Ci fermiamo qui (anche se la fisica è tanto appassionante che sarebbe bello esplorare
la teoria della coalescenza che ci spiega pioggia e nuvole): abbiamo già identificato i
concetti che, in senso lato, possono essere applicati al mondo dell’ICT. La “nuvola
dell’informatica” ha bisogno di un nucleo di condensazione, un coacervo di necessità
da soddisfare, che permetta di aggregare dinamicamente tecnologie diverse; pure in
questa nuvola ci sono moti verticali e orizzontali, proprio quelli che portano
all’attivazione progressiva degli strumenti selezionati. E poi ci sono le condizioni al
contorno (quelle che in fisica corrispondono all’umidità relativa dell’aria) da cui
dipende la possibilità che nasca o meno una nuvola. Nella teoria del Cloud
Computing queste considerazioni sono solo implicite, ma non saprei spiegarvi
diversamente la scelta di un termine che, da solo, evoca una certa “ambiguità di
forma” rispetto a definizione ben più assertive generalmente utilizzate nell’ICT.[…]”
Tornando al tema principale, questa nuova tecnologia sta influendo notevolmente
nel cambiamento dello scenario IT a livello mondiale. Infatti stiamo assistendo ad
una riscrittura del ruolo dell’Information Technology all’interno dell’economia,
passando cioè da risorsa capace di creare un vantaggio competitivo a bene
essenziale per il business, al pari dell’energia elettrica, ma inutile a livello di strategia
competitiva. Per usare termine molto in voga fra gli analisti, l’IT sta diventando una
“commodity”, la spina dorsale del commercio.
Se negli anni 90 chi ha investito proficuamente nell’IT ha potuto sfruttarne le
potenzialità per creare un durevole vantaggio competitivo, ora questo ruolo è quasi
del tutto sparito, ristretto in una piccola finestra temporale che si apre quando una
nuova tecnologia informatica fa capolino sul mercato.
In generale l’intero settore informatico non presenta barriere all’ingresso così
insormontabili, in particolar modo in questi ultimi anni proprio grazie al Cloud
Computing. Infatti, ipotizzando un’azienda che voglia lanciare sul mercato un nuovo
prodotto in tecnologia SaaS, questa dovrà affrontare una spesa iniziale dovuto alla
creazione della server farm necessaria per sostenere lo sviluppo e l’utilizzo del
software‐servizio, fase questa addirittura demandabile in fase iniziale a servizi IaaS
come Amazon AWS o MS Azure.
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Quindi il passo successivo sarà relativo alla scrittura del codice, fase questa tutt’altro
che onerosa vista la quantità di buoni programmatori a prezzi abbordabili disponibili
in rete, per non parlare della mole di codice open source già utilizzabile per coprire
varie aree del futuro programma.
Ora non resta che emergere e forse, sembra paradossale, ma in questo ambito
andranno concentrate le migliori risorse economiche e umane, al fine di realizzare
campagne di marketing in grado di prevedere una diffusione capillare attraverso il
web, magari contattando anche blogger autorevoli e offrire loro una remunerazione
in caso di recensione del prodotto da parte loro.
Emergere è tutt’altro che semplice, sia ben chiaro, ma provarci non comporta
barriere all’ingresso particolari come invece capita di trovare in molti altri settori,
soprattutto legati alla “old economy”.
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Figura 1 Confronto fra tre “commodity”, trasporto ferroviario, energia elettrica e IT – Font IT
DOESN’T MATTER – N. Carr
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Entrando maggiormente nell’argomento tecnico, è possibile fare una distinzione fra
tre tipi di categorie di Cloud Computing:
• Infrastruture as a Service (IaaS): Come si evince facilmente dal nome, qui la
nuvola nasconde un’intera infrastruttura tecnologica che potrà essere
utilizzata dal richiedente per i propri scopi.
Il modello più comune è il caso di un data center il cui accesso viene
permesso anche all’utenza esterna per poterne sfruttare capacità di calcolo o
di immagazzinamento di grosse quantità di dati.
• Platform as a Service (PaaS): Questa categoria racchiude tutti quei servizi
che occorrono in fase di sviluppo di un’applicazione o servizio web; se prima
tutto ciò era disponibile previo download ed installazione nella propria
macchina di determinati software, ora tutto questo è disponibile sottoforma
di servizi accessibili in remoto, permettendo in taluni casi risparmio notevole
di risorse economiche.
