INDICE 4
Figura 1: a) Risposta dei dispositivi SCD alla variazione di energia irrag-
giata: si nota una mancanza totale di effetti di memoria. b) Stabilita` della
fotorisposta del rivelatore; viene riportato il segnale ottenuto in circa dieci
minuti di irraggiamento con un dose rate costante di 5 Gy/min
Il risultato forse piu` sorprendente e` quello relativo alla dipendenza dei rive-
latori SCD dal rateo di dose:utilizzando fotoni da 10 MV e` stata fornita una
dose costante di 1Gy ad un dispositivo posizionato sia al di sotto di uno spes-
sore d’acqua di 2,4 cm che di 10 cm utilizzando tutti i ratei di dose disponibili
con un accelleratore Varian,da 1Gy/min fino a 6Gy/min[1][2]. Analizzando
la variazione percentuale della carica misurata rispetto al valore medio per
entrambe le profondita` (Fig. 2) non si osserva alcuna dipendenza dal rateo di
dose e le fluttuazioni dello 0, 5% sono attribuibili alla modalita` di erogazione
dell’accelleratore[1][2]. Questa indipendenza dal rateo di soe permetterebbe
di effettuare misure dirette di dose senza dover apportare correzioni come av-
viene solitamente per dosimetri commerciali in silicio e diamante naturale.Dal
punto di vista applicativo l’indipendenza dal rateo di dose e` una caratteri-
stica fortemente auspicabile per un dosimetro per radioterapia in quanto lo
rende adatto all’impiego in tuta la gamma di irragiamenti,da quelli a basso
rateo (I.e. brachiterapia), alle tecniche ad alto rateo come la radioterapia
INDICE 5
intraoperatoria (IORT).[1]
E’ stato inoltre studiata la linearita` della risposta del rivelatore in funzio-
Figura 2: Deviazione realtiva della carica misurata dal suo valor medio,
misurata a 2,4 cm e a 10 cm di profondita`, in funzione del dose rate
dell’acceleratore (fotoni da 10 MV)
ne della dose assorbita effettuando irraggiamenti da 0.04 Gy fino a 50 Gy;
i risultati sono riportati in Fig.3.Questi risultati mostrano come i dosimetri
realizzati presso l’universita di Roma Tor Vergata possano essere,con buoni
risultati,impiegati per misure radioterapiche.[1][2]
Avendo gia` dimostrato come i dispositivi al diamante monocristallino siano
Figura 3: Dose misurata con i rivelatori SCD in funzione della dose nominale
erogata. La linea continua e` il best fit lineare (fotoni da 10MV)
INDICE 6
ottimi per l’impiego in campo medico non resta che fornire un modello che
ne studi gli aspetti elettronici e strutturali, sia a livello di realizzazione sia a
livello di dispositivi a semiconduttore.
Durante il peridodo dellla mia tesi mi sono quindi occupato della caratteriz-
zazione di diversi campioni SCD fabbricati tramite tecnica CVD (Chemical
Vapor Deposition) presso l’universita` di Tor Vergata mediante misure di ti-
po I-V , C-V ,spettroscopia alfa e IBIC (Ion Beam Induced Current). Sono
quindi stati trascurati gli studi di dosimetria vera e propria.
