8
Alla base di tale processo possono senza dubbio rinvenirsi istanze
efficientistiche interne al mercato dei capitali, prima ancora dell’influsso
esercitato dal progresso tecnologico, soprattutto se si considera che le
prime esperienze europee in questo campo (risalenti al 1937 in Germania,
e al 1941 in Francia (
2
)) hanno preceduto di molti anni la nascita e lo
sviluppo delle tecniche informatiche di gestione e trattamento dei dati,
indispensabili oggigiorno per garantire celerità e semplicità nella
trasmissione della ricchezza. E tali istanze si sono fatte sempre più
pressanti a seguito della crescita esponenziale degli scambi e del
conseguente sovradimensionamento del mercato rispetto alle capacità
intrinsecamente deficitarie dei sistemi di movimentazione materiale dei
titoli cartacei (
3
).
La strada intrapresa decenni orsono, tuttavia, imponeva una
valutazione primaria in materia di tutela del traffico finanziario,
richiedendo una protezione altrettanto efficace rispetto a quella già
garantita nel contesto cartolare, ove l’applicazione dei noti principi
civilistici di tutela degli acquisti era favorita dalla presenza di una stretta
connessione tra la posizione giuridica obbligatoria ed il bene mobile
incorporante, principi che ovviamente non trovavano appiglio in caso di
circolazione immateriale dei titoli.
In quest’ottica, l’espressione “dematerializzazione” potrebbe
addirittura risultare impropria, poiché sembrerebbe indicare un abbandono
(
2
) La loi 18 giugno 1941, istitutiva della Caisse centrale de dépôts et virements de titres,
dispose il deposito obbligatorio di tutte le azioni al portatore emesse da società francesi:
sull’argomento si veda JEANTET, Le dépôt collectif de titres au porteur à la Caisse
centrale de dépôts et virements de titres, in Journal des sociétés, 1945, 161 ss..
(
3
) Un esempio è chiaramente dato dal diritto statunitense, nel quale la predisposizione
della prima struttura centralizzata di circolazione scritturale degli investimenti è stata
diretta conseguenza dell’ingolfamento degli scambi borsistici nei primi anni settanta.
9
integrale di qualsivoglia forma di rappresentazione delle posizioni
giuridiche incarnanti gli strumenti finanziari, mentre il fenomeno comporta
esclusivamente un avvicendamento tra modalità pratiche di mantenimento
e trasmissione delle stesse. La realtà dei titoli scritturali non è dunque una
realtà di valori propriamente “dematerializzati”, ma piuttosto di rapporti
non incorporati e pur tuttavia rappresentati documentalmente, quindi di
valori ancora essenzialmente materializzati.
Il percorso storico che ha dato vita a questa realtà si è
essenzialmente sviluppato lungo un itinerario comune nei vari paesi
europei interessati, seppur con tempistiche assai differenti; in Italia le
varie tappe hanno occupato l’arco di circa un quindicennio, a cavallo tra
anni ottanta e novanta del secolo appena trascorso.
Agli esordi si trattò di una forma semplice (debole) di
dematerializzazione, consistente nel deposito “alla rinfusa” (
4
) dei titoli
presso un depositario centrale, presso cui si instaurò la rete di conti e si
diede vita al meccanismo di registrazioni che avrebbero poi caratterizzato
anche le successive fasi di sviluppo del sistema. I certificati venivano
fisicamente riposti nei caveaux del depositario, resi fungibili ex lege, e si
procedeva ad accendere un apposito conto a favore di ciascun depositante
ove registrare quantità e specie dei titoli posseduti. La permanenza della
materialità degli strumenti finanziari permetteva ancora di configurare
posizioni dominicali e possessorie sulla chartula, mantenendo operante il
(
4
) Tale modalità di deposito si caratterizza per la creazione di una non distinguibile
miscela delle varie unità depositate dello stesso tipo e qualità. I titoli consegnati, dotati di
piena fungibilità, pur non perdendo il proprio carattere individuale, non sono più riferibili
ai singoli depositanti, ai quali è riconosciuto esclusivamente il diritto di vedersi restituita
una corrispondente quantità di titoli della medesima specie.
10
meccanismo dell’incorporazione (
5
), parzialmente alterato in conseguenza
della confusione fra i titoli depositati, mentre a risultare già pienamente
“dematerializzata” era la fase di circolazione, giacché la loro
movimentazione avveniva in virtù di un’operazione di giro
(addebito/accredito) attraverso la predetta rete di conti.
