in Figura 1. Dallo stato monomerico di partenza, formato prevalentemente da
Figura 1: Schema delle diverse fasi che portano alla formazione di fibre amiloidi nell’insulina.
strutture di tipo α, si puo` passare, aumentando la temperatura o la concen-
trazione, o incubando la proteina ad una temperatura elevata, a protofilamenti
intermedi che sono caratterizzati da una coesistenza di foglietti-β e random
coil. Infine con un ulteriore aumento della temperatura o del tempo d’in-
cubazione si puo` passare ad uno stato completamente denaturato, formato da
soli random coil, o alla formazione di fibre amilodi, caratterizzate interamente
da foglietti-β. Lo studio di questi cambiamenti strutturali e in particolare del-
la capacita` dell’insulina di modificare in funzione della temperatura il proprio
stato d’aggregazione, sono una parte centrale del nostro lavoro.
Lo scopo di questa tesi e` studiare come cambia la struttura secondaria dell’in-
sulina e quali siano i moti degli atomi della proteina imponendo un aumento
graduale della temperatura. Per questo tipo d’analisi abbiamo scelto di uti-
lizzare l’insulina bovina in quanto, come gia` specificato, presenta lo stesso
comportamento di quella umana e inoltre e` piu` facile da reperire. Le due
tecniche risultate piu` idonee per studiare le variazioni dinamiche e strutturali
dell’insulina in temperatura sono la spettroscopia neutronica, per lo studio
dei moti degli atomi della proteina, e il dicroismo circolare, per l’analisi dei
cambiamenti nella struttura secondaria. Lo scattering di neutroni e` infatti
largamente utilizzato per lo studio dinamico di macromolecole biologiche in
quanto le energie dei neutroni termici utilizzati sono dell’ordine di 1kcal/mol,
paragonabile quindi a quella delle interazioni tipiche delle molecole biologiche.
Inoltre la lunghezza d’onda dei neutroni termici, dell’ordine dell’A˚, e` con-
frontabile con lo spostamento quadratico medio degli atomi attorno alla loro
posizione d’equilibrio. Il dicroismo circolare e` utilizzato per ottenere infor-
mazioni riguardanti la struttura di proteine e polipeptidi in soluzione grazie
alla diversa capacita` delle varie strutture secondarie (α-eliche, foglietti-β, ran-
dom coil, β-turns) di assorbire diversamente la luce polarizzata circolarmente
destra e sinistra.
8
A nostra conoscenza l’insulina non e` mai stata studiata con la spettroscopia
neutronica. Il nostro obiettivo e` quindi quello di fare una prima caratte-
rizzazione della proteina con questa tecnica. Per questo studiamo l’insulina
nelle condizioni che, da studi su altre proteine, risultano le piu` semplici da
analizzare. Studiamo quindi un campione d’insulina bovina in polvere a basso
grado d’idratazione in un intervallo di temperatura significativo per vedere
dei cambiamenti dinamici. Inoltre per un’analisi piu` completa confrontiamo i
nostri risultati con quelli ottenuti su un’altra proteina il cui comportamento
dinamico sia noto: la mioglobina.
Al contrario da un punto di vista strutturale l’insulina e` gia` stata studiata
anche col dicroismo circolare. In letteratura sono presenti vari studi in cui la
proteina e` portata direttamente ad alte temperature e le sue variazioni confor-
mazionali sono individuate tramite spettri di dicroismo circolare in funzione
del tempo d’incubazione. Questi esperimenti ci permettono di stabilire facil-
mente le condizioni migliori alle quali lavorare e di sapere quali possano essere
i cambiamenti nella struttura secondaria che dobbiamo aspettarci. Tuttavia in
letteratura non sono riportati esperimenti di dicroismo circolare della proteina
in funzione di una variazione temporale di temperatura. Il nostro scopo sara`
quindi quello di studiare con spettri di dicroismo circolare i cambiamenti di
una soluzione di insulina bovina riscaldando la proteina gradualmente con una
rampa di temperatura da 20oC a 95oC. Noi siamo interessati ad un’analisi di
questo tipo sia per completare lo studio strutturale di questo ormone sia perche´
questo particolare tipo di analisi permettera` in futuro un confronto con esper-
imenti di spettroscopia neutronica sulla proteina in soluzione. Cos`ı come negli
esperimenti di spettroscopia neutronica, confronteremo i nostri risultati con
quelli ottenuti su altre proteine i cui cambiamenti strutturali in funzione della
temperatura siano noti. Entrambi gli esperimenti da noi effettuati sono utili
alla comprensione delle proprieta` dell’insulina in funzione della temperatura,
in particolare la sua resistenza a subire variazioni sia strutturali sia dinamiche.
