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lunghe ventiquattro ore e per l‟incredibile bellezze delle sue figlie.
Sommando tutte queste cose con una borsa di studio Erasmus vinta
in quel paese e la proposta di scrivere la tesi su quest‟argomento
ecco spiegate le mie motivazioni personali a comporre questa tesi.
La possibilità di fare ricerca nel paese che stavo studiando è stata
una ricchezza immensa, non passava giorno in cui non constatassi di
persona gli elementi che studiavo.
Proprio la ricerca sul posto, mi ha permesso di poter
approfondire meglio l‟argomento permettendomi di scoprire risvolti
e sfumature solitamente ignorate al di fuori del paese. Ricercando
sul posto mi sono reso conto che una grossa parte della produzione
politologica degli autori svedesi non viene tradotta in altre lingue, se
non in norvegese ed in danese, rimanendo chiusa all‟interno del
mercato scandinavo, con l‟unica eccezione della rivista “SPS”,
Scandinavian Policy Studies, pubblicata sia nelle lingue scandinave,
sia in inglese. Essendo però una pubblicazione molto settoriale è
molto difficile da reperire in Italia e l‟accesso a questa fonte dalla
biblioteca della Mittuniversitet è stata molto utile ai fini di questa
tesi . Gli articoli di questa rivista sono però focalizzati su argomenti
ben definiti e non sull‟integrazione europea in generale, per cui il
suo studio è stato utile solo per una comprensione dei singoli
avvenimenti.
Vera miniera d‟informazioni è stato l‟accesso agli archivi dei
due principali quotidiani svedesi: lo Svenska Dagbladet ed il
Dagens Nyheter. I due quotidiani hanno infatti dato grande risalto
all‟integrazione ed al suo processo nel tempo e gli articoli dei loro
giornalisti sono stati utili sia come cronaca che come fonte di
opinioni. Per quanto la home page dei siti di questi giornali abbia
una “english version” gli articoli sono in svedese e senza
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traduzione, quindi ristretti al mercato svedese come molti altri testi.
Per questo e per quanto detto prima la mia, anche se misera,
conoscenza della lingua svedese imparata in Erasmus mi ha aiutato
molto, perlomeno a capire i concetti in generale, per uno studio più
chiaro ed approfondito, per alcuni articoli e parti di libri veramente
difficili da tradurre, posso solo ringraziare alcuni amici ed amiche
svedesi o finlandesi che mi aiutavano nella traduzione.
Nell‟analizzare gli avvenimenti ho dato principalmente un taglio
storico, la tesi infatti ricostruisce gli avvenimenti che hanno
modificato lo status internazionale del paese passato da una
condizione di fiera neutralità all‟adesione. L‟intento della tesi infatti
è proprio quello di spiegare questa inversione di rotta, ma non solo
come inversione politica, ma anche come radicale cambiamento
della coscienza comune circa tutto ciò che esiste al di fuori del paese
. L‟opinione pubblica svedese infatti, fin dai tempi di Erlander, è
sempre stata molto euro-scettica e, per quanto molto interessata ed
informata alle vicende internazionali, le ha sempre guardate dal di
fuori, contenta del suo non farne parte. Il lavoro dello statista volto a
creare il famoso stato sociale prevedeva anche la ferrea neutralità in
politica estera e gli ottimi risultati sia in politica interna che quella
estera ottenuti con le idee di Erlander, hanno contribuito a radicarle
nella cultura del paese rendendole quasi un patrimonio pubblico. Per
quanto nel paese ci siano anche forze liberali che hanno anche
governato per brevi periodi (pochi mesi nel 1936; sei anni dal 1976
al 1982; e tre anni dal 1991 al 1994), e governano dal 17 settembre
del 2006 ad oggi, le loro politiche d‟ispirazione tatcheriana o
reganiana e di apertura all‟Europa e al resto del mondo, hanno
sempre dovuto scontrarsi con i sindacati ed un larga parte della
popolazione radicata a quei valori. Anche per questo l‟adesione fu
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avvenimento storico e per certi versi inaspettato.
Largo spazio nella tesi verrà dato anche alla figura di Carlsson,
molto più rispetto agli altri primi ministri coinvolti con
l‟integrazione europea, per il suo ruolo chiave nell‟ingresso e per il
suo decisionismo in alcuni momenti. Sicuramente anche grandi
personaggi della storia politica svedese come Palme o Erlander
hanno influito sull‟evoluzione del paese, ma Ingvar Carlsson fu
l‟uomo giusto al posto giusto per la causa europeista.
