questo termine assume un carattere di specifica potenzialità. La
rivoluzione industriale infatti, con l’aumento del benessere economico e
dell’istruzione, con la richiesta sempre più pressante, attraverso i
sindacati e le cooperative, di partecipazione al mondo del lavoro, portò
ad un processo di trasformazione che, determinando un maggiore bisogno
di democrazia, vide nei gruppi delle “minoranze attive”.
Il gruppo è uno dei fenomeni della coesistenza umana e si definisce
sommariamente come “un insieme di individui in reciproco rapporto tra
loro in quanto portatori di determinati interessi o valori comuni, la cui
azione è rivolta al conseguimento di un comune fine”.
Il gruppo è dotato di una propria realtà vitale e quindi non è una semplice
convivenza casuale, provvisoria e informe, il gruppo non solo è un
fenomeno sempre presente ove vi sono gli uomini, ma si può dire che
tutte le fasi della vita dell’uomo sono caratterizzate da certe forme di
relazioni e quindi da certi gruppi. La distribuzione della popolazione in
gruppi sociali e le dimensioni, la diffusione e le caratteristiche dei gruppi
sono aspetti importanti della struttura di una società. La nostra è una
società estremamente articolata, una società plurale, seppur non sempre
pluralista, in cui è possibile costruire - inventare, mettere alla prova
nuove potenzialità sia sul piano delle relazioni, sia sul piano dei linguaggi
e dei sistemi dei segni. Ciò richiede però, intenzionalità, costruzione,
2
progettualità, ed è attraverso queste tre potenzialità che il singolo ed il
gruppo possono costituirsi come soggetto attivo di costruzione. La vita di
gruppo si configura sin dall’inizio della vita di ognuno di noi come una
necessità ed anche se questa propensione biologica non implica un’abilità
naturale a interagire facilmente con tutti i membri, la crescita dell’essere
umano include lo sviluppo di una serie di competenze che, per facilitare
l’integrazione sociale, mirano a consolidare ed accrescere i rapporti con
gli altri e ad aumentare la capacità di effettuare scelte che permettono di
trasmigrare da un gruppo all’altro. La nostra esistenza si svolge non
senza conflitti, nella dinamica tra la nostra identità personale che designa
ciò che ciascuno di noi pensa e sente di essere come individuo con
proprie caratteristiche peculiari, uniche e la nostra identità sociale che ci
identifica come appartenenti a uno o più gruppi: alcuni ristretti con
rapporti faccia - a - faccia, altri estesi come le appartenenze nazionali,
religiose, politiche. La nostra costruzione come persone procede quindi
dal piccolo gruppo familiare con le sue tradizioni e le sue modalità
affettive e relazionali, ai gruppi ristretti dei compagni di gioco, di scuola,
di squadra, di lavoro, fino ai grandi gruppi che sono le appartenenze
nazionali, religiose, etniche, politiche. La distinzione fra individuo e
gruppo, soprattutto nella cultura occidentale, è un nodo concettuale
intricato, poiché da un lato l’individuo è il prodotto di un gruppo a partire
3
dalla famiglia fino a giungere alla società di appartenenza, dall’altro la
vita di ciascun individuo è il confronto costante, il conflitto fra le sue
appartenenze e il bisogno di sentirsi unico e quindi di differenziarsi. Il
rapporto tra individuo e società con le sue continue interrelazioni
evidenzia che, se da un lato ogni individuo è profondamente influenzato
dal contesto in cui vive, dall’altro è ugualmente vero che egli è in grado,
attraverso l’appartenenza ai gruppi, di influenzare il proprio ambiente
sociale. I gruppi pertanto sono una forza di mutamento, sono dei
microcosmi da cui possono partire idee innovatrici e pratiche che
contribuiscono al progresso, ma anche idee eversive che portano al
regresso di intere civiltà. La scelta e l’appartenenza al gruppo è
determinata dalle dinamiche conflittuali che sono proprie dell’essere
umano e la presenza di molteplici gruppi in cui riconoscersi o di cui
liberarsi, ne sono la testimonianza.
