2lavorativa in un’impresa indipendentemente dal luogo in cui essa possa
essere localizzata.
L’Università, da sempre intesa come luogo di massima produzione del
sapere, deve riuscire a conciliare le esigenze sociali e culturali con quelle di
competenza e di professionalità, in virtù del significativo vincolo che si è
venuto a stabilire tra lo sviluppo economico, sociale e culturale di un Paese
e la qualità del suo sistema di istruzione superiore secondario.
Questa consapevolezza, che solo recentemente ha assunto una certa
consistenza in Italia, ha spinto i Paesi industrializzati ad avviare una serie di
programmi di intervento sui rispettivi sistemi di formazione, considerandoli
come un settore in cui investire un elevato ammontare di risorse finanziarie
a fronte di una futura maggiore ricchezza culturale (e non solo) dell’intera
Nazione.
Le numerose statistiche e gli innumerevoli studi effettuati, da qualche anno,
dagli organismi preposti hanno purtroppo individuato un enorme divario tra
il “prodotto” erogato dal sistema formativo italiano e quello proveniente
dalle maggiori Nazioni occidentali. Questo è il motivo che ha indotto il
governo italiano, da oltre un decennio, all’emanazione di piccole riforme
volte ad un riammodernamento più teorico che effettivo, del sistema di
istruzione superiore secondario quando già i sistemi formativi dei maggiori
Paesi europei erano più complessi e articolati.
Le indagini svolte hanno dimostrato che il gap relativo alla scarsa
qualificazione produttiva del nostro settore educativo deriva dalla
cristallizzazione di un sistema ancora troppo ancorato alle tradizioni
3culturali a fronte dei sistemi occidentali orientati all’innovatività e
competitività.
Alle tradizionali funzioni dell’Impresa-Università, produttrice di eredità
culturale, quali la Ricerca scientifica, la didattica e lo sviluppo sociale, i
suoi sempre più numerosi interlocutori richiedono il perseguimento di
nuove finalità sempre più collettive.
L’insoddisfazione generale per qualità del “prodotto” erogato ha implicato
la necessaria introduzione di nuove forme di controllo della gestione
attraverso una più chiara definizione degli obiettivi, che dalla dimensione
individuale passano via via a quella maggiormente sociale, e l’applicazione
di recenti sistemi di valutazione.
La complessità del “prodotto” universitario rende problematica la stessa
valutazione, richiamando una particolare attenzione nella lettura di
parametri puramente quantitativi che dovranno essere analizzati in virtù di
legami inerenti a metodologie qualitative, a loro volta da rileggere in base
ad una visione strategica.
Il tentativo di colmare il gap formativo rispetto ai maggiori partner
dell’Unione Europea non deve, però, tradursi in un tentativo di
“omogeneizzazione” del capitale umano, ma deve puntare alla competitività
senza snobbare la cultura tradizionale, fonte di ricchezza ereditata e di
identità nazionale, elemento strategico di differenziazione di un Paese.
I rapidi mutamenti da cui veniamo tempestivamente travolti rinviano ad una
profonda correlazione tra sviluppo tecnologico, economico e sociale e la
trasmissione della cultura, esigendo un’Università che sappia bilanciare le
4esigenze culturali dei formandi e quelle professionali delle imprese, che
richiedono giovani che oltre a sapere siano capaci di saper fare.
Il mondo del lavoro e le istituzioni si interessano alla qualità dei sistemi
organizzativi dell’Università rivolgendo particolarmente l’attenzione alla
valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei processi nonché della qualità
dei suoi risultati secondo una visione orientata all’attenzione dell’utente-
studente, alle componenti sociali ed istituzionali nonché alle esigenze dei
cittadini di un Paese.
Le metodologie di valutazione del sistema universitario dovranno tenere in
considerazione le problematiche derivanti dalla possibilità di rimanere
intrappolati in logiche puramente “esteriori”, e dovranno impiegare
parametri tali da permettere un’analisi flessibile alle esigenze di un mondo
in continuo mutamento.