Capitolo 1
Il Diamante come rivelatore di
radiazioni
L’industria dei rivelatori a semiconduttore e` ad oggi incentrata principalmen-
te sulla tecnologia planare del silicio,materiale ampiamente studiato per le
ottime proprieta` fisiche,elettriche e meccaniche e adatto ad uno sfruttamento
di tipo industriale grazie alla sua abbondanza in natura. A causa,pero`,della
sua scarsa resistenza al danno da radiazione, il silicio mal si adatta ad impie-
ghi di radioterapia.Viceversa le caratteristiche peculiari del diamante quali
l’elevato valore della gap (5,5 eV),che permette di avere correnti di buio
molto basse e possibilita` di impiego ad alte temperature o in presenza di lu-
ce,l’elevato valore dell’energia di legame (7,37 eV),che minimizza il danno da
radiazione e comporta un punto di fusione elevato (4100 ◦C) ed un’estrema
robustezza (9000Kg/mm2), ed infine la bassa reattivita` chimica lo indicano
come il semiconduttore ideale per la realizzazione di rivelatori di radiazione
per l’elettronica. Infatti l’alta mobilita` dei portatori (2800cm2/V s per gli
elettroni e 2400cm2/V s per le lacune nel monocristallo) e l’alto valore del
campo di breakdown (107 V/m) permettono la realizzazione di sistemi elet-
tronici estemamente veloci. Una peculiarita` del diamante e` il comportamento
tessuto-equivalente,dovuto al numero atomico (Z = 6) prossimo a quello me-
dio del tessuto umano, che rende il materiale ottimale per la dosimetria dei
fasci radioterapici. Il problema dell’impiego del diamante sta nella sua rarita`
e nell’alto costo del materiale grezzo, fortunatamente puo` essere sintetizza-
to facilmente mediante diverse tecniche di deposizione e crescita epitassiale;
tra tutte si distingue per l’elevata purezza dei film ottenuti la tecnica CVD
(Chemical Vapor Deposition) che risulta quindi essere particolarmente inte-
ressante per la produzione di rivelatori di radiazione. Nel capitolo vengono
inizialmente analizzate in dettaglio le proprieta´ del diamante che ne fanno
un candidato naturale per impieghi in campo radioterapico,in seguito ven-
7
1.1 Proprieta` del diamante 8
gono descritte brevemente le tecniche di deposizione CVD ( Chemical Vapor
Deposition) e HPHT (High Pressure High Temperature).
1.1 Proprieta` del diamante
Il diamante e` costituito da atomi di carbonio disposti in un reticolo tetrae-
drico denominato in cristallografia come cubico a facce centrate (FCC); a
ciascun punto reticolare e` associata una base di due atomi di carbonio dispo-
sti in posizione (0,0,0) e (1/4,1/4,1/4). Gli atomi di carbonio sono ibridati
sp3, per cui ognuno di essi forma quattro legami covalenti con i quattro ato-
mi primi vicini,come mostrato in Fig 1.1. La distanza fra gli atomi primi
Figura 1.1: La struttura cristallina del diamante e` ottenuta per ripetizione
di blocchi legati tetraedricamente,in modo analogo al silicio. I primi vicini
definiscono gli spigoli di un cubo; a loro volta questi cubi sono raggruppati in
modo da formare un reticolo cubico. La costante reticolare a0 e` pari a 0,357
nm
vicini e` di soli 0,154 nm,circa la meta` di quella fra gli atomi di silicio, che
conferisce al diamante un struttura estremamente compatta da cui deriva-
no le sue proprieta` meccaniche,termiche e chimiche utilissime per molteplici
applicazioni.
1.1 Proprieta` del diamante 9
1.1.1 Proprieta` elettroniche
Le proprieta` elettroniche del diamante sono principalmente determinate dal
suo alto valore di gap pari a 5,45 eV che risulta essere molto diverso da quello
del silicio (1,12 eV),principalmente a causa delle minore distanza interatomi-
ca degli atomi di carbonio. La resistivita` elettrica ,come conseguenza della
larghezza della gap, e` pari a 1015Ω ∗ cm a temperatura ambiente rendendo
in termini elettronici il diamante un perfetto isolante sebbene spesso venga
considerato un semiconduttore a causa delle molte somiglianza che presenta
con quest’ultimi. In Tabella 1.1 viene proposto un confronto tra le principali
- 30 -
2.2.3 Proprietà elettroniche
L’ampia gap del diamante, pari a circa 5.5 eV, è una diretta conseguenza della sua struttura
reticolare molto compatta. La sua gap è molto più larga di quella del silicio e permette di
considerare di fatto il diamante puro un perfetto isolante a temperatura ambiente. In
generale quindi microsistemi al diamante possono operare anche a temperature di molto
superiori a quelle ambiente, fino a circa 600 °C, senza che vengano osservati effetti di
saturazione, legati al passaggio di un grande numero di elettroni in banda di conduzione.
Nel silicio invece, già temperature di poco superiori a quella ambiente sono sufficienti a
produrre la saturazione che inficia di fatto le sue proprietà semiconduttive e quindi il suo
utilizzo. L’elevato valore dell’energia di gap E
gap
conferisce al diamante anche un’elevata
resistività (ρ ~ 10
15
Ωcm, in assenza di luce). Questo alto valore di ρ rende possibile la
progettazione di dispositivi a diamante intrinseco, mentre nel caso del silicio, come è noto,
è necessario ricorrere alle giunzioni per ottenere risultati analoghi. Un elevato campo di
rottura, pari a circa 10
7
V/cm, consegue al valore della E
gap
. Questa proprietà, unita a
quelle termiche di cui diremo nel seguito, consente di realizzare microsistemi capaci di
assorbire grandi potenze rispetto alle proprie dimensioni. In presenza di opportuni elementi
droganti il diamante manifesta anche proprietà di piezoresistività [Wang97] mediante le
quali è possibile realizzare sensori elettromeccanici ad esempio di pressione o di
accelerazione, anche operanti ad alta temperatura [Taher94].
