7
i titoli rappresentativi dei mutui sono stati impacchettati, insieme ad altri
titoli, in obbligazioni vendute sul mercato, con il duplice vantaggio per le
banche di trasferire ad altri operatori il rischio d insolvenza dei propri
clienti e rientrare subito del denaro prestato per erogare altri prestiti.
Chiaramente questo gioco sporco non poteva durare a lungo. Infatti questo
meccanismo ha funzionato finchØ il mercato immobiliare statunitense
cresceva e quindi garantiva un incremento delle garanzie reali, ma ha
prodotto un numero considerevole di default quando il settore immobiliare
ha subito una frenata, trasferendo le difficolt di questo settore al settore
finanziario, e in particolare alle banche. Con la flessione del mercato
immobiliare, molti mutui non sono piø stati pagati e il castello di carte
finanziario Ł crollato e le banche sono andate in crisi (tra queste si deve
menzionare il fallimento di una delle maggiori investment bank a livello
mondiale, la Lehman Brothers). Una crisi che a catena ha coinvolto anche
le imprese di assicurazioni che garantivano queste operazioni (tra queste
c erano la piø grande compagnia assicurativa statunitense che garantiva i
mutui, la AIG e le agenzie federali create con lo stesso scopo, la Fannie
Mae e la Freddie Mac).
¨ importante sottolineare che l’idea di spalmare il rischio trasferendolo ad
altri, non riguardava solo i mutui immobiliari. Molti altri impieghi delle
banche erano stati impacchettati in obbligazioni vendute sul mercato:
prestiti per l acquisto di auto, carte di credito, finanziamenti di fusioni e
acquisizioni.
Alla luce di questa ampia ma doverosa premessa risulta fondamentale
notare che, il modello decritto di finanza, lascia, nell attivit di lending
svolta dalle banche, un ruolo secondario a quella che rappresenta a detta di
molti l attivit piø importante dell intero process o di concessione del
credito, vale a dire la valutazione del merito delle controparti.
8
Giova ricordare che gli effetti di tale crisi si sono riversati sulle imprese e
sulla cosiddetta economia reale e le conseguenze rischiano di essere
ulteriormente peggiorate.
Per quanto riguarda l Italia le nostre imprese si finanziano principalmente
tramite prestiti bancari o emissioni di prestiti obbligazionari. I maggiori
controlli da parte delle banche nella valutazione dei debitori per difendere
la propria solidit patrimoniale messa a dura prova dalla crisi e il crollo
della fiducia ha provocato una forte stretta creditizia ( credit crunch ) e i
mercati delle obbligazioni societarie sono di fatto congelati. In questa
situazione anche un impresa solida potrebbe trovarsi in difficolt nel
reperire i capitali necessari al proprio funzionamento. Tutto ci senza
considerare il calo dei consumi che sta seguendo l attuale crisi e che sta
trascinando ancora di piø l economia e le imprese verso una pesante fase
recessiva.
All interno di questo contesto pertanto risulta chiaro il ruolo essenziale
svolto dalla gestione del rischio di credito nell attivit di lending delle
banche.
Lo scopo del presente lavoro consiste nell analizzare l attivit di gestione
del rischio di credito all interno delle banche ( credit risk management ),
indagando tra gli strumenti operativi di cui essa dispone per fare ci , messi
a sua disposizione dalla normativa in materia di vigilanza prudenziale. Tra i
vari strumenti si Ł deciso di focalizzare l attenzione sui sistemi Internal
Rating Based (IRB).
Nel primo capitolo Ł stato esaminato il credit risk management,
descrivendo l evoluzione che ha subito il processo di gestione del rischio di
credito, analizzando il concetto di rischio di credito e le sue componenti.
Nel secondo capitolo sono stati descritti i due Accordi di Basilea,
contenenti norme fondamentali in tema di adeguatezza del patrimonio delle
9
banche ai rischi caratteristici dell attivit banca ria. Infine si Ł fatto cenno
alla circolare della Banca d Italia che ha recepito a livello nazionale i
dettami contenuti nell Accordo di Basilea 2 e a cui le banche italiane
devono conformarsi.
Il terzo capitolo rappresenta il cuore del presente scritto, infatti in esso sono
stati esaminati i sistemi di rating interni, partendo da una breve descrizione
di questi modelli per poi spiegare nel dettaglio la loro architettura e il loro
funzionamento e concludendo con qualche cenno sul processo di convalida
a cui gli stessi sono sottoposti.
Infine nel capitolo conclusivo Ł stato affrontato lo studio di un caso pratico
avente ad oggetto l analisi del sistema di rating interni di un noto gruppo
bancario italiano.
10
CAPITOLO 1
Il Credit Risk Management
1.1 Premessa
L attivit bancaria consiste essenzialmente nell in termediare, in maniera
efficiente, attivit e passivit finanziarie nei co nfronti di soggetti economici
portatori di interessi contrapposti, assumendone i relativi rischi.