Nel capitolo 1 descriviamo le proteine studiate, con particolare attenzione
all’insulina e alle patologie provocate dalla formazione di fibre amiloidi. In
questo capitolo sono inoltre descritti i risultati, presenti in letteratura, d’es-
perimenti svolti precedentemente su questo ormone.
Nel capitolo 2 e` descritta la tecnica del dicroismo circolare e la teoria alla base
di questa. Il capitolo 3 presenta un riassunto della teoria riguardante lo scat-
tering di neutroni in materia condensata. Il capitolo 4 riporta una trattazione
dei modelli che sono attualmente utilizzati per interpretare lo scattering di
neutroni da molecole biologiche, riorganizzando una materia presente in modo
poco organico in letteratura.
Il capitolo 5 spiega la tecnica del back scattering e lo strumento da noi utilizza-
9
to, lo spettrometro IN13 presso l’istituto Laue Langevin di Grenoble (Francia).
Infine nei capitoli 6 e 7 sono riportati i risultati da noi ottenuti da esperimenti
rispettivamente di dicroismo circolare e di spettroscopia neutronica e la loro
discussione.
10
Capitolo 1
Insulina e mioglobina:
struttura e funzione
1.1 Insulina
1.1.1 La struttura primaria
L’insulina e` un ormone polipeptidico, molto piccolo (peso molecolare di 5734 Da),
Figura 1.1: Schematizzazione di una sezione del pancreas dove sono evidenziate le isole Langerhans
le cui cellule β producono l’insulina.
prodotto, nel pancreas, dalle cellule β delle Isole di Langerhans (Figura 1.1).
Il suo ruolo nell’organismo e` quello di ridurre la concentrazione di glucosio
nel sangue e regolare il metabolismo del glucosio, dei grassi e delle proteine.
L’insulina, C254H377N65O75S6, e` formata da due catene peptidiche, catena A
e catena B (Figura 1.2) unite da due ponti di-solfuro, mentre un terzo ponte
si trova all’interno della catena A. Presenta solo 17 aminoacidi, dei 24 esisten-
ti, di cui alcuni sono ripetuti piu` volte. Nella maggior parte delle specie di
insulina presenti, la catena A e` costituita da 21 aminoacidi e la catena B da 30.
Sebbene le sequenze di aminoacidi dell’insulina siano diverse nelle varie specie,
alcuni tratti della proteina sono altamente conservati, inclusa la posizione dei
tre ponti disolfuro e i residui C-terminali delle catene A e B. Queste somiglianze
11
Figura 1.2: Rappresentazione della struttura primaria dell’insulina, ormone secreto dal pancreas
formato da due catene, A e B, unite da due ponti di-solfuro. Nei vari colori sono riportati gli
aminoacidi che costituiscono la proteina e con le linee rosse piu` spesse sono evidenziati i tre ponti
di-solfuro.
nella sequenza aminoacidica dell’insulina portano a conformazioni tridimen-
sionali molto simili e fanno si che l’insulina prelevata da un animale sia bio-
logicamente attiva anche se somministrata ad animali di un’altra specie: sia
l’ormone prelevato dal maiale sia quello di origine bovina sono molto utilizzati
per trattare pazienti diabetici.
1.2 Il processo di aggregazione dell’insulina
1.2.1 Struttura secondaria e terziaria
A dispetto della presenza di variazioni da specie a specie nella struttura pri-
maria, l’organizzazione e l’aggregazione delle due catene nella loro confor-
mazione tridimensionale sono essenzialmente le stesse in tutti i tipi di insuli-
na. La catena A forma due α-eliche anti-parallele, rappresentate dai cilindri
in Figura 1.3, mentre la catena B si organizza in una singola α-elica e un
foglietto-β rappresentati rispettivamente dal cilindro e dalla freccia gialla in
Figura 1.3. Inoltre le due catene si dispongono di modo che sulla superficie
del monomero siano presenti solo residui non polari o coppie polari.