Fig 2.1 b). Schema della struttura a bande del diamante, la gap indiretta è di circa 5.5 eV.
Figura 1.2: Struttura a bande del diamante,la gap indiretta e` di 5,45 eV
proprieta` del diamante e quelle di due semiconduttori cardine dell’industria
elettronica,silicio e germanio. L’alto valore di resistivita` elimina la neces-
sita` in fase di creazione del rivelatore di avere una giunzione p-n polarizzata
inversamente,solitamente necessaria per evitare la creazione di correnti di di-
spersione termica che oltre a produrre rumore possono limitare l’ampiezza
del campo elettrico applicato. Il valore di campo elettrico di breakdown mol-
to elevato aumenta di un ordine di grandezza la velocita` di saturazione delle
cariche se confrontata con quella del silicio ma il basso valore della costante
dielettrica riduce la capacita` del circuito formato dal diamante e dagli elet-
trodi,una condizione molto importante in un gran numero di applicazioni.
Queste proprieta` rendono il diamante un candidato ideale per applicazioni
in campo elettronico.
1.1.2 Proprieta` termiche
Con un valore a temperatura ambiente pari a 25Wcm−1K−1,circa 6 colte
superiore a quella del rame, il diamante e` uno dei materiali conosciuti con il
1.1 Proprieta` del diamante 10
Proprieta` Diamante Silicio Germanio
costante reticolare (nm) 0,356 0,543 0,566
dist. primi vicini (nm) 0,154 0,235 0,245
gap (eV) 5,45 1,12 0,665
resistivita` (Ωcm) 1015 2, 3 ∗ 105 47
mobilita` elettroni (cm2V −1s−1) 2000 1350 3900
mobilita` lacune (cm2V −1s−1) 2200 480 1900
costante dielettrica 5,70 11,9 16
tensione di breakdown (V cm−1) 107 3 ∗ 103 103
Tabella 1.1: Proprieta` elettriche del diamante,silicio e germanio a 300 K
piu` alto valore di conducibilita` termica. A differenza di un metallo,in cui la
conduzione di calore e` dovuta principalmente alla mobilita` degli elettroni in
banda di conduzione, nel diamante essa avviene tramite vibrazioni del reti-
colo,i.e.fononi. Il motivo di questa conducibilita` termica fuori dal comune e
dell’alta temperatura di Debye (2000 K) e` da ricercarsi nella struttura stessa
del diamante : la rigidita` dei legami sp3 e la leggerezza degli atomi di car-
bonio danno vita ad sistema estremamente compatto che facilita` il trasporto
fononico. In molte applicazioni la temperatura e` ben al di sotto di quella di
Debye da cui segue che lo scattering fonone-fonone e` poco probabile; non vi
sono quindi impedenze al trasporto di calore mediato da fononi. Le proprieta`
termiche dipendono anche dalle dimensioni dei cristalli,determinate dal ra-
teo di deposizione,dallo spessore del film e dalla miscela di gas precursori
utilizzati in fase di crescita del diamante. Generalmente i grani hanno una
struttura colonnare e sono separati tra loro da bordi che fungono da vere
e proprie barriere termiche. La struttura a colonna introduce inoltre una
anisotropia nella conducibilita` termica poiche` la conduzione perpendicolare
risulta essere maggiore di quella laterale in quanto nel secondo caso il calore
attraversa piu` barriere termiche. Infine il diamante ha uno dei coefficienti
di espansione termica tra i piu` bassi esistenti. In Tabella 1.2 sono riportati
i valori di conducibilita` termica e il coefficiente di espansione termica per
diversi materiali.