2
La Psicologia sociale ha stabilito i seguenti criteri, a partire dai quali si
può parlare di gruppo; essi vengono così determinati:
ξ quando le relazioni tra i membri sono dirette come nel caso di
piccoli gruppi con interazioni frequenti faccia - a - faccia, o
indirette ma dense di significato di appartenenza come nelle
identità etniche, religiose, politiche;
2 G. Speltini, Stare in gruppo – Il Mulino, 2002, pp. 14-15
4
ξ quando il perseguimento di uno scopo comune prevede
l’interdipendenza fra gli individui e il coordinamento delle azioni
per il perseguimento degli obiettivi;
ξ quando c’è la consapevolezza da parte dei membri di far parte di
quel determinato gruppo;
ξ quando ci si riconosce parte di un gruppo e si è riconosciuti tali
anche dagli esterni.
Inoltre nel gruppo sono presenti i sentimenti associati all’appartenenza e
possono essere sia di tipo positivo (soddisfazione, gratificazione,
orgoglio) sia negativo come può avvenire nelle fasi che precedono
l’abbandono del gruppo; la durata nel tempo del gruppo infine determina
una struttura interna che prevede ruoli, norme e posizioni di potere. Un
gruppo dunque può essere definito come “una pluralità di individui che
sono in contatto reciproco, tengono conto gli uni degli altri e hanno
coscienza di avere in comune un obiettivo”.
3
Solitamente nelle definizioni di gruppo, presentate dagli studiosi di
Psicologia sociale per spiegare le condotte individuali, vengono distinti i
piccoli e i grandi gruppi: i piccoli sono gruppi poco numerosi e hanno
interazioni dirette e continue, i grandi gruppi invece, essendo di
dimensioni più estese, non consentono l’interazione e la conoscenza
3
G. Speltini, Stare in gruppo – Il Mulino, 2002, pp. 9-10
5
diretta fra tutti i partecipanti per quanto vi siano livelli di strutturazione
interna quali le norme, la leadership, i ruoli.
Un’altra differenziazione riguarda i gruppi primari e i gruppi secondari.
Nel primo le persone interagiscono direttamente e sono legate da vincoli
di tipo affettivo, sentono un forte senso di appartenenza e di lealtà nei
confronti del gruppo. Lo scopo del gruppo è di soddisfare i bisogni
sociali dei membri consentendo a ciascuno di esprimere ed integrare,
attraverso l’attività, i più diversi aspetti della personalità: il membro è
quindi la ragione d’essere del sistema, valendo - e - venendo dagli altri
accettato come persona, indipendentemente dalla propria efficacia
produttiva.
Nel gruppo secondario invece lo scopo è quello di raggiungere un
obiettivo specifico e limitato: il singolo membro è solo un mezzo per
raggiungere tale scopo e quindi vale ed è accettato dagli altri per quanto
può contribuire ad esso, l’individuo è solo un mezzo di produzione e
come tale viene valutato e la sua attività è vincolata ad un ruolo ben
precisato e limitato. Conseguentemente le relazioni di ruolo risultano
specifiche, limitate a ciò che è rilevante ai fini del raggiungimento dell’
obiettivo del gruppo: ciò che ciascuno fa e pensa interessa gli altri solo
nel caso abbia a che fare con l’obiettivo, i membri tendono quindi ad una
propria vita, ben distinta e indipendente da quella del gruppo e le
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relazioni tra i membri risultano impersonali, formali e distaccate, inoltre
l’atmosfera di gruppo risulta molto povera di calore affettivo.
Le linee di demarcazione non sono, comunque, così nette, poiché nella
realtà non è facile operare delle distinzioni, tra loro esiste un continuum
di situazioni intermedie ed il nostro senso di appartenenza ad un gruppo o
ad un altro può mutare sotto la spinta di eventi esterni e di percorsi
interni.
