II
ritirata la neve), supposero che si fosse sciolta; e cos era in effetti per via di una sorgente vicina,
che esalava vapori nella vallata. 3
In epoca romana altro cronista di rilievo Ł stato Gaio Giulio Cesare con i suoi
commentari nel De bello Gallico. Purtroppo, per quanto l opera sia uno dei primi tentativi
di testimonianza di presa diretta, Ł intrisa di auto celebrazione e propaganda per dare
lustro alla sua immagine di generale nel confronto col Senato. Dopo di lui si inaugurer la
strada della divulgazione dei racconti di guerra come cronache di parte e poco
approfondite, fino a quando nel 1856 giunse su un campo di battaglia, come inviato del
Times, William Russel. L irlandese non avrebbe immaginato, partendo per il fronte, che
con i suo vivi racconti avrebbe creato il giornalismo di guerra.
La mia tesi parte proprio da questo punto, da quel Russel che sfidando il governo
inglese fece pubblicare le sue narrazioni sconvolgendo l opinione pubblica di un intero
paese. Ho preferito sia per delimitare un argomento altrimenti assai vasto, sia per motivi
linguistici, che di reperimento del materiale, compiere la mia ricostruzione storica
sull evoluzione del mestiere di reporter di guerra, prendendo come punto di riferimento il
nostro paese, l Italia, stato che, dalla sua fondazione ad oggi, Ł sempre stato fra i
protagonisti dei piø grandi conflitti degli ultimi due secoli. Nello specifico, il primo
capitolo inizia narrando le avventure un po rocambolesche e inverosimili dei primi
inviati italici al fronte e si conclude con la caduta del fascismo e la conseguente fine del
giornalismo di propaganda messo in atto durante il secondo conflitto mondiale. In quel
periodo storico emerse la figura giornalistica di Luigi Barzini alla cui vita e alla cui
analisi dei suoi lavori piø importanti ho dedicato il secondo capitolo di questo lavoro. Il
terzo capitolo affronta il periodo successivo alla seconda guerra mondiale e attraversa la
fase della guerra fredda per giungere a quel focolaio di ostilit che Ł ai nostri tempi il
3
SENOFONTE, Anabasi, Milano, 1994, p. 5.
III
Medio Oriente. Parallelamente a questo passaggio temporale viene considerata la rapida
evoluzione che ha subito, con l affermarsi dei mezzi tecnologici di massa, la societ , cosa
che si Ł ripercossa anche sull operato dell inviato al fronte. Due sono i momenti cruciali
che devono essere valutati: la guerra in Vietnam durante la quale per la prima volta i
giornalisti furono lasciati liberi di scorazzare senza impedimenti per il campo di battaglia,
avendo a disposizione un rapido mezzo visivo di diffusione delle notizie quale Ł la
televisione e, negli anni novanta, il conflitto in Iraq. L uso dei mezzi satellitari e la
diffusione dei neetwork televisivi permise infatti, sia la trasformazione dell avvenimento
bellico in un evento spettacolarizzato, sia la possibilit di vedere la guerra in diretta.
Nonostante questa serie di mutamenti, durante questo periodo storico, si sono potuti
apprezzare i racconti, fatti consumando la suola delle scarpe, di alcune grandi penne del
reportage di guerra quali sono Egisto Corradi, Ettore Mo, Umberto Valli, Mimmo
Candito, non dimenticando la prima giornalista italiana scesa su un campo infuocato dalla
battaglia, Oriana Fallaci. Il quarto capitolo Ł dedicato proprio al ricordo di questa inviata
che con la sua arguzia, tenacia, brillantezza ed abilit scrittoria Ł riuscita ad imporsi in un
mondo fino ad allora prettamente maschile, superando in fama i colleghi.
