Pubblicità per il progresso sociale
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persuasione, esaminando il tema della persuasione subliminale.
Il terzo è il capitolo più significativo della mia tesi. In esso ho cercato di definire il
fenomeno della pubblicità non profit, che in Italia si è imposto negli anni Settanta, in
un periodo di crisi economica e di forti contestazioni verso la società dei consumi e
verso la pubblicità in particolare. La prima parte del capitolo è rappresentata dalla
pubblicità sociale, certamente la più nota forma di pubblicità non commerciale. Essa
è nata e si è sviluppata per iniziativa di organismi privati, i quali si sono posti
l’obiettivo di adottare le tecniche pubblicitarie per creare e ampliare l’area di
consenso su tematiche di pubblica utilità nell’interesse collettivo. Successivamente
mi sono concentrato sull’esperienza di Pubblicità Progresso, l’istituzione voluta dalla
pubblicità italiana nelle sue diverse articolazioni, per promuovere campagne aventi
finalità sociali. Essa rappresenta una tappa importante, forse la più importante,
dell’impiego della pubblicità per finalità di pubblica utilità. Quindi, ho introdotto i
temi trattati da codesta associazione, e i criteri fondamentali per la scelta di tali temi.
Il capitolo si conclude sottolineando l’importanza della Pubblicità Pubblica, che ha il
compito di rendere trasparenti le attività dell'Amministrazione Pubblica.
Il quarto capitolo, infine, descrive le caratteristiche delle campagne per la
prevenzione. La maggior parte delle campagne pubblicitarie di tipo sociale può
essere ricondotta al tema della prevenzione di comportamenti cosiddetti a “rischio”.
Purtroppo, l’idea intuitiva, secondo la quale un’informazione corretta induce le
persone a modificare il comportamento in direzione coerente con le nuove
informazioni, non risulta sempre sostenuta dai fatti. E’ per questo, che, nell’ultima
parte della tesi ho esaminato il ricorso alla paura. Quando la persuasione ha come
obiettivo quello di indurre pratiche sane di vita, quando cioè riguarda l’ambito della
salute, viene sovente utilizzata una strategia che fa ricorso all’attivazione di paure.
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CAPITOLO PRIMO
La nascita della pubblicità moderna
Oggetto di questo capitolo è la Pubblicità moderna, che presenta aspetti ben
lontani dalle sue forme primitive, risalenti alle prime attività di scambio diretto tra gli
uomini, quindi essenzialmente alle esigenze di far conoscere le merci disponibili per
il baratto1.
La nascita della pubblicità moderna è strettamente legata all’avvento del
sistema produttivo industriale e alle grandi innovazioni strutturali che hanno
modificato radicalmente l’assetto economico a partire dalla seconda metà del XIX
secolo. Produzione e vendita di massa obbligano le aziende a fare ricorso alla
pubblicità per raggiungere i consumatori, sempre più distaccati dai luoghi di
produzione, per far conoscere loro i prodotti, per creare un mercato di proporzioni
analoghe ai volumi produttivi e orientarlo attraverso una serie di interventi tra i quali,
appunto, la comunicazione. Strumenti ideali per le esigenze di comunicazione delle
imprese sono i mass media, il cui prodigioso sviluppo è strettamente connesso agli
stessi fattori da cui è scaturito il nuovo volto dell’economia moderna.
Le prime forme documentabili di inserzioni pubblicitarie sulla stampa
risalgono al 1630, con la creazione a Parigi, da parte di Thèophraste Renaudot , del
“Bureau d’Adresse ” , la prima agenzia di piccoli annunci. Lo stesso Renaudot
cominciò poi ad ospitare annunci pubblicitari su “ La Gazzette” ( poi “Gazzette de
France” ) da lui fondata nel 1631. Ma è nel momento in cui la comunicazione di
massa si afferma come tale che la pubblicità assume il suo volto moderno,
diventandone una componente indissolubile, per sua capacità di contribuire con
grande efficacia alla creazione della domanda di massa. Appare, quindi, evidente
l’aspetto economico della pubblicità nella vita delle imprese: integrarne l’attività
1
Cfr. ZANACCHI ADRIANO, La pubblicità,potere di mercato, responsabilità sociali, Lupetti
editore, 1999.