Ad una prima impressione di un osservatore poco preparato
potrebbe sembrare che è stato posto maggiore interesse a
determinati momenti storici piuttosto che ad altri. La scelta di
approfondire alcuni periodi è dovuta, oltre che per un particolare
interesse storico-politco, anche per la qualità degli elementi e delle
fonti trovate: come detto prima la vera difficoltà nello scrivere una
tesi di questo tipo è stata la ricerca delle fonti e ho ritenuto più
intellettualmente interessante soffermarmi su quei particolari
sconosciuti ai “non scandinavi” ed a quelli che non comprendono
quelle lingue.
Nella ricostruzione degli eventi è stato dato un implicito risalto
alle connotazioni culturali del paese. Spesso la storia ci ha mostrato
come la cultura della popolazione influisce sulla politica interna
degli stati, meno spesso le politiche estere. Nel caso specifico
dell‟ingresso della Svezia nell‟Unione Europea e successivamente
nel suo rifiuto alla moneta unica. Il grande peso della cultura,
tipicamente nordica, del paese ha influito non solo perché queste
importanti svolte sono state intraprese in seguito a referendum, ma
anche perché determinati valori, come per esempio la neutralità,
erano così radicati nel paese da impedire a molte classi politiche di
intervenire in merito. Nell‟analizzare la cultura del paese si deve
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fare però attenzione a non vederla come un blocco immobile che
vale per tutto il paese. Sicuramente alcune connotazioni culturali
sono tipiche per tutti gli svedesi, ma bisogna fare delle distinzioni
importanti fra le varie zone del paese. Il caso svedese per esempio
vede il paese spaccato in due entità: da un lato il sud in cui vive la
stragrande maggioranza della popolazione e dove risiedono le
maggiori industrie del paese, ed il freddo e sconfinato centro-nord,
dove la densità di popolazione è bassissima, quasi otto persone per
chilometro quadrato, e il rigido clima lappone crea non pochi alla
creazione di insediamenti industriali. Molto diverso, oltre il settore
industriale è anche quello agricolo: ovviamente le gelide
temperature dell‟inverno lappone non facilitano il proliferarsi di
questo tipo di attività.
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Gli abitanti di queste zone si considerano molto diversi da quelli
di Malmoe o Stoccolma, e le loro inclinazioni di voto sono diverse.
Questo aspetto dell‟integrazione europea del paese scandinavo sarà
analizzata a più riprese nel corso di tutta la tesi.
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Capitolo I
La Svezia e l‟Europa prima dell‟adesione
Era il 18 aprile 1951 quando, con il trattato di Parigi, nasceva la
CECA (Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio), da quel
momento in poi sarebbe iniziato il cammino di integrazione fra gli
stati europei. Cammino fatto di accordi e di gravi rotture fra stati,
ma per capire bene le ragioni che portarono a quell‟accordo bisogna
analizzare la situazione storica del momento. L‟Europa usciva dal
secondo conflitto mondiale, Francia, Germania ed Italia avevano
ancora le cicatrici della guerra, le industrie erano ferme e le
infrastrutture da ricostruire; non vale lo stesso discorso per la
Svezia. Il paese scandinavo infatti non aveva combattuto la guerra, il
suo popolo non pativa la fame e le sue industrie erano attive come
prima, pronte a trarre il maggior guadagno possibile dalle situazione
europea. La situazione globale che si andava delineando non era
proprio delle più rosee per un piccolo paese: il mondo andava
dividendosi nei due grandi blocchi che facevano capo alle due
superpotenze mondiali, URSS e USA. La Svezia decise allora di
rinforzare la sua politica di neutralità non schierandosi, non
aderendo alla NATO nonostante la pericolosa vicinanza russa.
Obbedendo alla sua neutralità non aderì alla CECA e tanto meno
alla CEE vedendole come un peso e non una opportunità. Scelse
invece di aderire al piano Marshall e grazie ad esso diede nuovo
vigore alle sue industrie, e aderì pienamente alle Nazioni Unite,
come aveva fatto precedentemente con Società delle Nazioni; da
queste scelte già si può intuire quanto valore abbia avuto nella storia
per i governi di Stoccolma la neutralità e la piena indipendenza in
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campo internazionale. Nell‟immediato periodo post-bellico iniziò un
periodo di crescita economica chiamato “Skördetiden”1
caratterizzato anche da un gran numero di riforme sociali. Sono gli
anni in cui il “ Socialdemokratiska Arbetare Parti “ (SAP), il partito
social democratico, inizia a proporsi come il partito riformista che
governerà, quasi ininterrottamente, fino ad oggi. La prima iniziativa
internazionale, come già detto, portata avanti dalla Svezia fu
l‟adesione al piano Marshall nel 1947 e successivamente all‟OECE
nel 1948: ricevette infatti 118 milioni di dollari in un periodo di tre
anni, a patto che aderisse all‟embargo verso i paesi dell‟Est. È da
sottolineare che nel 1946 la Svezia aveva esportato una grande
quantità di merci in Unione Sovietica e l‟occidente non aveva
apprezzato. Con la sospensione dei traffici verso est e con la non
adesione all‟organizzazione internazionale che gestiva l‟embargo il
paese dichiarava la sua neutralità nello scontro fra le super potenze.