L ultimo capitolo ha lo scopo di cercare di considerare come si Ł evoluto il lavoro di
reporter di guerra. Partendo, infatti, dall analisi di come si Ł modificato negli anni il
mestiere di inviato al fronte, tenendo sempre presenti le figure giornalistiche esaminate
durante la ricostruzione storica, cercher di dare una risposta ad alcuni quesiti che mi
sono posta durante la stesura di questa tesi: Che strada sta prendendo il giornalismo di
guerra? ¨ finito per sempre il periodo dei Russel, dei Barzini e delle Fallaci che con i loro
scritti, a distanza di anni dall evento, riescono a focalizzare l attenzione del lettore? Gli
interessi politici e internazionali hanno definitivamente modificato il modo di fare i
IV
reportage dal fronte? L elemento guerra sar ancora visto come qualcosa di vivo e pregno
di tutto ci che comporta?
Definendo in poche parole lo scopo del mio operato posso quindi dire di aver cercato,
ricostruendo storicamente gli ultimi centocinquanta anni del nostro giornalismo di guerra
e analizzandone le figure piø importanti, di porre delle ipotesi sull evoluzione-
involuzione che sta prendendo questo mestiere. Ho sempre avuto una predisposizione per
gli argomenti di tipo storico e il mio percorso di studio universitario mi ha dato le basi nel
campo di analisi della societ e della politica, el ementi che hanno sempre fatto parte della
storia dell uomo. Quando ho iniziato la stesura di questo lavoro, i telegiornali erano
concentrati su ci che stava accadendo agli inviati impegnati nelle zone calde
dell Afghanistan e dell Iraq e questo mi ha dato lo spunto per l argomento. La scelta poi
di analizzare la figura del reporter di guerra nella sua evoluzione Ł arrivata mettendo
insieme tutti questi fattori.
Concludo qui, ed auguro a tutti buona lettura.
Capitolo I
La nascita dei corrispondenti di guerra
2
1.1 William Russel e la guerra di Crimea
E consuetudine affermare che il mestiere del reporter di guerra Ł vecchio quasi due
secoli. Senza voler tralasciare il valore che hanno avuto le varie storiografie di Senofonte
e Cesare, viene considerato all unanimit padre di questa professione l inglese William
Russel, inviato dal direttore del Times, Jon Delane, per informare i lettori di cosa
accadesse nella lontana guerra di Crimea.
Prima di lui, sulle cronache dei giornali, le guerre erano raccontate con resoconti tratti
da bollettini oppure con un insieme di notizie, piø o meno veritiere, raccolte nelle
retrovie. Per citare un esempio, all inizio dell 80 0 il Times aveva inviato a seguire le
campagne napoleoniche Henry Crabb Robinson con lo scopo di raccontare come vince
le sue battaglie quel piccolo imperatore francese. 1 La missione fu un vero fiasco,
proprio perchØ i pezzi erano un mero elenco di fatti privi di calore e alquanto noiosi.
Il 14 novembre 1854, quando il quotidiano londinese pubblic per la prima volta una
cronaca di Russel narrante la disfatta dei seicento, le tirature del giornale raddoppiarono. I
suoi pezzi raccontavano di corpi straziati da granate, di urla, del caos della prima linea e
degli errori strategici.
Alle undici e dieci, la nostra brigata di cavalleria leggera avanz trionfante nel sole del
mattino, fiera di tutto il suo bellico fulgore. Da una distanza che non era nemmeno un miglio,
l intero schieramento nemico vomit da trenta bocch e di fuoco un inferno di fumo e di fiamme. Il
punto di arrivo dei colpi fu segnato da vuoti improvvisi che si aprivano nelle nostre fila, da
uomini e cavalli morti, dai destrieri senza piø cavaliere che galoppavano nella pianura [...] Alle
undici e trentacinque, non un soldato inglese restava davanti alla bocca dei sanguinari cannoni
moscoviti. Soltanto i morti e i moribondi. 2
1
A. FRIGERIO, Storia dei reporter di guerra: il primo segu Napoleone, in Cronologia,
http://www.storiain.net/, 22/12/2005.