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creando un collegamento efficace col mondo del consumo, capace di far conoscere
ciò che esse offrono sul mercato e di stimolare quantità e continuità della domanda in
rapporto alle loro capacità produttive. Dopo l’avvio che avrebbe visto in Renaudot un
pioniere assoluto, l’intesa tra pubblicità e stampa crebbe rapidamente; si ritiene che
sia stato Emile De Girardin a consacrarla in modo sistematico, seguendo un principio
secondo cui era dovere dell’inserzionista pagare il giornale; questa è appunto la
genesi della pubblicità moderna. E se oggi essa è per molti sinonimo di euforia, di
gioia di vivere, di successo, la sua nascita è legata ad una coraggiosa sfida
intrapresa, appunto, dal giovane De Girardin2 di inserire regolarmente i messaggi
commerciali nel suo giornale. Questi è il primo che intuisce che l’apporto degli
introiti pubblicitari può consentire la parziale copertura dei costi e la drastica
riduzione del prezzo di vendita. Abbattendo così il costo dell’abbonamento, egli
inventa un “circolo virtuoso” che consente di favorire la diffusione del giornale, di
accrescerne il valore come veicolo pubblicitario, di aumentare i guadagni, e con
questi anche gli utili dell’impresa. E’ in questo modo che la pubblicità si avvia a
diventare un elemento essenziale nella vita delle aziende editoriali, e
successivamente di quelle radiofoniche e televisive. Con la storica decisione di Emile
De Girardin comincia un sistematico e sempre più stretto rapporto tra pubblicità e
grandi strumenti di comunicazione: nasce così il giornale di massa, primo atto del
grande fenomeno della comunicazione di massa che sarà poi alimentato da altri
grandi strumenti, soprattutto dalla radio e dalla televisione, destinato a dominare la
vita della società contemporanea. E attraverso tali strumenti anche la pubblicità si
affermerà come fenomeno di massa.
Giornale di massa e pubblicità moderna, in realtà, nascono assieme, nel
momento in cui l’evoluzione scientifica, tecnica ed economica aprono una nuova
epoca nella storia dell’umanità. La pubblicità moderna costituisce, infatti, una
naturale conseguenza del sistema produttivo industriale e della moderna economia di
mercato, della produzione e della vendita di massa, delle grandi innovazioni
strutturali che hanno modificato radicalmente l’assetto economico a partire dalla
seconda metà del XIX secolo.
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Siamo in Francia, nel luglio del 1836, dove Emile De Girardin, giornalista-editore, ha da poco
fondato un quotidiano che si intitola “ La Presse”.
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Nelle epoche passate, la pubblicità come oggi è concepita era impossibile per
la mancanza dei grandi mezzi di comunicazione e delle stesse tecniche di
realizzazione dei messaggi, ma soprattutto non era necessaria. Nel momento in cui la
produzione e la vendita diventano “di massa”, con un enorme ampliamento delle
economie nazionali e mondiali ed infiniti compratori, le aziende sono obbligate a fare
ricorso alla pubblicità come mezzo di informazione e di pressione per raggiungere
direttamente i consumatori. Tutto ciò trasforma la pubblicità da strumento marginale
a elemento indispensabile della strategia imprenditoriale.