1.2.2 La struttura quaternaria
L’insulina in soluzione esiste sotto forma di monomero solo o a bassa con-
centrazione (<0.1µM≈ 0.6µg/ml) o a concentrazione piu` alta ma a pH acido
(0.1-0.3 mg/ml e pH<3). In tutte le altre condizioni la proteina ha la ten-
denza ad aggregarsi formando sia dimeri, dovuti alla costituzione di legami
ad idrogeno tra i residui C-terminali delle catene B, sia esameri, in presenza
di ioni zinco a pH 4-8 o in assenza del metallo a pH neutro e concentrazione
12
Figura 1.3: Simulazione di dinamica molecolare da noi svolta su una molecola di insulina bovina:
in arancione e` rappresentata la catena A, in giallo la B. Si vede chiaramente come le due catene siano
unite da ponti di solfuro, indicati con la scritta S-S, inoltre si possono osservare le varie strutture
secondari presenti: i cilindri indicano le α-eliche, mentre le frecce i foglietti β
≥2mM [9].
L’esamero forma una struttura pressappoco sferica con un diametro di ≈50 A˚
e un’altezza di circa ≈35 A˚. Gli ioni zinco sono situati nel canale polare nel
centro dell’esamero e sono coordinati con l’istidina B10.
Queste interazioni hanno importanti risvolti clinici. I monomeri ed i dimeri
diffondono rapidamente nel sangue, mentre gli esameri hanno una scarsa pos-
sibilita` di diffusione. Le preparazioni di insulina usate per il trattamento dei
diabetici hanno un elevata percentuale di esameri e questo le rende poco effi-
caci. Questo problema ha spinto le industrie farmaceutiche a produrre insulina
ricombinante cambiando i residui di lisina e di prolina C-terminali delle catene
B. Questa modificazione non altera le proprieta` metaboliche della molecola ma
riduce la tendenza a costituire dimeri ed esameri.
1.2.3 L’aggregazione amiloide
L’insulina e` caratterizzata dalla capacita` di formare, sotto particolari con-
dizioni (pH acido e temperature elevate, [10, 11, 12]), fibre amiloidi, ossia
filamenti proteici caratterizzati da prevalenza di strutture di tipo β. Il cambi-
amento strutturale da insulina esamerica a fibre avviene sempre secondo dei
passaggi ben precisi, Figura 1. Per prima cosa si deve passare ad uno sta-
to monomerico, raggiungibile sia portando la proteina in un ambiente acido
(pH 1-3), sia portandola ad alte temperature. Solo da questo si puo` passare,
riscaldando o incubando ad alte temperature il campione, ad uno stato di ag-
gregazione intermedia (PFI), caratterizzato dalla coesistenza di tutte e tre le
strutture secondarie tipo α-elica, random coil e foglietti-β. Infine, da questa
nuova struttura, si puo` passare o ad uno stato unfolded caratterizzato esclusi-
vamente da random coil o ad uno stato formato da fibre, aventi come struttura
secondaria principale i foglietti β.
Le fibre formate dall’insulina sono del tutto analoghe a quelle create in vivo
13
dall’aggregazione di altre proteine, ad esempio le β-amiloidi e l’amiloide-P-
serica, e causano gravi patologie.
1.3 Il ruolo dell’insulina nell’organismo
L’insulina e` un ormone proteico che ha il compito di rendere utilizzabili dal-
l’organismo le sostanze nutritive, regolando l’uso nelle nostre cellule dei car-
boidrati, dei lipidi e delle proteine. L’insulina puo` essere considerato un attiva-
tore di alcuni passaggi del metabolismo, intendendo con quest’ultimo termine
il complesso di reazioni chimiche che trasformano gli alimenti in energia per
l’organismo. Agendo sui vari tessuti ′bersaglio′, l’ormone regola l’utilizzo dei
nutrienti, tra cui il glucosio. E′ quindi evidente che se l’insulina e` scarsa o
se la sua azione e` difettosa, si ha un blocco di alcune vie fondamentali per la
sopravvivenza e la riproduzione delle stesse cellule dell’organismo.
La spia piu` fedele del controllo esercitato dall’insulina sul metabolismo e` data
dal valore della glicemia1: se l’ormone e` insufficiente o se non agisce corretta-
mente, viene meno la sua azione di immagazzinamento del glucosio nelle cellule
con conseguente tendenza all’iperglicemia, cioe` all’aumento piu` o meno marca-
to del glucosio nel sangue del paziente. Da qui l’importanza della valutazione
clinica della glicemia, sia a digiuno ma soprattutto dopo i pasti, parametro
importante per stimare l’equilibrio metabolico del soggetto.
