2
sempre più pressanti, fino a indurmi a scegliere proprio la detenzione come
tema della mia tesi. In particolare ho scelto la detenzione femminile, forse
per il mio essere donna, forse perché fin dall’inizio mi sono accorta che
questa area della detenzione è purtroppo quella meno indagata e
considerata. La detenzione femminile è di fatti considerata come una
costola di quella maschile, senza una propria indipendenza. Sembra quasi
una beffa che neanche nelle ricerche condotte sulla detenzione la realtà del
carcere femminile abbia una propria autonomia, e venga considerata come
un fenomeno minore rispetto a quella maschile. Così, molti studiosi della
detenzione allargano i risultati di ricerche condotte nei carceri maschili a
quelli femminili, senza considerare le differenze di genere che
necessariamente esistono.
La tesi che vi presento è un’indagine sul mondo delle donne recluse,
indagine che a partire dagli scritti di queste ultime si pone come obiettivo
quello di isolare e far emergere i caratteri più particolari della realtà
carceraria, cercando di illustrare in maniera abbastanza dettagliata come il
carcere possa incidere sulla donna.
1. L’inizio del Percorso
Partire totalmente impreparata rispetto a questo argomento è stato per me
un punto di forza, poiché mi ha permesso di avvicinarmi alla detenzione
femminile senza nessun preconcetto teorico che potesse segnare già qualche
strada nella mia ricerca. Così mi sono avvicinata all’argomento inizialmente
leggendo soltanto gli scritti delle detenute, in modo da farmi guidare da loro
lungo tutto il percorso. Solo dopo questo fondamentale passaggio ho
cominciato ad isolare quegli elementi che dai testi emergevano con più
3
forza, quegli elementi che appaiono come centrali negli scritti di chi vive
recluso. Ed è proprio dalle testimonianze dirette delle donne recluse che mi
sono lasciata guidare anche per cercare quei riferimenti teorici che
potessero aiutarmi a dare un senso a quello che leggevo. Ho tentato di non
forzare la scelta del materiale per dimostrare personali intuizioni, ma
piuttosto ho cercato, per quanto mi è stato possibile, di attenermi a ciò che
emergeva dai testi delle donne. La scelta degli argomenti trattati nei vari
capitoli è quindi relativa all’importanza che questi assumono negli scritti
del carcere, mentre argomenti che normalmente compaiono in ricerche sulla
detenzione (ad esempio la violenza) non sono stati considerati in questa tesi
poiché non sono risultati centrali nel materiale utilizzato.
2. Il Materiale Utilizzato
Quando ho deciso di affrontare questo argomento la prima scelta che mi
sono trovata a dover compiere è quella relativa su come svolgere la mia
indagine, in particolare il problema è stato scegliere il materiale da cui
partire. Dalle prime ricerche su internet e nei libri consultati mi sono
accorta fin dall’inizio della grande quantità esistente di testi prodotti dalle
donne detenute. Ho cominciato a leggerne qualcuno e mi sono accorta di
come questo materiale fosse pieno e ricco di informazioni e spunti su cui
poter riflettere. Ed è da qui che è nata l’idea di utilizzare i testi scritti per
conoscere questo mondo. Attraverso questi testi sono le stesse donne che
scrivono a guidare l’intera indagine, sono loro che scelgono i temi e i
contenuti.
C’è da aggiungere che fin dall’inizio del percorso ho pensato e sperato di
poter avere un contatto diretto con il mondo del carcere, per far si che
4
questo non rimanesse legato alla sola mia immaginazione. Soprattutto avrei
voluto approfondire alcuni elementi importanti che sono emersi durante la
ricerca attraverso intervite create da me. Purtroppo non è stato possibile
poiché, nonostante io abbia tentato di avere un contatto diretto con le
detenute, la procedura che mi è stata sempre presentata si è rivelata troppo
lunga e complessa. È per questo che sono stata costretta ad abbandonare
questa possibilità.
Il materiale utilizzato ha origini varie, questo per avere un più ampio
ventaglio di possibilità di conoscenza perché, come vedremo più avanti, la
scrittura in carcere ha più facce, e ognuna di esse ha i propri caratteri
peculiari.
Innanzitutto ho utilizzato materiale proveniente da progetti realizzati
all’interno delle strutture femminili, progetti che in particolare si realizzano
attraverso laboratori di scrittura. In varie carceri italiane si organizzano
attività di scrittura, che permettono alle donne recluse di esprimersi,
toccando talora temi molto personali fino a giungere ad una profonda
riflessione su di sé.
“Davanti a me è caduto il cielo” è un volume che raccoglie scritti in prosa
ed in versi delle donne detenute nella casa circondariale femminile di
Pozzuoli. Scritture intense e appassionate , nate da un lavoro di tre anni
svolto dalle insegnanti del Carcere e dal gruppo di ricerca di soggettività
femminili della Biblioteca Nazionale di Napoli, intorno ad un progetto di
costruzione del sé, analizzando i percorsi e le deviazione che
accompagnano questo difficile processo.
“Voci da dentro” è un volume che raccoglie gli scritti delle donne recluse
nel Carcere di Bergamo. I testi, storie di vita che toccano svariati argomenti,
sono stati prodotti durante laboratori di scrittura organizzati da Adriana
Lorenzi e il Coordinamento donne della Cisl di Bergamo.
5
Accanto a questo tipo di materiale ho utilizzato quello relativo ai periodici
che vengono prodotti all’interno del carcere. Così come i laboratori di
scrittura anche le redazioni di giornali sono una realtà presente nelle carceri
italiane. I temi trattati su questi periodici sono i più disparati, si passa dai
racconti di vita ai problemi giudiziari passando attraverso una miriade di
altre questioni.
