Cap.1 Il particolato atmosferico
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Fig. 1.1 Distribuzione del numero di particelle e del loro volume in funzione del diametro
aerodinamico. (www.ausl.mo.it)
E’ convenzione suddividere il particolato atmosferico in funzione del diametro
aerodinamico nelle seguenti frazioni:
• Ultrafine (moda dei nuclei di Aitken): caratterizzata da particelle aventi diametro
aerodinamico compreso tra 0.01 e 0.1 µm; generalmente le particelle sono i
prodotti di una nucleazione omogenea di vapori sovrassaturi (SO
2
, NH
3
, NO
X
e
prodotti della combustione);
• Fine (moda di accumulo): caratterizzata da particelle aventi diametro
aerodinamico compreso tra 0.1 e 2.5 µm; la formazione generalmente avviene
seguendo due possibili vie:
- La prima caratterizzata da un possibile coagulo di particelle ultrafini
attraverso processi di nucleazione eterogenea o di conversione gas-
particelle;
- La seconda caratterizzata dalla condensazione di gas su particelle
preesistenti nella moda di accumulo.
La crescita oltre questa dimensione è lenta perché più grande è la particella, più
lento è il suo movimento e meno probabile il suo incontro e la sua coagulazione
con particelle di dimensioni simili; inoltre il rapporto massa/superficie di particelle
grandi è minore rispetto a quelle più piccole. Le particelle della moda di accumulo
Cap.1 Il particolato atmosferico
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si formano anche quando evapora l’acqua delle goccioline contenenti sostanze
solide disciolte. I principali componenti di queste particelle sono solfati, solfuri,
nitrati, lo ione ammonio, carbonio organico ed elementare, ma anche particelle
biologiche quali lieviti, batteri ecc.
• Grossolana (moda grossolana): caratterizzata da particelle con diametro
aerodinamico maggiore di 2.5µm. Tale moda è sostanzialmente costituita dai
prodotti scaturiti da processi meccanici (erosione meccanica, erosione eolica,
disgregazione meccanica delle particelle del terreno) ed è quindi composta da
elementi presenti nel suolo e nei sali marini. È bene specificare che le particelle con
diametro superiore ad alcuni micron sono in numero decisamente minore in quanto
il processo sedimentativo assume importanza rilevante. Secondo la legge di Stokes
la velocità, espressa come distanza percorsa per secondo, aumenta con il quadrato
del diametro (una particella con un diametro pari alla metà di quello di un'altra
particella si deposita quattro volte più lentamente).
La seguente figura (Fig. 1.2) rappresenta uno schema riassuntivo della composizione
multimodale del particolato, associata alle sorgenti.
Fig. 1.2 Schema della composizione
multimodale del particolato atmosferico
(www.ausl.mo.it)
Cap.1 Il particolato atmosferico
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A supporto di quando già anticipato nella descrizione della moda grossolana, vorrei porre
l’attenzione sulla quantità di particelle presenti in atmosfera. Le particelle fini con
diametro aerodinamico < 1 µm hanno una concentrazione in atmosfera compresa tra 10 e
10.000 particelle/cm
3
; quelle che superano 1 µm di diametro hanno una concentrazione
minore di 10 particelle/cm
3
.
Un'altra classificazione, altrettanto utile, del particolato è basata sull’analisi del suo
processo di generazione. È possibile suddividere i processi di formazione in due grandi
categorie a seconda che l’origine del particolato sia riconducibile direttamente alla fonte di
emissione, oppure sia riconducibile ad una trasformazione avvenuta in tempi posteriori alla
sua emissione.
Il particolato si definisce come primario qualora sia costituito da particelle emesse come
tali dalle sorgenti naturali o antropogeniche; come secondario qualora si formi a seguito di
una serie di processi chimici e/o fisici in atmosfera.
È inoltre possibile distinguere il particolato considerando la fonte di emissione e quindi
classificarlo come naturale o antropogenico. In generale si può affermare che la
composizione del PM è molto variabile e dipende da molti fattori che includono sorgenti,
condizioni climatiche, situazione topografica ecc. Qui di seguito è riportata una tabella
riassuntiva (Fig. 1.3) del particolato in funzione della combinazione delle classificazioni
precedentemente citate.
