« Alla fine della guerra – scrive David Ellwood - era ormai chiaro
che i concetti di democrazia portati dagli eserciti erano ormai ridotti a
due, e che i popoli liberati sarebbero stati obbligati ad adottare la
versione sostenuta dalla potenza o dalle potenze a cui erano debitori per
la salvezza»
3
.
Il mondo uscito dal secondo conflitto mondiale non sarebbe più
stato quello di prima.
«Questa guerra non è come quelle del
passato. Chiunque occupa un territorio impone
anche il proprio sistema sociale, fin dove può
giungere il suo esercito. Non può essere che
così»
4
.
Chi era in grado di imporre la propria supremazia, non solo in campo
militare, doveva cogliere l’occasione per farlo. Lo sforzo in tal senso
degli Stati Uniti sarà orientato verso la creazione di un sistema
economico-politico sotto il proprio controllo, sulla base di quelli che
erano gli orientamenti e i principi della propria politica estera. Dopo aver
guardato per più di un secolo da lontano il vecchio continente, sotto la
presidenza Roosevelt subentrò negli americani «la coscienza orgogliosa
dell’esperienza democratica americana e uno spirito di missione, quasi di
crociata»
5
. Una “crociata” per affermare gli ideali americani, dunque.
Quegli stessi ideali racchiusi nelle quattro libertà proclamate da
Roosevelt nel gennaio del 1941, nel suo messaggio di inizio anno al
Congresso:
3
David W. Ellwood, L’alleato nemico: la politica dell’occupazione anglo-americana 1943-1946,
Feltrinelli, Milano, 1977, p.16.
4
Citato in Milovan Gilas, Conversazioni con Stalin, Feltrinelli, Milano, 1962, p 121.
5
Rosaria Quartararo, Italia e Stati Uniti: gli anni difficili (1945-1952), Edizioni Scientifiche Italiane,
Napoli, 1986, p. 14.
9
«La prima è la libertà di parola e di espressione –
ovunque nel mondo.
La seconda è la libertà di ogni individuo di
adorare dio nella propria maniera – ovunque nel
mondo.
La terza è la libertà dal bisogno – che, tradotta in
termini mondiali, significa accordi economici che
assicurino agli abitanti di ogni nazione una vita
sana e pacifica – ovunque nel mondo.
La quarta è la libertà dalla paura – che, tradotta
in termini mondiali, significa una riduzione degli
armamenti abbastanza completa e rigorosa da
assicurare che nessuna nazione sia più in grado di
commettere un atto di aggressione fisica contro le
altre nazioni – ovunque nel mondo»
6
.
Il caso italiano risentì in maniera profonda l’evoluzione intercorsa
nella politica americana verso l’Europa. Possiamo dire che fino alle
elezioni politiche del 1948 per gli americani le relazioni con l’Italia
furono assolutamente inscindibili dalla costante attenzione verso la
situazione politica interna del Paese, soprattutto per l’interesse strategico
che questo aveva per la sua particolare posizione nel Mediterraneo.
Pertanto, sin dall’armistizio, l’obiettivo degli Usa fu quello di
incoraggiare lo sviluppo della democrazia e il reintegro del Paese nella
politica internazionale
7
: gli Stati Uniti si adoperarono per sviluppare
un’azione sempre più definibile come il rafforzamento di un baluardo
contro infiltrazioni comuniste in occidente; la principale preoccupazione
6
David W. Ellwood, L’Europa ricostruita: politica ed economia tra Stati Uniti ed Europa
occidentale, 1945-1955, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 34.
7
Rosaria Quartararo, op. cit., p. 15.
10
dei diplomatici americani era appunto quella di assicurare la formazione
di uno stabile governo filoccidentale, allontanando le sinistre.
L’attenzione da parte americana alla particolare situazione in cui si
trovava l’Italia si accompagnerà, dopo l’invasione della penisola, ad un
atteggiamento quasi di benevolenza, simpatia e comprensione per i
sacrifici affrontati dal popolo italiano durante la cobelligeranza: tutta la
politica degli aiuti, a cominciare dall’UNRRA e proseguendo per quelli
post-UNRRA, si può inquadrare in quest’ottica; ricostruire per aiutare
l’instaurarsi della democrazia nel Paese e mantenerlo nella sfera
d’influenza americana
8
. Nella visione statunitense delle cose, il concetto
di stabilità politica interna coincideva, come nel caso italiano, con il
principio dell’evoluzione verso istituzioni democratiche.
Il rischio, in Italia, di una insurrezione interna capeggiata dai comunisti e
guidata dai sovietici non era per gli americani da sottovalutare, tenendo
conto di quelle che erano le condizioni in cui ci si muoveva.
Esaminando i tragici eventi che afflissero l’Italia dall’armistizio
del 1943, come l’occupazione tedesca e Alleata, i danni e le devastazioni
di guerra, la grave situazione finanziaria, il dissesto economico, la
carenza di materie prime e la disoccupazione, era ben chiaro che se la
situazione fosse rimasta com’era (e cioè disastrosa), la minaccia era seria.
