una
continuazione del poema per cercare di riempire un poco la
borsa di Rameau. Dobbiamo poi menzionare Voltaire anche
se, come nel caso di Sedaine, non è sicuro che Cazotte lo
abbia conosciuto personalmente. Anche qui bisogna
rimandare a quanto diremo più sotto e poi nel 2° capitolo
perché sono in questione alcune opere attribuite a Cazotte,
benché pubblicate sotto falso nome. Possiamo però dire che
l'atteggiamento dello scrittore nei confronti del celebre
philosophe fu caratterizzato da un misto di avversione e di
rispetto. Già nella Patte du chat Cazotte prendeva di mira
Voltaire, ma con misurata ironia e riconoscendogli un ruolo
12
Così si può leggere a p. 49 del già citato Jacques Cazotte di E. P. Shaw.
16
di primo piano
13
. Un'altro velato riferimento a Voltaire lo
troviamo nella favola Le Renard, colporteur, in cui si
sostiene che le persone caustiche sono pericolose per la
tranquillità della gente e che vanno sterminate cercando di
attaccare quella che tra loro è la più potente. Il più esplicito e
serio tentativo di discutere criticamente il Voltaire scrittore
da parte di Cazotte è, comunque, rappresentato dalla
Voltériade. Arriviamo infine a Rousseau, con cui l'unica
connessione letteraria è il già menzionato pamphlet sulla
musica francese, unica pubblicazione veramente aspra di
Cazotte. Tuttavia, avremo modo di vedere come nell'opera
narrativa di quest'ultimo l'influenza di Rousseau non potrà
non farsi sentire.
A Pierry Cazotte continuava a scrivere. Nel 1763
venne pubblicato Ollivier, un lungo poema in prosa in dodici
canti. Benché oggi sia caduto completamente nell'oblio, ebbe
un successo immediato e relativamente durevole, almeno fino
a tutto il XVIII secolo. Pur non essendo opera di primissimo
piano, Décote sostiene che, se esiste un testo di Cazotte che
merita, oltre al Diable amoureux, di essere conosciuto, questo
è Ollivier, anche se si tratta di un “curieux amalgame
littéraire”
14
, formato da quattro serie d'intrighi legati tra loro
piuttosto debolmente che finiscono per disorientare il lettore
per la mancanza di filo conduttore e di unità. Se si tiene conto
dei pregi e dei limiti di quest'opera, si può dire con Décote
che nel 1763
l'écrivain en est encore à chercher sa voie: la diversité des
themes et des situations presentées dans Ollivier, l'incapacité visible de
Cazotte à les unifier de manière cohérente, son parti pris de distanciation
nettement affiché par rapport à son oeuvre apparaissent comme autant de
signes d'une hésitation, d'une sorte d'instabilité, mais surtout d'une quête
quelque peu désordonnée d'un homme qui ressent le besoin d'écrire et
s'essaie à plusieurs genres sans découvrir encore sa véritable maniére.
15
13
E. P. Shaw, op. cit., p. 52, riporta il seguente passo tratto da La Patte due chat: “Un Camayeul
d'une grande considération, et qui méritait d'y être, avait ainsi mis la philosophie à la mode; c'était
un homme digne de donner le ton à son siècle, de ces génies rares que la nature n'enfante qu'avec
peine, et dont elle est longtemps à se remettre....Ce Camayeul avait en effet quelques idées un peu
trop bleues sur la philosophie, il voulait la faire entrer partout....”
14
G. Décote, op. cit., p. 117.
15
Ibidem, pp. 175-76.
