Produzione di bioetanolo da Saccharomyces Cerevisiae
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multipli assemblati in cromatina ed il loro citoplasma è dotato dell’ intero
spettro di organelli intracellulari (per esempio i mitocondri) e di strutture
citoscheletriche (come i filamenti di actina).
1.2 Saccharomyces Cerevisiae
L’eucariote unicellulare più studiato è il lievito S.Cerevisiae. S.Cerevisiae
altrimenti noto come lievito di birra (o del pane).
La fermentazione effettuata dalle cellule del lievito è un processo chiave
nella panificazione, nella produzione del vino e della birra.
Per il panettiere il prodotto finale importante è l’anidride carbonica. Le
cellule di lievito aggiunte all’impasto del pane funzionano
anaerobicamente, producendo sia anidride carbonica che etanolo.
L’anidride carbonica resta intrappolata nella massa dell’impasto, facendolo
lievitare, mentre l’etanolo è allontanato senza danni durante il successivo
processo di cottura, contribuendo al piacevole odore del pane in cottura.
Per il birraio sia l’anidride carbonica che l’etanolo sono essenziali:
l’etanolo rende il prodotto una bevanda alcolica e l’anidride carbonica la
rende frizzante.
S.Cerevisiae è stato studiato intensamente per più di 100 anni. In
esperimenti risalenti al 1860, Louis Pasteur identificò questo lievito come il
catalizzatore della fermentazione (si pensava che lo zucchero si rompesse
spontaneamente producendo alcol ed anidride carbonica). Questi studi alla
fine portarono all’identificazione dei primi enzimi ed allo sviluppo della
biochimica sperimentale. La genetica di S.Cerevisiae è stata studiata sin
dagli anni ’30, col risultato che molti dei suoi geni sono stati identificati.
Quindi S.Cerevisiae come E.Coli consente ai ricercatori di approfondire i
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problemi fondamentali della biologia usando sia l’approccio genetico che
quello biochimico.
1.2.1 Caratteristiche principali
Saccharomyces cerevisiae ha forma dall'ovale all'ellittico e diametro di 5-
10 micrometri. Si riproduce attraverso un processo di gemmazione.
Appartiene al regno dei Funghi ed al Phylum degli Ascomiceti. Si pensa
che sia stato isolato per la prima volta dalla superficie di acini d'uva; è
presente infatti nella pruina.
Fig.1.1- Immagini di S.Cerevisiae al microscopio elettronico e a fluorescenza
S.Cerevisiae ha un optimum di temperatura tra 25 - 30°C, un massimo a
circa 40°C ed un minimo che si aggira intorno a 0°C - +5°C. Un optimum
di pH compreso tra 4 -4.5 con un minimo ad un valore di circa pH =3 ed un
massimo intorno a 7. Generalmente tollerano bene ambienti con
concentrazioni zuccherine intorno a 20 - 25%, al di sopra delle quali si
creano elevati valori di pressione osmotica che provocano prima un
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rallentamento dello sviluppo e successivamente la morte della cellula
stessa; solo il genere Zygosaccharomyces risulta essere in grado di
sopportare concentrazioni zuccherine al di sopra del 60%. Risultano
pertanto microrganismi osmofili ma non alofili cioè non sono in grado di
resistere anche a concentrazioni modeste di sale. I fattori che influenzano
l’attività fermentativa del lievito possono essere riassunti in:
Temperatura
Presenza di ossigeno
pH
concentrazione elevata di alcool (questo fattore interessa
maggiormente i lieviti utilizzati in vinificazione)
presenza di zuccheri
presenza di sale
Considerando il primo fattore si può dire che i lieviti sono esseri viventi per
cui la loro vita durante la conservazione è influenzata, tra l’altro, dalla
temperatura. Temperature elevate determinano l’autolisi delle cellule del
lievito, cioè causano l’”autodistruzione” delle medesime. A 50 - 60°C
questi microrganismi muoiono in brevissimo tempo.