• Software as a Service (SaaS): è il nuovo paradigma per lo sviluppo e la
vendita di software, soprattutto nel mercato business, ma anche in quello
consumer. Ovviamente è una definizione sintetica ma non esaustiva che basa
il suo significato sul concetto di “novità”, per altro relativa. Dipende infatti da
quale mercato si considera: per il nostro mercato italiano è sicuramente una
novità, al cui riguardo ci sono ancora poche informazioni reperibili e pochi
sono gli operatori di settore, opinions leader e stakeholders. In altri mercati,
invece, si tratta di un segmento già stressato da un affollamento di soggetti,
alcuni quotati in borsa, e caratterizzato da grossi investimenti; è il caso del
mercato nord‐americano su tutti. Tramite l’ausilio di questa tecnologia quindi
sta avvenendo un lento migrare dai software tradizionali che si installano
localmente nelle nostre macchine, ad applicazioni web o meglio servizi
accedibili tramite un semplice browser che sta di fatto diventando
l’equivalente del terminale anni 80.
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1.1 Alcuni cenni storici
Nonostante questa trattazione riguarda una tecnologia quanto mai attuale e
moderna, le basi su cui fonda i propri principi sono alquanto simili al modello del
Mainframe che ha dominato gli anni 60 e 70, infatti le prime avvisaglie di questi
concetti sono datati 1960 e dettagliatamente quando John McCarthy, noto
scienziato informatico e luminare nel campo dell’intelligenza artificiale, esprime la
sua visione di un futuro in cui la computazione possa essere organizzata con sistemi
pubblici d’accesso, quello che ora chiamiamo Infrastructure as a Service.
La nascita del termine CLOUD è invece datata primi anni novanta ed è legata
all’ambito della telecomunicazione telefonica, dove gli operatori affondano nella
nuvola i circuiti elettrici che servono alla permutazione del traffico, sia questo audio
o dati, celandoli agli utilizzatori finali che risultano praticamente a conoscenza solo
dei dispositivi d’ingresso e d’uscita della comunicazione.
Verso la fine degli anni novanta, complice l’inarrestabile crescita dell’utenza
consumer di internet, si ha una forte spinta innovativa e iniziano a circolare i primi
servizi on‐demand sulla rete, nasce il Software as a Service che per molti anni sarà
l’unica forma disponibile di Cloud Computing.
Uno dei primi casi è da attribuire a Salesforce.com che, applicando fra loro altre
tecnologie sviluppate da colossi come Google e Yahoo!, realizzarono un modello di
business basato su servizi su richiesta e sulla personalizzazione di tali servizi da parte
dell’utenza finale senza avere alcuna competenza specifica, concetto questo che
incontrò notevoli pareri favorevoli.
Il nuovo millennio vede invece affacciarsi i colossi come Microsoft e IBM, il primo
tramite il potenziamento dei propri servizi web e il secondo, nel 2001, tramite la
stesura dell’Autonomic Computing Manifesto dove vengono descritte le tecniche
principale per l’auto‐gestione dei sistemi IT in presenza di prodotti eterogenei fra
loro, in pratica facendo ricorso prepotentemente alla virtualizzazione.
Nel 2005 una svolta sostanziale viene attuata da Amazon con la modernizzazione dei
propri data‐center secondo i nuovi principi architetturali che oltre a portare
efficienza in termini di elaborazione e consumo di risorse elettriche, ha permesso
l’accesso alla struttura da parte di utenti esterni, con lo scopo di poter utilizzare le
prestazione computazionali “on demand”. Nascono così gli Amazon Web Services.
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Sempre nel 2005 Microsoft con Hotmail e Google con Gmail si affacciano verso il
Software as a Service, proponendo un efficientissimo pannello di amministrazione
online della propria casella di posta elettronica, ponendo le basi per il declino dei
client come Outlook o Eudora.
Nel 2006‐2007 Google inizia a focalizzare la propria attenzione verso il Cloud,
andando a progettare numerosi servizi con lo scopo di poter creare una suite di
applicazioni da utilizzare online.
Nel 2008 il termine comincia a diventare popolare anche fra i non addetti ai lavori e
persino i Mass‐Media iniziano a rivolgervi l’attenzione mediatica, considerando
questo tipo di approccio come il futuro del web.
Ad ulteriore conferma del cambiamento in atto, nell’estate del 2008, l’autorevole
Gartner ha espresso in maniera inequivocabile come le aziende stanno mutando il
loro assetto dalla vecchia tipologia in cui posseggono in loco hardware e software,
verso un innovativo modello in cui i servizi necessari vengono reperiti verso terzi e
solo su richiesta, pagando in relazione all’effettivo utilizzo.