La valutazione del sistema universitario dovrà, dunque, essere rivolta alla
determinazione di parametri, quali l’efficienza, relativi all’analisi del
bilancio economico-finanziario, ma in modo particolare dovrà individuare
dei parametri, quale l’efficacia, volti alla conoscenza del bilancio in termini
di valore, cioè in termini di equilibrio tra economicità e qualità del servizio
reso all’utente, senza tralasciare il fatto che la valutazione della qualità
dell’Università non può prescindere dalla considerazione di elementi
esclusivamente economici ma deve estendersi al valore che la stessa apporta
all’ambiente circostante, rappresentato non solo dagli studenti, ma anche al
mondo del lavoro, alle istituzioni, alle associazioni culturali, in altre parole
deve considerare il suo contributo in termini di “bagaglio di valore” della
Nazione.
5Il sistema formativo, la politica universitaria e la misura della
qualità
Capitolo 1
1.1 L’importanza del sistema formativo e della politica
universitaria
E’ a dir poco assurdo pensare che l’Italia, da sempre considerata come la
culla della civiltà, possa subire delle pesanti critiche per ciò che concerne il
suo sistema formativo.
A fronte della sua lunga tradizione culturale, che per più di due millenni ha
inciso sulla storia dell’umanità, una serie di ricerche effettuate da organismi
rilevanti, hanno denotato la scarsa capacità della recente classe dirigente
italiana di gestire efficacemente il settore educativo a fronte delle esigenze
derivanti dai mutamenti repentini che hanno sconvolto, e continuano a
sconvolgere, i sistemi economici, tecnologici e sociali delle Nazioni
occidentali.
La continua introduzione di nuove tecnologie ha, infatti, comportato
l’innovazione dei sistemi produttivi, facendovi seguire dei cambiamenti del
sistema generale di vita, incidendo sull’ambito sociale e culturale oltre che
su quello economico e spostando l’attenzione verso il settore formativo-
educativo, inteso come fattore strategico di innovazione e sviluppo nonché
elemento essenziale per la competitività di una Nazione.
Il sistema formativo, la politica universitaria e la misura della qualità
6
Come affermava Smith nel 1993, una delle ragioni per le quali l’università
e l’istruzione superiore sono sotto pressione è rappresentata dal fatto che
esse non sono più un elemento periferico della società e, pertanto, non si
può lasciare agli accademici la definizione del loro ruolo, del tipo di
persone da istruire e dei percorsi formativi da offrire .
.
Questo, in realtà, è ciò che avvenuto nella maggior parte dei Paesi
industrializzati, che, avendo intuito l’importanza che stava assumendo
l’istruzione superiore secondaria, hanno avviato delle politiche volte
all’adeguamento dei sistemi formativi.
La politica universitaria italiana invece è stata una politica nascosta, senza
autori, cristallizzata in una frammentazione strutturale dentro una rete di
relazioni di tipo burocratico-amministrativo, implicando il ritrovarsi
immobilizzati e inerti in periodi caratterizzati dal dovere di cambiamento a
fronte di cambiamenti.
La prima differenza che si può riscontrare tra l’Italia e i suoi partners
europei consiste nel fatto che mentre nel nostro Paese si continua a
discutere di “sistema universitario” e “politica universitaria” nelle altre
Nazioni si utilizza la comune espressione di “istruzione superiore”,
inglobando in questo concetto il complesso di istituzioni e dei percorsi
curriculari e formativi post-secondari
1
. La causa dell’utilizzo di espressioni
linguistiche differenti fa riferimento ai diversi percorsi storici che hanno
portato al sorgere nel resto dell’occidente di almeno un settore di istruzione
superiore non universitario, mentre in Italia si verificava una forte
omogeneità sistemica che ha fatto identificare il nostro sistema di istruzione
Il sistema formativo, la politica universitaria e la misura della qualità
7
superiore completamente nel sistema universitario, impedendo una qualsiasi
sostanziale differenziazione strutturale e/o funzionale. La differenziazione
strutturale e funzionale esisteva, seppure in maniera marginale, nel sistema
d’istruzione superiore creato a seguito dell’unificazione del Paese (in
quanto era stata introdotta una sorta di distinzione tra facoltà e scuole
tecniche per agronomi, farmacisti, architetti, etc.), ma si è successivamente
ridotta, fino ad attribuire alle scuole rango di facoltà, dopo gli anni trenta,
con la conseguenza dell’orientamento dell’intera domanda di istruzione
superiore verso l’Università, che, gravata di ulteriori compiti non facenti
parte della sua missione storica, si è dovuta adattare ad una domanda
fortemente diversificata senza possedere gli strumenti organizzativi per
potervi rispondere adeguatamente.
