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CAPITOLO 1: L’INTENSE LOYALTY VERSO L’ORGANIZZAZIONE
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Alcune decisioni, prese in un contesto organizzativo allo scopo di conseguire
determinati obiettivi comuni, non necessariamente favoriscono gli interessi immediati
delle persone su cui avranno effetto. In una situazione del genere, inevitabilmente il
membro dell’organizzazione si troverà di fronte ad un conflitto tra il senso di dovere
verso il suo gruppo e ciò che egli desidererebbe fare per favorire se stesso. Tutto questo
presumibilmente gli provocherà notevoli problemi sia a livello individuale, in termini di
dissonanza cognitiva tra ciò che vorrebbe e quello che, invece, è obbligato a fare, sia in
termini organizzativi, dal momento che il gruppo di cui fa parte perderà il contributo
fondamentale del suo componente, se egli decidesse di non seguire il progetto
organizzativo. Proprio in questo caso entra in gioco l’intense loyalty, cioè l’intenso
senso di lealtà che l’individuo appartenente ad un’organizzazione dovrebbe provare
verso l’organizzazione stessa. La lealtà è considerata molto importante, soprattutto nel
mondo aziendale, da divenire una delle caratteristiche più frequentemente citate come
essenziali per il successo.
A tal proposito credo sia interessante analizzare quanto Gall (1962) scrive nel suo
articolo. Egli nota che la lealtà viene generalmente inclusa tra le qualità che i candidati
al management aziendale devono possedere. Egli cita, per esempio, la Republic Steel
Corporation: per questa azienda lo “spirito di lealtà” è una delle nove qualifiche che i
giovani aspiranti dirigenti dovranno dimostrare di avere. Essa è anche uno dei sei
standard di condotta ritenuti fondamentali dai dirigenti per il successo della propria
compagnia. La lealtà è considerata tanto importante quanto la capacità di ottimizzare la
produzione, di gestire le operazioni di vendita o di attuare un sistematico controllo
dell’inventario; inoltre viene vista come un prerequisito indispensabile al
raggiungimento degli obiettivi organizzativi.
Gall cita anche Josiah Royce, professore di filosofia dell’Università di Harvard, il quale
sostiene che esistono due tipi di loyalty, “una è la devozione verso grandi cause. Il
patriota che coraggiosamente muore per il suo paese esemplifica questo tipo di lealtà
(Gall, 1962, p.117)”.
Per quanto riguarda il secondo tipo, afferma che
non è così eccitante ma è, in un certo senso, più importante. Le migliaia di doveri che fedelmente
dobbiamo rispettare ogni giorno sono esempi eloquenti di questa lealtà. Essa fa andare avanti il
mondo. E’ la linfa vitale dei gruppi di lavoro. Comprende dovere, prontezza, capacità di fare e
mantenere delle promesse, fermezza di fronte alle avversità, umiltà di spirito (Gall, 1962, p. 117-
118).
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Il tipo di lealtà con cui il businessman ha a che fare tutti i giorni rientra, ovviamente,
nell’ultima categoria. Anche se essa non è così eccitante come la prima, per
l’importanza che assume durante la vita di un dirigente è paragonabile alla devozione
verso nobili cause.
Gall parla nel suo articolo anche di Chester Barnard, il quale mette in rilievo il valore
della loyalty, definendola
il più importante singolo contributo richiesto al dirigente, sicuramente la qualifica più universale,
la dominazione della propria personalità secondo gli scopi dell’organizzazione (Gall, 1962,
p.118).
Dall’osservazione delle dinamiche aziendali e della vita dei gruppi, però, emerge che il
contributo della lealtà personale, in particolari occasioni, può cedere di fronte a
suggestioni a valenza individuale. A causa della competitività tra diverse
organizzazioni, infatti, la lealtà spesso diventa impotente, cedendo il passo alla volontà
di emergere rispetto al gruppo, insita nei singoli individui e alla spinta a cambiare
contesto organizzativo in vista di un possibile miglioramento. Da alcune ricerche sono
emersi dei dati a favore di queste ipotesi.
Harrison Johnson, editore del Modern Office Procedures Magazine, ha condotto una
ricerca su 103 dirigenti, rivelando alcune convinzioni allarmanti. Alla domanda se un
uomo potesse far carriera soltanto con l’onestà e con metodi decorosi, la stragrande
maggioranza degli intervistati ha risposto con un secco no. Rubare le idee, mettere
zizzania, tacere dettagli importanti per le procedure aziendali e “tagliare gli assenti”
erano solo alcune delle tecniche più frequentemente menzionate come metodi per
eliminare gli antagonisti e fare carriera.
