Il principale obiettivo della presente ricerca è la verifica dell’efficacia dell’applicazione
della tecnologia dei bioreattori a membrana nel trattamento di acque di falda sintetiche
contaminate da composti organici clorurati quali 1,2-dicloroetano (1,2-DCA), 1,2-
diclorobenzene (1,2-DCB), tricloroetilene (TCE) e 2-clorofenolo (2-CP).
Le prove sperimentali sono state effettuate su un fango biologico proveniente dalla vasca
di ossidazione dell’impianto di depurazione di acque reflue civili di Is Arenas (Cagliari), già
acclimatato a questi composti da circa un anno.
Durante la sperimentazione il reattore MBR e il fermentatore per l’acclimatazione della
biomassa, sono stati alimentati con varie combinazioni dei composti oraganoclorurati, al fine
di valutare la biodegradabilità di tali composti e eventuali fenomeni di inibizione della
biomassa.
In particolare nell’MBR è stata valutata l’interazione del TCE, composto tossico che può
creare fenomeni di inibizione della biomassa, in termini di diminuzione della velocità
specifica di degradazione dell’1,2-DCA, dell’1,2-DCB e del 2-CP. Nel fermentatore si è
invece valutato l’utilizzo di un cometabolita, il fenolo, per stabilire se con l’introduzione di
esso si verificano dei miglioramenti nella biodegradazione dell’1,2-DCA e del 2-CP.
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1. RIFERIMENTI NORMATIVI
La legislazione nazionale sulla protezione e la salvaguardia delle acque dall’inquinamento
annovera numerose normative a riguardo. In particolare la normativa dello Stato italiano che
ha recentemente riformulato il diritto ambientale è il Decreto Legislativo 3 aprile 2006,
n°152, denominato anche “Testo Unico Ambientale”.
Di particolare importanza risulta essere anche la Direttiva Quadro 2000/60/CE, i cui
obiettivi si inseriscono in quelli più complessivi della politica ambientale della Comunità
Europea che:
deve contribuire a perseguire salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità
ambientale, nonché l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
deve essere fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio
della riduzione, soprattutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente e sul principio
"chi inquina paga".
1.1 Direttiva Quadro 2000/60/CE
La direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000,
istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque.
Ai fini dell’applicazione della direttiva gli Stati membri individuano tutti i bacini
idrografici presenti nel loro territorio e li assegnano a distretti idrografici. Un bacino
idrografico che si estende sul territorio di più Stati membri sarà assegnato a un distretto
idrografico internazionale.
Entro quattro anni dall'entrata in vigore della direttiva gli Stati membri provvedono
affinché, per ciascun distretto idrografico siano effettuati l'analisi delle caratteristiche del
distretto, l'esame dell'impatto delle attività umane sulle acque e l'analisi economica
dell'utilizzo idrico e si compili un registro delle aree alle quali è stata attribuita una
protezione speciale. Deve essere individuata l'ubicazione dei punti del corpo idrico
sotterraneo usati per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che forniscono più di
10 m
3
al giorno o servono più di 50 persone.
Entro nove anni dall'entrata in vigore della direttiva per ciascun distretto idrografico
devono essere predisposti un piano di gestione e un programma operativo. Le misure previste
nel piano di gestione del distretto idrografico sono destinate a:
7
prevenire il deterioramento, migliorare e ripristinare le condizioni delle acque
superficiali, ottenerne un buono stato chimico ed ecologico e ridurne
l'inquinamento dovuto agli scarichi e alle emissioni di sostanze pericolose;
proteggere, migliorare e rispristinare le condizioni delle acque sotterranee, prevenirne
l'inquinamento e il deterioramento e garantire l'equilibrio fra l'estrazione e il
rinnovo;
preservare le zone protette.
La Commissione presenta un elenco degli inquinanti prioritari, selezionati fra quelli che
presentano un rischio significativo per l'ambiente acquatico o trasmissibile tramite l'ambiente
acquatico. Presenta inoltre misure intese a mantenere sotto controllo tali sostanze e norme di
qualità relative alla loro concentrazione. Le prime sono destinate a ridurre, arrestare o
eliminare gli scarichi, le emissioni e le perdite delle sostanze prioritarie.
Due anni dopo l'entrata in vigore della direttiva la Commissione pubblica una proposta
contenente provvedimenti specifici intesi a prevenire e controllare l'inquinamento delle acque
sotterranee.