Fig. 1.3 Le sorgenti del particolato atmosferico (www.apat.gov.it)
Cap.1 Il particolato atmosferico
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Si stima che ogni giorno vengano immesse nell’aria circa 10 milioni di tonnellate di
particolato. Di queste, le particelle grossolane sono dovute soprattutto a fenomeni naturali,
mentre quelle più fini derivano per lo più da attività antropiche.
Il particolato fine primario di origine antropica comprende le particelle prodotte dall’usura
degli pneumatici e dei freni, dalla combustione incompleta dei combustibili fossili
(carbone, benzine, gasolio) ecc. Poiché il particolato fine si forma principalmente
attraverso reazioni chimiche tra sostanze gassose e dalla coagulazione di sostanze ancora
più piccole, è spesso classificato come particolato secondario.
Il contenuto medio di sostanza organica delle particelle fini è generalmente maggiore di
quello delle particelle grossolane. In aree come Los Angeles,
2
circa la metà dei composti
organici presenti nella fase particolato è dovuta a reazioni fra i VOC e gli NO
x
. Si tratta di
idrocarburi parzialmente ossidati, con gruppi funzionali che rendono i composti meno
volatili e quindi meno propensi alla ripartizione in fase gas. Gli idrocarburi aromatici con
almeno sette atomi di carbonio sono anch’essi in grado di costituire aerosol (ad es. il
toluene). Al contrario, gli idrocarburi con meno di sette atomi di carbonio generano
prodotti di ossidazione con pressioni di vapore tali da consentire una ripartizione completa
in fase vapore.
3
Altre particelle fini sospese in atmosfera sono costituite da composti inorganici dello zolfo
e dell’azoto. Una gran parte dello zolfo atmosferico è dovuto alle emissioni di
dimetilsolfuro, (CH
3
)
2
S, e di disolfuro di carbonio, CS
2
, provenienti dagli oceani e dalla
combustione della biomassa; vi è inoltre il biossido di zolfo, SO
2
, emesso dai vulcani e
dalle centrali termoelettriche. L’evoluzione di tali molecole in un contesto ossidativo,
quale è l’atmosfera, porta alla formazione di composti solforati come il solfuro di carbonile
COS, lo ione solfato SO
4
2-
e gli ossidi di zolfo SO
x
. Le specie che si formano in maggiore
quantità per ossidazione dei composti solforati sono l’acido solforico H
2
SO
4
e gli ioni
solfato SO
4
2-
L’acido solforico tende a spostarsi nell’aria non come gas ma come aerosol,
a causa della sua grande affinità per le molecole d’acqua.
Un altro componente acido inorganico presente in atmosfera è l’acido nitrico, HNO
3
,
prodotto dall’ossidazione di NO
x
ed NH
3
. Rispetto all’acido solforico ha minore tendenza a
ripartirsi in fase liquida, prediligendo quindi la fase gas. Entrambi gli acidi inorganici
Cap.1 Il particolato atmosferico
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tendono a reagire con i composti basici presenti in troposfera (principalmente NH
3
),
producendo solfati e nitrati di ammonio (1.1).
4243
2
42
)(
)()(
SONHNHSOH
gaq
→+
1.1
Riassumendo, gli ioni predominanti nel particolato sono i solfati, gli idrogenosolfati, i
nitrati e lo ione ammonio. Se la componente contenente zolfo è presente in grande quantità
il particolato assume il nome di aerosol solfato.
1
Le emissioni di biossido di zolfo nell’area
europea e nord americana sono controllate attentamente al fine di diminuire l’acidità delle
piogge; al contrario, paesi emergenti come India e Cina non sembrano preoccuparsi di tali
emissioni e la quantità di aerosol solfato sarà di conseguenza destinata ad aumentare. È
possibile, tramite un bilancio di massa, stimare il contributo di aerosol solfato di origine
naturale. In tabella (Fig. 1.4) sono riportati i contributi antropogenici, vulcanici e biogenici
alle emissioni contenenti zolfo.
Fonte
Emissioni totali di zolfo
[Teragrammi di zolfo per anno]
(media, intervallo)
Contributo alle
emissioni [%]
Contributo alla
presenza di zolfo
totale [%]
Antropogenica 70 (60 - 100) 70 37
Vulcanica 7 (4 - 16) 7 18
Biogenica 22 (15 - 50) 23 42
Fig. 1.4 Contributi antropogenici, vulcanici e biogenici alle emissioni di zolfo
Oggi i composti antropogenici dello zolfo superano quelli naturali. Nonostante questo, la
maggior parte dello zolfo presente in aria è riconducibile al dimetilsolfuro (DMS, marker
delle emissioni biogeniche), poiché questo gas ed i suoi prodotti di ossidazione
permangono in atmosfera più a lungo rispetto alle emissioni antropogeniche. Il 90% delle
emissioni biogeniche provengono dal DMS marino.
