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per descrivere 4 bambini da lui osservati con sintomatologia
sorprendentemente simile a quella descritta da Kanner.
La cosa incredibile è che i due studiosi quasi contemporaneamente ma
indipendentemente e senza essere a conoscenza delle ricerche l’uno
dell’altro, usarono il termine autismo preso in prestito da Bleurer per
descrivere sindromi simili e per definire un tratto originario non associato
alla schizofrenia .
I soggetti di Asperger erano caratterizzati da una forma di pensiero
concreto, dall’ossessione per alcuni argomenti, eccellente memoria,
comportamenti eccentrici, linguaggio egocentrico ma non ritardato o
deficitario, goffaggine nei movimenti e da gravi difficoltà sociali.
Le descrizioni di Asperger hanno in comune con quelle di Kanner
l’isolamento sociale, le stereotipie e le resistenze ai cambiamenti di routine,
tuttavia lo stesso Asparger individuò in seguito tre importanti differenze:
1) i soggetti di Asperger avevano un eloquio scorrevole, quelli di Kanner
non parlavano o non lo facevano in maniera comunicativa;
2) Kanner rilevò disturbi di motricità nell’esecuzione di movimenti fini
mentre Asperger notò difficoltà nei movimenti sia grossolani che complessi ;
3) Asparger definiva i suoi bambini “pensatori astratti” mentre per Kanner i
bambini apprendevano meglio in maniera automatica, quasi meccanica.
Attualmente i quadri diagnostici seppur simili si configurano come
differenti, vengono distinti in “Autismo di Kanner” e “Sindrome di
Asperger” e sono fortemente contigui con altre manifestazioni autistiche ,
all’interno di quello che viene definito lo “spettro autistico”.
Il ventennio successivo fu caratterizzato dalla predominanza delle teorie
psicodinamiche nello studio dell autismo. Le posizioni che riportano a
cause psicogene all’origine dell’autismo ebbero come punto di riferimento
un ripensamento di Kanner : egli notando l’elevato livello intellettuale dei
genitori dei suoi piccoli pazienti e le difficoltà di relazione che
manifestavano con i propri figli, ipotizzò che freddezza, intellettualismo e
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scarso senso dell’umorismo potessero contribuire a determinare l’autismo.
Kanner non tenne conto che il campione da lui osservato non era
rappresentativo: solo genitori appartenenti ad uno status economico e
sociale elevato potevano permettersi di rivolgersi ad uno psichiatra ,
oltretutto di fama come lui. Gli autori di impostazioni psicodinamica,
prendendo spunto dalle ossevazioni di Kanner , indagarono l’alterazione del
rapporto madre-bambino come possibile causa dell autismo.
L’autore che piu rappresentò tale posizione fu Bruno Betthelheim che nel
1967 pubblicò “La fortezza Vuota”, un vero e proprio best seller dell epoca.
Per Betthelheim “il fattore che precipita il bambino nell’autismo è il
desiderio dei suoi genitori che egli non esista”. L’autore, riprendendo tesi
gia avanzate per la schizofrenia, descrisse l’autismo come un meccanismo
di difesa estrema : il bambino percependo un desiderio materno reale o
immaginario di annullamento nei suoi confronti verrebbe colto dalla paura
di annientamento ritirandosi cosi in un isolamento psichico per proteggersi
dalle influenze esterne.
L’idea di inadeguatezza genitoriale di Betthelheim, la cui formazione di
psicologo-psichiatra è alquanto dubbia, ha ingiustamente colpevolizzato i
genitori e alimentato per decenni lo stereotipo culturale di “madre-
frigorifero” .
Negli anni ’60 pur restando il modello piu in voga, iniziarono le prime
critiche al modello psicodinamico in relazione alle sempre crescenti
evidenze cliniche di un substrato biologico nella sindrome autistica.