Nel quadro delle differenziazioni terminologiche inoltre, compare di
frequente la distinzione fra gruppi formali e gruppi informali: i primi
sono quelli che si formano sotto un’egida istituzionale che ne detta gli
obiettivi principali nel quadro di attività specifiche, come accade nelle
associazioni sportive, religiose, culturali; i secondi sono aggregazioni
spontanee, naturali, il cui scopo non consiste nel perseguimento di attività
specifiche, ma nell’intensità delle relazioni fra i membri. Il gruppo è un
organismo vivo che funziona in modo non semplicemente sommativo,
anche se le individualità che lo compongono non agiscono in maniera
indipendente, ma interagiscono fra loro. Queste interazioni mettono in
moto dei fenomeni dinamici che diversificano le posizioni individuali,
determinano i ruoli, le norme, la comunicazione. La vita di gruppo è
insomma un insieme di meccanismi e di regole che, pur diversificandosi,
presentano alcune costanti e la sua strutturazione e il suo funzionamento
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nel tempo costituiscono “l’impalcatura” che permette ad un gruppo di
esistere e di funzionare.
a) Lo status
In ogni gruppo esistono gerarchie, cioè posizioni diverse rispetto al
potere: lo status. Queste distinzioni fra le diverse posizioni di potere
compaiono molto rapidamente, fin dalle prime interazioni. Gli indicatori
principali che marcano lo status dei membri sono:
ξ la tendenza a promuovere iniziative proprie di chi ha uno
status più elevato;
ξ la valutazione consensuale del prestigio, cioè l’accordo di
giudizio riguardo lo status dei membri che può modificarsi
seguendo una logica posizionale, poiché se ad esempio un
membro di status elevato dovrà lasciare il gruppo, sarà
sostituito da un membro di status intermedio e non da un
membro di basso status.
Infatti il sistema di status, pur costituendo un aspetto strutturale, non è
qualcosa di inamovibile, poiché anche la vita di un gruppo è sottoposta al
cambiamento, alle trasformazioni, infatti non è detto che un membro si
accontenti della posizione che gli è accordata in un gruppo, egli potrà
sforzarsi di raggiungere una posizione più elevata, potrà riuscirci o meno
e sulla base dei risultati, potrà decidere se restare o se possibile andarsene
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dal gruppo. La differenziazione di status crea ordine e prevedibilità
all’interno del gruppo, coordina le varie forze in vista del raggiungimento
degli obiettivi ed è inoltre funzionale anche all’autovalutazione di ogni
membro che, nel confronto della propria posizione con quella degli altri,
matura la valutazione di sé e delle proprie aspettative riguardo alle
proprie capacità. La differenziazione di status prevede la presenza di un
leader, questi è la persona che può influenzare gli altri membri più di
quanto sia essa stessa influenzata.
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b) Il ruolo
Oltre alla gerarchia di status, nei gruppi esiste un’altra differenziazione
rispetto alla posizione occupata dai membri: il ruolo. Il ruolo è un
insieme di aspettative condivise circa il modo in cui dovrebbe
comportarsi un individuo che occupa una certa posizione nel gruppo. Il
concetto di ruolo non implica soltanto aspettative su come deve agire una
persona in una data posizione sociale nei confronti degli altri, ma anche
quelle relative a come gli altri devono agire nei confronti delle persone in
questione, per cui il ruolo può essere definito come “l’insieme di attività
e relazioni che ci si aspetta da parte di una persona che occupa una
4
G. Speltini, A. Palmonari, I gruppi sociali – Il Mulino, 1998, pp. 112-122
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particolare posizione all’interno della società, e da parte di altri nei
confronti della persona in questione”.