Non potendo imbarcarsi in una guerra nella guerra contro i comunisti, era
necessario contrastare la minaccia in altro modo e cioè assistendo l’Italia
economicamente, politicamente e moralmente. A conferma quindi delle
parole di Stalin si profilava uno stretto rapporto di connessione tra lo
sviluppo politico e sociale interno di una nazione e la sua collocazione
internazionale.
8
Quartararo precisa però che in quel momento «il problema delle sfere d’influenza si esprimeva
ancora prevalentemente in termini economici e commerciali, in una situazione politica internazionale
ancora fluida e tutt’altro che cristallizzata», op. cit., p. 16.
11
Rispetto alle dimensioni dell’impresa, in nessun altro Paese sino a quel
momento gli Alleati si organizzarono per dare un nuovo ordine ad un
territorio occupato, organizzando un governo militare congiunto con
poteri politici e militari così vasti, come avvenuto in Italia
9
.
Dall’esito della campagna italiana dipenderanno gli eventi tra il
1943 ed il 1945 che cambiarono il volto della nazione; ma questo non
avvenne sempre in positivo, anzi, in particolar modo agli inizi, le
difficoltà per gli anglo-americani erano crescenti: secondo le previsioni,
l’invasione in Italia nel ’43 avrebbe dovuto risolversi in breve tempo, ma
invece, per vari motivi
10
, la campagna militare che seguì l’invasione non
sarà rapida e la lentezza (e la distruttività) del processo di liberazione
aggraverà la divisione esistente tra Nord e Sud, trascinando con sé nel
disastro vari settori della vita civile, delle infrastrutture, dell’economia,
dei rapporti sociali e politici, facendo capire agli uomini di potere, agli
industriali e ai capi della Resistenza, quanto il loro futuro non sarebbe
stato indipendente ma condizionato dall’entità degli aiuti esterni,
dapprima in forma diretta (anche se in misura complessivamente scarsa),
poi tramite l’UNRRA.
Il comando americano a dire il vero non si era dimostrato molto
favorevole alla campagna d’Italia, considerata un inutile spreco di risorse
che avrebbe prodotto solamente «avvenimenti di secondaria importanza»,
rispetto alla ben più rilevante lotta conclusiva da condurre contro la
Germania hitleriana
11
. Di diverso avviso invece erano gli inglesi, che non
facevano mistero del loro desiderio di mantenere la leadership nel
Mediterraneo, tanto che il segretario alla guerra degli USA Henry L.
Stimson arrivò a definire la campagna d’Italia come «un’altra digressione
9
David W. Ellwood, op. cit., pp. 12-13.
10
Come l’errore strategico di sbarcare troppo a sud e con forze non abbastanza potenti.
11
Giovanni Di Capua, Il biennio cruciale (luglio 1943-giugno 1945). L’Italia di Charles Poletti,
Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, p. 46.
12
nell’interesse dell’impero britannico, contraria ai nostri istinti
americani».
Le conferenze di Casablanca prima e “Trident”
12
poi,
rispettivamente del gennaio e del maggio 1943, rappresentarono il punto
più critico del confronto tra gli Alleati, facendo sorgere negli americani
addirittura la preoccupazione che il destino dell’operazione Overlord
13
fosse subordinato all’esito delle operazioni in Italia
14
. Churchill voleva
che le risorse alleate fossero impiegate per tenere a bada le forze
dell’Asse nel Mediterraneo, finché non fosse stata possibile l’invasione
della Francia nord occidentale.
C’era appunto da considerare che il grande attacco all’Europa
occidentale non sarebbe stato attuabile per tutto il 1943, e dal momento
che era in ogni caso più che mai necessario aprire un secondo fronte di
guerra entro l’anno, il premier inglese suggeriva l’attacco alla Sicilia da
utilizzare come base di partenza per le successive operazioni nella
penisola, per distogliere l’esercito tedesco dal rafforzamento delle difese
in Francia e, eventualmente, riuscire a provocare anche la caduta del
regime fascista. Considerate queste ragioni, lo Stato Maggiore americano
dovette allora acconsentire alla realizzazione della campagna d’Italia,
tenendo conto anche che la sconfitta dell’Asse in Nord Africa era vicina e
che quel territorio poteva essere utilizzato come base di partenza.
L’operazione in Sicilia cominciò all’alba del 10 luglio 1943. Gli
sbarchi avvennero nella zona sud occidentale dell’isola: inglesi e
canadesi tra Siracusa e Capo Passero, gli americani a Gela di Licata.
12
É il nome in codice che assunse la terza conferenza di Washington, tenutasi dal 12 al 27 maggio del
’43. La Conferenza di Casablanca si era tenuta invece dal 14 al 26 gennaio dello stesso anno. Fu in
terra marocchina che si prese la prima decisione politica di un certo rilievo, e cioè la resa
incondizionata degli eserciti dell’Asse.
13
Operazione Overlord è il nome in codice che fu dato all’operazione militare nota come sbarco in
Normandia. L’operazione, iniziata il 6 giugno 1944, prevedeva lo sbarco anfibio sulle spiagge della
Normandia, nel nord ovest della Francia.
14
David W. Ellwood, op. cit.,p. 32.
13