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spaziale della stessa, individuando le diverse aree ad essa appartenenti. Per quanto riguarda le
tecniche di analisi sono state approfondite le tre principali ovvero quella per indici, quella per
margini e quella per flussi finanziari. Gli indici rappresentano la pi conosciuta tecnica di analisi dei
bilanci aziendali, basata su quozienti ottenuti dal rapporto di alcune voci di bilancio, essi sono
comunemente accolti per la semplicità (relativa) del calcolo, la comprensibilità del risultato, la
comparabilità delle tendenze purchØ vi sia omogeneità dei dati originari e la valenza segnaletica
degli andamenti economici e finanziari. Alla chiusura del capitolo si sottolinea che l‟analisi di
bilancio ha senso se si procede ad una comparazione temporale e spaziale dei dati ottenuti
verificando l‟esistenza di peggioramenti o miglioramenti nelle performance aziendali, inoltre a
completamento del quadro generale è necessario uno studio dell‟ambiente in cui opera l‟azienda,
dato che ? proprio il mancato tempestivo ad attamento a quest‟ultimo, che solitamente determina lo
stato di crisi in cui si trova l‟impresa.
Il terzo capitolo nella parte iniziale si occupa della gestione, ovvero della valutazione della
gravità della crisi e della sua potenziale reversibilità, proponendo un‟analisi comparativa e
valutativa delle possibili alternative al risanamento, con riferimento alla cessione e alla
liquidazione. Se si individuano le condizioni per risanare e rilanciare l‟attività aziendale verrà
attuato il processo di turnaround, termine usato per descrivere tutti quei processi sistematici
finalizzati al risanamento e al rilancio delle imprese. Tali processi, data la loro complessità,
richiedono un continuo monitoraggio e devono considerare necessariamente tutti gli aspetti che
interessano la vita dell‟impresa affinché possano essere conclusi con un esito positivo. Grande
rilievo riveste l‟attenzione che si dedica alla gestione operativa e strategica dell‟impresa e la
gestione delle relazioni con tutti gli stakeholders. Il capitolo affronta in dettaglio il superamento
della crisi illustrando i provvedimenti di maggiore urgenza e comunque propedeutici
all‟impostazione del piano di risanamento vero e proprio; si tratta di interventi immediati attuati al
fine di evitare un ulteriore aggravamento della crisi e consentono di guadagnare tempo per
l‟elaborazione del piano. Il capitolo prosegue con la formulazione di un dettagliato e completo
piano di risanamento predisposto per consentire il ritorno dell‟impresa a condizioni generatrici di
valore. Più precisamente si focalizza l‟attenzione sui provvedimenti programmati nel piano
industriale, il quale attraverso interventi di asset restructuring, di razionalizzazione e di
riorientamento strategico, pone le basi per il ritorno alla redditività e all‟efficienza, quindi si
analizza il piano finanziario che ? parte integrante del piano di risanamento stragiudiziale e
rappresenta la base su cui s‟innesta il piano industriale. La ristrutturazione finanziaria ? stata trattata
soffermandosi in modo particolare sugli interventi tecnici, che possono combinarsi quali:
consolidamento dell‟esposizione debitoria, ottenimento di nuova finanza, ricapitalizzazione
dell‟impresa, riduzione dell‟ammontare complessivo del debito e conversione del debito in capitale.
A conclusione del capitolo si affronta la delicatissima fase del “ritorno alla normalità”: il piano di
risanamento, infatti, va correttamente applicato e calato nella realtà aziendale e tutti i segnali di
ritorno, gli errori pregressi, le soluzioni adottate devono entrare a far parte del nuovo patrimonio
“intangibile” aziendale che ne delinea una sua nuova configurazione, che si dimostrerà tanto più
vincente quanto più interiorizzante le “lezioni” della crisi e del suo superamento. La crisi, pertanto,
da problema gestito su di un piano straordinario, diviene problema da gestire nel quotidiano: gli
antidoti principali sono rappresentati, dall‟apprendimento organizzativo, da una continua
rivitalizzazione e risintonizzazione dell‟impresa rispetto alla dinamicità ambientale, da un sistema
informativo in grado di accrescere non solo la quantità, ma anche e soprattutto la diretta utilità delle
informazioni ottenute a supporto del processo decisionale ed, infine, un sistema di governo
aziendale rapido, efficace e soprattutto etico.