Il passo successivo, formalmente ancora fedele agli schemi cartolari,
ma già ampiamente proiettato verso il loro definitivo abbandono, è
rappresentato dall’”incorporazione” in un unico certificato globale della
totalità degli strumenti finanziari di una medesima specie, documento
quest’ultimo non destinato alla circolazione, bensì al deposito presso un
depositario centrale, mentre le posizioni inerenti i singoli investitori
risultano e vengono movimentate attraverso la consueta rete contabile. Il
fenomeno dei titoli cumulativi ha interessato in modo diverso i singoli
paesi europei: in alcuni, tra cui l’Italia, non è stato oggetto di un’apposita
disciplina, ma piuttosto lasciato al naturale evolversi della prassi; in altri,
come la Germania, è stato dettagliatamente regolamentato,
rappresentando il punto di arrivo del processo di dematerializzazione.
Infine, nell’ultima fase di tale processo, meglio nota come
dematerializzazione totale o forte, viene meno qualunque compromesso
con la tradizione cartolare, rinunciando a qualsiasi forma di
documentazione in titoli cartacei, e riunendo nell’istituto della
registrazione contabile ogni forma di rappresentazione sensibile degli
strumenti finanziari, affidata alla cura di soggetti che, per la loro terzietà e
la loro veste professionale, siano in grado di garantire la regolarità e
(
5
) OPPO, Una svolta nei titoli di massa (il progetto Monte Titoli), in Riv. Dir. Civ., 1986,
I, 20 ss.; LENER, La “dematerializzazione” dei titoli azionari e il sistema Monte Titoli,
Milano, 1989, 23 ss..
11
l’affidabilità dell’intero sistema di circolazione delle posizioni giuridiche
rappresentate.
L’approdo a tale ultima forma di dematerializzazione segna un
progresso ed insieme una sorta di ritorno alle origini. Un’evoluzione che,
nel compiersi, si lascia alle spalle la zavorra di strumenti non più utili, ed
ormai sentiti come pesanti alla luce delle esigenze maturate negli ultimi
decenni del ventesimo secolo, e si attrezza di strumenti nuovi, più
raffinati, che tuttavia, meno visibili, meno tangibili dei primi, sembrano
quasi dei non strumenti.
Se il lungo cammino, caratterizzato dal delinearsi graduale di forme
e meccanismi rispondenti ad esigenze economiche contingenti e culminato
nei primi titoli di credito, è connotato dal legame con la carta e dal
passaggio attraverso la formazione di documenti di legittimazione, la
dematerializzazione torna indietro nella storia dei titoli di credito per una
nuova esigenza di mobilità della ricchezza (quella stessa che, anni orsono,
ha fatto nascere gli strumenti cartolari), prescinde dalla materialità e
quindi dall’incorporazione, mette alla prova i nuovi strumenti elettronici,
costruisce operazioni che riproducono in forme nuove il meccanismo
cartolare e ricorre al documento cartaceo ormai solo con funzione di mera
legittimazione (
6
).
Questi sono dunque i tratti essenziali di un fenomeno tuttora
oggetto di approfonditi studi e dibattiti e che, nonostante l’abbondanza di
rilievi critici da sempre sollevati nei suoi confronti, dimostra ogni giorno la
portata innovativa delle proprie scelte, capaci di ridisegnare concetti
(
6
) COTTINO, Trattato di diritto commerciale. Vol. 7 “I titoli di credito”, CEDAM, Padova,
2006, 111.
12
giuridici fondamentali come la proprietà, la ricchezza ed il commercio,
perni di qualsiasi ordinamento giuridico moderno.
1.2. L’avvento del regime di dematerializzazione in Italia.
Il primo (e primitivo) sistema di gestione accentrata nacque in Italia
nel 1981, quando la società Monte Titoli, costituita su iniziativa della
Banca d’Italia, cominciò ad operare su base convenzionale, raccogliendo
nella propria camera blindata le prime emissioni azionarie in veste di
società fiduciaria, allo scopo di consentirne la movimentazione in forma
contabile e non più fisica. Mancava, a quell’epoca, qualsiasi
regolamentazione del fenomeno, che già prendeva forma nei propri
elementi strutturali, secondo l’impianto che avrebbe poi mantenuto nei
decenni successivi e conserva tuttora. Il Monte si vedeva attribuire la
proprietà delle azioni, assumendo l’obbligo di restituire a ciascun cliente
una quantità di titoli della medesima specie, pari a quella depositata,
sancendone così quella fungibilità, che consentiva la circolazione tra
aderenti mediante il semplice compimento di scritturazioni sui conti
intestati a ciascuno di essi.