La direttiva prevede che gli Stati membri stabiliscono sanzioni efficaci, proporzionate e
dissuasive in caso di infrazione alle disposizioni di essa.
1.2 Normativa antecedente il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n°152
Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n°152, sostituisce la maggior parte delle preesistenti
norme in materia ambientale. Numerosi sono infatti i provvedimenti normativi abrogati dal
decreto, fra i quali:
ξ la Legge 10 maggio 1976, n°319 “Norme per la tutele delle acque
dall’inquinamento”, cosiddetta legge Merli;
ξ la Legge 5 gennaio 1994, n°36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”,
cosiddetta Legge Galli;
ξ il Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n°152 “Disposizioni sulla tutela delle acque
dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione
delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti dalle fonti agricole”.
Altre leggi sono state soltanto modificate o parzialmente abrogate dal D.Lgs. 152/2006 tra le
quali:
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ξ il Decreto Ministeriale 6 novembre 2003, n°367 “Regolamento concernente la
fissazione di standard di qualità nell’ambiente acquatico per le sostanze pericolose,
ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 11 maggio, n°152.
Legge 10 maggio 1976, n°319
L'interesse da parte degli organi legislativi per la tutela delle qualità delle acque
superficiali si è inizialmente concretizzato con la "Legge Merli", che raccoglieva una serie di
norme per la tutela delle acque dall'inquinamento. Questa legge si basava principalmente
sulla regolamentazione delle concentrazioni di sostanze chimiche presenti negli scarichi
industriali e civili. I valori di concentrazione per determinati parametri, contenuti nelle tabelle
allegate alla legge, costituivano i limiti di accettabilità per gli scarichi di acque reflue. Nella
normativa non venivano però presi in considerazione alcuni aspetti fondamentali per
garantire la tutela della qualità delle acque dei corpi idrici recettori, quali il carico
complessivo dello scarico e la qualità del corpo idrico ricevente. Inoltre la legge Merli
regolamentava le sorgenti puntuali d'inquinamento, ma non prendeva in considerazione
l'inquinamento diffuso determinato, ad esempio, dagli apporti di nutrienti derivanti
dall'agricoltura.
La Legge Merli è stata poi abrogata con l’entrata in vigore del Decreto Legislativo 11
maggio 1999, n°152.
Legge 5 gennaio 1994, n°36
L’introduzione di questa legge ha profondamente innovato la normativa relativa al settore
delle risorse idriche. In primo luogo, la Legge Galli stabilisce che tutte le acque superficiali e
sotterranee sono pubbliche e che il consumo umano è prioritario rispetto agli altri usi, che
sono ammessi quando la risorsa è sufficiente a condizione che non pregiudichino la qualità
dell'acqua per il consumo umano.
Essa prende atto che la condizione indispensabile per promuovere gli investimenti privati
e per avviare anche in Italia l'industrializzazione del settore idrico risiede nel superamento
della frammentazione delle gestioni del servizio. A questo scopo essa prevede l'estensione
della gestione del servizio idrico ad ambiti di dimensioni tali da massimizzarne l'efficienza
(Ambiti Territoriali Ottimali, ATO), ed inoltre prescrive l'accentramento della gestione
dell'intero ciclo dell'acqua all'interno dell'ATO, dalla captazione alla depurazione, in un unico
soggetto gestore (servizio idrico integrato). Tale soggetto gestore dovrà essere distinto
9
dall’Ente proprietario del servizio (ovvero l’autorità d’ambito), e i due soggetti dovranno
avere compiti e ruoli distinti e ben definiti. Nella stessa legge vengono anche descritti i criteri
per la definizione degli ATO e le modalità con cui le Amministrazioni Pubbliche (nello
specifico gli Enti Locali) si possono aggregare per la costituzione dell’Autorità d’Ambito;
sono inoltre descritte le modalità di costituzione del soggetto gestore del servizio idrico
integrato.
Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n°152
Le numerose normative nazionali e comunitarie riguardanti la qualità delle acque
convergono nel Decreto Legislativo n. 152, recante disposizioni sulla tutela delle acque
dall'inquinamento. Il decreto è stato poi modificato dal Decreto Legislativo 258/2000, prima
di essere definitivamente abrogato dal Decreto Legislativo 152/2006.
Esso raccoglie alcune normative emanate precedentemente e introduce un nuovo
approccio che garantisca la qualità dell'acqua sia da un punto di vista chimico-fisico, sia dal
punto di vista della tutela delle comunità presenti nei corpi idrici nazionali. Inoltre il decreto
si ispira ai nuovi principi comunitari in tema di acque. Fondamentale è il concetto della tutela
integrata dell'ambiente idrico, da attuarsi attraverso la definizione dei valori limite di
emissione e dei limiti di qualità ambientale e per specifica destinazione.
