gioco”3, che sono imposte, in primis, da consumatori che hanno sviluppato,
in questi anni, una forte sensibilità alle responsabilità sociali delle imprese.
I consumatori, infatti, negli ultimi anni hanno imparato ad apprezzare il
“consumismo etico” ed esprimono il desiderio di poter essere socialmente
responsabili nei loro acquisti4.
La moda degli ultimi anni ci ha avvicinato inizialmente agli “acquisti etnici” e
successivamente agli “acquisti etici”, portandoci così prima alla scoperta di
oggetti provenienti da culture e luoghi lontani e in seguito alla riscoperta di
valori quali la solidarietà verso popoli lontani e vicini e contro problematiche
diffuse in ogni angolo del globo.
Una recente testimonianza del sentire diffuso nei confronti di problematiche
e questioni sociali da parte di larghi strati della popolazione occidentale è
riscontrabile nel Natale 2006, il “regalo etico” è stato difatti in cima alla lista
di doni da far trovare sotto l’albero5, e molte sono state le imprese
commerciali, appartenenti a settori diversi, che hanno lasciato sugli scaffali i
classici cadeaux, preferendo devolvere in beneficenza la cifra destinata alla
spese di rappresentanza.
Sono di fatto proprio le imprese le maggiori interpreti di questa rinnovata
sensibilità sociale.
3
G.Fabris, L. Minestroni, Valore e valori della marca, Franco Angeli, 2006
4
www.agres.inea.it
5
L.Montuschi, P. Tullini, Lavoro e responsabilità sociale dell'impresa , Zanichelli,
2006
Solo per citare qualche esempio e per comprendere anche la realtà italiana,
la Dove – Unilever ha creato il progetto globale “ Per la bellezza autentica” e,
grazie alla creazione del Fondo per l’autostima che supporta un importante
progetto di prevenzione dei disturbi di origine alimentare attuato
dall’Associazione “Minotauro”, si è meritata il Premio Aretè 2005 -
Comunicazione Responsabile, uno dei principali riconoscimenti italiani per le
aziende che comunicano in maniera responsabile6.
Sodalitas, l'Associazione per la responsabilità sociale d'impresa, ha premiato
la Campagna di CRM realizzata dal colosso svedese dell'arredamento Ikea e
dalla Fondazione dell'Ospedale Pediatrico per il Nuovo Meyer. La campagna
Ikea Italia-Meyer è stata riconosciuta come un positivo esempio di marketing
sociale che ha permesso, con azioni orientate, di far conoscere il progetto
Nuovo Meyer (per realizzare insieme iniziative di comunicazione e
promozione sociale del nuovo ospedale) a tutto il Centro Italia e di far
partecipare direttamente i cittadini alla sua realizzazione, sviluppando tra
l'Azienda ospedaliera e un'impresa socialmente orientata, un rapporto di
stretta collaborazione7.
L’ Heineken Italia tramite spot di social responsibility incita il suo target a
bere responsabilmente8.
6
www.unileveritalia.it
7
www.connecting-managers.com
8www.ciao.it/Heineken_Italia_Campagna_sul_consumo_responsabile_di_bevande_al
coliche
La Aran Endemol , la AcNielsen Media International e la Idg hanno sostenuto
Emergency, l’associazione guidata da Gino Strada attiva dal 1994 su vari
fronti caldi in tutto il mondo.
La Tetra Pak, azienda leader nella produzione di imballaggi per alimenti ha
basato la sua Comunicazione d’Impresa sui Valori Sociali di protezione e
bontà, si è impegnata nella protezione delle foreste scandinave da cui si
ricava la carta per i loro imballaggi, e si avvale delle certificazioni dei processi
di produzione delle aziende italiane9:
ISO 9002 per la Qualità (Modello per l'assicurazione della qualità
nella fabbricazione, installazione ed assistenza10);
Certificazione Igiene BRC – IOP (che fornisce indicazioni precise
per i produttori di imballaggi o di altri prodotti che vengono in
contatto con gli alimenti).
Il corriere espresso UPS sostiene associazioni caritatevoli che
implementano specifici programmi educativi a supporto di soggetti
svantaggiati o disagiati, come ad esempio l'Associazione Progetto Arca onlus
che in più di 11 anni ha effettuato oltre 100.000 interventi a favore di
migliaia di persone bisognose11
Crediamo non si esageri nell’affermare che mai come adesso si è assistito ad
un tale fiorire di iniziative aziendali di sostegno umanitario, di impegno e di
9
A.Leone, Anche le marche hanno un‟anima, dispensa II° modulo, 2005/2006
10
Le norme della serie ISO 9000 sono state prodotte dall‟ISO (International
Organization for Standardization) per definire i requisiti internazionali per i sistemi di
gestione per la qualità
11
www.progettoarca.org, Alberto Sinigallia, Presidente Associazione Progetto Arca
onlus
comunicazione nel sociale, che, allargando la visuale anche ai campi artistico
e culturale, sono comprese dalle scienze aziendalistiche sotto la definizione
di programmi di responsabilità sociale ( in inglese Corporate Social
Responsibility Programs o, sinteticamente, CSRP). Il loro utilizzo e l’interesse
per le loro applicazioni costituisce una vera e propria tendenza che ha
ricevuto la spinta definitiva prima dall’eco della proposta no global, e in
seguito dallo choc degli attentati dell’11 settembre, ma che certamente
stava maturando già da qualche anno, quantomeno negli ambienti più
all’avanguardia dell’imprenditoria nazionale ed internazionale.