Da queste premesse si evince l’importanza della somministrazione dell’ormone
insulina nei soggetti con diabete mellito di tipo I (in cui l’ormone e` molto
ridotto o assente) ed anche in molti casi di diabete di tipo II (in cui l’ormone
ha un’azione periferica difettosa e non piu` soggetta a possibili stimolazioni
farmacologiche). Si tratta quindi di una terapia ormonale sostitutiva.
1.3.1 Diabete Mellito
Il diabete mellito e` una patologia metabolica caratterizzata da una ridotta
attivita` dell’insulina (per assenza dell’ormone o ridotta azione a livello degli
organi bersaglio quali il fegato, il muscolo ed il tessuto adiposo). Le caratter-
istiche cliniche distintive di questa patologia sono: l’aumento del glucosio nel
sangue e lo sviluppo di complicanze croniche a carico del sistema cardiovasco-
lare, renale, oculare e nervoso.
Esistono diverse forme di diabete, tra tutte le piu` importanti sono: il dia-
bete di tipo I, giovanile, che colpisce prevalentemente, ma non esclusivamente,
neonati e giovani, e il diabete senile, tipo II, che riguarda pazienti di oltre i 40
anni d’eta`. Il diabete di tipo 1 difficilmente si manifesta sopra i 40 anni e ha
un picco d’incidenza intorno ai 14 anni. In Italia l’incidenza del diabete di tipo
1 e` compresa tra i 6 e i 10 casi per 100.000 soggetti per anno nella fascia di
1Misura della concentrazione di glucosio nel sangue, normalmente deve rimanere entro i
limiti dell’intervallo di normalita` (65-110 mg/dl).
14
eta` da 0 ai 30 anni. Fa assoluta eccezione a tale tendenza la Sardegna, che ha
un’incidenza e una prevalenza di diabete giovanile tra le piu` alte del mondo:
nella fascia di eta` tra 0 e 14 e` di 34 casi per 100.000 per anno. (Dati relativi
al 2000).
1.4 Mioglobina
1.4.1 La struttura della mioglobina
La mioglobina, C808H1554N213O368S2, e` un’ emo-proteina globulare costituita
da una singola catena di circa centocinquanta amminoacidi, molto importante
nei processi di consumo di ossigeno del corpo umano per la produzione di ener-
gia. Essa e` contenuta nei muscoli (compreso il cuore), specialmente nelle fibre
cosiddette ′lente′, in grado di produrre energia mediante la sintesi di adenosin-
tri-fosfato2 (ATP).
La mioglobina e` la prima proteina la cui struttura e` stata studiata dalla cristal-
Figura 1.4: Rappresentazione di una molecola di mioglobina. Sono evidenziate in vari colori le
otto strutture di tipo α in cui la proteina si organizza.
lografia a raggi X. I dati cristallografici hanno evidenziato la presenza di una
catena di aminoacidi avvolta ad elica e ripiegata in modo da formare otto seg-
menti principali, Figura 1.4. Questa proteina consiste, quasi esclusivamente,
di residui non polari (leucina, valina, metionina e fenilalanina) mentre gli unici
residui polari sono due istidine, che svolgono un ruolo fondamentale per l’at-
tacco dell’ossigeno al gruppo eme3.
In vivo la mioglobina si trova sempre in uno stato monomerico, tuttavia in vitro
e` in grado di creare aggregati e in particolare sotto particolari condizioni (pH
acido e bassa concentrazione) puo` forma fibre amiloidi e filamenti intermedi.
2Ribonucleotide trifosfato formato da una base azotata, adenina, da uno zucchero pentoso,
ribosio, e da tre gruppi fosfato.
3Complesso chimico membro di una famiglia di composti chiamati porfirine contenente
un atomo di ferro che, proprio grazie a quest’atomo, puo` legare l’ossigeno, sia in forma
molecolare che in altri composti (biossido di carbonio CO2, monossido di carbonio CO,
H2O, ecc).
15
1.4.2 Funzione delle emoproteine nell’organismo
La mioglobina e` l’emo-proteina piu` semplice in grado di legarsi all’ossigeno,
in quanto e` costituita da un solo gruppo eme4. A causa di un’affinita` con
l’ossigeno costante e piuttosto elevata, Figura 1.5, ha il ruolo di riserva di
ossigeno, prontamente disponibile, nei tessuti periferici.