In teoria il lievito compresso potrebbe essere congelato senza che vengano
danneggiati i suoi enzimi e/o la struttura cellulare; in pratica, durante il
congelamento ed il conseguente scongelamento potrebbe andare incontro a
“liquefazione” come conseguenza del danneggiamento subìto dalle cellule
durante l’intero processo. Si consiglia pertanto di non utilizzare mai il
lievito appena tolto dal frigorifero o dal congelatore ma di portarlo
gradatamente alla temperatura di lavoro; così facendo si permette alle
cellule di Saccharomyces cerevisiae di uscire dallo “stress” causato dal
freddo e di rivitalizzarsi prima di operare il processo fermentativo. La
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conservazione del Saccharomyces cerevisiae è variabile e può durare; 5
giorni a 30°C, 15 giorni a 20°C, 1 mese a 10°C e 2 mesi a 0°C.
Tutte le reazioni chimiche che avvengono durante la fermentazione
producono calore (sono cioè esotermiche) ed il riscaldamento dell’impasto
non è sempre compatibile con uno sviluppo ottimale dei lieviti in quanto
aumentando la temperatura si aumenta il metabolismo della cellula quindi
si incrementa il fabbisogno energetico che viene soddisfatto “bruciando” i
carboidrati di riserva, le proteine ecc. A questo punto si va incontro ad
autolisi cellulare cioè alla distruzione della cellula.
Questo è il motivo principale per cui a “cuore” delle bighe e/o degli impasti
in generale, vi è una temperatura più elevata che non all’esterno.
Inoltre per ogni incremento di grado tra i 20 - 30°C si ha un aumento
dell’attività fermentativa. Si ricorda però che, oltre i 40°C, il metabolismo
del Saccharomyces Cerevisiae risente dell’eccessivo riscaldamento
dell’impasto a tal punto da arrestare la fermentazione; temperature
prossime allo 0°C determinano invece un rallentamento dall’attività
fermentativa.(Fenomeno evidente nelle celle di ferma-lievitazione e non
solo, in cui la temperatura nella fase di mantenimento viene fissata a +1°C -
+2°C)
Nel 1996 è stato il primo eucariote il cui genoma sia stato interamente
sequenziato.
La banca dati del genoma di Saccharomyces cerevisiae è molto curata e
rappresenta un importante strumento di conoscenza basilare delle funzioni
e dell'organizzazione della cellula eucariote in genetica e fisiologia. Una
delle più importanti banche dati sul S. cerevisiae è ospitata dal Centro
Informazioni sulla Sequenza delle Proteine di Monaco. Il genoma è
composto da circa 13.000.000 coppie di basi, organizzate in sedici
cromosomi, e 6275 geni, sebbene soltanto 5800 di questi sono ritenuti
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essere i veri geni funzionali. Si stima che Saccharomyces cerevisiae
condivida circa il 23% del suo genoma con l'uomo.
Fig.1.2- Cariotipo di S.Cerevisiae
S.Cerevisiae può crescere sia in uno stato aploide (cioè con una copia di
ciascun cromosoma) o diploide (cioè con due copie di ciascun cromosoma).
La conversione da stato aploide a diploide è mediata dall’accoppiamento,
mentre il passaggio da diploide ad aploide avviene tramite sporulazione.
Durante la loro progressione del ciclo cellulare, le cellule di S.Cerevisiae
cambiano forma. Immediatamente dopo il rilascio dalla cellula madre, la
cellula figlia ha una forma ellittica. Durante il ciclo cellulare, essa sviluppa
una piccola gemma (una piccola sporgenza) che si trasformerà alla fine in
una nuova cellula. La spora cresce fino a raggiungere le stesse dimensioni
della cellula madre da cui origina. A questo punto, essa viene rilasciata
dalla madre ed entrambe le cellule ricominciano il processo.
