5ministero, può decidere d’indagare e procedere nelle indagini in base a criteri
d’opportunità; questione che provoca necessariamente la perdita d’indipendenza del
magistrato stesso. Dire che le scelte, in merito alla conduzione di un’azione penale da
parte del pubblico ministero sono discrezionali, non significa, di fatto, che l’azione
penale non sia obbligatoria. Nel momento in cui il pubblico ministero riceve una
notizia di reato da parte della polizia o è investito dalla denuncia di un pubblico
cittadino, non può ignorarla e deve procedere in ogni caso. Le scelte discrezionali si
basano, o dovrebbero basarsi, su criteri di buon senso e di equità in modo tale che,
quest’ultime, vadano a vantaggio dello sfoltimento di tutti quei fascicoli che
ingolfano la macchina della giustizia.
Purtroppo si sente parlare spesso di abusi e disparità di tali scelte, in modo particolare
in riferimento a sollecitazioni per evitare che s’indaghi su certi reati e su alcuni
ambienti. Da chi provengono tali richieste?
Bisogna pensare che qualsiasi decisione discrezionale è collegata ad una
responsabilità politica quindi, per chiudere il cerchio del nostro ragionamento, chi
esercita questa scelta deve essere, in qualche modo, collegato ad una forma di potere
politico ovvero a chi ha ricevuto il consenso e la legittimazione elettorale da parte dei
cittadini e detiene il controllo (Borgna P., Maddalena M., 2003).
Esaminando il ragionamento appena sviluppato possiamo dire che : il principio
d’uguaglianza e d’indipendenza del magistrato sono collegati; l’indipendenza della
magistratura ha bisogno del suo autogoverno; l’autogoverno presuppone la mancanza
di ogni tipo di controllo da parte di qualsiasi forma di potere politico; la mancanza di
questo controllo comporta l’assenza di discrezionalità e l’applicazione indiscriminata
della legge, quindi, l’obbligatorietà dell’azione penale; infine, il principio dell’azione
penale obbligatoria assicura l’uguaglianza dei cittadini di fronte alle legge (Borgna P.,
Maddalena M., 2003, pp 22 - 23).
Possiamo, a questo punto, porci una domanda : se l’esercizio dell’azione penale è
solo formalmente obbligatorio in che senso possiamo parlare di discrezionalità del
Pubblico Ministero? Possiamo farlo con riferimento ai modi in cui l’azione penale
viene esercitata; poiché di fronte ad una notizia di reato il Pubblico Ministero deve
6procedere, egli può adempiere a quest’obbligo con maggiore o minore impegno,
impiegando maggiore o minore tempo, risorse e uomini.
La scelta tra questi modi di agire incide concretamente, anche, sul principio
d’obbligatorietà dal momento che, queste decisioni, non vanno incontro a nessuna
sanzione o richiamo legato alla responsabilità dell’azione del magistrato. Le scelte del
pubblico ministero sono sempre e comunque legittime, ma condizionano l’intensità
con cui si realizza il principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale.
Per questo si è resa necessaria l’introduzione di forme di responsabilità democratica
per i magistrati ovvero la necessità che essi comprendano l’importanza di rispondere
delle proprie decisioni di fronte al popolo in quando fonte di legittimazione del
proprio potere.
La legge che, per la prima volta, ha previsto l’esercizio obbligatorio dell’azione
penale, risale al 1946 (“legge sulle guarentigie della magistratura” promulgata da
Umberto di Savoia e portante le firme di De Gasperi, presidente del Consiglio e
Togliatti, guardasigilli). Essa proclama l’autonomia, l’indipendenza da ogni potere;
l’inamovibilità, l’accesso per concorso; l’elettorato attivo e passivo per l’elezione del
Consiglio superiore; tutti principi contenuti nel Titolo IV della nostra Costituzione (si
riferiscono ad entrambe le categorie : giudici e pubblici ministeri).
Il raggiungimento di questi obiettivi, però, non è possibile solo attraverso la creazione
di leggi che li tutelino ma può avvenire, soprattutto, grazie alla presa di coscienza da
parte dei magistrati, della propria indipendenza che va progressivamente, in essi,
maturando. E’ necessario creare un nuovo habitus che porti sia all’indipendenza
istituzionale che culturale della magistratura, cammino non certo breve e privo di
difficoltà in quanto i magistrati, per decenni, non hanno saldamente posseduto l’idea
di un pubblico ministero autonomo e nemmeno potevano arrivare ad averla fin
quando, dalla loro cultura, non fosse eliminata l’idea opposta di pubblico ministero
inteso come strumento dell’esecutivo.
Secondo il pensiero di due autorevoli autori quali Borgna e Maddalena (in questo
caso attribuiamo questi concetti al secondo dei due autori in relazione alla linea più
conservatrice che ha mostrato rispetto al primo), tale processo di creazione di una
7certa immunità nei confronti delle pressioni esterne, partì dai primi anni Sessanta.
Questo periodo fu caratterizzato da una maggiore diversificazione, a livello di
esperienza e di sensibilità degli uomini e delle donne che andarono a sostituire i
vecchi esponenti dell’ordine giudiziario. Cominciarono ad entrare, in magistratura,
sempre più giovani appartenenti a ceti diversi dimostrando come, la nuova
generazione, sentisse meno il peso di un qualche vincolo di fedeltà verso l’identità
culturale e sociale che era propria della magistratura degli anni precedenti (ovvero
veniva meno quel condizionamento che il potere politico esercitava su di essa anche
se, tale legame, non è da considerarsi definitivamente scomparso). Nei giovani
andava sviluppandosi una sempre maggiore sensibilità nei confronti alcune tipologie
di reato che, fino ad allora, erano state considerate di seconda categoria (in quanto
non rispondevano alle esigenze e alle richieste di priorità da parte di coloro che
detenevano il potere).