Il primo a sostenere in modo sistematico la base organica della sindrome
autistica fu Bernand Rimland, padre di un bambino autistico, fondatore nel
1967 dell’Autism Research Institute. Nel 1964 pubblicò “Autismo
Infantile” e, come egli stesso dichiara” distrusse la precedente convinzione
che l’autismo fosse un disordine psicologico, causato da una cattiva madre,
disordine che doveva essere trattato con psicoterapia per madre e figlio”,
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dando inizio e forma ad una nuova corrente di pensiero, l’aproccio
organicista.
Negli anni ’70 avvengono le modificazioni più importanti e significative per
il progresso nella comprensione del disturbo autisco. Per quanto riguarda la
classificazione nel 1972 Michael Rutter, clinico e ricercatore inglese,
affermò la completa distinzione tra schizofrenia e autismo tramite un
articolo sul “The Journal of Autism and Childhood Schizophrenia”. Ma è
con i lavori del 1978 che Rutter da una definizione criteriale dell’autismo
specificando e formalizzando ma sostanzialmente confermando l’idea
kanneriana originale di disturbo della socializzazione innato. I sintomi tipici
secondo Rutter comprendono: un’incapacita a sviluppare rapporti sociali,
una particolare forma di ritardo nello sviluppo del linguaggio con presenza
di ecolalia e inversione pronominale e vari fenomeni rituali e compulsivi.
Il cambiamento di percezione sull’autismo ha risvolti anche dal punto di
vista diagnostico: nelle prime due versioni del Manuale Diagnostico e
Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-I 1952, DSM-II 1968) l’autismo
compariva ancora come “schizofrenia infantile” ed è soltanto nel
1980 ,nella terza versione, che l’autismo viene formalmente distinto dalle
psicosi ed inserito nel capitolo dedicato ai Disturbi Generali Dello Sviluppo
sfatando l’idea della responsabilità dei genitori con l’origine del disturbo
stesso.
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Nel frattempo uno studio epidemiologico di Wing e Gould del 1979 (la
corte di Camberwell) su bambini con particolari esigenze educative di una
zona di Londra influenzerà fortemente la concezione dell’ autismo nei
decenni successivi.
Wing e Gould dimostrarono un’ associazione non casuale fra tre domini
sintomatologici operazionalmente definibili, la celebre “triade”:
1)disturbo qualitativo delle capacità di interazione sociale;
2)disturbo qualitativo delle capacità comunicative;
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Illustrazione di M.Rimband , figlio di Bernard, stimato disegnatore e pittore.
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3) repertorio ristretto e ripetitivo d’ interessi ed attività.
Queste tre aree sintomatiche potevano combinarsi in vario modo
determinando variazioni piu o meno gravi di un continuum , lo “spettro
“ dei disturbi autistici.
I criteri di Wing e Gould impronteranno tutte le successive definizioni del
DSM : nel DSM-III-R del 1987 i criteri diagnostici vengono ridefiniti ed
allargati sulla base della triade. Queste tre aree sintomatiche non
contengono nulla di nuovo rispetto alle descrizioni precedenti di Kanner e
Rutter alla base del DSM III ma rappresentano il tentativo di “oggettivare”
su basi epidemiologiche e operazionali criteri che prima erano prettamente
di intuizione psicologica.
Tutt’oggi i manuali diagnostici piu utilizzati basano i criteri di
riconoscimento su indicatori comportamentali in quanto l’eziologia
dell’autismo rimane ancora incerta e per lo piu sconosciuta.
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CAP 2 CRITERI DIAGNOSTICI ED EPIDEMIOLOGIA
Approfondire i dettagli riguardanti i criteri diagnostici dell’ autismo può
sembrare superfluo ma è necessario per cercare di definire la patologia da
un punto di vista oggettivo: diagnosticare o meno l’autismo dipende in gran
parte dal livello di utilizzo dei criteri diagnostici comunemente accettati dai
clinici.
