volta diffuso per l’istituto giuridico e per la sua esplicazione economica il
termine Tavoliere, il fatto concomitante che la sede centrale di tutto il complesso
di attività era situato a Foggia e che esso interessava principalmente la pianura
della Capitanata, esercitò un facile e suggestivo accostamento fra la
denominazione stessa e l’aspetto tabulare della principale area corrispondente.
Questo accostamento si manifestò negli studi degli illuministi italiani dell’Italia
Meridionale sul declino del secolo XVIII, quando si impostò il dibattito critico
sulla più conveniente utilizzazione del Tavoliere di Puglia.
La descrizione geografica regionalistica dell’Ottocento trovò molto comoda
l’attribuzione di un nome proprio alla pianura già detta nel Medio Evo Puglia
piana. Denominazione, quest’ultima che poteva prestarsi a molti equivoci, dopo
che l’unità d’Italia aveva ufficialmente stabilito il comprensivo nome di Puglia
sia per la Capitanata, sia per la Terra di Bari e la Terra d’Otranto.
All’inizio del ‘900, il nome proprio regionale Tavoliere per designare la
pianura della provincia di Foggia è accettato senza riserve da tutti i geografi.
1
Il Tavoliere, dell’età classica, è stata la terra dei pascoli e la meta della
transumanza abruzzese.
1
O. BALDACCI, Paesaggio nuovo del Tavoliere di Puglia, in “L’Universo”, n. I, Firenze 1967, pagg.
71-102.
CAPITOLO II
MULINI E PASTIFICI
1. Caratteristiche generali dell’industria molitoria
Nella filiera cerealicolo-molitorio-pastaria un ruolo molto importante è
occupato dal comparto molitorio, poiché funge da collegamento tra la produzione
agricola, di dimensioni rilevanti e lo sbocco industriale di seconda
trasformazione, diversificato nei settori della pastificazione, dolciaria, prodotti da
forno, pane.
La prima fase di trasformazione del frumento si attua attraverso il processo di
molitura.
Un molino è il complesso di macchine ed impianti, nel quale avviene,
mediante sollecitazioni meccaniche, la macinazione del grano e di altri cereali. Si
può distinguere in quattro sezioni:
- prepulitura ed immagazzinamento del grano;
- prima e seconda pulitura e condizionamento;
- macinazione vera e propria;
- immagazzinamento, confezionamento degli sfarinati in sacchi o in carico
alla rinfusa.
8. I pastifici industriali
Secondo i dati dell’Unione Industriali Pastai Italiani, in Puglia, nel 2003,
erano presenti 12 impianti di pastificazione, dotati di una potenzialità
complessiva pari a 19.630 quintali giornalieri.
La ripartizione territoriale dei pastifici indica che: 7 si trovano in provincia di
Bari (con una capacità giornaliera complessiva pari al 57% della potenzialità
regionale), 2 sono in provincia di Foggia (con il 30 % della potenzialità
regionale) e 3 sono nel Salento (con il 13% della potenzialità regionale).
2
(Tab.
7)
I due impianti presenti in provincia di Foggia sono TAMMA INDUSTRIE
ALIMENTARI DI CAPITANATA S.R.L. e BARILLA G. e R. FRATELLI
S.P.A.
TAMMA è un’impresa nata nel 1934, ha un capitale sociale di circa 5 milioni
di euro ed è presieduta da Francesco Tamma.
3
L’attività pastaria è integrata con quella molitoria, che rappresenta il fulcro
della produzione.
2
UNIONE INDUSTRIALI PASTAI ITALIANI. Aziende produttrici: Puglia, www.unipi-pasta.it.
3
Industria alimentare in Italia, a cura di G. CARMIGNANO, cit., pag. 170.
3. La struttura produttiva dei frantoi
In base ai dati dell’ultimo Censimento dell’industria, in provincia di Foggia,
la fabbricazione dell’olio di oliva vede impegnati 180 imprese, quasi tutte piccole
o piccolissime e 638 addetti, fra stagionali e fissi.
Secondo la classificazione dell’Istat delle attività economiche, la
fabbricazione dell’olio di oliva si divide in due categorie: fabbricazione di olio di
oliva grezzo e fabbricazione di olio di oliva raffinato.
Le imprese impegnate nella fabbricazione di olio di oliva grezzo sono 155 e
gli addetti sono 561. Esse si caratterizzano per una dimensione piuttosto modesta,
in termini di addetti.
Le imprese con meno di dieci addetti sono la maggioranza; infatti, sono 149
(il 96%); tra queste prevalgono quelle con 1 addetto, che sono 46, e quelle
comprese nella classe di addetti 3-5, che sono 56.
Le imprese con più di nove addetti sono 6; 5 sono comprese nella classe di
addetti 10-19 e una è compresa nella classe di addetti 20-49.
La quota più consistente dell’occupazione del settore è assorbita dalle imprese
che hanno da 3 a 5 addetti a da quelle che hanno da 6 a 9 addetti, infatti esse
concentrano rispettivamente 209 addetti (il 37% del totale) e 178 (il 32%).