1.1.3 Proprieta` meccaniche
Notoriamente il diamante e` il piu` duro e resistente fra tutti i materiali. La
durezza viene definita ,secondo il metodo di Knoop, mediante l’utilizzo di
una punta di diamante di forma piramidale con base quadrata che viene
fatta penetrare, applicandogli un carico prestabilito F,nel materiale sotto
1.1 Proprieta` del diamante 11
Materiale
Conduttivita`
termica
(Wcm−1K−1)
Coeff. espansione ter-
mica (K−1)
Diamante (300K) 25 0, 8 ∗ 10−6
SiC 4,9 3, 4 ∗ 10−6
Si 1,50 2, 6 ∗ 10−6
Ge 0,28 5, 7 ∗ 10−6
Rame (300K) 3,80 17 ∗ 10−6
Tabella 1.2: Conducibilita` termica e coefficiente di dilatazione termica per
diversi materiali
esame. La durezza di Knoop H e` definita come H= F/S dove S e` l’area della
superficie dell’impronta lasciata dalla punta. Alcuni valori di confronto sono
riportati in Tabella 1.3. E’ opportuno ricordare che valori di H maggiori di
1000 indicano un materiale come abrasivo.
Materiale H (Kg ∗mm−2) a 300K
Diamante 5700-10400
SiC 1875-3980
Vetro 550
Rame 40
Tabella 1.3: Durezza di Knoop per diversi materiali
1.1.4 Proprieta` ottiche
Il colore del diamante e` dovuto alla quantita` di impurezze contenute al suo
interno. Per esempio in presenza di azoto assume una colorazione gialla
mentre si tinge di blu in presenza di boro; cio` e` dovuto al fatto che questi
elementi esterni introducono dei livelli energetici nella gap,rendendo possibile
l’assorbimento di fotoni di lunghezza d’onda opportuni. L’azoto e` una im-
purita` particolarmente importante per il diamante perche` puo` creare difetti
ottici attivi in diversi modi:un atomo isolato di azoto,un sistema complesso
di atomi di azoto oppure u sistema complesso con altre impurita`. Per que-
sto motivo la classificazione fisica dei diversi tipi di diamante e` realizzata
principalmente in base alla presenza di azoto:
1. tipo Ia : il tipo di cristallo naturale piu` comune; il contenuto di azoto
e` solitamente compreso tra 100 e 1000 ppm.
1.2 Tecniche di crescita del diamante: CVD e HPHT 12
2. tipo Ib : molto raro in natura,solitamente sono di questo tipo i diamanti
creatisi in condizioni di pressioni molto alte. La concentrazione di azoto
e` di 500 ppm.
3. tipo IIa : molto raro in natura,la concentrazione di azoto e` compresa
tra 10 e 100 ppm.
4. tipo IIb : estremamente raro in natura contiene me azoto rispetto al
tipo IIa.
Il diamante presenta la piu` larga banda di trasparenza ottica di tutti i solidi
conosciuti che si estende da 222 nm sino al lontano infrarosso.Le uniche zone
di assorbimento intrinseco sono presenti negli intervalli di 1332−2664cm−1 e
2665− 3994cm−1,qualunque altro tipo di assorbimento e` da imputare ad im-
purezze. Le caratteristiche di trasparenza rendono il diamante un materiale
adatto alla realizzazione di finestre ottiche per laser di potenza.
1.2 Tecniche di crescita del diamante: CVD
e HPHT
Le tecniche di crescita di diamante sintetico attualmente in uso possono es-
sere raggruppate in due categorie principali: HPHT ( High Pressure,High
Temperature) e CVD (Chemical Vapor Deposition). La differenza fonda-
mentale tra i due metodi sta nel fatto che nel HPHT si opera in una regione
in cui la forma stabile del carbonio e` il diamante,mentre col metodo CVD la
forma stabile e` la grafite e il diamante e` presente solo in forma metastabile.
Tuttavia nei processi CVD grazie alla presenza di idrogeno atomico si ottie-
ne la formazione di diamante anziche´ di grafite. In Fig 1.3 viene riportato il
diagramma di fase del carbonio in cui si possono identificare le diverse fasi
allotropiche e la regione in cui esse sono stabili. Inoltre sono evidenziate le
zone con condizioni p-T impiegate nella sintesi del diamante. Prendendo in
esame la figura la sintesi del diamante a bassa pressione con tecnica CVD
avviene nelle condizioni riportate nel rettangolo rosso. Il metodo CVD si
basa sulla reazione chimica di una specie gassosa nei pressi di una superficie
solida da cui consegue la deposizione di parte della specie stessa sul solido.
