4
amministrativa”
1
. Al riguardo, giova riportare la seguente condivisibile
considerazione: “gli interessi pubblici vanno, per definizione, perseguiti e
realizzati in tempi rapidi e certi. Ma lo stesso è da dire riguardo agli interessi
privati coinvolti dall’azione pubblica: privati ed imprese si attendono il
rispetto di tempi precisi, e siffatta esigenza attiene, poi, al rispetto
dell’affidamento che caratterizza la società contemporanea e ne segna i
rapporti economici e sociali”
2
.
Dalle suddette premesse prende l’abbrivio la presente indagine, che,
dopo aver divisato, in una prospettiva diacronica, la nozione generale di
silenzio ed i connessi criteri di classificazione, approfondirà le novità
recentemente introdotte nel tessuto normativo di riferimento, allo scopo di
verificarne la reale portata innovativa e le effettive ricadute applicative. Ai
fini ora detti, particolare rilievo sarà dato ai principali e più recenti arresti
giurisprudenziali in materia, i quali, unitamente ai contributi della dottrina,
rappresentano uno strumento indispensabile per tracciare gli attuali profili
sostanziali e procedimentali degli istituti giuridici in esame.
1
A. CARIOLA, Riflessioni sul silenzio della p. a.: profili sostanziali e processuali, atti del convegno “Le
nuove regole dell’azione amministrativa” (Catania 11-12 novembre 2005), in www.giustizia-
amministrativa.it – sito istituzionale della giustizia amministrativa, pag. http://www.giustizia-
amministrativa.it/documentazione/Cariola_Silenzio_assenso.htm .
2
A. CARIOLA, Riflessioni sul silenzio della p .a.: profili sostanziali e processuali, cit.
5
2.- Il problema dell’inerzia dell’amministrazione nelle prime storiche
pronunce del Consiglio di Stato.
Il primo importante contributo della giurisprudenza amministrativa alla
realizzazione di un’efficace tutela giurisdizionale nei riguardi del
comportamento inerte della pubblica amministrazione è rinvenibile in una
decisione del Consiglio di Stato risalente al 1902 (il caso Longo)
3
. In tale
pronuncia, concernete l’impugnativa proposta da un impiegato del Ministero
della Giustizia (alunno di Cancelleria) avverso un provvedimento disciplinare
irrogato dal capo dell’ufficio in cui prestava servizio (il Primo Presidente della
Corte d’Appello di Napoli), il Consiglio di Stato dichiarò ricevibile il ricorso
giurisdizionale, quantunque non fosse ancora definito il ricorso gerarchico
precedentemente proposto dal medesimo impiegato al Ministro Guardasigilli.
Disattendendo le eccezioni formulate dall’avvocatura erariale, che dubitava
dell’ammissibilità del ricorso in sede giurisdizionale sul rilievo che il
provvedimento impugnato non potesse considerarsi definitivo, il giudice
amministrativo degli inizi del novecento dichiarò che, a seguito di
esperimento del rimedio gerarchico e di ripetuti inviti all’Autorità di seconda
istanza a provvedere rimasti senza alcuna risposta, «non potrebbesi non
riconoscere nel prolungato silenzio dell’Autorità superiore la determinazione
di far proprio il provvedimento contro il quale fu invano ad essa prodotto
3
Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 22 agosto 1902, n. 429 (con commento di Marina
Chiappetta, Marco De Giorni e Aldo Sandulli), in Le grandi decisioni del Consiglio di Stato, a cura di
Gabriele Pasquini a Aldo Sandulli, Giuffrè, 2001, pagg. 62-69.
6
reclamo». Per tal via, il Consiglio di Stato ha, per la prima volta, attribuito
spessore giuridico all’inerzia dell’amministrazione, riconoscendo l’equivalenza
fra silenzio e rigetto del ricorso gerarchico, anche se al solo fine processuale
di ritenere ammissibile il ricorso giurisdizionale proposto avverso un
provvedimento formalmente non definitivo (a causa della diuturna pendenza
del ricorso gerarchico)
4
.
Storicamente molto significativa, per approfondimento dogmatico e
sforzo ricostruttivo, è anche la decisione dell’Adunanza Plenaria del 10 marzo
1978 (c. d. caso O. R. M. A.)