17
Al periodo di Pierry appartengono anche altre
opere che, pur essendo minori, sono interessanti in quanto
mostrano la varietà d'ispirazione del narratore e la sua facilità
di scrittura. Nel 1764 Voltaire pubblicò sette contes en vers
sotto il nome fittizio di Guillaume Vadé; subito dopo apparve
un ulteriore poema narrativo, sempre sotto lo pseudonimo di
Vadé, La Brunette anglaise, di cui era però autore Cazotte
che lo inserì poi in Ollivier. Del 1766 è la Nouvelle Raméide,
che porta il nome di Jean-François Rameau e fu scritta da
Cazotte, come già visto, per attenuare in qualche modo il
fiasco della Raméide dello stesso Rameau. Sempre quell'anno
vede la composizione di un'opera buffa, Les Sabots, forse in
collaborazione ancora col nipote del compositore, ma che
abbiamo detto andò in scena due anni dopo profondamente
rimaneggiata dal drammaturgo Sedaine; a Cazotte resta
comunque il merito di essere all'origine del testo. Del 1767 è
poi il Septième Chant de la Guerre de Généve, seguito
apocrifo della Guérre civile de Généve di Voltaire: ancora
una felice imitazione che ingannò il pubblico parigino benché
il filosofo stesso vi apparisse come oggetto di satira. Sempre
nel 1767 Cazotte pubblicò una novella, Le Lord impromptu,
nouvelle romanesque che, per certi aspetti, appare come un
prolungamento degli scritti precedenti. In essa, infatti, diversi
racconti, pur essendo collegati alla carriera dell'eroe,
sembrano talvolta giustapposti, tal'altra inutili o troppo
sviluppati: una simile mancanza d'unità richiama in qualche
modo la struttura di Ollivier. Tuttavia, secondo Shaw, già
questo racconto “indicates greater literary maturity on the
part of the author”
16
.
Quando, nel 1768, Cazotte venne eletto membro
dell'Académie des Sciences et Belles-Lettres di Digione,
dedicò ai suoi concittadini una raccolta di sessanta Fables
imitate da La Fontaine. E' un'opera piuttosto pesante che
vuole rendere onore alla tradizione di un genere molto
popolare nella Francia del XVIII secolo, e che intende
riscattare i “capricci” dell'immaginazione con qualcosa di più
serio ed accademico.
Il Diable amoureux - e siamo così al 1772 - è
invece centrato su un unico episodio della vita del
protagonista, senza digressioni o racconti nel racconto. E'
16
E. P. Shaw, op. cit., p. 57.
18
quest'opera a segnare la fine dello smarrimento cui
accennavamo e il raggiungimento di un punto d'equilibrio, ed
è essenzialmente ad essa che Cazotte deve la sua fortuna
presso una parte del pubblico colto e la sua menzione,
peraltro spesso frettolosa, nei migliori manuali di letteratura.
Al lettore moderno il Diable sembra staccarsi
nettamente per originalità sia dal Lord sia dalle altre due
novelle scritte successivamente da Cazotte e alle quali tra
breve accenneremo. Tuttavia i contemporanei non ebbero la
stessa consapevolezza e, benché lo accogliessero con favore,
misero l'accento sul suo carattere di scherzo ingegnoso, di
divertimento leggero e fantasioso, lungi dall'essere sensibili
ad una qualche misteriosità della novella, come invece furono
i lettori di epoca romantica ed anche molti di quelli
successivi. Alla fortuna critica e ad altri aspetti dell'opera più
celebre di Cazotte, dedicheremo ampio spazio nel 3°
capitolo; qui ci limitiamo a rilevare come il Diable ebbe sì
un'influenza in Francia, ma non immediata. Continuando la
nostra carrellata sulla vita e le opere del narratore, arriviamo
al 1788, anno che vede la stesura delle due novelle che
abbiamo annunciato: L'Honneur perdu et recouvré, nouvelle
héroique e Rachel ou la belle Juive, nouvelle historique
espagnole. La prima è innanzitutto un racconto nel genere
troubadour più vicino ad Ollivier che al Diable. Esso offre
una reale unità ma trattiene a stento l'attenzione del lettore
perché fa difetto la verosimiglianza dello svolgimento e,
soprattutto, dello scioglimento dell'intreccio; inoltre ha un
intento troppo scopertamente didattico. La seconda, iniziata
nel 1778, presenta diverse analogie col Diable - come l'idea
centrale: la diffida dalle scienze occulte - ma finisce per
essere in alcuni momenti contraddittoria, priva di coerenza
interna al punto da non riconoscerci la mano sicura
dell'autore che, nel Diable, era riuscito a unire intimamente il
racconto e il suo senso allegorico senza che il lettore fosse
mai tentato di dissociarli, realizzando quel punto d'equilibrio
che resterà unico nella sua carriera di scrittore.