Furono necessari cinque anni per giungere ad una regolamentazione
legislativa della società Monte Titoli e dell’attività di gestione (
7
); infatti,
mediante la legge n. 289 del 1986, che sancì il regime di
dematerializzazione debole e facoltativa (art. 2), venne qualificato come
regolare il deposito dei documenti cartacei presso la società (art. 3, c. 1),
e venne equiparato, per quanto concerne gli effetti e dunque in vista
(
7
) CARRARO, Titoli di massa e nuovo diritto delle società, CEDAM, Padova, 2004, 1 ss..
13
dell’applicazione degli artt. 1993 e 1994 c.c., il trasferimento mediante
operazioni di giro alla circolazione materiale dei titoli (art. 4, c. 2). Per
quanto riguarda l’esercizio dei diritti, almeno di quelli amministrativi,
rimaneva in capo ai soggetti depositanti, i quali si legittimavano attraverso
l’esibizione all’emittente di apposite certificazioni rilasciate
dall’intermediario (art. 3, c. 2-3). Il sistema, destinato essenzialmente ad
azioni ed obbligazioni quotate, era disegnato, anche attraverso la
normativa di rango secondario (
8
), secondo un modello verticistico e a
doppio livello: la possibilità di aderire al Monte era riservata ad aziende e
istituti di credito, ad agenti di cambio, agli enti emittenti (solo per i titoli di
propria emissione), i quali subdepositavano presso il primo i titoli loro
affidati dagli investitori (
9
). Si aveva così una doppia registrazione degli
strumenti finanziari; la prima su conti tenuti dalla Monte Titoli ed intestati
agli intermediari, la seconda su conti tenuti da quest’ultimi ed intestati ai
titolari degli strumenti stessi.
Quando, nel 1998, venne adottato il Testo unico della finanza, il
regime testé descritto venne sostanzialmente mantenuto inalterato.
L’unico punto di rottura con il passato fu il venir meno, quanto meno sulla
carta, della posizione monopolistica sino ad allora accordata alla Monte
Titoli, aprendo potenzialmente il settore alla concorrenza tra diverse
società di gestione accentrata (
10
). Tuttavia, l’ormai prossima fase di
dematerializzazione totale era testualmente anticipata dal carattere
(
8
) Si fa riferimento al Regolamento di attuazione Consob adottato con delibera n. 2723
del 1987.
(
9
) L’autorizzazione al depositario a procedere al subdeposito dei titoli presso il Monte
doveva essere specificatamente approvata per iscritto.
(
10
) Veniva però preclusa, nel disegno normativo, l’immissione di strumenti finanziari
della medesima specie in più sistemi accentrati.
14
esplicitamente parziale della disciplina contenuta nel TUF, destinata a
sostituire, per lo più riproducendola, quella del 1986, solamente con
riguardo agli strumenti finanziari rappresentati da titoli.
Soltanto qualche mese più tardi (giugno 1998), si approdò
finalmente al regime di dematerializzazione piena, utilizzando a tal fina il
medesimo decreto (213/1998) destinato al recepimento della normativa
comunitaria in materia di moneta unica, cd. Decreto Euro.
Il sistema delineato dal decreto conserva integralmente la struttura
assunta dal Monte sin dall’origine, e ciò ne ha permesso il funzionamento
per diverso tempo (
11
) nonostante fosse in vigore un Regolamento di
Servizi risalente all’epoca anteriore alla riforma. Per i titoli già accentrati,
dunque, la riforma si concreta di fatto nel loro semplice annullamento e
nella riconsegna delle chartulae all’emittente. Novità di rilievo vengono
invece introdotte per quanto riguarda la scelta stessa di sottoposizione al
regime, in origine pienamente facoltativa, ora obbligatoria: senza alcun
margine discrezionale in caso di strumenti finanziari negoziati nei mercati
regolamentati o comunque individuati dalla Consob in ragione della loro
diffusione tra il pubblico; con relativa discrezionalità in caso di strumenti
che non presentino tali caratteristiche, ma che comunque l’emittente
scelga di immettere nel sistema in forma scritturale, e per i quali
l’investitore non conserva alcuna facoltà di chiederne il rilascio in formato
cartaceo.
(
11
) Il Regolamento Consob di attuazione dei due provvedimenti (n. 11768/98) fu
adottato solamente nel mese di dicembre dello stesso anno, più volte modificato ed
integrato, esso è stato recentemente abrogato e sostituito dal Regolamento Consob-
Banca d’Italia datato 22 febbraio 2008.