Attualmente La maggior parte delle diagnosi sono basate sul :
-Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders («Manuale
Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali») noto con l’acronimo DSM ,
giunto alla sua IV edizione, redatto dall' American Psychiatric Association
(APA).
- International Classification of Diseases, noto come ICD, giunto alla sua
10° versione , stilata dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS-
WHO).
2.1 -La classificazione americana del DSM IV (1994) per i disturbi
dell’infanzia:
Il DSM é una classificazione diagnostica e statistica che riguarda soprattutto
i disturbi mentali dell'adulto e ha una parte dedicata a quelli che insorgono
nell'infanzia e nell'adolescenza.
Le psicosi dell’infanzia sono definite sotto la categoria Disturbi
generalizzati dello sviluppo, che comprende:
- Disturbo autistico
- Disturbo di Asperger
- Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
- Disturbo di Rett
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- Disturbo generalizzato dello sviluppo non altrimenti specificato
Le caratteristiche di definizione del disturbo autistico del DSM-III-R sono
mantenute nel DSM-IV, ma ci furono importanti modifiche :
ξ I criteri diagnostici furono ridotti da 16 a 12 aumentandone la
chiarezzae migliorandone l’utilità clinica;
ξ fu aumentata la compatibilità con i criteri diagnostici per la ricerca
dell’ICD-10;
ξ la definizione dei casi fu ristretta per una maggiore conformità con
il giudizio clinico, con il DSM-III e con l’ICD-10.
ξ Fu stabilita una età di esordio anche prima dei 3 anni
ξ viene inclusa la “sindrome di Asparger”, escusa nella terza versione.
I criteri diagnostici per il Disturbo autistico, secondo il DSM IV sono:
Un totale di 6 (o più) voci da 1), 2), e 3), con almeno 2 da 1), e uno
ciascuno da 2) e da 3):
A. 1) Compromissione qualitativa dell’interazione sociale, manifestata con
almeno 2 dei seguenti:
a) marcata compromissione nell’uso di svariati comportamenti non verbali,
come lo sguardo diretto, l’espressione mimica, le posture corporee e i gesti
che regolano l’interazione sociale;
b) incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei adeguate al livello di
sviluppo;
c) mancanza di ricerca spontanea nella condivisione di gioie, interessi o
obiettivi con altre persone (per. es. non mostrare, portare, nÈ richiamare
l’attenzione su oggetti di proprio interesse);
d) mancanza di reciprocità sociale ed emotiva;
2) compromissione qualitativa della comunicazione come manifestato da
almeno uno dei seguenti:
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a) ritardo o totale mancanza dello sviluppo del linguaggio parlato (non
accompagnato da un tentativo di compenso attraverso modalità alternative
di comunicazione come gesti o mimica);
b) in soggetti con linguaggio adeguato, marcata compromissione della
capacità di iniziare o sostenere una conversazione con altri;
c) uso di linguaggio stereotipato e ripetitivo o linguaggio eccentrico;
d) mancanza di giochi di simulazione vari e spontanei, o di giochi di
imitazione sociale adeguati al livello di sviluppo;
3) modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e
stereotipati, come manifestato da almeno 1 dei seguenti:
a) dedizione assorbente ad uno o più tipi di interessi ristretti e stereotipati
anomali o per intensità o per focalizzazione
b) sottomissione del tutto rigida ad inutili abitudini o rituali specifici
c) manierismi motori stereotipati e ripetitivi (battere o torcere le mani o il
capo, o complessi movimenti di tutto il corpo)
d) persistente ed eccessivo interesse per parti di oggetti;
B. Ritardi o funzionamento anomalo in almeno una delle seguenti aree, con
esordio prima dei 3 anni di età:
ξ interazione sociale,
2) linguaggio usato nella comunicazione sociale, o
ξ gioco simbolico o di immaginazione.
C. L'anomalia non è meglio attribuibile al Disturbo di Rett o al Disturbo
Disintegrativo della fanciullezza.