5
1.1 La nozione di imputabilità
“Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo
ha commesso, non era imputabile.
E’ imputabile chi ha la capacità di intendere e di volere”: con queste parole si esprime il codice
penale italiano del 1930 all’articolo 85 nel definire il concetto di imputabilità penale.
L’imputabilità costituisce una qualificazione giuridica soggettiva, uno status dell’autore di reato, che
coincide con la capacità di intendere e di volere. Tale condizione consente l’ascrizione al soggetto
agente, della responsabilità del fatto legalmente previsto come reato e comporta la sottoponibilità
alla pena stabilita per il reato commesso. L’imputabilità costituisce, la prima condizione per
esprimere la disapprovazione soggettiva del fatto tipico e antigiuridico commesso dall’agente
2
.
L’articolo 85 del codice Rocco, fissa i presupposti dell’imputabilità nella capacità di intendere e
nella capacità di volere, le quali devono essere entrambe presenti al momento della commissione del
fatto. Parte della dottrina, facendo leva sulle più recenti acquisizioni della psicologia, nega la
possibilità di distinguere concettualmente la capacità d’intendere da quella di volere, poiché “si
tratterebbe di momenti coessenziali nella definizione della psiche umana”
3
, la quale andrebbe
considerata nella sua unità sostanziale.
Si ritiene però fondamentale procedere alla distinzione tra i due requisiti, conformemente
all’insegnamento tradizionale.
La capacità di intendere consiste nell’attitudine e nella capacità del soggetto agente di rendersi conto
del valore sociale delle proprie azioni e di comprendere il significato del proprio comportamento,
valutando le possibili ripercussioni sui terzi. La capacità di volere, secondo elemento
dell’imputabilità, riguarda la capacità del soggetto di autodeterminarsi, di controllare gli impulsi ad
agire sulla base di una concezione di valore.
Affinché l’imputabilità sussista, occorre il concorso dell’una e dell’altra capacità: se una sola di esse
manca, il soggetto non è imputabile. Inoltre, il difetto di uno dei due presupposti dell’imputabilità,
rende impossibile l’applicazione della pena al soggetto agente
4
.
Il disposto dell’articolo 85, vincola dunque l’imputabilità all’esistenza della capacità di intendere e
di volere; pertanto è d’obbligo escludere eventuali altri presupposti attinenti ai diversi aspetti della
personalità dell’agente. Infatti, come ha rilevato anche la giurisprudenza
5
, è fondamentale che le
2
G. Fiandaca - E. Musco, Diritto Penale, Parte Generale, Bologna, Zanichelli, V edizione, 2007, pag. 292
3
G. Lattanzi - E. Lupo, Codice Penale, Rassegna di giurisprudenza e dottrina, vol. 3°, libro 1°, Milano, 2000, pag. 2
4
A. Crespi, voce Imputabilità, in Enciclopedia del Diritto, vol. XX , Giuffrè, Milano, 1970, pag. 772
5
Cass. 17 novembre 1967, in Cass. Pen. Mass. Ann. 1968, pag. 1089, nella quale si precisa che dalla nozione di vizio di
mente esulano tutte quelle anomalie che, pur influendo nel processo di determinazione, non siano conseguenti ad uno stato
patologico suscettibile di escludere o diminuire la capacità di intendere e di volere
6
capacità di intendere e di volere sussistano congiuntamente; di conseguenza ogni altra e diversa
facoltà psichica e le relative anomalie, non spiegano alcuna influenza sull’imputabilità. Tali
affermazioni, come vedremo nel seguito della trattazione dell’argomento, necessitano di
un’importante rivisitazione alla luce dei più recenti orientamenti giurisprudenziali.
1.2 Crisi del tradizionale concetto di imputabilità
Nel corso dell’ultimo trentennio sono emerse tendenze culturali che hanno avuto l’effetto di rendere
più problematica ed incerta la distinzione tra soggetti imputabili e soggetti non imputabili
6
. Inoltre il
sempre più conflittuale rapporto tra sapere scientifico e diritto penale, ha contribuito all’entrata in
crisi del concetto tradizionale di imputabilità.
Sul tema dell’imputabilità, gli psichiatri forensi, specie nell’ultimo decennio, hanno abbracciato
posizioni molto contrastanti, aventi come conseguenza diretta il raggiungimento di differenti
orientamenti in relazione ad una stessa fattispecie concreta. Per fare un esempio a noi vicino, si
consideri il famoso caso di Luigi Chiatti, soprannominato il “mostro di Foligno”, il quale è stato
alternativamente valutato come capace di intendere e di volere o come infermo di mente nelle
diverse fasi del giudizio.
Il raggiungimento di questi opposti risultati, ha accresciuto la problematica dell’imputabilità penale,
tanto da arrivare a proporre l’eliminazione della stessa come categoria giuridica
7
, sostenendo altresì
di voler abolire la distinzione tra soggetti imputabili e soggetti non imputabili, in quanto tutti gli
autori di reato dovrebbero essere comunque considerati capaci di intendere e di volere
8
.