Attualmente, in questa seconda metà del 2009, considerare il Cloud Computing
come il futuro del Business IT è quasi sbagliato, in quanto va propriamente definito
come il presente, in quanto ormai tutti i grandi colossi sono scesi in campo e chi era
già presente non sta facendo altro che già modernizzare i servizi già esistenti. Gli
investimenti nel settore ci sono, ma qual è la risposta degli utilizzatori finali a questo
mutamento? Sono tutti favorevoli?
1.2 A che punto siamo con la diffusione?
Prima di entrare notevolmente nel dettaglio nell’argomento con i prossimi capitoli
della tesi, vorrei fare subito un excursus su quello che è il sentimento dominante
degli utenti finali riguardo il Cloud Computing, perché anche la tecnologia con un
potenziale incredibile potrebbe rivelarsi un flop se non trova un buon seguito di
adottanti.
Per farlo mi sono basato su una delle ricerche più recenti sullo stato della diffusione
di questa tecnologia, svolta tra giugno e luglio 2009 da F5 Networks e basata su un
campione di 250 aziende americane del ramo IT, ognuna con requisito minimo di
2500 dipendenti.
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La primissima domanda del sondaggio è stata ovviamente quella sull’utilizzo di
applicazioni o infrastrutture Cloud e le risposte date sono davvero molto
interessanti; infatti oltre il 50% degli intervistati utilizza già un prodotto di questo
genere o in infrastruttura public o in quella private. Questo dato, a cui vanno
aggiunti circa altri 30 punti percentuali riguardanti quella classe di utenti che sono in
fase di implementazione o di prova della tecnologia, è molto incoraggiante per il
futuro, soprattutto in relazione alla “scarsa maturità” di cui spesso il Cloud
Computing è stato tacciato.
Figura 2 Fonte: Indagine F5 Network – Estate 2009
Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, la tassonomia di questa tecnologia
prevede tre macro aree ma una di questa è spesso accomunata al termine Cloud
Computing. Sto parlando del Software as a Service.
Agli intervistati è stato proprio chiesto se pensano che il Cloud Computing sia
qualcosa di più rispetto al SaaS e le risposte anche in queste caso sono state molto
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positive, in quanto solo una piccola percentuale ha risposto di conoscere solo
applicativi web, mentre davvero una percentuale elevata, superiore persino al SaaS,
utilizza usualmente o sempre una piattaforma Cloud (PaaS).
In ultimo vorrei evidenziare quali sono le motivazioni che spingono il manager IT ad
implementare questa tecnologia nella propria azienda e quindi mettere a fuoco i
bisogni che si vogliono soddisfare con tale scelta.
Oltre il 77% del campione ha risposto di ricercare efficienza mentre il risparmio di
denaro si è fermato al 68%. Medaglia di bronzo invece per la semplificazione dei
sistemi, con il 61% dei consensi.
Senza dubbio le “key” che emergono da questa ricerca sono anche quelle più note e
già ampliamente legate alla definizione di ogni prodotto di tipo Cloud, però è un
fatto di per se importante che queste caratteristiche vengano riconosciute anche
dagli addetti ai lavori e non solo in ambito accademico.
1.2.1 La curva ad S del miglioramento tecnologico
E’ stato osservato che sia il tasso di miglioramento della performance di una
tecnologia sia il suo tasso di diffusione nel mercato tendono a seguire l’andamento
di una curva a S.
Nella fase iniziale il miglioramento della performance è lento perché i principi di
base della tecnologia sono stati compresi in maniera parziale. In seguito, quando
aumenta la conoscenza della tecnologia, il miglioramento comincia ad essere più
rapido. Infine, quando la tecnologia si avvicina al proprio limite
naturale, la curva tende ad appiattirsi.
Figura 3 Confronto fra l’Hype Cycle di Gartner e altri modelli a curva, fra i quali la Curva ad S del
miglioramento tecnologico (in verde)
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La diffusione di una tecnologia richiede di solito tempi più lunghi rispetto alla
diffusione delle informazioni a essa collegate
• perché la nuova tecnologia potrebbe richiedere lo sviluppo di una complessa
base di conoscenze
• perché molte tecnologie acquisiscono valore solo dopo lo sviluppo di una
serie di risorse complementari
Focalizzando l’attenzione nell’argomento di questa tesi, il Cloud Computing, come
sarà più volte ribadito nel corso della trattazione, non ha raggiunto ancora la
maturità necessaria per poter essere considerata una tecnologia dominante. Quindi,
se dovessi classificare questa corrente tecnologica tramite il modello della Curva ad
S, inserirei il pallino rappresentante i prodotti cloud nella parte bassa della S, però
molto vicino alla fase iniziale d’ascesa rapida, in quanto sono oltre 2 anni che
insistentemente sta avvenendo una promozione mediatica del fenomeno e i
numerosi analisti interpellati sul fenomeno hanno più volte eletto il Cloud
Computing a innovazione in grado di contribuire all’uscita dalla crisi economica da
parte delle aziende, in particolar modo nelle PMI.