1. La pubblicità in Italia
In Italia, nella prima parte del XX secolo, la presenza e il ruolo della pubblicità
non erano certo stati secondari. I forti legami con le avanguardie artistiche e con la
sperimentazione legata al design, il rapporto intenso e produttivo con la radio, l’uso
delle tecniche pubblicitarie da parte del regime fascista hanno costituito certamente
dei momenti di evoluzione e di sviluppo. Già sul finire dell’Ottocento, anche in
Italia, le tecniche di stampa erano sufficientemente progredite da consentire la
nascita di riviste e di officine grafiche altamente specializzate, capaci anche di
stampe di grandi dimensioni. Fino ad allora, la Rèclame3 aveva trovato spazio
soprattutto sui giornali e sui periodici e, per quanto si trattasse di un settore ancora
giovane, iniziava già a delinearsi una certa articolazione del mestiere che passava
soprattutto per la concessionarie pubblicitarie4, le quali, oltre a vendere spazi sulle
pubblicazioni, offrivano ai clienti anche il servizio creativo, avvalendosi della
collaborazione di giornalisti, scrittori e illustratori5. In altri paesi, soprattutto in
3
Termine attualmente adoperato per indicare la pubblicità ottocentesca e del primo Novecento. Verso
la metà del XIX secolo, la parola rèclame, affidandosi quasi sinonimicamente al termine francese
publicitè, all’inglese advertising, all’italiano pubblicità, iniziò ad essere impiegata non solo in Francia
ma anche negli altri paesi europei per designare la comunicazione persuasiva a fini commerciali.
4
La prima concessionaria, attiva ancora oggi, fu fondata a Milano da Attilio Manzoni nel 1863.
5
Cfr. ABRUZZESE ALBERTO e COLOMBO FAUSTO, Dizionario della Pubblicità. Storia
tecniche e personaggi. Zanichelli editore, 2002.
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Francia, già da diverso tempo si era affermato il manifesto come principale strumento
di comunicazione pubblicitaria. Strettamente connesso allo sviluppo delle metropoli
che andavano progressivamente modificando e ampliando lo spazio sociale degli
individui, esso si inseriva perfettamente nel contesto urbano, andandone a modificare
lo spazio e la struttura abituale e creando un forte elemento di attrazione anche in
virtù del fascino esercitato dal colore. Esso aveva inoltre assunto una forma propria,
trovando nella stilizzazione delle immagini e nell’armonizzazione di queste con il
testo verbale, costituito da frasi molto brevi o da titoli, i propri elementi peculiari.
Non si trattava più di quadri stradali, ma di nuovi soggetti comunicativi, ideati e
creati per inserirsi nella scena della città, per interagire con essa. L’eco del grande
successo del nuovo strumento pubblicitario arrivò anche in Italia e ben presto iniziò a
diffondersi e a divenire in breve tempo una forma di comunicazione molto sviluppata
e con caratteristiche proprie, soprattutto per merito delle officine grafiche Ricordi di
Milano, che nel 1890 costituirono la Sezione creazione e stampa manifesti, la quale
strinse relazioni frequenti e costanti con i migliori e più attivi cartellonisti italiani.
Nel 1903, Leonetto Cappiello realizzò per il cioccolatino Klaus un manifesto molto
particolare, dotato di una decisa originalità e di una forte carica innovativa. Egli non
si limitò a progettare soltanto qualcosa capace di attirare l’attenzione del pubblico,
grazie al sapiente gioco di contrasti cromatici e dei chiaroscuri, ma creò anche una
nuova modalità espressiva che comunicava attraverso una sola immagine l’essenza
stessa del prodotto e la rendeva memorabile. E’ il “manifesto marchio”, una
concezione straordinariamente avanzata del cartellone pubblicitario, tanto utilizzata
da divenire in seguito un format caratterizzante della grafica pubblicitaria italiana6.
Se i manifesti di inizio secolo risentivano delle influenze delle principali
tendenze artistiche dell’epoca, fu il movimento futurista a intuire pienamente le
potenzialità della pubblicità, giungendo a teorizzarne l’innovatività e ad assumerla
come forma artistica, l’unica in grado con la sua spavalda e ottimistica gioiosità di
marciare al passo dell’industria, della scienza, della politica e della moda.
6
Cfr. Fig.1