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CAPITOLO I
LA CRISI AZIENDALE: DEFINIZIONI E CAUSE
1. Il concetto di crisi nella dottrina economico - aziendale e secondo l’ordinamento
giuridico
Il fenomeno della crisi d‟impresa ha interessato e interessa, per la frequenza con cui si
manifesta, studiosi ed uomini d'impresa. Nella letteratura economico-aziendale si riscontra una
continua evoluzione concettuale relativamente a tale fenomeno, anche se, fino agli anni cinquanta e
sessanta, la relativa stabilità dell'ambiente competitivo non ha stimolato spunti di rilevante
interesse.
In economia aziendale il termine „crisi‟ viene usato per indicare fenomeni di diversa gravità
ed ampiezza e ovviamente in conseguenza di ci cambiano anche le cause responsabili della crisi e
le modalità di risanamento. Negli anni sessanta la crisi era considerata ancora come un fenomeno a
carattere eccezionale, dovuto essenzialmente a fattori di origine esterna rispetto all‟impresa e di
conseguenza ancora al di fuori da ogni possibilità d‟intervento o comunque di controllo, da parte
dell‟azienda. Essa, quindi, scaturiva da alcuni limiti o imperfezioni che caratterizzavano la struttura
del sistema industriale.
Solo dagli anni settanta, l'evoluzione ambientale subisce una brusca accelerazione per effetto
dell'interazione e della cumulazione di una serie di cause legate per lo pi allo sviluppo tecnologico,
da un lato, ed alla maggiore estensione dei traffici commerciali, dall'altro. In tale contesto le crisi
cessano di essere fenomeni episodici, legate all‟incapacità degli imprenditori e dei manager, o
addirittura a loro comportamenti colposi o delittuosi, di conseguenza le imprese incominciano ad
andare fuori regola troppe volte e ad intervalli troppo ravvicinati, rendendo spesso inevitabili i
fenomeni di crisi. Ma cosa ? la crisi? E quando un'impresa deve ritenersi in crisi? Numerosi sono
stati i tentativi degli studiosi di delimitare, in una definizione pi o meno articolata, il concetto di
crisi. A partire dagli anni ottanta, il fenomeno della crisi ha assunto una concezione pi evoluta.
Podestà1 sosteneva che la crisi doveva essere considerata “una componente permanente dei sistemi
industriali con cui le imprese devono costantemente confrontarsi”. In tal senso, la crisi diviene un
elemento critico, attraverso il quale l‟impresa è sottoposta a continui stimoli e sollecitazioni per la
ricerca di nuove soluzioni e di nuovi equilibri. Grazie a questa evoluzione si ? sviluppata una
letteratura pi spe cifica sulla crisi d‟impresa, che, oltre ad analizzarne le cause, ne individua le
modalità di riconoscimento nonchØ i mezzi necessari per affrontarla.
Secondo Bastia2, invece, la crisi è: “uno stato patologico dell‟azienda tale da poterne
compromettere la stessa sopravvivenza e da richiedere impegnativi interventi risanatori”, in altre
parole l‟impresa in mancanza di un intervento esterno o interno non è più in grado di arrestare il
deterioramento sicchØ, va inevitabilmente al dissesto. La crisi ? quindi co nsiderata come un
momento conclusivo di un ciclo gestionale negativo, identificabile con la mancanza di profitti o
nella perdita di capitale, in tal senso diventa un fatto inevitabile per l‟impresa che si trova nella fase
terminale preludendo alla sua liquidazione o al suo smembramento.
1
Podestà S.: “La crisi d'impresa in Italia: efficacia e limiti delle forme di intervento adottate”, citato da A. Danovi e A.
Quagli in: “Gestione della crisi aziendale e dei processi di risanamento”, IPSOA, 2008
2
Bastia P.: “La pianificazione e il controllo dei risanamenti aziendali”, Giappichelli, Torino, 1996
7
Il termine crisi ? utilizzato da alcuni studiosi come sinonimo d‟insolvenza, perciò un‟impresa
entra in crisi quando non ? pi in grado di far fronte alle proprie obbligazioni, o meglio quando
vengono meno le condizioni di liquidità e di credito necessarie per adempiere, regolarmente e con
mezzi normali, alle obbligazioni assunte. Questa branca dell‟economia aziendale è riconducibile
allo sviluppo di una serie di modelli che analizzano la significatività dei quozienti di bilancio. La
teoria istituzionalista dell'impresa, iniziata da Gino Zappa, vede l'impresa come un istituto
economico duraturo dotata di una propria soggettività. Di conseguenza l'impresa ? in crisi quando
vengono meno gli elementi e i presupposti istituzionalisti: la stabilità di governo, l'autonomia
imprenditoriale, l'orientamento di lungo termine, l'autosufficienza economica.