Nel 1949 il paese venne formalmente invitato alla formazione del
Consiglio D‟Europa e successivamente alla formazione della CECA,
ma rifiutò entrambe in quanto voleva mantenere la più completa
indipendenza nella decisioni di politica estera. Era più interessata
infatti ad accordi economici che potessero portare beneficio alla
proprio economia che in quegli anni ebbe un notevole sviluppo,
intorno al 4-5 % di aumento annuo del PIL, piuttosto che legami che
potessero ostacolare la sua libertà di manovra nella politica
internazionale.
La scelta di astenersi dall‟entrata nella CECA fu molto discussa
poiché l‟industria siderurgica era fra le più importanti realtà
1Traducendo letteralmente è il periodo della vendemmia in cui si
raccolgono i grappoli d‟uva.
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industriali in quel momento storico. Ma il vero problema per
l‟integrazione europea del paese scandinavo era la strada che i paesi
europei stavano prendendo in quel periodo: si iniziava a parlare di
politica di difesa comune, principio a dir poco inconciliabile con la
politica estera svedese, tanto che ad un meeting con il Consiglio
D‟Europa Dag Hammarkjöld, il rappresentante svedese, dichiarò
che qualora il concilio avesse deciso di prendere questa strada la
Svezia si sarebbe vista costretta a dissociarsi dall‟organizzazione
europea. La situazione d‟attrito si risolse definitivamente quando
nel 1954 il parlamento francese rifiutò l‟adesione transalpina alla
CED (comunità di difesa europea) affossando questo principio ed
escludendolo per decenni dalle agende internazionali. In questo
“scontro” politico con le istituzioni europee il paese scandinavo
trovò un ottimo alleato: la Gran Bretagna. Gli inglesi infatti, come
gli svedesi, erano poco propensi ad integrazioni di tipo politico,
preferendo a quest‟ultime accordi economici come la proposta della
Wider Free Trade Area (WFTA). L‟idea era quella di creare un
accordo fra gli stati già facenti parti della comunità europea ed altri
stati al di fuori che non volevano o non potevano farne parte per una
riduzione delle barriere commerciali. Le istituzioni europee allora
erano ancora ancorate ad idee federaliste di integrazione e nel 1958
gli stati fuori dalla comunità decisero di andare oltre accordandosi
fra di loro. Nacque così, da un accordo firmato durante la
convenzione di Stoccolma il 4 gennaio 1960, fra Svezia, Gran
Bretagna, Norvegia Danimarca, Austria e Svizzera l‟EFTA
(European Free Trade Association). Era questa un‟aera di libero
scambio di cui la Svezia farà parte fino al 1995, data del suo
ingresso nell‟Unione Europea. L‟evoluzione di questa associazione,
che stabiliva la liberalizzazione dei commerci fra gli stati membri,
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fu fortemente legata al processo d‟integrazione dell‟unione europea.
Molti stati infatti ne uscirono per entrare nella CEE: Regno Unito e
Danimarca nel 1972, Portogallo nel 1985, Svezia, Austria e
Finlandia (che era entrata nel 1986) nel 19952.
Ma l‟attività della diplomazia svedese non si fermò all‟EFTA,
infatti in quegli anni il governo di Stoccolma si avvicinò agli altri
stati nordici promuovendo un‟alleanza difensiva chiamata “Nordic
Council”. Nata come un‟alleanza militare di basso profilo non
paragonabile alla NATO, fu considerata un‟organizzazione
internazionale di stati sovrani. Questa prevedeva frequenti forum di
discussione fra gli stati membri circa le questioni di politica estera
che non andarono mai oltre ad accordi all‟unanimità, che vedeva
però la Svezia in una posizione predominante che le permise
un„esportazione della politica della neutralità ai “cugini“ norvegesi
e danesi3. Lo storico Bo Stråth, parlando di quest‟accordo sostiene
che la cooperazione fra gli stati nordici non era per i governi
nazionali un obbiettivo cardine della propria politica estera, ma
semplicemente un mezzo per estendere le proprie politiche nazionali
a livello internazionale4.