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Fig.1.3- Formazione di una spora
Semplici osservazioni al microscopio della forma della cellula di lievito
sono in grado di fornire molte informazioni sugli eventi che si svolgono
all’interno.
Questo perché, in una cellula di S.Cerevisiae di tipo selvatico, l’insorgenza
di una nuova “gemma” è strettamente collegata all’inizio della
replicazione del DNA. Per analogia, una cellula in crescita dotata di una
sporgenza accentuata è quasi sempre in fase di segregazione dei
cromosomi.
Gli studi su questo organismo hanno dato un contributo alla comprensione
della trascrizione, della regolazione genica, della replicazione del DNA,
della ricombinazione, della traduzione e dello splicing negli eucarioti.
Gli studi genetici nel lievito di birra hanno consentito l’identificazione di
proteine coinvolte in tutti questi processi.
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1.2.2 Fabbisogno energetico
Le cellule per accrescersi e riprodursi hanno bisogno di un pool di
intermedi glicolitici e di energia, quest’ultima deve essere disponibile
velocemente e localmente; ciò si realizza generalmente per idrolisi di
composti ad alto contenuto energetico ed attraverso il metabolismo
cellulare.
Le reazioni di ossido riduzione fanno parte delle reazioni biologiche che
producono energia e coinvolgono il trasferimento di elettroni da un
reagente ad un altro. Il donatore di elettroni, composto energetico ossidato,
cede uno o più elettroni che vengono trasferiti ad un accettore di elettroni
(composto ridotto). Uno dei più comuni accettori di elettroni degli
organismi viventi è la molecola di ossigeno.
Il trasferimento di elettroni da donatore a accettore in una cellula coinvolge
la partecipazione di uno o più trasportatori di elettroni. I trasportatori di
elettroni possono essere divisi in due classi generali: quelli liberamente
diffusibili, e quelli che aderiscono agli enzimi nella membrana
citoplasmatica. I trasportatori di elettroni liberamente diffusibili includono i
coenzimi NAD+ e NADP+. Questi sono trasportatori di atomi di idrogeno e
trasferiscono sempre due atomi di idrogeno al successivo trasportatore nella
catena. Il NAD+ è direttamente coinvolto nelle reazioni che generano
energia (cataboliche), mentre il NADP+ è coinvolto principalmente nelle
reazioni biosintetiche (anaboliche).
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L’energia libera rilasciata nelle reazioni di ossido riduzione viene
conservata nella formazione di alcuni composti biochimici ad alto
contenuto energetico, come l’ATP.
Le reazioni interessanti il substrato ed i vari coenzimi, che si legano
nell’accumulo energetico dell’ATP, sono catalizzate da parte di
macromolecole organiche complesse, secrete dai microrganismi, dette
enzimi, proteine altamente specifiche che funzionano da veri e propri
catalizzatori biologici e che si ritrovano immutate al termine della reazione
biologica.
In generale i lieviti metabolizzano cioè trasformano gli zuccheri semplici
attraverso due vie:
via aerobica: in presenza di ossigeno
via anaerobica in assenza di ossigeno.
In condizioni di aerobiosi cioè in presenza di ossigeno, i lieviti operano
quindi la respirazione trasformando gli zuccheri semplici in anidride
carbonica, acqua e massa cellulare. In condizioni di anaerobiosi (cioè in
assenza di ossigeno) i lieviti operano la fermentazione alcoolica
producendo alcool etilico e anidride carbonica oltre ad altri metaboliti
secondari responsabili delle caratteristiche organolettiche del prodotto
finito.
Nell’impasto avvengono entrambi questi metabolismi; nell’impasto
aerobio, cioè durante l’impastamento e la fase immediatamente successiva,
il lievito cresce e si riproduce molto rapidamente operando la respirazione.
Quando tutto l’ossigeno presente nell’impasto è stato consumato, le cellule
del lievito operano la fermentazione alcoolica cioè, da questo punto in
avanti, il Saccharomyces cerevisiae produrrà anidride carbonica ed alcool
etilico.