Esistono diverse tecniche CVD differenziate tra di loro dalla fonte di energia
utilizzata per attivare e far avvenire la reazioni chimica del gas; tuttavia,
tutte necessitano di alcuni elementi comuni:
1. Fase gassosa: il processo di crescita inizia soltanto se fornendo ener-
gia(tramite un filamento caldo,un plasma elettronico o altro) ad una
1.2 Tecniche di crescita del diamante: CVD e HPHT 13
specie gassosa questa viene attivata; tale fase gassosa deve essere com-
posta da una specie di composto del carbonio ( solitamente idrocarbu-
ri,alcoli o ossidi) e da una specie che dissolva chimicamente la grafite(
idrogeno atomico).
2. Substrato : la superficie del substrato dove deve avvenire la crescita
deve essere priva di catalizzatori che favoriscano la formazione di grafi-
te; deve quindi trovarsi in prossimita` della temperatura di solubilita` del
carbonio in moda da privilegiare la precipitazione del diamante piutto-
sto che la diffusione del carbonio sulla superficie stessa. La superficie di
deposizione deve essere quindi predisposta a supportare la nucleazione
e la crescita da fase vapore.
3. Condizione di deposizione : le condizioni in cui avviene la deposizione
e la crescita del diamante devono essere tali da favorire lo spostamento
del carbonio dalla fase gassosa alla superficie del substrato. Solitamente
tale trasferimento e` garantito dalla creazione di un gradiente negativo
di temperatura tra la specie gassosa e il substrato; in taluni casi la con-
vezione o il semplice flusso di gas iniettato sono sufficienti al trasporto
delle specie attive.
1.2.1 Tecnica CVD
Per la crescita di diamante CVD si usa solitamente come gas precursore una
miscela di metano e idrogeno; occasionalmente per migliorare la qualita` del
film o per aumentare la velocita` di crescita vengono aggiunti alla miscela
altre specie gassose quali O2, N2 o Ar. I gas cos`ı immessi nella camera di
deposizione vengono attivati da una sorgente energetica in grado di produrre
reazioni di dissociazione; in particolare l’idrogeno diventa idrogeno atomico
e il metano si dissocia in gruppi metileCHx e gruppi CxHx. Come gia` det-
to la fonte di energia puo` essere sia un filamento riscaldato sia un plasma
elettronico. Il substrato viene mantenuto ad una temperatura piu` bassa ri-
spetto alla zona di dissociazione dei precursori e percio` le specie chimiche
generate dall’attivazione dei gasi si muovono per diffusione o per convezione
lungo questo gradiente di temperatura verso la superficie di deposizione. La
reazione di equilibrio tra metano e acetilene:
2CH4 = C2H2 + 3H2 (1.1)
non risulta piu` verificata, in particolare nella zona di attivazione si ha una
direzione preferenziale da sinistra verso destra e da destra verso sinistra nella
1.2 Tecniche di crescita del diamante: CVD e HPHT 14
Figura 1.3: In figura vengono indicate le diverse zone con condizione p-T
adatte per la crescita del diamante.Tra quelle HPHT si distinguono: (A)
sintesi ad elevata pressione mediante brevi e intensi impulsi sonori adatti
a generare pressioni di 300000 atm; (B) sintesi per mezzo di catalizzatore;
(C) zona di sintesi ad alta temperatura e alta pressione senza l’impiego di
catalizzatori; (D) sintesi a basa pressione e bassa temperatura (CVD)
zona di deposizione. Tuttavia quest’ultima reazione avviene molto lenta-
mente rispetto a quella inversa e si ha percio` una concentrazione di acetilene
maggiore di quella dell’equilibrio che viene compensata dalla deposizione sul
substrato. A questo punto inizia la fase di nucleazione la crescita del dia-
mante e` favorita rispetto a quella della grafite dalla presenza di idrogeno
atomico. L’idrogeno contribuisce alla formazione dei radicali metile nella
zona di attivazione ad esempio con la reazione:
H + CH4 < − > CH3 +H2 (1.2)
Questi gruppi metile essendo in sovrasaturazione nei pressi del substrato
tendono a precipitare sulla sua superficie permettendo la crescita di specie
carboniose. Inoltre l’idrogeno satura i legami vacanti del carbonio sulla su-
perficie del diamante in crescita( processo di adsorbimento) ma essendo il
legame H-H piu` forte di quello C-H non si raggiunge mai una condizione di
saturazione e quindi di cessazione ella crescita; infatti si ha un continuo pas-
saggio di idrogeno atomico in idrogeno molecolare( processo di desorbimento)
che libera dei legami che possono essere occupati da altri atomi di idrogeno
oppure di carbonio presenti nei radicali metile. In questo modo, lentamente,