La collaborazione in seno al Nordic Council proseguì senza
troppe frizioni, anche a causa del fatto che non erano molte le
questioni in discussione e che per ogni decisione valeva la regola
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Malmborg, af M & Laursen, J, 1995. „The Creation of EFTA’, in Olesen,
T B (ed.), Interdependence versus Integration. Danemark, Scandinavia
and European Integration: 1945-1960. Odense: Odense University Press.
3G. Nielsson, 1990, “the Parallel National Action Progress: Scandinavian
Experiences” , London: Printer Publishers.
4B. Stråth, 1980, “The Illusory nordic altarnative to Europe”, Cooperation
and Conflict.
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dell‟unanimità; discorso a parte si deve fare per l‟EFTA. Già verso
la fine degli anni cinquanta si percepiva una pericolosa diversità di
trattamento all‟interno dell‟area con gli inglesi in posizione di netta
superiorità rispetto agli altri alleati. Nel 1960 il governo inglese
annunciò l‟intenzione di aderire alla CECA ed all‟Euratom, e nel
maggio 1961 il Primo ministro Macmillan annunciò la richiesta di
adesione alla CEE; subito dopo l‟annuncio sia il governo danese che
quello norvegese dichiararono di voler seguire l‟esempio inglese. La
Svezia si ritrovava quindi isolata e stava per essere abbandonata da
tre dei suoi principali partner economici: iniziò allora un dibattito
interno circa la possibilità di entrare nella comunità europea. Erano
anni quelli di importante sviluppo nel paese scandinavo: il SAP
all‟inizio degli anni sessanta aveva avuto importanti vittorie
politiche come la riforma del sistema pensionistico e la conquista
della maggioranza dei governi delle municipalità, mentre il PIL
cresceva di circa il 5% annuo. Per quanto il rischio di isolamento
fosse reale e possibilmente dannoso per le esportazioni svedesi, il
sistema economico era comunque solido e diversificato, nonostante
la tradizionale neutralità aveva tenuto lontano il paese scandinavo da
possibili pressioni da parte di altri stati. Lo stesso non si poteva dire
per la Danimarca, che in caso di isolamento internazionale avrebbe
avuto seri problemi economici. La Gran Bretagna in questo contesto
era un caso a parte. La sua economia era solida e non c‟era il
pericolo di un isolamento, era però pesantemente spinta dalla
superpotenza statunitense all‟ingresso nella comunità europea. La
situazione era comunque delicata, ed il primo ministro Tage
Erlander, come scrive nelle sue memorie5, nell‟estate dal 1961 iniziò
5T. Erlander, 1982. 1960-Talet-Samtal med Arvid Lagerkrantz.
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a chiedere consiglio ad altri capi di stato e ministri degli esteri
europei come Paul-Henri Spaak e Walter Hallstein, in ma la svolta
si ebbe quando il ministro degli esteri austriaco Bruno Kreisky,
interruppe le sue vacanze per recarsi a Stoccolma a convincere
Erlander della svolta europeistica6. La situazione però non era
ancora chiara e le opposizioni sollevavano molti dubbi sugli effettivi
vantaggi per la Svezia nell‟ingresso nella comunità come per
esempio che la perdita della totale indipendenza in materia
economica potesse minare lo stato sociale svedese e soprattutto il
venir meno ad un politica estera basata sulla completa neutralità. La
CEE era vista in quegli anni come il lato economico della NATO e
quindi nella scelta europeistica si vedeva un avvicinamento agli
Stati Uniti. Tutti i dubbi circa le intenzioni del governo vennero
spazzati via con il “Metal Speech”, un discorso fatto il 22 agosto del
1961 dal primo ministro Erlander al congresso del sindacato dei
lavoratori dell‟industria siderurgica, scritto a sei mani dallo stesso
Erlander, l‟ambasciatore Sverker Åström e l‟assistente del primo
ministro e futuro capo del governo Olof Palme7. Nel discorso si
aprivano le porte ad un futuro ingresso nella CEE, e, rispondendo
alle opposizioni, si intendeva difendere sempre e comunque il valore
della neutralità e impegnandosi sempre più nella costruzione e nel
miglioramento dello stato sociale. E‟ necessario sottolineare
l‟importanza storica di questo discorso. Il “Metal Speech”
Stockholm: Tidens Förlag.
6Hadenius, S, 1995. Svensk politik under 1990-talet. Konflikt och
Samforstånd. Stockholm: Tiden.
7O. Ruin, 1986. I Välfärdsstatens tjänst. Tage Eralnder 1945-1969.
Stockholm: Tidens Förlag.