2
M. CANDITO, I reporter di guerra. Storia di un giornalismo difficile da Hemingway a Internet, Milano,
2002, p. 115.
3
Con questi venticinque minuti di cronaca, Russel fece crollare la visione epico-
mitologica della guerra fatta di spade luccicanti e gloriose imprese, descrivendo invece la
disfatta delle forze britanniche e gli errori dei generali, senza nessuna retorica. Per questo
fu il primo giornalista della storia a subire la forza della censura.
1.2 Agli albori della corrispondenza di guerra in Italia
Nello stesso periodo, a met del XIX secolo, i gior nalisti italiani erano ancora agli albori,
impegnati per lo piø a dar notizia della controversa nascita dell Italia unita. Indro
Montanelli in un suo libro li defin cattivi giorn alisti, impacciati da una sintassi
macchinosa, retorici e declamatori. 3 La tiratura di questi fogli era bassa, veniva
privilegiata la distribuzione tramite abbonamento oppure la vendita avveniva in libreria,
in quanto l edicola Ł un istituzione tarda che decoll con l affermarsi dei primi grandi
distributori (dopo il 1870). La possibilit di una comunicazione veloce era quasi nulla e
quando possibile, era imprecisa ed irregolare. Le corrispondenze erano spesso tratte da
quotidiani stranieri ed erano pubblicate con notevole ritardo.
Con la nascita dei primi grandi quotidiani cominci a svilupparsi la figura dell inviato
speciale. Il primo articolista viaggiante fece la sua comparsa sulla Gazzetta del Popolo in
occasione dell inaugurazione nel 1869, del canale di Suez. Questa trasferta non aveva
nulla dell incandescenza di un conflitto, tuttavia il suo esempio introdusse nei quotidiani
italiani la regola di mandare osservatori a seguire gli avvenimenti che accadevano
all estero. Le prime vere cronache di guerra sono invece attribuite ad Enrico Politti che,
tra il 1870 e il 1871, decise di seguire la Guerra Prussiana e di raccontare l entrata in
Porta Pia. Il primo staff giornalistico fu inviato invece dal Secolo, nel 1877 durante la
guerra russo-turca, con lo scopo di riportare, attraverso schizzi e mappe, le battaglie piø
3
A. BALDAN, Storia del giornalismo in Italia, Bolzano, 2003, p. 22.
4
importanti. Quando nel 1885 l Italia invi un corpo di spedizione per aumentare la striscia
di territorio intorno alla Baia di Assab acquistata nei tre anni precedenti, i redattori
viaggianti erano gi un folto gruppo ben remunerat o. L Africa da loro descritta era ricca
di colore, ma le cronache apparivano simili a quelle dei predecessori di Russel, narranti
battaglie, eroi, onore; le valutazioni politiche erano superficiali e in chiave colonialistica.
Tuttavia, furono questi i fattori che ne costituirono il grande successo editoriale. I giornali
che presentavano articoli di guerra venivano letti e riletti anche ad alta voce per chi era
analfabeta:
Gli arabi sono lietissimi della venuta degli italiani, perchØ i turchi li trattano come bestie da
macello e sperano che gli italiani li aiutino a cacciare i francesi dalla Tunisia. E una cosa
incredibile ma verissima. Gli arabi non viaggiano che sopra i nostri vapori, non parlano che la
nostra lingua, perchØ ai loro occhi noi siamo i migliori degli europei. 4
Solo pochi quotidiani scrivevano scetticamente riguardo all impresa nel Mar Rosso:
NØ acqua, nØ commerci, nØ vegetazione, nØ strade verso l interno; ma deserto infuocato,
malsano, abitato da tribø barbare o selvagge, ecco ci che ci offrono Assab e le stazioni del Mar
Rosso. Strategicamente poi il loro valore non Ł certo migliore. Cos Ł il mar Rosso? Un imbuto le
cui estremit sono nelle mani dell Inghilterra. 5
Nel triennio tra il XIX e XX secolo, il giornalismo europeo fu investito dalla guerra
anglo-boera. Il conflitto tra gli afrikaaners delle Libere Repubbliche dell Orange e del
Transvaal e la potenza inglese, fu presentato dalla stampa internazionale come il nuovo
scontro tra Davide e Golia. Ogni volta che il Davide boero, armato solo del proprio
coraggio a difesa della propria autonomia, infliggeva una sconfitta all Impero britannico,
nove decimi dell opinione pubblica mondiale impazziva di gioia. La minoranza non
entusiasta consisteva nel popolo inglese.