5
. In una cornice normativa radicalmente
cambiata rispetto al passato
6
, l’Adunanza Plenaria ha affrontato il problema
del silenzio nella giustizia amministrativa precisando alcune fondamentali
caratteristiche dell’istituto e risolvendo i principali dubbi applicativi
dell’epoca. Prendendo le mosse da un’approfondita ed articolata analisi dei
contributi dottrinali e giurisprudenziali intervenuti nel corso del tempo sulle
maggiori problematiche connesse al silenzio della pubblica amministrazione,
4
Giova rammentare che la citata decisione del 1907 ha consentito il superamento di un grave
inconveniente della giustizia amministrativa dell’epoca, la quale operava esclusivamente nei confronti
dei provvedimenti definitivi e presupponeva, quindi, l’esaurimento del ricorso amministrativo. Il
problema è stato poi superato con la riforma introdotta dalla legge 6 ottobre 1971 n. 1034, la quale ha
esteso la tutela giurisdizionale anche nei confronti dei provvedimenti non definitivi.
5
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, decisione 10 marzo 1978, n. 10 (con commento di Aldo
Sandulli), in Le grandi decisioni del Consiglio di Stato, cit., pagg. 446-460.
6
Si fa riferimento, in particolare, alle riforme intervenute agli inizi degli anni settanta: la legge 24
novembre 1971, n. 1199 e la legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
7
il Consiglio di Stato ha definitivamente preso atto del superamento
dell’originaria unità dell’istituto, rilevando che «se si va alla sostanza delle
vicende non si può dubitare della profonda diversità esistente fra un caso in
cui, essendosi in fase di riesame, sia già intervenuta una determinazione
amministrativa, ed un altro in cui invece manchi qualsiasi presa di posizione
dell’amministrazione sull’assetto degli interessi che sono messi in gioco». Sul
piano concettuale, è stata così confermata la differente qualificazione
giuridica dei due fondamentali fenomeni di silenzio amministrativo (silenzio
come condizione per l’impugnazione dell’atto di primo grado, in
contrapposizione al silenzio come inadempimento dell’obbligo di provvedere).
Sul piano funzionale, si è resa quindi necessaria l’individuazione di modalità
procedimentali nuove e differenziate.
Per quel che concerne il silenzio sui ricorsi amministrativi (c. d.
silenzio-rigetto), il legislatore del 1971 ha escluso la necessità di configurare
il silenzio come un atto tacito riconducibile alla volontà inespressa
dell’amministrazione di confermare il provvedimento gravato in sede
amministrativa, e ha risolto il problema facendo perno sull’atto di primo
grado e riducendo l’inerzia del soggetto pubblico alle sue reali dimensioni
giuridiche di mero fatto condizionante l’esercizio dell’azione nei confronti
dell’unica determinazione amministrativa esistente.
Con riferimento al fenomeno del silenzio come inadempimento
dell’obbligo di provvedere (c. d. silenzio-inadempimento o silenzio-rifiuto)
l’Adunanza plenaria del 1978, in assenza di una esplicita disciplina dell’azione
8
amministrativa, ha ritenuto applicabile la disposizione contenuta nell’art. 25
del Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato, approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 10
gennaio 1957, n. 3
7
. La norma, quantunque emanata per dare applicazione
al principio costituzionale (art. 28) della responsabilità personale dei pubblici
impiegati, è stata ritenuta idonea, specie per il suo contenuto implicito, a
colmare la lacuna normativa evidenziata dalla giurisprudenza nel più ampio
ambito dell’inerzia amministrativa ed a costituire una valida fonte per la
disciplina del silenzio rifiuto. L’Adunanza plenaria ha dedotto la validità della
7
Si riporta qui di seguito la norma in esame: “(Diffida) 1. L'omissione di atti o di operazioni, al cui
compimento l'impiegato sia tenuto per legge o per regolamento, deve essere fatta constare da chi vi
ha interesse mediante diffida notificata all'impiegato e all'Amministrazione a mezzo di ufficiale
giudiziario. 2. Quando si tratti di atti o di operazioni da compiersi ad istanza dell'interessato, la diffida è
inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di presentazione dell'istanza stessa. 3.