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L’aspetto di reciprocità, che riguarda i ruoli e che definisce le aspettative
sociali, ha la propria base nella cultura in cui essi vengono svolti, e
proprio perché il ruolo definisce un insieme di aspettative condivise, la
vita di gruppo, secondo R. Brown, risulta avere ordine e prevedibilità,
infatti, i ruoli servono a:
ξ facilitare il raggiungimento dello scopo di gruppo poiché
dividono il lavoro fra i vari membri;
ξ portare ordine e prevedibilità nel gruppo, in quanto si basano su
aspettative condivise;
ξ definire “chi sia” ciascuno all’interno del gruppo, cioè
contribuiscono alla nostra autodefinizione, alla consapevolezza di
ciò che siamo.
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c) Le norme
In ogni tipo di gruppo esistono delle norme, cioè dei limiti
comportamentali consentiti e non consentiti che riguardano i rapporti
interni ed esterni. Le norme sono scale di valori che definiscono ciò che è
accettabile per i membri del gruppo, sono un prodotto collettivo e non
5 G. Speltini, A. Palmonari, I gruppi sociali – Il Mulino, 1998, p. 124
6
G. Speltini, A. Palmonari, I gruppi sociali – Il Mulino, 1998, p. 123-133
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includono solo regole di comportamento, ma possono riguardare anche
modalità espressive come il gergo linguistico, l’abbigliamento, i
camouflages corporei (come tatuaggi, piercing), alcune pratiche
alimentari e salutiste. Le norme sono un elemento caratterizzante di tutti i
gruppi, sia di quelli informali o spontanei dove le norme sono dette
“volontarie”, cioè sono il prodotto collettivo dell’interazione fra i membri
e costituiscono una comunanza di comportamento e di espressione, sia di
quelli formali, dove le norme sono definite “istituzionali” perché stabilite
a priori da autorità esterne ed imposte, i membri potranno solo
modificarle gradatamente e limitatamente per non snaturare quel tipo di
organizzazione o di istituzione. Le norme possono essere implicite o
esplicite: implicite se, pur non espresse direttamente o dettate da
un’autorità esterna, hanno un’influenza importante sul comportamento
dei membri; esplicite se si riferiscono a regole ben formalizzate a volte
anche scritte; inoltre possono essere centrali o periferiche: centrali se si
riferiscono a regole fondamentali, tali per cui la loro trasgressione mette a
repentaglio l’esistenza stessa del gruppo; periferiche se si riferiscono a
regole più soft, più marginali. Le norme d’altra parte, non sono
unicamente il prodotto di un gruppo che lotta contro instabilità ed
incertezza, secondo D. Cartwright e A. Zander la costruzione delle norme
di gruppo assolve ad almeno quattro funzioni:
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ξ l’avanzamento del gruppo, cioè le norme sono necessarie perché
il gruppo raggiunga i suoi obiettivi;
ξ il mantenimento del gruppo: permettono cioè al gruppo di
preservarsi dall’estinzione;
ξ la costruzione della realtà sociale: assicurano al gruppo una
concezione comune della realtà;
ξ la definizione delle relazioni con l’ambiente sociale: permettono
di specificare le relazioni con l’ambiente sociale circostante, cioè
con altri gruppi, organizzazioni, istituzioni.
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Le norme comunque all’interno del gruppo cambiano perché i gruppi nel
tempo si trasformano sia per il ricambio di individui, sia per i mutamenti
del contesto sociale che inevitabilmente li influenzano.
La comunicazione, come scambio di significati, è uno degli elementi
costitutivi del gruppo e “questi scambi di significato, sempre presenti nel
gruppo, sono responsabili della sua unità e, di conseguenza, della sua
stessa vita: se venissero meno, gli individui si ritroverebbero isolati e il
gruppo non esisterebbe più. Mediante queste comunicazioni ininterrotte il
gruppo si crea una finalità comune, i suoi membri acquisiscono
atteggiamenti comuni e, opponendoli agli altri individui, rinforzano la
coesione di gruppo; le comunicazioni sono la trama, la causa e il riflesso
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G. Speltini, A. Palmonari, I gruppi sociali – Il Mulino, 1998, p. 141-144
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