“Zona 508” è un periodico nato come “Periodico interno della sezione
femminile del carcere di Verziano” è oggi diventato “Giornalino degli
istituti di pena bresciani”. Per i primi anni questo è stato un periodico scritto
soltanto da donne, oggi invece c’è una collaborazione con una redazione
costituita da detenuti uomini. Inoltre le redazioni interne sono seguite e
appoggiate anche da una redazione esterna. Il primo numero del giornale
risale al giugno 2001, e fin dall’inizio vengono create sia la versione
cartacea, che quella Web. La versione cartacea è distribuita gratuitamente a
Brescia a detenuti, volontari, personalità politiche e giuridiche. La versione
web è invece consultabile sul sito (http://www.act-
brescia.com/508/index.htm) dove sono disponibili e scaricabili tutte le
pubblicazione fatte fin’ora. Il sito è molto semplice e sobrio, al suo interno
è possibile trovare solo il periodico, senza informazioni di altro genere.
“Ristretti orizzonti” è un bimestrale tra i più importanti e conosciuti del
settore, è la rivista del “Carcere Due Palazzi di Padova” e dell’ Istituto
penale femminile “La Giudecca di Venezia”. Il giornale nasce in versione
cartacea dal 1998 ed ottiene da subito un grande successo, con duemila
copie a bimestre diffuse in Italia e all’estero. Le copie vengono imbustate
nell’istituto e poi spedite a enti locali ed istituzioni, ma anche a privati,
biblioteche, scuole e studi legali. Dal settembre 2001 la rivista è disponibile
anche online sul sito www.ristretti.it , con 3000 pagine di ipertesto e una
media di 5000 contatti al mese. Più che un sito, www.ristretti.it si può
definire un vero e proprio portale, con migliaia di pagine alle quali è
6
possibile accedere a dei link ai quali è possibile collegarsi. “Ristretti” , oltre
alle pagine scritte dai detenuti, ospita al suo interno diverse sezioni, tutte
comunque dedicate al carcere, come la “Rassegna Stampa”, il “Glossario” o
le “Aree di studio”. Un’area del sito assolutamente innovativa è quella delle
“Pagine salvagente”, che propongono una mappa degli indirizzi utili contro
l’esclusione sociale, nella quale vengono indicati i recapiti di cooperative,
di centri per il reinserimento lavorativo, per l’assistenza sanitaria e di
diversi sportelli informativi, per aiutare i detenuti anche dopo che sono
usciti dal carcere.
Proprio dal portale in questione ho preso il termine con cui definirò spesso
le donne detenute. La parola “Ristretti” sarà quindi una scelta consapevole e
ponderata. Mi è sembrato giusto infatti, utilizzare una parola del loro gergo
per indicare la loro condizione di reclusione.
3. I Limiti
Scegliere testi scritti da detenute per analizzare la detenzione mi ha
permesso di conoscere questa realtà senza filtri, o perlomeno solo attraverso
i filtri delle stesse detenute. La scelta però del materiale scritto porta con sé
anche dei limiti importanti, soprattutto perché permette di entrare in
contatto solo con chi scrive. Questo ovviamente consente solo una lettura
parziale della realtà carceraria.
Innanzitutto bisogna infatti considerare che un gran numero di detenute
nelle carceri italiane è costituito da donne straniere, donne che quindi
conoscono poco o nulla della nostra lingua. Per questo motivo questa fetta
della popolazione carceraria è tagliata fuori dalla mia indagine. Per quanto
alcune caratteristiche emerse possano essere considerate valide anche per
7
questa porzione di donne recluse, ci sono alcune differenze fondamentali
che caratterizzano queste donne e che non sono contemplate in questa tesi.
Le donne straniere vivono la condizione della detenzione in maniera ancora
più estrema. Sono donne che vivono oltre che l’emarginazione dal mondo
esterno anche un’emarginazione all’interno stesso del carcere dovuto alla
loro cultura. Se si conosce poco o per nulla la lingua italiana si deve
rinunciare anche a quelle poche opportunità che il carcere fornisce. Si pensi
ad esempio alla funzione fondamentale che hanno le domandine in carcere,
e a come possa essere difficile per una donna straniera compilare questi
moduli. Ma anche più semplicemente si pensi alla difficoltà di vivere con
persone che non si capiscono e che non capiscono. Inoltre gli affetti sono
vissuti in maniera ancora più drammatica dato che molte delle detenute
straniere non hanno la famiglia vicina con cui poter avere contatti, e sono
quindi totalmente isolate. Anche la convivenza diviene ancora più
complessa laddove c’è la necessità di adattarsi ad una cultura (anche
alimentare ad esempio) che non è la propria. Riguardo questo argomento,
comunque, non c’è la possibilità in questa sede di fare riflessioni basate su
dati direttamente ottenuti da queste donne visto che quello che si sa in
merito è relativo a testimonianze che non sono delle dirette interessate.
Bisogna anche considerare che i laboratori e le redazioni sono attività che
non tutte le detenute hanno a loro disposizione. Infatti queste realtà non
sono vive in tutte le carceri italiane, ma sono presenti sono in alcuni
contesti. Così c’è chi è più fortunato e sconta la sua pena in un istituto che
gli offre delle reali opportunità di rielaborazione della propria esperienza,
anche attraverso questo genere di attività. Non a tutti, però, è data questa
opportunità, e ci sono anche da considerare le testimonianze mai scritte di
tutte le detenute che non compariranno in questa tesi.