In Italia, furono proprio le richieste di nuove iniziative e di maggiore responsabilità
che indussero, il ruolo del magistrato, verso la trasformazione. Inoltre, tali richieste,
contribuirono a dare forza al tentativo di attribuire maggiore rilevanza sociale
all’impegno professionale del magistrato nel campo penale; richieste che portarono
alla realizzazione della concreta indipendenza della magistratura.
82 . Criteri discrezionali che intervengono nel processo
d’organizzazione del lavoro in procura.
Ciò che da una prima analisi può risultare rilevante considerando il rapporto tra
procura e contesto locale, così come viene presentato nelle interviste realizzate ai
a tredici Sostituti Procuratori ed al Procuratore Aggiunto di Bergamo, è un
parziale allontanamento rispetto a quello che viene proposto dal modello teorico
esposto in precedenza. I magistrati della Procura non sono certo insensibili di
fronte alle pressioni da parte del Sistema Locale ma, il condizionamento reale che
questo produce sul modo d’agire e di gestire i fascicoli che sono chiamati ad
esaminare, è relativo rispetto ad altri fattori che determinano la discrezionalità
dell’azione penale.
Questo emerge dalle affermazioni di alcuni Sostituti Procuratori che sostengono
che, un motivo importante per cui questa influenza e pressione è poco sentita, è
legato all’operazione di filtraggio delle richieste che, portata avanti da altri attori
della Procura, assume un ruolo primario nei confronti del rispetto della serenità
del lavoro del magistrato e per la sicurezza del mantenimento di una certa distanza
da quelli che possono essere i condizionamenti esterni.
Un esempio di quanto possono essere insistenti ed incessanti certe richieste da
parte dei cittadini e, quindi, quanto necessario sia il lavoro di chi si preoccupa di
intervenire per far si che certe situazioni non si verifichino, può essere ben
rappresentato da episodi come questo :
Anche qui c’è una signora che staziona quotidianamente in Procura, me la sono
ritrovata anch’io. Ritengo che il cittadino, insomma, ha diritto…Certo, se uno viene
e t’impedisce di svolgere la tua attività lavorativa perché ti si piazza tutte le volte,
tutte le mattine, per due ore in ufficio, allora ad un certo punto lo devi allontanare
perché non ti consente di svolgere il tuo lavoro. Ma il cittadino che arriva, appunto,
per fare una richiesta in ordine ad un procedimento che ha…Io reputo che abbia
diritto di essere ascoltato. Contribuisce anche lui a pagare lo stipendio a noi e noi
esercitiamo, comunque, una funzione pubblica, ed ha diritto a chiederti informazioni.
E ha diritto, l’ha dove le informazioni gli possono essere date, di sentirsele dare in
modo a lui comprensibile. Certo, ripeto, a volte ci sono persone che s’insediano
9proprio, nonostante tutti i tentativi…sono persone che spesso hanno dei problemi o
che denunciano qualunque cosa, insomma. (MB9)
Ciò dimostra come gli intervistati sostengano che, a parte qualche raro caso,
l’insistenza ed il richiamo verso certe questioni provenienti da diverse componenti
della società locale, vengano mediate grazie al lavoro della Polizia Giudiziaria che
si preoccupa di far giungere le notitie criminis al sostituto procuratore dopo
un’iniziale scrematura ed operazione di filtraggio oltre che di tutelare la
successiva trattazione del fascicolo riguardante quel caso. Per questo motivo si
considera, la Polizia Giudiziaria, quale maggiore destinataria di queste pressioni e
non la magistratura che risulta essere protetta dal lavoro di quest’ultima. Il
cittadino che si reca in procura per sollecitare l’attenzione verso il suo caso, prima
di rivolgersi al magistrato, incontrerà altre figure che lavorano all’interno della
Procura (assistenti, sorveglianti ecc) che riusciranno a raccogliere le sue richieste
senza permettergli direttamente di interferire con il Sostituto Procuratore. Allo
stesso modo, la Polizia giudiziaria, maggiormente a contatto con il pubblico
rispetto al magistrato, sarà più esposta all’incontro con i cittadini i quali
riverseranno su essa tutte quelle lamentele, quelle richieste, quelle questioni che
non possono esporre direttamente a chi occupa ruoli più alti.
Questa, però, non deve essere considerata una regola che determina una sentita
attenuazione delle pressioni esterne nei confronti dei magistrati in quanto, quando
viene chiesto quanto la selezione operata a monte dalla Polizia Giudiziaria, nel
momento in cui la notizia viene trasmessa, incida sulle decisioni che il magistrato
prenderà in merito a quel caso, viene risposto :
Questo si inizialmente. Dopo di che non c’è condizionamento, nel senso che noi qua
seguiamo proprio un’attività dettata dal rispetto della legge, non abbiamo dei sistemi.
L’unica, diciamo, innovazione è di tipo “economico”, cioè finalizzata ad uno
smaltimento veloce, che è stato promosso dal Procuratore Generale della Cassazione
e questo che si chiamava, si chiama ancora Sezione Stralcio. Questa Sezione Stralcio,
so che gliene hanno già parlato i colleghi. Perché quando c’è stata l’unificazione tra
Procura Pretura e Pretura Tribunali, la Procura Pretura aveva un carico di lavoro
sicuramente superiore. Io quando sono arrivato ho avuto assegnato una quantità
enorme di fascicoli, una cosa…noti, ignoti, nessuno sapeva. (MB7)