Inoltre ultimamente, complici il nuovo clima mondiale, la diffusione di nuovi
modelli di cultura manageriale, la ridondanza sempre più acuta dei messaggi
pubblicitari e dell’informazione, sempre più aziende, multinazionali in testa,
convertono campagne pubblicitarie e azioni di comunicazione istituzionale in
operazioni di sensibilizzazione o di raccolta fondi per cause sociali e
umanitarie, in campagne di solidarietà, associando la propria immagine a
quella di organizzazioni di volontariato attive in progetti di sviluppo equo ed
ecosostenibile.
Comportandosi in questo modo, le aziende sentono di soddisfare
un’esigenza di eticità sempre più avvertita che sta spingendo la loro
comunicazione dai territori dell'immagine ai territori della reputazione e
della relazione12, vogliono far passare alla società intera, e non solo ai propri
12
F. Angeli, Comunicare la responsabilità sociale. Teorie, modelli, strumenti e casi
d'eccellenza, Brossura, 2004
consumatori, il messaggio “noi siamo buoni”. Se così non facessero, il
risultato molto probabile sarebbe la perdita di credibilità, di legittimità e di
affettività e, non ultimi, anche l’offuscamento delle proprie marche e il
graduale ma inesorabile allontanamento dei propri consumatori.
La rilevanza e anche la novità, almeno per l’Italia, del tema, meritano una
riflessione per un fenomeno che, l’abbiamo già detto, non è nuovo, ma che si
sta declinando in maniera originale rispetto al passato.
La questione, per la verità piuttosto retorica, è se la “corporate philantropy”
sia una corrente passeggera, una moda, pronta a ritornare nei ranghi alla
prima avvisaglia di insuccesso, o di una tendenza con radici serie e profonde,
con risvolti di continuità nel tempo, di programmazione a medio/lungo
termine, destinata a cambiare per sempre i connotati dell’impresa del
futuro.
Ora, se si focalizza l’attenzione sul significato di “responsabilità sociale”, non
occorrerà molto per intuire come l’interesse e la considerazione verso i
risultati dell’azione imprenditoriale sulla società civile, siano una
caratteristica che certe aziende hanno e altre non hanno, che certi dirigenti
possiedono e altri non possiedono, allo stesso modo di come certe persone si
dimostrano o meno responsabili nei confronti degli altri.
Il fatto che in un determinato momento tutti inizino a comportarsi in
maniera onesta, trasparente, solidale ed altruista non vuole naturalmente
dire che tutti quanti siano effettivamente onesti, trasparenti, solidali ed
altruisti. E allora c’è chi si lancerà in un programma di responsabilità sociale
perché realmente sensibile alle richieste della società all’impresa, c’è chi lo
farà semplicemente perché così fan tutti o peggio per opportunismo
commerciale.
L’importante è che le campagne di solidarietà, le raccolti fondi, e tutti gli altri
modi con cui le imprese possono dare un contributo alla società, non siano
solo un’operazione di facciata. Il comportamento etico può essere un
imbroglio, ma in questo caso si ritorcerà contro chi lo mette in atto.
Se si afferma questo così nettamente, è in base a quel fondamentale
principio secondo cui la comunicazione, diretta discendente di ogni
comportamento in presenza di interlocutori ( e pensiamo a quanti siano
quelli che interagiscono con l’impresa), non è vernice; e con la vernice si può
ingannare solo a breve.
Per un’azienda, intraprendere la strada del “fare bene del bene13” significa
avviare un processo lungo, graduale e certamente non semplice che porterà
a modificare profondamente non solo la propria identità e la propria
immagine (esterna e interna), ma addirittura la propria “anima”.
L’analisi del caso oggetto di studio, “Art to Heart”, è stata svolta in
collaborazione con la responsabile marketing Max&co. Francesca Sirocchi, e
con la sig.ra Valeria Calvino, collaboratrice ANLAIDS Nazionale,. Ad entrambe
vanno i miei più sentiti ringraziamenti per l’assistenza.