Tuttavia la teoria italiana di maggior rilievo nell‟Economia Aziendale è sicuramente
contenuta all‟interno del sistema dei principi dell‟Economia aziendale “pura” definito da Aldo
Amaduzzi3 e ripresa poi da molti altri. L‟azienda nel continuo svolgimento della sua gestione
persegue in modo dinamico un tendenziale equilibrio prospettico. A tal equilibrio prospettico
concorrono tre condizioni fondamentali:
- equilibrio economico, inteso come l‟attitudine dell‟impresa a produrre con continuità un
flusso di reddito soddisfacente in una prospettiva di lungo periodo,
- equilibrio finanziario, consistente nel perseguimento della solvibilità aziendale, sia per
sopravvivere nel presente, sia per far fronte al fabbisogno di capitale futuro scaturente dallo
sviluppo dell‟impresa nel lungo periodo. Tale solvibilità deve quindi essere intesa sia a livello
strutturale, nel lungo periodo, come correlazione tra investimenti e finanziamenti aziendali
(equilibrio finanziario in senso stretto), sia a livello immediato, come pareggio tra entrate e
uscite monetarie (equilibrio monetario),
- equilibrio patrimoniale, attitudine dell‟azienda a mantenere una solidità patrimoniale
necessaria a garantirle l‟esistenza, lo sviluppo e la crescita.
Questi tre equilibri costituiscono differenti aspetti di un fenomeno unitario, pertanto ?
necessario per l‟impresa tenere presenti le interrelazioni che li uniscono, al fine di evitare che gli
effetti di propagazione in caso di crisi di uno di essi possa far entrare l‟impresa in una sorta di
circolo vizioso4, la crisi viene vista come quel fenomeno patologico di decadenza graduale delle
condizioni di gestione, che trova la sua origine nell‟esistenza di pesanti squilibri di natura
economica, patrimoniale e finanziaria.
Altro approccio interessante alla questione ? quello offerto da Caramiello 5 che sposta l'analisi
dallo stato di crisi alla dinamica con cui la crisi evolve verso tale stato. L'autore fa riferimento a tre
tipi di "ordine", necessari affinchØ l'impresa preservi il successo nel tempo:
1. l'ordine che deve intercorrere tra i fattori produttivi (combinatorio);
2. l'ordine tra le diverse operazioni che l'impresa realizza per raggiungere gli obiettivi aziendali
(sistematico);
3. l'ordine riguardante la corrispondenza tra le forze interne e le forze esterne (di composizione).
La crisi si manifesta nel momento in cui quest'ordine aziendale viene meno. La spaccatura di
questi ordini altera la cosiddetta forza auto-generatrice dell'azienda che le permette, in condizioni
normali, di adeguare, attraverso le normali attività gestionali, le proprie risorse e le proprie strategie
3
Amaduzzi A.: “Il sistema d’impresa nelle condizioni del suo equilibrio e del suo andamento” , citato da Bastia P. in
“La pianificazione e il controllo dei risanamenti aziendali”, Giappicchelli, Torino, 1996
4
Ad esempio un disequilibrio economico, che produce perdite nel tempo, peggiora la situazione patrimoniale riducendo
il capitale netto. Tale disequilibrio economico, unitamente ad un disequilibrio patrimoniale, pu? pregiudicare la
solvibilità dell‟impresa e quindi agire negativamente anche sull‟equilibrio finanziario.
5
Caramiello C.: “L'azienda nella fase terminale” , citato da Poddighe F. e Madonna S. in: “I modelli di previsione delle
crisi aziendali: possibilità e limiti”, Giuffrè, Pisa, 2005
8
ai mutamenti ambientali. Il venir meno di questa forza alimenta una crisi latente, che
tradizionalmente esplode nel momento in cui l'impresa si trova a dover affrontare i radicali
cambiamenti ambientali da lei non percepiti. L‟approccio classico6 considera la crisi come una
patologia, ovvero un male inevitabile ma necessario, che assicura la selezione naturale delle aziende
meritevoli, decretando darwinaniamente la fine di quante invece non abbiano saputo gestire
processi, competenze e relazioni in modo sostenibile, la crisi aziendale e la scomparsa di singole
aziende sono considerate il prezzo da pagare per il riequilibrio di settore.