Il cammino ossidativo del DMS sarà affrontato in modo più approfondito nei successivi
paragrafi, trattandosi del principale precursore dell’acido metansolfonico, MSA,
composto studiato in questo lavoro di tesi.
A livello globale, le masse di particolato prodotte per cause naturali sono preponderanti
(circa il 94%) rispetto a quelle prodotte dalle attività umane. Le sorgenti antropiche sono
Cap.1 Il particolato atmosferico
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tuttavia in grado di immettere in atmosfera una maggiore quantità di particelle contenenti
sostanze tossicologicamente rilevanti per la salute e per l’ambiente. Inoltre tali sorgenti
tendono a concentrarsi spazialmente, cioè rendono alcune zone maggiormente a rischio
rispetto ad altre: ne sono un tipico esempio i centri urbani ed industriali. Molti studi
provano, infatti, che la concentrazione tipica di particelle antropogeniche presente in
un’atmosfera urbana può rappresentare un serio rischio per la salute dell’uomo.
4
1.2 Gli effetti del particolato
Tra i componenti dell’atmosfera, il particolato è unico nella sua complessità; la sua natura
eterogenea, multimodale e multifasica lo rende un protagonista dell’inquinamento sia
locale, sia globale. Queste caratteristiche rendono il particolato oggetto di numerosi studi,
in particolare sul ruolo che questo componente svolge in atmosfera.
Nei paragrafi successivi si introducono, seppure in modo non approfondito, i principali
effetti del particolato sull’ambiente locale e globale.
1.2.1 Effetti sul clima
Il particolato è responsabile di importanti effetti a livello globale dovuti alla sua
propensione a variare l’albedo terrestre. La variazione dell’albedo è determinata da effetti
diretti ed indiretti:
• Un’elevata concentrazione di particolato sospeso è in grado di fungere da schermo
nei confronti della radiazione solare. La capacità del particolato atmosferico di
riflettere e/o assorbire la radiazione solare è funzione delle dimensioni, della natura
delle particelle che lo compongono e della lunghezza d’onda della radiazione. Il
particolato ha un importante ruolo nel bilancio energetico terrestre, influenzando la
percentuale di radiazione riflessa (backscattering) verso lo spazio rispetto a quella
assorbita. Le particelle sospese in atmosfera creano quindi una sorta di strato di
protezione e di schermatura dalla radiazione solare. L’aerosol riflette la radiazione
solare, in particolare se contiene solfato, introducendo un effetto di raffreddamento
(effetto Pinatubo, dal nome del vulcano responsabile di una famosa eruzione
esplosiva) che sembra controbilanciare il 20-40% del radiative forcing dovuto ai
gas serra antropogenici. Al contrario, particolati ricchi in carbonio elementare o
nerofumo possono assorbire radiazione, esercitando un radiative forcing positivo
Cap.1 Il particolato atmosferico
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sull’ambiente e contribuendo all’incremento dell’effetto serra. Tale effetto è
incrementato qualora si abbia una forte variazione dell’albedo dovuta ad esempio
alla deposizione di particolato di colore scuro su superfici bianche (es. deposizione
di particolato carbonioso su terreni innevati).
• Le particelle sospese costituiscono nuclei di condensazione per le nuvole,
aumentandone la probabilità di formazione.
5
Tale effetto indiretto attualmente è
ancora poco compreso. Sono infatti numerose le variabili da tenere in
considerazione per lo studio dell’influenza della formazione di nuvole sul bilancio
energetico terrestre. Se infatti da un lato le nuvole riflettono molto bene la
radiazione solare (a seconda della categoria di nuvola l’albedo varia da 0.2 a 0.7),
contribuendo così con un effetto di radiative forcing negativo al clima, dall’altro
assorbono la radiazione IR proveniente dalla Terra, incrementando l’effetto serra
(radiative forcing positivo).