13
www.idmcsrl.com
CAPITOLO PRIMO
Una novità nella cultura d’impresa.
“Quello di cui abbiamo bisogno sono aziende con capitali e lavoro in
equilibrio, che operino nella direzione della produttività e della competitività,
che sappiano cogliere nel dialogo l’opportunità per lavorare insieme per un
unico scopo. Ed è in questo senso che la RSI può fare veramente molto. Credo
che oggi ci sia veramente bisogno di questo cambiamento”14.
1.1 L’impresa: un istituto meramente economico?
Circa quaranta anni fa, il famoso economista americano Milton Friedman
scriveva: "Ci sono poche cose così pericolose per le fondamenta della nostra
libera società, quanto l'accettare da parte dei dirigenti aziendali, il concetto
di responsabilità sociale, piuttosto che il servire nel miglior modo possibile gli
interessi degli azionisti della loro impresa15". Sempre Friedman, dieci anni
dopo, diceva, applaudito ad un importante convegno di economisti
internazionali: "La responsabilità del dirigente consiste generalmente nel
14
Lamberto Santini, Segretario Confederale UIL, Corso di alta formazione per i
responsabili della CSR, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 22 Giugno „05
15
Friedman, 1962, cit.
rendere possibile il massimo ritorno sull'investimento, nel pieno rispetto delle
regole basilari della società, quelle della legge e quelle dell'etica sociale16".
Fortunatamente non tutti sono d'accordo con questa filosofia, che definisce
l'impresa come un'isola al riparo dalle correnti che investono le istituzioni
sociali, una fortezza tutta chiusa verso quell'esterno che non sia ambiente
economico. Infatti, insistere con questo pensiero, è un atteggiamento
antistorico; non si tiene conto che negli ultimi cinquant’anni essa è stata
toccata dai nuovi e travolgenti bisogni sociali propri delle società più evolute.
Il concetto di responsabilità sociale non è un concetto nuovo agli studiosi di
economia aziendale. Fin dagli anni '30, infatti, seguendo il filone che
considera l'azienda come un sistema aperto, essi hanno intensificato le loro
attenzioni verso il comportamento dell'impresa all'interno della società17.
La richiesta di una condotta socialmente ineccepibile dell'impresa può essere
interpretata come l'ultima esplicitazione dei maggiori cambiamenti che
stanno investendo gli istituti economici negli ultimi anni. Il sistema sociale,
infatti, attraverso una successione di proprie trasformazioni, sta cambiando il
contesto in cui le imprese si trovano ad operare e vi è una diffusa aspettativa
nei confronti degli organi massimi di governo e di direzione d'azienda, verso
azioni che proteggano e migliorino il "bene comune" della collettività nel suo
complesso. L'effetto desiderato è quello di innalzare il livello qualitativo della
vita nel più esteso senso del termine, armonizzando gli interessi economici
dell'impresa con i fabbisogni della società. Responsabilità economica e
responsabilità sociale non possono quindi essere disgiunte, e anche una
16
Friedman, 1971, cit.
17
Zappa, 1929, cit.
gretta mentalità economica di tipo calcolativo e opportunista non può
prescindere dalla soddisfazione di una dimensione che ha notevoli
interdipendenze con risultati di fidelizzazione con la clientela e, a cascata,
con la redditività finale18.
L’opinione pubblica, soprattutto quella occidentale, si sta interrogando da
tempo e con sempre maggiore profondità, sul ruolo dell’impresa nella
società.
L’elenco degli interrogativi di fondo, più o meno presente nella
consapevolezza delle persone, è assai articolato: quali fini ha l’impresa? Il
profitto è in se stesso una meta, oppure l’unità di misura di qualche altro
scopo? E di quale? Quali sono i metri di misura per definire il successo
duraturo dell’impresa? E a partire da questi: nei confronti di chi è
responsabile l’impresa? Nei confronti degli azionisti, del personale, dei
dirigenti o dei clienti? C’è una priorità nelle sue responsabilità? Ha fini di
carattere sociale? Quale specifico beneficio portano ai clienti e alla società in
genere i prodotti dell’impresa? E ancora, spingendosi, per la verità, già un po’
oltre nel discorso: come viene vista l’impresa e quanto è corretta questa
percezione? Viene conosciuta solo attraverso il prodotto, o non dovrebbe
invece essere nota anche per i valori che essa afferma o per gli scopi che
intende raggiungere? Ma quali sono questi scopi?
La riflessione dalla quale partire per sbrogliare la matassa è indubbiamente
legata alla centralità dell’azienda nell’attuale contesto sociale, pur non
costituendo di per sé il fine del sistema stesso. Tale posizione deriva dal fatto
18
M. Celli, Il marchio d‟impresa. Valori e funzioni nell‟economicità dell‟azienda
moderna, Franco Angeli, 2006