In altri studi, condotti da tre professori del Carnegle Institute of Technology, sono stati
studiati i primi passi di trenta dirigenti con simili background e qualifiche, allo scopo di
capire i fattori che avevano permesso ad alcuni di avanzare al contrario di altri. Una
prima differenza stava negli obiettivi personali: in coloro che avevano avuto più
successo risiedeva un maggior desiderio di potere, autonomia, profitto e status rispetto
ai colleghi con minor successo, oltre ad un atteggiamento distaccato nei confronti
dell’organizzazione. Sembrava che essi avessero una marcata diffidenza verso la
possibilità che l’azienda salvaguardasse i loro interessi a lungo termine.
Il passare da un’azienda ad un’altra alla ricerca di migliori opportunità professionali è
diventata un’abitudine comune nell’industria; ne deriva che i dirigenti più competenti
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sono in grado di vendere il proprio talento al miglior offerente, lavorando ad alti livelli
per più organizzazioni. Questa crescente tendenza del personale qualificato a cambiare
lavoro per avanzare nella propria carriera probabilmente causerà perplessità in coloro
che dimostrano completa fedeltà alla propria azienda.
1.1 Cosa si intende per lealtà organizzativa e quale ruolo svolge
L’individuo non è isolato, ma si relaziona alle persone e ai gruppi che lo circondano,
condividendo con loro l’ambiente sociale in cui vive. Proprio perché, come gli altri, è
immerso in un contesto sociale, egli sceglie delle organizzazioni a cui far riferimento
nella sua vita - la famiglia, con i genitori e le tradizioni, il gruppo religioso, il gruppo
politico-economico, la comunità in generale - verso cui prova un’attrazione. L’individuo
sente la necessità di identificarsi con questi gruppi, perché in essi sono riassunti
determinati principi in cui crede. La persona, grazie anche alla lealtà, si “fonde” con la
propria organizzazione e riesce, così, ad esprimere e soddisfare con maggior successo i
propri bisogni emotivi e a condividere con altri i valori basilari in cui crede. E’
necessario, però, che l’individuo attui una sorta di adattamento emotivo, indispensabile
a ridurre i conflitti di coscienza tra le diverse ed, eventualmente, competitive
identificazioni, così da raggiungere un certo grado di stabilità.
Come sottolinea Fletcher (1958), la relazione di lealtà è un “dare-avere”. Ognuna delle
parti in gioco soddisfa un proprio particolare bisogno emotivo e ognuna ripaga lo sforzo
fatto con un certo grado di sicurezza. Dando supporto al gruppo cui appartiene,
l’individuo riceve supporto dal gruppo stesso; a sua volta l’organizzazione, che sostiene
l’individuo nella fatica di dimostrarle continuamente fedeltà , riceve in cambio un
intenso senso di lealtà, che la tutelerà in occasione di eventuali conflitti o crisi.
Infine, non bisogna dimenticare un particolare importante: come sottolineerò nel
capitolo 2, la lealtà è fortemente legata all’impegno dimostrato dall’individuo verso la
propria organizzazione (commitment) e al suo bisogno di appartenenza. E’ anche grazie
a questi due aspetti, infatti, che generalmente si crea il contesto emotivo in cui collocare
i termini formali della relazione di intense loyalty.
Quali sono le organizzazioni più comuni a cui gli individui dimostrano la loro lealtà?
In primis la famiglia. Essa è il primo gruppo in cui l’individuo entra, anche se
“involontariamente” e da cui verrà segnato per tutta la vita. Nel gruppo familiare si
trovano i suoi affetti più importanti, della cui influenza manterrà traccia nella propria
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personalità; in essa imparerà a conoscere e condividere le sue prime emozioni. Come
Fornari (1985) ha notato, l’intera società tende a fondarsi sulla famiglia; ne deriva che
lo stesso tipo di affetti ed energie vengono proiettati anche in ambienti diversi da quello
familiare. Proprio tenendo conto di queste considerazioni, lo studioso crede che,
ancorando le strutture del potere istituzionale a quelle naturali del potere familiare, ogni
decisione possa essere orientata “da dentro”, inconsciamente, dai propri codici affettivi
familiari. Riconoscere questi codici e valorizzarli garantirebbe la continuità e lo
sviluppo dell’organizzazione nel modo più soddisfacente sia dal punto di vista del
raggiungimento degli obiettivi organizzativi sia da quello di coloro che in essa operano.