Il particolato svolge anche un ruolo su alcuni processi stratosferici, quali la formazione e la
distruzione dell’ozono attraverso reazioni che coinvolgono catalizzatori quali i radicali Cl•
HO• e HOO•. La presenza di particelle solide sospese in atmosfera, generalmente presenti
nelle nuvole (PSCs, Polar Stratosferic Clouds), fornisce una superficie catalitica
finalizzata alla catalisi eterogenea di alcuni composti in fase gas, i quali prendono parte ai
cicli di distruzione dell’ozono.
6,7
1.2.2 Effetti sui suoli, sulla vegetazione e sul patrimonio artistico-architettonico
1
Generalmente il particolato rimane sospeso in atmosfera per un tempo definito, funzione
della dimensione delle particelle, della loro concentrazione e delle condizioni atmosferiche.
Le particelle sospese, a seconda delle loro dimensioni, prendono prima o poi parte ad un
processo di deposizione secca o umida ripartendosi così anche nella litosfera e
nell’idrosfera. Fra i principali recettori compaiono gli ambienti acquatici, la vegetazione e
le opere artistiche-architettoniche.
Il complesso sistema del particolato atmosferico è uno dei responsabili dei processi di
acidificazione ed eutrofizzazione degli ambienti terrestri ed acquatici, a seguito di
deposizione secca o umida di acidi (H
2
SO
4
, HNO
3,
acidi organici) e sali (NO
3
-
).
L’acidificazione dei suoli, e quindi la variazione di pH, porta ad uno spostamento degli
equilibri di adsorbimento/rilascio dei cationi in essi ritenuti, causando un impoverimento
del suolo. È bene specificare che l’entità del rilascio dei cationi varia da suolo a suolo, a
Cap.1 Il particolato atmosferico
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seconda delle caratteristiche del sistema stesso, in primis le proprietà di tampone
acido/base e tampone redox del terreno.
L’acidificazione dei suoli può portare comunque al rilascio di cationi quali ad esempio
l’alluminio (fitotossico), provocando seri danni alle piante ed alle varie forme di vita
acquatica. Gli effetti sulla vegetazione possono anche essere di tipo diretto, qualora gli
organismi vegetali entrino direttamente in contatto con deposizione umide acide ed
ossidanti, con conseguente danneggiamento dei tessuti vegetali. Gli effetti del particolato
sugli ambienti acquatici sono strettamente collegati a quelli precedentemente citati sui
suoli, essendo questi due sistemi a contatto (dilavamento, percolazione in falda ecc.).
Il clima e l’inquinamento atmosferico, interagendo tra loro, degradano il patrimonio
artistico ed architettonico. L’entità del degrado è funzione della composizione del
particolato, del clima, dell’umidità relativa, del materiale dell’opera e così via. Un primo
danno estetico è causato dall’annerimento dei materiali, dovuto alla sedimentazione del
particolato che funge da serbatoio di acidi provocando corrosioni. Il particolato, inoltre,
danneggia i circuiti elettrici ed elettronici, insudicia gli edifici e le opere d’arte e riduce la
durata dei tessuti.
1.2.3 Effetti sulla visibilità
La visibilità è definita come la più grande distanza, in una certa direzione, alla quale è
visto e identificato un oggetto scuro alla luce del giorno, o una fonte di luce non
focalizzata di notte.
8
Particelle di dimensioni dell’ordine della lunghezza d’onda della radiazione incidente (in
questo caso del visibile) danno luogo a fenomeni di riflessione e diffrazione, diminuendo
così la visibilità atmosferica.
1.2.4 Effetti sul microclima
1
Il particolato presente in città di grandi dimensioni può ridurre anche di più del 15%
l’irradianza solare che raggiunge il suolo. L’effetto è evidente soprattutto quando il sole è
basso sull’orizzonte, perché il cammino percorso dalla luce attraverso l’aria inquinata
aumenta al ridursi dell’altezza del Sole. Quindi, per una data concentrazione di particolato
in atmosfera, l’energia solare sarà ridotta in modo più intenso in città poste ad alte
latitudini e nei periodi invernali. Ovviamente il fenomeno non implica una diminuzione
Cap.1 Il particolato atmosferico
- 10 -
della temperatura proporzionale alla grandezza del centro abitato. La copertura del terreno
con materiali artificiali (cemento, asfalto ecc.) e la presenza di fonti termiche causano di
solito un’isola di calore in concomitanza dei grandi centri urbani
Le nubi e le nebbie nelle grandi città si formano frequentemente, nonostante l’umidità
relativa sia più bassa del 2-8% rispetto alle zone rurali circostanti, grazie alle attività
antropogeniche che producono grandi quantità di particelle che fungono da nuclei di
condensazione. Quando i nuclei igroscopici sono presenti in numero sufficiente il vapor
d’acqua condensa velocemente su di essi, anche in condizioni di lieve sottosaturazione,
determinando così un aumento delle precipitazioni in contesti urbani a causa del particolato
atmosferico.