4
V. CASTRONOVO, La stampa italiana dall’Unit al fascismo, Roma-Bari, 1984, p. 103.
5
Ivi, p. 104.
5
Per capire come si arriv a questo conflitto bisogn a tracciare brevemente la storia del
Sud Africa. Dal 1652 gli Olandesi della Compagnia delle Indie Orientali avevano
insediato, in meno di cinquanta anni, una comunit di notevoli dimensioni. La colonia
aveva infatti attirato molti spiriti liberi che avevano fondato una civilt agricola
patriarcale, basata sulla Bibbia e sul principio per cui ogni uomo Ł fautore del proprio
destino. Durante le guerre napoleoniche la Gran Bretagna si era impadronita del territorio
cercando di convertire i boeri in soldati di sua maest . Non avendo la forza di cacciare
dalle loro terre gli inglesi, come avevano fatto i cugini di Washington , i coloni avevano
abbandonato le loro fattorie su carri tirati da buoi e si erano addentrati nell interno in
cerca di terre libere e vergini, che chiamarono terre dell Orange e del Transvaal. Le due
repubbliche ebbero un esistenza pacifica e indipendente finchØ in quel territorio non
furono scoperte le piø grandi miniere d oro e diamanti del mondo, cosa che risvegli
subito l interesse coloniale inglese e dette inizio ad una serie di schermaglie che portarono
al vero e proprio conflitto.
Questa fu una delle prime guerre a conoscere su vasta scala il fenomeno dei
corrispondenti di guerra. Tra gli inviati al fronte, per il Morning Post, si rec Sir Leonard
Winston Churcill, che in Sud Africa fu protagonista di vicende romanzesche; and in
prima linea, fu catturato dalle linee boere durante l assalto ad un treno ed evase. L eco di
quelle gesta contribu non poco alla sua carriera politica, iniziata nel 1900 con la sua
elezione a deputato del parlamento inglese.
Sfogliando le prime pagine di due dei principali quotidiani dell epoca, ai quali Ł
riconosciuto il merito di aver dato una spinta notevole alla diffusione dell informazione
nel nostro paese, Il Corriere della Sera diretto da Luigi Albertini e La Stampa di Alfredo
Frassati, troviamo dettagliate notizie di questo conflitto. Come racconta in Vita
Vagabonda Luigi Barzini, a quel tempo alle prese con il suo primo incarico come inviato
6
in Inghilterra per lo stesso Corriere, non furono spediti in Africa corrispondenti italiani;
tuttavia le pagine di questi quotidiani riportavano nel loro febbrile patteggiare, notizie
della guerra. Dal 1904 infatti, non lesinando sulle spese telegrafiche e sborsando cento
mila lire l anno di diritti, Albertini si era assicurato la possibilit di riprodurre, in
contemporanea, le corrispondenze e i dispacci esclusivi di quotidiani come il Times, il
Daily Chronicle e il parigino Le Mat n. Similmente si comport Frassati, che riusc ad
assicurarsi altrettanti fruttuosi accordi con quotidiani esteri tra cui spicca il New York
Herald, conosciuto nel mondo per la tempestivit e speric olatezza dei suoi inviati.
