6
musulmani che apportano ingenti ricchezze nei nostri paesi, sta
crescendo negli ultimi anni l’interesse per lo studio di nuovi prodotti
finanziari rispondenti alle leggi della Shari’ah.
Pertanto, la Finanza Islamica, da fenomeno di nicchia, sta assumendo
crescente rilevanza registrando tassi di crescita sostenuti (circa il 15%
annuo, che è diventato 20% negli ultimi anni) tali da indurre diverse
banche “convenzionali” ad affacciarsi a tale business, sia nei paesi di
religione islamica sia nei paesi occidentali, ed a sviluppare prodotti
finanziari compatibili con le leggi musulmane.
Il presente lavoro tenta di:
- Delineare i principi della Finanza Islamica;
- Evidenziarne i processi evolutivi, con particolare interesse verso la
situazione Europea;
- Analizzare gli strumenti finanziari utilizzati dai musulmani,
mettendone in evidenza analogie e differenze con quelli occidentali,
debolezze e potenzialità.
- Studiare approfonditamente uno strumento Islamico presente in
Europa.
Lo studio è condotto sulla base dei dati disponibili circa gli strumenti
finanziari Islamici e della letteratura disponibile su questo settore.
Il primo capitolo è relativo ai principi che disciplinano il
funzionamento della finanza islamica;
il secondo capitolo si riferisce alla trattazione degli strumenti
finanziari utilizzabili dai musulmani, con un focus sui fondi azionari;
7
il terzo ed ultimo capitolo si concentra sulla valutazione del caso del
BNP Paribas Islamic Fund, ed in particolare del comparto Equity
Optimiser e delle quote di capitalizzazione Classic.
8
1. LA FINANZA ISLAMICA
“O voi che credete, non cibatevi dell’usura che aumenta di doppio in
doppio.” (Corano, Al Imran, 130).
“A tuo fratello non darai in prestito ad interesse. Interesse per
denaro, interesse per cibo o qualsiasi cosa che si presta ad interesse.”
(Deuteronomio 23,20).
In tutti i modelli occidentali, il tasso d’interesse è il fulcro del business
delle banche. Quelle islamiche invece, svolgono tutte le normali
attività di una banca ma senza utilizzare interessi, proibiti dall’Islam.
Il sistema bancario Islamico si basa su un grande fondamento logico:
non può esserci guadagno senza una compartecipazione al rischio.
Maggiore disciplina attraverso un maggior uso di capitale di rischio
piuttosto che di capitale di debito e condivisione del rischio creditizio;
sistema etico che trae i suoi principi dalla Shariah (legge Islamica)
fondata sul Corano1. Questi i principi alla base della finanza Islamica.
1
Il Corano non è solo un libro di preghiera che detta principi etici per i musulmani. E’ anche e soprattutto un codice
che disciplina tutti gli aspetti della vita individuale e collettiva: contiene, oltre che un insieme di principi di ordine
teologico, anche una serie di indicazioni concrete riguardanti il matrimonio, la successione, i debiti, il commercio.
L’era Islamica inizia nel 632 d.C., quando Muhammad e i suoi fratelli compiono l’egira, cioè abbandonano la Mecca a
seguito dei contrasti che erano sorti con gli abitanti della città. Dopo la morte di Muhammad si succedono quattro
Califfi, e durante questo periodo si procede a consolidare la parola del Profeta. Tra i comandi contenuti nella Shariah
dobbiamo distinguere quelli che riguardano il rapporto tra uomo e Dio (che sono i precetti prettamente religiosi) da
quelli che riguardano le relazioni tra gli esseri umani. I primi (detti Ibadat) sono rappresentati in cinque pilastri, cioè i
cinque atti di culto fondamentali della religiosità musulmana (la professione della fede Islamica da cui consegue
l’obbligo di conformare la propria vita alle regole stabilite dal Corano, l’adorazione quotidiana che deve essere
effettuata secondo precise modalità, l’imposta coranica detta zakat che ogni musulmano deve versare a titolo di
assistenza pubblica, il digiuno nel mese del Ramadan e l’obbligo al pellegrinaggio). Tra le altre caratteristiche peculiari
dell’Islam, la mancanza di autorità centrale (perché nessuno è in grado di fornire un’interpretazione assoluta della
9
Quindi, la banca riceve un utile solo se il progetto di chi ha chiesto il
denaro ha successo e produce un profitto.
1.1 Homo Islamicus
Nel mondo islamico, si ritiene che le risorse naturali appartengano a
Dio, che le conferisce all’umanità al fine di contribuire allo sviluppo:
crescita economica e tutela della natura devono essere coniugati.
Per quanto riguarda la proprietà privata, pur essendo garantita, trova
diverse limitazioni: deve essere sobria e austera, deve essere esercitata
nel rispetto del prossimo, è rilevante il modo in cui le ricchezze
vengono accumulate.
L’Islam incoraggia il lavoro, il guadagno e l’investimento. Tuttavia
l’uomo d’affari non deve essere motivato solo dal profitto atteso, ma
anche dal desiderio di servire la sua comunità, da un comportamento
sincero e onesto. I dipendenti vanno remunerati in maniera equa e
l’indulgenza, l’educazione la fratellanza e l’amicizia sul lavoro sono
considerate virtù importanti.
La donna non dovrebbe avere un ruolo economico: non può
partecipare alla vita produttiva, non ha libertà di iniziativa e, in alcuni
casi, neanche di movimento. Al contrario l’eguaglianza tra gli uomini
verità) e l’assenza di soggetti che svolgano il ruolo del clero (anche se esistono figure come gli Imam, che guidano la
preghiera, o gli Ulama, che forniscono i precetti che regolano la vita della comunità).