1.2.5 Effetti sulla salute umana
Numerosi studi collocano il particolato atmosferico fra i principali fattori di rischio per la
salute. Tutta la popolazione è soggetta all’esposizione ad inquinamento atmosferico poiché
è inevitabile inalare del particolato.
Il principale organo bersaglio del particolato atmosferico è il sistema respiratorio, dove le
particelle sospese sono convogliate durante la respirazione. Principale criterio
classificativo della pericolosità del particolato è la dimensione delle particelle, in quanto
dal raggio aerodinamico dipende la capacità di penetrazione nelle vie respiratorie.
Vengono così distinte tre frazioni di particolato:
• frazione inalabile: include tutte le particelle che riescono ad entrare dalle narici e dalla
bocca;
• frazione toracica: comprende le particelle che riescono a passare attraverso la laringe,
raggiungendo la regione tracheo-bronchiale (inclusa la trachea e le vie cigliate);
• frazione respirabile: include le particelle sufficientemente piccole da riuscire a
raggiungere la regione alveolare, incluse le vie aeree non cigliate ed i sacchi alveolari.
Il PM
10
ed il PM
2.5
sono assimilabili rispettivamente alle frazioni toracica e respirabile. A
prescindere dalla tossicità, le particelle che possono produrre effetti negativi sull’uomo
sono sostanzialmente quelle di dimensioni più ridotte, mentre quelle maggiori di 15 µm
vengono generalmente rimosse dal naso. Man mano che si procede dal naso o dalla bocca
attraverso il tratto tracheo-bronchiale sino agli alveoli, diminuisce il diametro delle
particelle che penetrano e si depositano.
9
Cap.1 Il particolato atmosferico
- 11 -
Particelle liquide o solubili possono essere assorbite dai tessuti in qualsiasi punto dove si
depositano e provocare danni intorno a tale punto; particelle insolubili possono essere
trasportate, in base alle loro dimensioni, verso altre parti del tratto respiratorio o del corpo,
dove possono essere assorbite o provocare danni biologici.
Le seguenti figure (Fig. 1.5 e Fig. 1.6) mostrano schematicamente i principali livelli di
deposizione nell’apparato respiratorio, a seconda del diametro delle particelle inspirate, e
gli organi bersaglio.
Fig. 1.5 Deposizione delle particelle inalate nelle varie regioni dell’apparato respiratorio, in
funzione delle dimensioni delle particelle
Fig. 1.6.Principali livelli di deposizione polmonare a seconda del diametro delle particelle
Cap.1 Il particolato atmosferico
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1.3 L’evoluzione in atmosfera: la deposizione ed il trasporto
Una volta immesse in atmosfera, le particelle vanno incontro ad evoluzione ad opera di
diversi meccanismi quali condensazione, evaporazione, coagulazione ed attivazione,
tuttavia la loro concentrazione in aria (dell’ordine di 1-1,5 µg/m
3
) è limitata dalla naturale
tendenza alla deposizione per effetto della gravità e/o per deposizione secca o umida.
10
La deposizione secca è il trasferimento diretto alla superficie terrestre e procede senza
l’intervento delle precipitazioni.
La deposizione umida, al contrario, comprende tutti i processi che comportano il
trasferimento alla superficie terrestre in forma acquosa (come pioggia, neve o nebbia).
La permanenza in atmosfera è fortemente condizionata dalla natura dei venti, dalle
precipitazioni e dalle dimensioni delle particelle. In quest’ultimo caso le particelle con un
diametro superiore a 2.5 µm sedimentano piuttosto velocemente causando fenomeni di
inquinamento su scala molto ristretta, mentre le più piccole possono rimanere in sospensione
per molto tempo. Generalmente gli urti casuali e la reciproca attrazione le fanno collidere e
riunire assieme, raggiungendo così dimensioni tali da acquistare una velocità di caduta
sufficiente a farle depositare al suolo.