Fletcher considera, poi, il gruppo di lavoro. In questo ambiente sociale, che raggruppa
tutti coloro che lavorano per uno stesso scopo, l’individuo vuole essere riconosciuto
come una persona cooperante, che ha iniziativa e su cui si può fare affidamento. Egli
contribuisce a sostenere gli sforzi del gruppo anche per riceve in cambio sostegno da
esso. Come sottolineerò nel capitolo 3, parlando dei team di basket nei College Athletics
americani, all’interno di un gruppo di lavoro il programma dettato dall’organizzazione
ne riassume gli obiettivi e, per questo, è di assoluta importanza: in esso, infatti, la
persona ritrova i principi in cui credere, per cui è disposta a lavorare duramente e a
caricarsi di responsabilità personali – tra cui, per esempio, correttezza e qualità della
performance.
Da ultimo, Fletcher parla della comunità e della società. Ritiene che in questo contesto
l’individuo senta il bisogno di essere identificato come un importante tassello in grado
di soddisfare le attese nei propri riguardi. Di conseguenza, sviluppare un’intensa lealtà
verso la propria comunità significa per una persona dedicarsi alla costruzione del
proprio ruolo sociale, accettandone tutte le conseguenze e ricevendo in cambio
riconoscimento, rispetto e status.
E’ interessante sottolineare che le basi per la lealtà di gruppo e quella verso la nazione
sono significativamente concatenate con i bisogni umani: i gruppi in generale sono
organizzati per incontrare i bisogni dell’uomo, le loro strutture e i loro processi sono in
parte modellati su di essi. A livello di nazione e società, il gruppo soddisfa necessità di
natura economica, socioculturale e politica della persona, dandole sicurezza e prestigio.
Tuttavia, una dedizione troppo radicale verso la propria nazione può causare delle
degenerazioni, che riflettono alcuni disturbi comportamentali dell’individuo che le
mette in atto (mancanza di autonomia, insicurezza, etc.). Il pericolo, in questo caso, è
che l’intense loyalty sfoci in clamorosi episodi, simili a quelli che hanno caratterizzato
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alcuni periodi della nostra storia; basti pensare allo sterminio di milioni di ebrei, attuato
da coloro che aderirono fedelmente al progetto del Terzo Reich sostenuto da Hitler.
Come evidenzierò nel capitolo 4, possiamo ritrovare lo stesso tipo di
strumentalizzazione a scopo negativo della lealtà nelle manipolazioni mentali che
avvengono nel contesto delle sette religiose. Questi comportamenti, che sembrano
irrazionali alla maggior parte delle persone, sono dovuti ad una distorsione dei fini
dell’intense loyalty: in questi casi, infatti, il dovere di fedeltà verso la propria
organizzazione viene a tal punto esasperato da spingere gli individui a comportarsi
collettivamente anche in modo inumano verso coloro che sono considerati nemici a
causa della non-appartenenza al gruppo (cfr. paragrafo 4.8). La lealtà incentiva questo
tipo di comportamento verso gli “estranei” nel momento in cui la relazione di
appartenenza al gruppo si rivela patologicamente basilare per la definizione di sé e,
quindi, la fedeltà diviene indispensabile per rafforzare l’identità dell’individuo.
1.2 L’importanza dell’intense loyalty per l’organizzazione
Tutto ciò che è stato detto può aiutarci a capire il perché dell’importanza di questa
categoria. L’intense loyalty deve essere il primo fattore da tenere in considerazione se si
vuole aumentare l’efficienza di qualsiasi organizzazione; il suo sviluppo è un obiettivo
degno di ogni sforzo possibile sia sul piano teorico sia su quello pratico. Esso dipende
da una continua e sofisticata manipolazione delle situazioni umane, soprattutto nei primi
momenti della costruzione di un gruppo di lavoro e deriva dagli obiettivi personali e da
particolari atteggiamenti di chi vive nell’organizzazione. La lealtà assicura la
produttività e la soddisfazione lavorativa, due tra le più legittime aspirazioni degli
individui che si impegnano nell’organizzazione e che ne permettono il mantenimento e
l’efficienza.
Prima di parlare di come indurre il sentimento di intense loyalty, però, sono necessari
alcuni avvertimenti. Poniamo che si stia per formare un gruppo di lavoro in un’azienda;
è bene porre attenzione ad alcuni aspetti.
Riprendendo Gall (1962), egli ha notato che alcuni “anziani”, cioè coloro che da molto
tempo fanno parte del gruppo organizzativo e che si dimostrano apparentemente leali,
potrebbero, invece, dimostrare intensa fedeltà all’organizzazione di cui fanno parte solo
perché, grazie ad essa, vedono soddisfatti i loro bisogni - tenore di vita o sicurezza
personale – e non perché credono effettivamente nella sua crescita e nel suo sviluppo.