Figura 4 La posizione del Cloud Computing nella Curva ad S del miglioramento tecnologico
1.3 Vantaggi e Svantaggi in generale
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Durante il resto della tesi questi aspetti verranno trattati in maniera più
approfondita però volevo fin da subito elencare in maniera generica quali sono i
principali vantaggi e svantaggi relativi all’adozione di un prodotto della classe Cloud
Computing.
1.3.1 Vantaggi
• Facilità di aggiornamento del software: Se prima un qualsiasi aggiornamento
dell’applicazione andava effettuato su ogni singola macchina in cui era
installata, ora la società fornitrice dovrà semplicemente aggiornare i file
all’interno della nuvola e ogni utente avrà in tempo reale le modifiche
disponibili. Questo tipo di “pro” si rivolge sia agli utenti finali, che vedono
diminuire i costi annuali di assistenza e aggiornamento oltre a non doversi
più preoccupare di sapere se l’applicazione che usano è allo stato dell’arte o
meno, sia all’aziende produttrici di software, le quali non avranno più a che
fare con difficoltà di installazione delle proprie applicazioni su macchine con
sistemi operativi differenti o semplicemente molto vecchie e vicine al limite
dei requisiti minimi.
• Diminuzione del costo di acquisto: In particolare per gli utenti finali, di
norma un software venduto sotto forma di servizio remoto ha un costo
considerevolmente più basso rispetto al sua alternativa locale.
Lo stesso vale per i servizi di storage o di elaborazione, il cui scenario prima di
questo nuovo paradigma era assai più costoso nonché con molte difficoltà di
reperimento.
• Accesso multi‐postazione: Con una struttura virtuale, non presente in alcun
modo sui propri pc o notebook, si garantisce l’accessibilità al servizio
richiesto da più postazioni differenti, quindi se devo controllare la posta
aziendale da casa non dovrò più farmi abilitare costose VPN dall’azienda, ma
basterà collegarsi al servizio mail via web ed accedere tramite le credenziali
già in mio possesso.
• Scelta del miglior partner per ogni necessità: Non dovendo più scegliere
delle suite complete di programmi ora si può scegliere in maniera libera
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servizio per servizio, ricercando chi è maggiormente adatto ad adempire alle
nostre richieste. In questo modo ci si affiderà a terzi per tutte quelle
caratteristiche che non sono proprie del core della nostra impresa, quali ad
esempio i fattori di sicurezza dei dati e della rete aziendale.
1.3.2 Svantaggi e rischi
• Affidamento dei dati a terzi (Privacy): Potremmo definire quanto scritto
sopra come il principale aspetto negativo dei sistemi Cloud‐based, almeno da
quanto si deduce dai numerosi sondaggi in merito.
Infatti nell’affidare le informazioni a terzi operatori, bisogna studiare con
accuratezza ciò che questi ci offrono in termini di Privacy, di Sicurezza dei
Dati e persino verificare quali norme a tutela del cliente sono previste in caso
di cessazione dell’attività o di vendita della stessa ad altri partner, quindi
eventuali modalità di recesso e possibilità di migrazione “indolore” verso
servizi analoghi.
In particolare per quanto concerne alla parte di Privacy e Sicurezza è
possibile adottare alcune ulteriori contromisure lato client, come ad esempio
eseguire una crittografia dei dati sensibili prima di riversarli in rete oppure
stipulando precisi accordi di sicurezza con l’azienda fornitrice.
• Limitazione in caso di mancanza di connettività: Finché la connessione è
attiva tutto funziona perfettamente, ma qualora ci fosse un problema dovuto
magari all’operatore telefonico tutti i sistemi aziendali basati su servizi
remoti verrebbero arrestati.
Ecco quindi che se tale caso deve essere visto come evitabile al 100% si dovrà
far ricorso a servizi che prevedano alcune funzionalità di base utilizzabili
anche in assenza di Internet (Google con Gears) o in maniera più sistematica
attivando più contratti di fornitura d’accesso alla rete.
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