Tutto ciò dimostra la difficoltà del concepire e del fare politica universitaria
nel nostro Paese, soprattutto quando negli ultimi decenni i sistemi di
istruzione dei Paesi occidentali si sono trasformati da sistemi d’èlite in
sistemi di massa. L’eccessivo e imprevisto aumento delle iscrizioni
2
ha
messo in discussione i valori sedimentati, le pratiche quotidiane, la
distribuzione interna dell’autorità e i processi decisionali nonché le finalità
secolari, e ha condotto i partner europei alla creazione di articolati sistemi
di istruzione superiore, lasciando l’Italia nel gruppo delle nazioni in cui la
persistenza e la stabilità degli assetti istituzionali hanno prodotto delle
modificazioni scarsamente significative.
1
Gilberto Capano, La politica universitaria, società editrice il Mulino, edizione 1998
2
Si è passati da percentuali di studenti di età compresa tra 18-24 anni pari al 5% a percentuali tra il 25%
ed il 40%, toccando punte superiori al 50% in Paesi come Canada e Stati Uniti
Il sistema formativo, la politica universitaria e la misura della qualità
8
In realtà il problema è derivato da una scarsa visione della questione
universitaria e dell’istruzione superiore in termini di politica pubblica,
dovuta, particolarmente alla disattenzione degli studiosi di scienza politica
italiani, che pur essendosi interessati solo recentemente alle politiche
pubbliche hanno scarsamente considerato il fronte delle politiche educative
e dell’istruzione superiore.
La tesi assunta da alcuni studiosi insigni, maestri nello studio del sistema di
istruzione superiore (quali Clark Kerr e Burton Clark) della sostanziale
autonomia tra il settore educativo e quello politico è poco condividibile, in
quanto il sistema universitario adempie a delle finalità con connotati di
pubblicità
3
, e pertanto di politicità, che le attribuiscono la configurazione di
politica sui generis.
Una delle cause che hanno portato la politica universitaria italiana a
distinguersi da quelle degli altri Paesi europei è stata la mancata
convinzione da parte della pubblica opinione, nonché dei responsabili
politici, della politicità della questione universitaria, cioè la sua scarsa
salienza politica.
La salienza politica di una politica pubblica dipende dall’eventualità che
essa sia considerata significativamente rilevante da un grande numero di
soggetti, individuali e collettivi
4
, ed è particolarmente utile per capire le
modalità attraverso cui la politica pubblica viene trattata.
Essa può essere “misurata” prendendo in considerazione due dimensioni:
3
in quanto, come precedentemente esplicato, le sue finalità adempiono sempre più a degli interessi di
pubblica utilità
4
essa è pertanto una dimensione soggettiva delle questioni politiche e di policy fortemente legata alla
percezione pubblica; dunque è estremamente mutevole nel corso del tempo
Il sistema formativo, la politica universitaria e la misura della qualità
9
l’attenzione rivolta da parte dei mezzi di comunicazione di massa alla
selezione, presentazione ed interpretazione degli eventi connessi
all’istruzione superiore;
l’interesse manifestato dai partiti politici all’interno delle manifestazioni
elettorali.
Per ciò che concerne il primo indice, si può denotare una scarsa
partecipazione dei mass media agli eventi connessi al mondo universitario,
con l’esclusione dell’interesse rivolto nei confronti delle manifestazioni
studentesche e verso alcuni scandali legati agli esiti opinabili di alcuni
recenti concorsi universitari, dovendo però distinguere tra i mezzi di
informazione su carta, che dedicano un’attenzione seppure marginale ai
problemi del mondo universitario, e quelli televisivi, che si presentano
come totalmente indifferenti.
Il secondo indicatore rappresenta la misura con cui i partiti politici
includono le questioni relative al sistema d’istruzione nelle campagne e nei
programmi elettorali, in quanto “contenitori” delle principali linee guida
della politica pubblica da seguire in caso di vittoria. Considerando che i
programmi elettorali includono le questioni politicamente rilevanti
5
, si può
osservare come i partiti politici hanno sollevato la questione universitaria
soltanto recentemente, cioè durante il periodo di transizione del sistema
politico italiano, nella erronea convinzione dello scarso interesse da parte
degli elettori sull’issue universitaria.
5
poiché essi rappresentano gli strumenti per conquistare l’attenzione e la fiducia degli elettori