Decreto Ministeriale 6 Novembre 2003, n°367
Il Decreto del Ministero dell’Ambiente 6 novembre 2003 n. 367 è un regolamento
concernente la fissazione di standard di qualità nell’ambiente acquatico per le sostanze
pericolose, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, del Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152.
Il decreto recepisce una direttiva della Comunità Europea che prevede la riduzione e la
graduale eliminazione dell’inquinamento delle acque provocato da certe sostanze pericolose e
la fissazione di obiettivi di qualità tali da garantire la tutela della salute umana e
dell’ecosistema acquatico. Le regioni redigono l’elenco delle sostanze pericolose da
controllare in acque superficiali, marine, di laguna e nei sedimenti tra quelle fissate a livello
comunitario.
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Decreto Ministeriale 25 Ottobre 1999, n°471
Questo decreto stabilisce i criteri, le procedure e le modalità per la messa in sicurezza, la
bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell'articolo 17, del Decreto
Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche ed integrazioni.
A tal fine il DM 471/99 disciplina:
a) i limiti di accettabilità della contaminazione dei suoli, delle acque superficiali e delle
acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti;
b) le procedure di riferimento per il prelievo e l'analisi dei campioni;
c) i criteri generali per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti
inquinati, nonché per la redazione dei relativi progetti;
d) i criteri per le operazioni di bonifica di suoli e falde acquifere che facciano ricorso a
batteri, e ceppi batterici mutanti, a stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo;
e) il censimento dei siti potenzialmente inquinati, l'anagrafe dei siti da bonificare e gli
interventi di bonifica e ripristino ambientale effettuati da parte della pubblica
amministrazione;
f) i criteri per l'individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale.
1.3 Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n°152
Il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n°152, dà attuazione ad un'ampia delega conferita al
Governo dalla legge n. 308 del 2004 per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della
legislazione in materia ambientale. Il provvedimento entrato in vigore il 29 aprile 2006,
costituito da 318 articoli e da ben 45 allegati, si poneva l’obiettivo di semplificare,
razionalizzare, coordinare e rendere più chiara la legislazione ambientale.
Il decreto è suddiviso in 6 parti, di seguito riassunte:
ξ nella parte prima le disposizioni comuni, quali l’ambito di applicazione, le finalità e
criteri per l’adozione dei provvedimenti successivi (art.1-3);
ξ nella parte seconda, le procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per
la valutazione d’impatto ambientale (VIA) e per l’autorizzazione ambientale integrata
(IPPC) (art.4-52);
ξ nella terza parte, la difesa del suolo e la lotta alla desertificazione, la tutela delle
acque dall’inquinamento e la gestione delle risorse idriche (art.53-176);
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ξ nella parte quarta, la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti contaminati (art.177-
266);
ξ nella parte quinta, la tutela dell’aria e la riduzione delle emissioni in atmosfera
(art.267-298);
ξ nella parte sesta, la tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente (art.299-318).
Nella parte prima sono individuate tutte le disposizioni comuni al decreto.
Nella parte seconda, suddivisa in 4 titoli, sono indicate tutte le norme inerenti la VAS, la
VIA e l’IPPC, e costituiscono l’attuazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento e del
consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e
programmi sull’ambiente, e la direttiva 85/337/CEE del Consiglio del 27 giugno 1985
concernente la valutazione di impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.