Secondo Piciocchi7 la crisi pu essere definita come un processo di diminuzione nel tempo
della vitalità e della probabilità di sopravvivenza dell‟impresa sistema vitale, facendo distinzione tra
crisi strutturale e crisi sistemica, dove la prima è collegata all‟incapacità dell‟impresa di operare in
maniera efficace ed efficiente, sia a livello di organo di governo, sia di sistema operativo, mentre la
crisi strutturale ? un effetto della cri si sistemica essendo la conseguenza di un meccanismo
sanzionatorio dei sovra-sistemi che in seguito alla crisi sistemica dell‟impresa determinano un
crescente incremento del costo delle risorse fino alla eventuale sottrazione delle risorse stesse.
In generale, quindi, la letteratura aziendale considera lo stato che si manifesta con squilibri di
natura economica, patrimoniale e finanziaria, ma che pu? svilupparsi progressivamente
raggiungendo diversi stadi. Gli aziendalisti, pur non concordando sul numero di questi stadi,
ritengono che la possibilità di risanamento sia strettamente correlata allo stadio in cui ci si trova e
alla tempestività con la quale si interviene.
Analizzando il problema dal punto di vista giuridico possiamo affermare che
nell‟ordinamento italiano non esiste una vera e propria definizione di crisi d‟impresa, bensì la si
deve estrapolare dalla lettura coordinata di alcuni articoli della legge fallimentare, mentre ?
possibile individuare una definizione comunitaria d‟impresa in difficoltà. L‟originario art. 2 dello
schema di disegno di legge della riforma del fallimento8 individuava la crisi d‟impresa come “la
situazione patrimoniale, economica o finanziaria in cui si trova l‟impresa, tale da determinare il
rischio d‟insolvenza”, secondo tale definizione che non ? stata poi accolta nella legge di riforma,
anche se di fatto attuata, lo stato di crisi comprende le situazioni d‟insolvenza, infatti l‟art. 160 co. 3
della legge fallimentare9 che indica i presupposti per l‟ammissione alla procedura di concordato
preventivo recita “ai fini di cui al primo comma per stato di crisi s‟intende anche lo stato
d‟insolvenza”, e secondo l‟art. 5 co. 2 della legge fallimentare “lo stato d‟insolvenza si manifesta
con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non ? pi in grado di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”. L‟art 2.1.4. della Comunicazione U. E. 1999/C
288/0210 che fissa gli orientamenti comunitari per gli aiuti di stato per il salvataggio e la
ristrutturazione d‟imprese in difficoltà sancisce che: “un‟impresa è in difficoltà quando non sia più
in grado con le proprie risorse finanziarie o ottenendo i fondi necessari dai proprietari/azionisti o dai
creditori di contenere le perdite che potrebbero condurla quasi certamente senza un intervento
esterno dei poteri pubblici, al collasso economico a breve o medio termine”.
Inoltre l‟Unione Europea considera un‟impresa in una situazione di difficoltà
indipendentemente dalle sue dimensioni, anche se:
6
Guatri L.: “Crisi e risanamento delle imprese”, Giuffrè, Milano, 1986, pag 4
7
Piciocchi P.: “Crisi d’impresa e monitoraggio di vitalità. L’approccio sistemico vitale per l’analisi dei processi di
crisi”, Giappichelli, Torino, 2003, pag 134
8
L‟ art. 2 dello schema del disegno di legge di riforma delle procedure concorsuali redatto dalla Commissione istituita
con DM 27.2.2004 dal Ministero della Giustizia
9
Legge Fallimentare Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Testo coordinato ed aggiornato con le modifiche introdotte
dal D.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 e dal D.Lgs. 12 Settembre 2007, n. 169)
10
Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee del 09-10-1999
9
- ? una società di c apitali e ha perso almeno la metà del capitale sottoscritto e la perdita sia
intervenuta per almeno un quarto negli ultimi dodici mesi,
- ? una società di persone e ha perso almeno la metà del patrimonio e la perdita sia intervenuta
per almeno un quarto negli ultimi dodici mesi,
- per qualsiasi altro soggetto economico quando ricorrono le condizioni previste
dall‟ordinamento nazionale per avviare nei suoi confronti una procedura concorsuale per
insolvenza.
In definitiva possiamo affermare che, l‟impresa è da considerarsi in crisi in senso stretto
quando è a rischio la sua sopravvivenza, in senso lato quando l‟andamento complessivo della
gestione è ritenuto insoddisfacente, in altri termini la crisi d‟impresa va individuata nella situazione
in cui in un breve periodo, anche se l‟impresa continua ad adempiere le proprie obbligazioni la
situazione ? destinata a degenerare in insolven za se non s‟interviene con strumenti straordinari.