La prima pagina della Stampa, datata 3 giugno 1902 6, narrava delle manifestazioni di
gioia che si erano espanse a Londra al diffondersi della notizia della fine del conflitto. Vi
si trovava la descrizione di feste, cortei e urr e ntusiasti. Venivano poi riportati i
commenti dei principali giornali inglesi che, benchØ invasi da spirito nazionalistico,
mettevano in risalto il coraggio del popolo boero. Venivano date parecchie righe al
commento fatto dal ministeriale Times, dove si affermava che i peccati militari
dell esercito di sua maest avrebbero potuto dar vi ta a piø tristi disastri, tuttavia la
stabilit finanziaria dell impero non aveva subito una minima crisi. Veniva poi messa in
risalto la vittoria dello spirito nazionale, della nazione e dell impero.
All interno dell articolo erano poi citati gli omag gi che la stampa europea rendeva ai
boeri per la loro resistenza, non mancando di criticare l Inghilterra per una vittoria cos
penosa. Era poi proposta un analisi delle possibili conseguenze della fine del conflitto;
sebbene il Regno Unito avesse vinto e mantenuto stabile la borsa valori, erano stati messi
in risalto gli errori militari di un paese, che si considerava preparato alla lotta senza
esserlo, la dissoluzione del partito liberale e del controllo del parlamento sull operato del
governo ( l Inghilterra per conservare l impero con quistato con il lavoro e la pratica della
6
La Stampa, 3 giugno 1902, allegata a I Grandi fatti rivissuti sui giornali dell epoca, vol. 1, Milano, 1978.
7
libert , ricorre a metodi coercitivi. ) 7 Era auspicata, inoltre, una pacifica convivenza fra
inglesi e boeri con l affermazione di eguali diritt i e doveri fra i due popoli, affinchØ
potesse instaurarsi una libera iniziativa capitalistica, come tramite di una pacifica,
politica, economica e civile vita nell Africa australe.
Ben piø ricche di pathos e di epicit erano le righ e scritte sul Corriere della Sera 8;
l articolo iniziava con il racconto dello scampanio pasquale delle austere campane
londinesi, annunciatrici della lieta novella della Pace. 9 Venivano riproposte le
immagini di questa epopea che si affacciava nella vita di ogni cittadino tra le scolorite
occupazioni della vita quotidiana. 10 Di seguito se ne riporta un passo:
Di fronte alle grandi prove date da questi due popoli in lotta non sappiamo quale dei due
ammirare di piø se gli indomiti cacciatori del Veld corsi con le armi per la loro patria, o quel
esercito di nobili inglesi che, lasciando agi e ricchezze sono andati a morire sotto la semplice
uniforme di Yeoman per la loro bandiera [ ] che cos a la guerra lascia fra le sue rovine oltre al
ricordo degli sforzi prodigiosi pei quali potØ durare a lungo? 11
1.3 La guerra libica: i nostri inviati a Tripoli
A spingere Giolitti, nel 1911, ad intraprendere la conquista della Libia avevano concorso
calcoli politici, economici e aspirazioni di nuova grandezza nazionale. Molti giornali
avevano contribuito alla creazione del mito della terra promessa ; solo per citarne alcuni
Il Giornale d Italia, Il Mattino , Il Secolo XIX. Si erano aggregati a questa campagna
propagandista anche gli articolisti della Stampa che, con in primis l inviato speciale in
Tripolitania Bevione, magnificarono la Libia come terra di grandi risorse economiche e di
facile conquista.
7
La Stampa, 3 giugno 1902, allegata a I Grandi fatti rivissuti sui giornali dell epoca, vol. 1, cit.
8
Il Corriere della Sera, 3 giugno 1902, allegato a I Grandi fatti rivissuti sui giornali dell epoca, vol. 1, cit.
9
Ibidem.
10
Ibidem.
11
Ibidem.