In particolare sono date delle definizioni innovative, tra cui le principali sono:
ξ Procedimento di valutazione ambientale strategica (VAS): l’elaborazione di un
rapporto concernente l’impatto sull’ambiente conseguente all’attuazione di un
determinato piano o programma da adottarsi o approvarsi, lo svolgimento di
consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni
nell’iter decisionale di approvazione di un piano o programma e la messa a
disposizione delle informazioni sulla decisione;
ξ Procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA): l’elaborazione di uno
studio concernente l’impatto sull’ambiente che può derivare dalla realizzazione e
dall’esercizio di un’opera il cui progetto è sottoposto ad approvazione o
autorizzazione, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dello studio
ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale di approvazione o
autorizzazione del progetto dell’opera e la messa a disposizione delle informazioni
sulla decisione;
ξ Impatto ambientale: l’alterazione qualitativa e/o quantitativa dell’ambiente, inteso
come sistema di relazioni fra i fattori antropici, fisici, chimici, naturalistici, climatici,
paesaggistici, architettonici, culturali ed economici, in conseguenza dell’attuazione
sul territorio di piani o programmi o della realizzazione di progetti relativi a
particolari impianti, opere o interventi pubblici o privati, nonché della messa in
esercizio delle relative attività;
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ξ Rapporto ambientale: lo studio tecnico-scientifico, contenente l’individuazione, la
descrizione e la valutazione degli effetti significativi che l’attuazione di un
determinato piano o programma potrebbe avere sull’ambiente, nonché delle
ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e
dell’ambito territoriale del piano o del programma;
ξ Studio di impatto ambientale: lo studio tecnico-scientifico contenente una
descrizione del progetto con le informazioni relative alla sua ubicazione, concezione e
dimensione, l’individuazione, la descrizione e la valutazione degli effetti significativi
che avrebbe la realizzazione del progetto sull’ambiente, nonché contenente il
confronto con le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli
obiettivi, degli interessi e dei servizi correlati all’opera o all’intervento progettato e
dell’ambito territoriale interessato;
ξ Giudizio di compatibilità ambientale: l’atto con il quale l’organo competente
conclude la procedura di valutazione ambientale strategica o di valutazione di impatto
ambientale.
Nella parte terza, suddivisa in 4 sezioni e 11 allegati, sono definite le norme in materia di
difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle acque dall’inquinamento e di
gestione delle risorse idriche.
Di particolare importanza per lo studio in oggetto è la sezione II, in cui sono indicate le
disposizioni che definiscono la disciplina generale per la tutela delle acque superficiali,
marine e sotterranee in modo da perseguire i seguenti obiettivi:
ξ Prevenire e ridurre l’inquinamento e attuare il risanamento dei corpi idrici inquinati;
ξ Conseguire il miglioramento dello stato delle acque ed adeguate protezioni di quelle
destinate a particolari usi;
ξ Perseguire usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per quelle
potabili;
ξ Mantenere la capacità naturale di autodepurazione dei corpi idrici, nonché la capacità
di sostenere comunità animali e vegetali ampie e ben diversificate;
ξ Mitigare gli effetti delle inondazioni e della siccità, in modo da:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee di buona
qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato e equo;
2) ridurre in modo significativo l’inquinamento delle acque sotterranee;
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3) proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degli accordi
internazionali in materia.
ξ Impedire un ulteriore deterioramento, proteggere e migliorare lo stato degli
ecosistemi acquatici, degli ecosistemi terrestri e delle zone umide direttamente
dipendenti dagli ecosistemi acquatici sotto il profilo del fabbisogno idrico.
Sono inoltre elencati gli strumenti attraverso cui si devono raggiungere gli obbiettivi
precedentemente indicati.
Vengono inoltre date una serie di definizioni, tra cui le varie tipologie di acque (dolci,
reflue domestiche, reflue industriali, reflue urbane, sotterranee, termali), l’autorità d’ambito,
il gestore del servizio idrico, l’eutrofizzazione, gli scarichi, i trattamenti e il valore limite di
emissione.
Nel titolo II di tale sezione sono trattati gli obiettivi di qualità, in cui sono indicati gli
obiettivi minimi di qualità ambientale per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità
per specifica destinazione. Mediante il Piano di tutela delle acque (art 121), sono adottate
delle misure atte a conseguire i seguenti obiettivi entro il 22 dicembre 2015:
a) Sia mantenuto o raggiunto per i corpi idrici significativi superficiali e sotterranei
l’obiettivo di qualità corrispondente allo stato di “buono”;
b) Sia mantenuto, ove già esistente, lo stato di qualità “elevato” come definito
nell’allegato 1 del decreto;
c) Siano mantenuti o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica destinazione di cui
all’articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica destinazione di cui all’allegato 2
del decreto.
L’allegato 1, “Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di
qualità ambientale”, stabilisce i criteri per individuare i corpi idrici significativi e per
stabilire lo stato di qualità ambientale di ciascuno di essi.
Sono disponibili quindi i criteri per individuare i corpi idrici significativi, a seconda
della tipologia di corso d’acqua.
Per i corsi d’acqua superficiali, andranno censiti tutti i corsi d’acqua naturali aventi un
bacino idrografico superiore a 10 km
2
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Per i corsi d’acqua superficiali sono da considerare corpi idrici significativi:
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