Naturalmente è impensabile rinunciare al concetto dell’imputabilità, “ il problema è semmai quello
di procedere ad una sua ridefinizione attraverso la valorizzazione delle più aggiornate acquisizioni
scientifiche ”
9
.
Al concetto di imputabilità si deve riconoscere un ruolo cardine nell’ambito del diritto penale, ma
spesso per la sua definizione si è fatto ricorso al suo opposto: inimputabilità, la quale entra in gioco
in assenza delle capacità di intendere e di volere.
Recenti posizioni della scienza psichiatrica forense, hanno teso ad una progressiva apertura del
concetto di imputabilità, in considerazione del fatto che gli articoli 85 e seguenti del codice penale
6
G. Fiandaca - E. Musco, op. cit., pag. 294
7
D.D.L. n. 117 del 29 settembre 1983 che assumeva come punto di partenza una posizione di radicale rifiuto di ogni
valutazione psichiatrica sull’imputabilità, seguito dalla proposta di legge n. 151 del 9 maggio 1996 da parte del deputato
Corleone
8
Progetto di riforma di cui al DDL del 29 settembre 1983 cit., secondo cui il disturbo psichico dovrebbe avere rilievo solo in
sede di esecuzione della pena
9
G. Fiandaca - E. Musco, op. cit., pag. 295
7
sono rimasti invariati da più di settant’anni, periodo durante il quale la scienza psichiatrica si è
largamente modificata. Si è così arrivati ad affiancare al tradizionale riferimento all’infermità di
mente, l’espressa menzione di “altro grave disturbo della personalità ”
10
.
1.3 Il problema dell’imputabilità nel diritto comparato
La struttura e l’oggetto del giudizio di imputabilità per infermità mentale è un problema che
interessa anche gli altri paesi a livello europeo ed extra-europeo. Il rapido sviluppo delle conoscenze
psichiatriche e psicologiche in tema di malattia mentale ha riproposto la necessità di un adeguamento
dei diversi ordinamenti penali, in virtù dell’importanza della stretta collaborazione tra diritto penale
e scienze psichiatriche. Tra le modifiche che si sono volute attuare, c’è stato chi ha proposto
soluzioni radicali, quale ad esempio quella estrema della abolizione della stessa imputabilità penale,
da più parti invocata come la scelta migliore, ma nello stesso tempo criticata da molti altri paesi,
quali la Spagna, il Portogallo e la Repubblica Federale di Germania, dove rispettivamente nel 1983,
nel 1982 e nel 1975, la disciplina in tema di irresponsabilità del malato di mente è stata modificata
11
.
Per poterne cogliere le tendenze evolutive, è importante fare riferimento alle diverse legislazioni
penali vigenti, le quali hanno optato per tre metodi fondamentali di giudizio dell’imputabilità penale:
quello puramente patologico o biologico puro, quello psicologico o normativo e quello c.d. misto o
biologico-psicologico. Nonostante molti tentativi, questi non sono risultati sufficientemente capaci
di risolvere i numerosi problemi lasciati irrisolti in tema di imputabilità.
Con particolare riferimento ai tre diversi criteri sopra elencati, si può agevolmente osservare che,
mentre il collegamento tra malattia mentale e incapacità psichica del soggetto, con riferimento al
fatto di reato, rappresenta il nucleo centrale d’indagine del metodo misto
12
, il modello
psicopatologico punta la propria attenzione sulla malattia mentale, la cui diagnosi dovrebbe essere il
dato determinante dell’esclusione dell’imputabilità del soggetto.
È possibile così ottenere la c.d. costruzione a due piani dell’imputabilità penale
13
, nella quale un
primo piano attiene al profilo psicopatologico relativo all’accertamento del disturbo psichico, cui
segue un secondo piano di giudizio che si propone essere di tipo normativo, poiché riguarda la
rilevanza giuridica da riconoscere ad un tale disturbo psichico sulla base di quanto questo abbia
inciso sui processi intellettivi e volitivi dell’imputato. Quest’ultimo piano manca, invece, nel metodo
10
Gli eventuali disturbi di personalità da cui possono essere affetti alcuni autori di reato, non sono ancora considerati
significativi ai fini forensi. Il soggetto con disturbi di personalità sarebbe perciò imputabile
11
M. Bertolino, L’imputabilità e il vizio di mente nel sistema penale, Giuffrè, Milano, 1990, pag. 144
12
Così in Italia e, ad esempio, nella Repubblica Federale di Germania, per cui, secondo tale metodo, non basta
l’accertamento positivo del disturbo mentale, ma occorre altresì stabilire l’incidenza di esso sulla capacità di
discernimento e volontà del soggetto
13
M. Bertolino, op. cit., pag. 145