La quota delle esportazioni rispetto alla produzione totale è minima, infatti,
ogni anno è mediamente pari all’1-2%. Ciò conferma che i frantoi si occupano
prevalentemente della prima trasformazione, e in modo marginale della
realizzazione di prodotti con più alto valore aggiunto.
4
Secondo i dati ISTAT sul commercio estero, l’olio di oliva rientra nel gruppo
“Oli e grassi vegetali e animali”. Nel 2004 le esportazioni della provincia di
Foggia in questo settore hanno raggiunto un valore di 473.710 € e si sono
concentrate per il 40% nel quarto trimestre dell’anno.
Le esportazioni si sono dirette verso 14 Paesi, facendo registrare i valori più
elevati sui mercati extra-europei, per la diffusione della “dieta mediterranea”, di
cui l’olio è un componente fondamentale.
In America le due aree di sbocco sono state il Canada (valore delle
esportazioni 123.522 €, il 26% del totale) e gli Stati Uniti (49.682 €, il 10%).
Un’altra quota delle esportazioni (125.588 €, il 26%) si è diretta verso i
mercati asiatici (Giappone, Emirati Arabi Uniti).
Il 38% del valore delle esportazioni (173.930 €) è stato assorbito dai mercati
europei, in particolare da Norvegia (53.365 €) e Svizzera (105.573 €).
4
A.PR.OL., Strumenti e strategie per la valorizzazione dell’Olio extra vergine di oliva “Dauno”, cit. ,
pag. 56.
Altri ortaggi che, oltre alla prevalente destinazione al mercato del fresco,
trovano modesto impiego nella trasformazione industriale sono: patate, legumi
freschi, carote, cipolle, asparagi, finocchi, sedano, spinaci, cetrioli e zucchine.
Tutte le singole produzioni di frutta sono destinate prevalentemente al
consumo diretto; i mercati di sbocco sono quelli locali, le esportazioni
interessano l’uva da tavola e in parte anche le pesche.
5
La trasformazione industriale della frutta è molto limitata, le produzioni sono
rappresentate da confetture di arance e limoni, pesche sciroppate, gelatine di uva
e mosto cotto.
3. La struttura produttiva delle industrie conserviere
La lavorazione e conservazione di frutta ed ortaggi rappresenta uno dei
comparti di maggiore interesse per il sistema produttivo foggiano, in
considerazione della specializzazione del sistema agricolo nella produzione
ortofrutticola.
5
G. GRITTANI, T. D’ADDABBO, Sottosistema frutta fresca, cit., pag. 6.
3. I vini
Negli ultimi decenni la Capitanata, dal punto di vista enologico, è conosciuta
come zona produttrice di vini destinati soprattutto a tagliare vini di debole
struttura.
Questa caratterizzazione dell’enologia foggiana è stata determinata da due
eventi negativi per la viticoltura verificatisi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio
del Novecento: la comparsa dell’oidio e della fillossera. In tale periodo la
produzione enologica in Capitanata era costituita da vini bianchi e da vini rossi
distinti in tre tipi: da taglio, da mezzo taglio e da pasto.
6
I vini bianchi si producevano nel territorio di San Severo, dove erano molto
diffusi i vitigni Bombino, Greco, Malvasia, Verdeca, ecc.; si trattava di vini da
pasto, richiesti oltre che dalle regioni italiane anche dai Paesi dell’Europa
Centrale, in particolare da Germania, Austria e Ungheria, legati all’Italia dal
trattato della Triplice Alleanza (1882). Verso questi Paesi l’esportazione divenne
più intensa dopo la rottura dei trattati commerciali con la Francia (1887), che
dette vita ad una guerra doganale a danno del vino italiano. I bianchi di San
Severo erano molto apprezzati per il colore paglierino e il sapore fresco.
6
M. VITAGLIANO, Storia del vino in Puglia, Bari, Laterza, 1985, pag. 58.
Le bovine da latte sono state introdotte dalla metà del ‘900, man mano che
avanzava il processo di trasformazione fondiaria. Le più rappresentate sono la
Bruna alpina e la Frisona italiana. La Frisona è originaria dell’Olanda; nel
Tavoliere ha trovato favorevoli condizioni ambientali, legate a clima, produzione
foraggera, ordinamenti agricoli, abilità degli allevatori. E’ la principale razza
bovina per la produzione di latte; l’elevata specializzazione è attestata dalle rese
molto elevate (in media 56 q di latte all’anno). Si differenzia rispetto alle razze
autoctone per una minore attitudine del latte alla trasformazione casearia, in
quanto la sua caseina è meno predisposta alla coagulazione. La Bruna è
originaria della Svizzera; presenta un mantello grigio-bruno. Le sue capacità
produttive sono inferiori a quelle della Frisona (in media 50 q di latte all’anno),
ma il suo latte ha buone caratteristiche merceologiche ed è particolarmente adatto
alla trasformazione casearia per gli elevati tenori in grasso e proteine. Possiede,
inoltre, ottime attitudini alla produzione di carne, fornita dai vitelli; rispetto alla
Frisona è più rustica, in quanto si adatta anche a condizioni ambientali meno
favorevoli, soprattutto dal punto di vista della disponibilità foraggera.
7
7
G. SUCCI e I. HOFFMANN, La vacca da latte, Milano, Città Studi, 1993, pagg. 37-40, 46-49.