Figura 1.5: Rappresentazione dell’affinita` della mioglobina e dell’emoglobina per l’ossigeno. Si
vede chiaramente la differenza tra le due proteine. L’emoglobina ha, infatti, il compito di ′fare
il pieno′ di ossigeno in un distretto dove la pressione dell’ossigeno (pO2) e` elevata (alveoli pol-
monari) e rilasciarlo facilmente in quei distretti in cui la pO2 e` relativamente bassa (tessuti periferi-
ci). D’altro canto, la mioglobina, mantenendo costantemente elevata la propria affinita`, puo` svolgere
adeguatamente il ruolo di riserva di ossigeno, prontamente disponibile, nei tessuti periferici.
1.5 L’amiloidosi
1.5.1 Amiloidosi dell’insulina
Molte proteine sono in grado, imponendo particolari condizioni, di formare ag-
gregati amiloidi in vitro ma sono del tutto innocue in vivo. Questo ad esempio
e` il caso della mioglobina e si supponeva fosse una caratteristica propria anche
dell’insulina. Tuttavia e` stata verificata in alcuni pazienti, affetti da diabete
e sottoposti ad una terapia insulinica, la presenza di aggregati amiloidi nel
sito dell’iniezione. Il primo caso risale al 1985 in un paziente di origine afro-
caraibica di 22 anni di eta`, affetto da diabete di tipo I [13]. Dopo circa quattro
anni di terapia insulinica, somministrata, come da prescrizione, due volte al
giorno alternando le iniezioni tra la coscia destra e la sinistra, fu ricoverato
in ospedale con i sintomi tipici della patologia (ipergliemia, poluria5, proble-
mi cardiaci, etc.) e ascessi nella zona di iniezione, simili a quelli riportati in
Figura 1.6. Da un’analisi istologica scoprirono che l’insulina, in questo caso
4Complesso chimico, membro di una famiglia di composti chiamati porfirine, contenente
un atomo di ferro
5Disfunzione dell’apparato urinario: emissione di una quantita` di urina superiore ai 2 litri
nelle 24 ore.
16
suina, forma aggregati di tipo amiloide nella regione di iniezione impedendo la
diffusione dell’ormone nel sangue. Questa amiloidosi iatrogena6 dell’insulina
provoca sia un indurimento della cute soggetta all’iniezione sia un’inefficienza
della terapia.
I sintomi descritti furono trovati in numerosi pazienti curati sia con insulina
suina ma anche con l’ormone umano o bovino [1, 2, 3]. Una terapia efficiente
Figura 1.6: Immagini ottenute da uno studio istologico su un paziente di 59 anni affetto da
amiloidosi iatrogena dell’insulina
A: Noduli sottocutanei in un paziente di 59 anni con un diabete di tipo I.
B: Dermatite granulomatosa con dei corpi estranei cellulari giganti (20X).
C: La presenza di depositi amiloidi e` evidenziata da macchie rosso Congo.
per eliminare e prevenire l’amiloidiosi iatrogena dell’insulina non e` stata an-
cora trovata, tuttavia il metodo per ora utilizzato consiste nel cambiare zona
di iniezione periodicamente ed effettuare periodici controlli.
1.5.2 Patologie
Amiloidosi e` un termine generico che si riferisce al deposito extracellulare di
fibrille composte da proteine, o loro frammenti, a basso peso molecolare (5-25
KDa). Oggi si conoscono almeno 25 precursori proteici delle fibrille amiloidi,
[14], molti dei quali circolano liberamente nel plasma. Da un punto di vista
clinico l’amiloidosi puo` interessare piu` organi (forme sistemiche o disseminate)
oppure essere localizzata ad un singolo tessuto o organo (quale cuore, rene,
sistema nervoso); inoltre forme di amiloidosi possono essere associate all’in-
vecchiamento o essere ereditarie. L’amiloidosi iatrogena insulinica si classifica
fra le forme localizzate.
Lo studio dell’aggregazione amiloide dell’insulina ha sicuramente una grande
importanza nella ricerca di una cura per l’amiloidosi iatrogena, ma soprattut-
to potrebbe permettere di capire i meccanismi che portano alla formazione
d’aggregati amiloidi alla base di alcune tra le malattie piu` gravi e diffuse al
6Patologie, effetti collaterali o complicanze dovute a trattamenti medici
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mondo, quali il morbo d’Alzheimer, il morbo di Parkinson e l’Encefalopatia
spongiforme bovina (BSE).
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