10
è un cardine importante, così come lo è l’aiutare chi ha bisogno senza
attendersi nulla in cambio.
Il monopolio è espressamente proibito, e disoccupazione e inflazione
sono visti come nemici da combattere.
Le partecipazioni azionarie sono benviste, tuttavia la partnership di
tipo islamico presuppone un pieno coinvolgimento delle parti in causa.
A livello microeconomico, non si applica la tradizionale funzione del
consumo: l’utilità/felicità di un buon musulmano è strettamente legata
a quella degli altri e quindi deve essere guidata da comportamenti che
gli permettono di massimizzare non solo il suo benessere su questa
terra ma anche nell’aldilà. Il desiderio di risparmio non deve essere
motivato da aspettative di maggiori ritorni ma da altre ragioni, ad
esempio la tranquillità durante la vecchiaia.
A livello macroeconomico, non si applica la teoria del reddito
permanente o del ciclo vitale: il prestito al consumo non è
contemplato se non in casi molto limitati, quindi è difficile smussare
nel tempo i consumi; il buon musulmano deve devolvere parte del suo
reddito in beneficienza, non deve consumare beni vietati e non deve
eccedere in spese frugali. In realtà comunque, nonostante queste rigide
regole, studi recenti dimostrano che la propensione al consumo delle
economie islamiche non sono poi così diverse di quelle osservate nei
paesi occidentali.
Per quanto riguarda le imprese gestite da musulmani poi, l’obiettivo
del management deve essere il benessere dell’intera comunità, e non il
profitto. A garanzia di questo principio, lo Stato può intervenire in
ogni momento per riportare il filtro morale nei comportamenti e negli
11
obiettivi dei cittadini. Inoltre l’indebitamento è vietato, il che rende il
sistema economico sicuramente più stabile.
In un economia islamica quindi, priva di debito, gli agenti economici
dovrebbero detenere moneta solo per scopi transitivi e precauzionali;
Ne segue che la domanda di moneta è più stabile ed efficiente per
controllare il ciclo economico. In effetti, le stime econometriche sulla
funzione di moneta nei paesi islamizzati mostrano una bassa elasticità
ai tassi di interesse ed una notevole stabilità. Purtroppo però la politica
monetaria in tali paesi può risultare fortemente condizionata dai
deficit pubblici.
In un’economia islamica comunque, sono più acuti i problemi di
azzardo morale (è necessaria una maggiore tutela degli investitori) e di
frammentazione del mercato (in quanto l’Islam non è una religione
dotata di autorità centrale). Di conseguenza diventano fondamentali la
regolamentazione e la vigilanza, che assumono un ruolo ancora più
fondamentale. Per questo, agli inizi degli anni ’90, sono stati creati
una serie di organismi internazionali:
- Accounting and Auditing Organisation for Islamic Financial
Institutions (AAOIFI2)
- International Financial Services Board (IFSB3)
- International Islamic Financial Market (IIFM4)
2
AAOIFI è responsabile per lo sviluppo di contabilità, revisione contabile, l'etica, la governance , e le norme per la
Shari'a islamica internazionale del settore bancario e finanziario. Inoltre contribuisce in modo significativo allo
sviluppo dell’indistria. AAOIFI è sostenuta da oltre 160 membri istituzionali da circa 40 paesi. Essa ha la sua sede
aziendale nel Regno del Bahrein, dove è stata registrata nel 1991 come ente no-profit.
3
IFSB è un’organizzazione internazionale che promuove e valorizza la stabilità e la solidità del settore dei servizi
finanziari islamici mediante l’emissione di norme prudenziali e di principi guida per le industrie, il settore bancario,
assicurativo e i mercati dei capitali. La IFSB svolge inoltre un’intensa attività di ricerca e coordina le iniziative in
materia di industrie e attività connesse.
12
- International Islamic Rating Agency (IIRA5).
1.2 I principi economico-religiosi
La finanza Islamica si basa su quattro principi fondamentali, che la
differenziano notevolmente da quella Occidentale:
- Riba: E’ il divieto di pagamento degli interessi. Storicamente tutte
le religioni monoteiste hanno condannato l’usura e l’interesse, ma
nel Corano vi è una ferma condanna del riba, che inizialmente
riguardava solo l’usura, mentre oggi include qualsiasi forma di
interesse. La riba trova fondamento nel principio secondo cui non
vi può essere alcun ritorno senza l’assunzione di un rischio
(Profit&Loss Sharing).
- Gharar: Indica l’incertezza, assimilata alla scommessa, che è
vietata dalla legge Islamica. Quindi il Corano proibisce
esplicitamente i traffici che sono considerati a rischio a causa di
incertezza. Nella finanza islamica ci sono regole severe a riguardo:
sono vietati i contratti derivati in quanto sono considerati invalidi a
causa dell’incertezza di poter ricevere, nel futuro, l’asset
sottostante. Mentre la proibizione della Riba è assoluta però, il
Gharar è vietato solo se rilevante.
4
IIFM è stata fondata con gli sforzi collettivi delle banche centrali e degli organismi monetari del Bahrein, Brunei,
Indonesia, Malesia, Sudan e Arabia Saudita. Ha il compito di partecipare alla creazione, allo sviluppo, alla
regolamentazione e alla promozione del mercato monetario e dei capitali islamico.
5
E’ una delle principali agenzie di rating che assiste il sistema finanziario islamico, permettendo che lo stesso rispetti
gli standard internazionali e si doti di maggiore comunicazione e trasparenza.