Qualora l'atto o l'operazione faccia parte di un procedimento amministrativo, la diffida è inefficace se
non siano trascorsi sessanta giorni dalla data di compimento dell'atto od operazione precedente
ovvero, qualora si tratti di atti od operazioni di competenza di più uffici, dalla data in cui l'atto
precedente, oppure la relazione o il verbale della precedente operazione, trasmesso dall'ufficio che ha
provveduto, sia pervenuto all'ufficio che deve attendere agli ulteriori incombenti. 4. Se le leggi ed i
regolamenti amministrativi, ovvero i capitolati generali o speciali e i disciplinari di concessione,
stabiliscono per il compimento di determinati atti od operazioni termini più brevi o più ampi di quelli
previsti nei commi precedenti la diffida è efficace se notificata dopo la scadenza del termine entro il
quale gli atti o le operazioni debbono essere compiuti, secondo la specifica norma che li concerne. 5.
Decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione della diffida, l'interessato può proporre l'azione di
risarcimento, senza pregiudizio del diritto alla riparazione dei danni che si siano già verificati in
conseguenza dell'omissione o del ritardo”.
9
soluzione accolta anche (e soprattutto) dai profili procedimentali, che
rispondevano a tutti i requisiti indicati, dall’interpretazione giurisprudenziale,
per il silenzio rifiuto. Particolarmente opportuni sono stati ritenuti la
strutturazione bifasica del procedimento (istanza e diffida), il passaggio
obbligato della diffida (essa introdurrebbe, a parere della giurisprudenza in
esame, un ulteriore e provvidenziale spazio di tempo per l’amministrazione
per concludere il procedimento e rappresenterebbe un presidio per il privato,
che sarebbe altrimenti esposto al continuo pericolo della scadenza
automatica spesso ignota dei termini di impugnazione che caratterizzano il
rito amministrativo) e la riduzione dei termini minimi a novanta giorni
complessivi.
Individuato, nell’art. 25 del D. P. R. n. 3/1957, lo strumento
procedimentale per far emergere il silenzio della pubblica amministrazione,
l’Adunanza plenaria del 1978 si è anche soffermata sul problema della
rinnovabilità della diffida, osservando che «se non sono intervenuti fatti
nuovi a modificare l’assetto degli interessi (acquiescenza, rinuncia o
comunque estinzione dell’obbligo di procedere della pubblica
amministrazione), si deve riconoscere al privato il potere di far nuovamente
valere, in via stragiudiziale, prima, e giudiziale, poi, il proprio interesse», ed
ha anticipato, con straordinaria lungimiranza, la questione delle nuove
prospettive di intervento del giudice in materia di silenzio, specialmente nei
casi in cui la «diffida attenga ad atti non provvedimentale o addirittura
materiali». Nella storica decisione esaminata, il Supremo Consesso di
10
Giustizia amministrativa avvisava, infatti, che, «nei limiti in cui l’inerzia
riguardi scelte o attività vincolate, la decisione possa e debba andare oltre il
mero riconoscimento dell’obbligo di procedere, precisando anche come e
quando tale obbligo debba essere adempiuto, e che la relativa pronuncia sia
suscettibile di ottemperanza, secondo i criteri di esecuzione del giudicato
amministrativo». Come si vedrà in seguito, nella sentenza citata, sono già
presenti, con quasi trenta anni di anticipo, tutti i principi acquisiti nei più
recenti approdi giurisprudenziali sulla materia del silenzio, così come
modificata dalla recenti riforme legislative.
3.- L’obbligo di provvedere della pubblica amministrazione e l’art. 2
della legge 241/1990.
Dopo il consolidamento della giurisprudenza favorevole all’applicazione
analogica dell’art. 25 del D. P. R. n. 3/1957
8
, l’interesse si è spostato
sull’accertamento dell’obbligo di provvedere da parte della pubblica
amministrazione. Prima della legge n. 241 del 1990, in assenza di un
generale dovere normativo di provvedere, soltanto in determinati casi era
possibile censurare in sede giurisdizionale l’inerzia amministrativa.
8
Tra gli altri, Consiglio di Stato, Sez. IV, 27 marzo 1979, n. 220, in Foro amministrativo, 1979, I, 343;
Consiglio di Stato, Sez. V, 9 luglio 1990, n. 591, ivi, 1990, I, 1751.