Il trasporto a lunga distanza è governato principalmente dall’azione del vento. Si è osservato
che particelle con diametro minore di 10 µm sono capaci di coprire distanze superiori ai
5000 km, soprattutto sopra regioni marine. Tale fenomeno è stato ad esempio osservato nei
campioni di aerosol raccolti lungo le coste dell’Atlantico occidentale, in cui è stata trovata
polvere proveniente dal deserto del Sahara.
Recentemente sono state approfondite le conoscenze sul trasporto per lunghe distanze degli
inquinanti atmosferici (LRTAP: Long Range Transport of Atmospheric Pollutants),
avvalendosi dei principi della chimica fisica e della chemodinamica.
Attraverso un processo di frazionamento, gli inquinanti migrano a velocità diversa
depositandosi in varie regioni geografiche a seconda delle loro proprietà fisiche. Alle
normali temperature ambientali, molti inquinanti organici persistenti presentano una
volatilità tale da consentire loro di evaporare dal sito provvisorio, sulla superficie del suolo
o sui corpi idrici. Comunque, dato che la tensione di vapore di qualsiasi sostanza aumenta
in modo esponenziale con la temperatura, l’evaporazione avviene soprattutto nelle aree
Cap.1 Il particolato atmosferico
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tropicali e subtropicali, per cui queste regioni geografiche difficilmente rappresentano il
deposito finale degli inquinanti organici persistenti. Per contro, le temperature fredde
dell’aria favoriscono la condensazione e l’adsorbimento dei composti gassosi sulle
particelle atmosferiche sospese, gran parte delle quali vengono successivamente depositate
sulla superficie terrestre. È pertanto possibile concludere che le regioni artiche ed
antartiche rappresentino la “tomba” di inquinanti persistenti e relativamente mobili che non
si sono depositati a latitudini più basse, proprio a causa della loro elevata volatilità.
1
La mobilità di una sostanza aumenta con l’aumentare della tensione di vapore della sua
forma condensata (misurata sulla base di quella del liquido super-raffreddato a 25°C);
inoltre, la mobilità aumenta con il diminuire della temperatura di condensazione della
forma allo stato di vapore dell’inquinante. Pertanto, le sostanze che condensano solamente
a temperature di -30°C o inferiori si accumulano nelle regioni polari, dove tali temperature
sono comunemente presenti.
Un’analisi del comportamento dei venti dimostra che la fonte più elevata di diossine per le
popolazioni Inuit delle regioni artiche canadesi sono gli inceneritori attivi negli Stati Uniti
centro occidentali e che le piogge acide svedesi, fonte di degrado delle foreste, sono
causate dalle emissioni industriali della Ruhr.
Il trasporto del particolato atmosferico per lunghe distanze è un processo da non trascurare
in quanto è responsabile dell’evoluzione delle particelle. Il monitoraggio e l’analisi del
particolato a posteriori di un processo di trasporto può non rispecchiare la composizione
iniziale dell’aerosol. La distribuzione delle concentrazioni riscontrate al momento del
campionamento sarà la risultante dei processi evolutivi, influenzati da tutti quei
fattori/processi verificatisi dal momento dell’emissione e per tutta la fase di trasporto. Ogni
molecola, infatti, è caratterizzata da una reattività intrinseca che influenza le reazioni
chimiche, incrementando o diminuendo la propria cinetica di degradazione in funzione
delle condizioni al contorno. Tuttavia l’evoluzione delle molecole non è funzione
solamente delle costanti cinetiche e della reattività intrinseca: in un contesto multifasico e
complesso come quello dell’aerosol, le reazioni chimiche sono influenzate da alcuni
processi, quali l’incremento di flusso attinico nelle gocce, l’accumulo di alcuni composti
sulla superficie delle gocce, il co-adsorbimento, l’effetto gabbia del solvente ecc. che
rendono più complessa la modellizzazione del fenomeno. Lo studio dell’evoluzione
compiuta dalle molecole diviene quindi più difficoltoso. È importante conoscere ed
Cap.1 Il particolato atmosferico
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analizzare l’evoluzione durante la fase di trasporto di alcune sostanze marker delle sorgenti
di particolato. Lo studio delle cinetiche e l’analisi della reattività in un contesto
assimilabile al sistema aerosol sono necessari per poter modellizzare l’evoluzione, stimare
le concentrazioni durante l’emissione e quindi correggere la distribuzione delle
concentrazioni dopo il trasporto.