Tali rischi si riscontrano in quasi tutti gli aspetti della gestione bancaria:
nella difformit delle scadenze tra flussi di entra ta e di uscita (rischio di
liquidit ), nell eventuale perdita di valore delle attivit quotate nei mercati
finanziari (rischio di mercato), nella mutevole solvibilit delle controparti
prenditrici (rischio di credito) e nelle carenze di efficienza operativa interna
(rischio operativo).
A causa dell ampio spettro di rischiosit che coinv olge l intero bilancio di
un istituto di credito, si deve prendere atto che tale aleatoriet rappresenta
una componente fondamentale del proprio risultato economico.
Risulta importante sottolineare che, all interno della piø ampia attivit
bancaria, l attivit creditizia riveste un ruolo di primaria importanza.
Infatti, nonostante il processo di disintermediazione che ha interessato il
sistema bancario e finanziario e il recente svilu ppo di nuovi strumenti
finanziari, essa continua ad essere, per le banche, una delle attivit piø
importanti, principale fonte di profitto ma, come detto, anche di rischio.
11
Risulta necessario ricordare che le recenti crisi bancarie, verificatesi negli
ultimi anni nei paesi sviluppati, sono quasi sempre riconducibili alle perdite
generate dall insolvenza degli affidati. In altri termini, il rischio legato alla
mancata o parziale restituzione, da parte del debitore, dei prestiti ad esso
concessi dalle banche, va a riflettersi sulla gestione finanziaria, economica
e patrimoniale, per cui vengono ad essere intaccate le condizioni di
equilibrio della stessa banca procurando in tal modo e la recente realt lo
ha dimostrato crisi irreversibili.
Detto questo, si pu facilmente intuire come l atti vit di gestione dei rischi,
e in particolare la gestione del rischio di credito, si prospetti come il
principale punto di criticit dell attivit bancari a e sbagliare in questo
ambito non Ł piø tollerato, pena l emarginazione dal mercato.
In sostanza, la gestione dei rischi (Risk Management) deve far s che la
banca possa minimizzare l alea, che Ł come abbiam o detto in precedenza
caratteristica peculiare della sua attivit 1.
Occorre, dunque, che la direzione di ogni singola banca decida il livello di
rischio da sopportare in relazione al rendimento atteso sul capitale
impiegato, monitorando tempo per tempo la rischiosit sopportata per
ottenere la migliore combinazione rischio-rendimento.
1.2 Dal controllo tradizionale al CRM
Mentre per decenni il sistema bancario Ł stato ancorato ad un approccio di
tipo artigianale nei confronti dei rischi bancari , dagli anni Novanta si Ł
diffusa, tra gli operatori del settore, la forte necessit di dar vita a nuovi
1
Cfr. S. DELL ATTI, Rischio di credito e risk management nell economia della
banca , Banche e banchieri, anno 1998, volume 25, fasc. 3, p. 298.
12
strumenti teorici e pratici in grado di offrire una risposta alle nuove
esigenze. A partire da questo periodo si assiste a profonde revisioni nelle
tecniche di gestione delle banche, nel loro posizionamento strategico, di
modo che gli sforzi maggiori sostenuti da queste vengano orientati attorno
ad una attenta e rigorosa analisi della gestione dei rischi, in particolare a
quelli associati ai finanziamenti concessi alla clientela2.
I fattori che hanno spinto gli intermediari finanziari verso una forte
evoluzione dei processi di gestione del credito sono:
lo sviluppo teorico e applicativo delle logiche di credit risk
management: si diffonde un mutato atteggiamento degli esponenti
aziendali e del management, che appare piø sensibile a inserire in modo
integrato le tematiche del controllo della gestione e dei rischi,
nell ambito dei processi organizzativi per il governo della banca;
i cambiamenti intervenuti nella normativa di vigilanza: si evince una
forte attenzione posta dalle autorit di vigilanza al controllo del rischio
di credito, sintetizzata in una regolamentazione piø organica;
la maggiore competitivit nel mercato del credito: si deve sottolineare
che, il processo di apertura del mercato del credito, facendo perdere al
sistema bancario l elevato grado di protezione di cui aveva goduto per
decenni, espone le banche ad un consistente aumento della concorrenza,
con conseguente riduzione dei margini di interesse;
2
Sull evoluzione del sistema bancario e sui continui mutamenti registrati, si vedano: P.
DACREMA, L evoluzione della banca in Italia: profili storici e tecnici , Egea,
Milano, 1997; A. DELL ATTI, Evoluzione dell attivit bancaria e finanziaria ,
Cacucci Editore, Bari, 1988; M. PINES, L evoluzione dell attivit bancaria ,
Giappichelli, Torino, 1997; G. FORESTIERI, P. MOTTURA, Il sistema finanziario ,
Egea, Milano, 2006.
13
il crescente interesse degli investitori verso l andamento economico, la
solidit patrimoniale e i livelli di performance de gli intermediari
finanziari e creditizi3.
Focalizzando l attenzione sui mutamenti avvenuti nelle logiche di gestione
del rischio di credito, Ł necessario chiarire che il Credit Risk Management,
oggi, costituisce indubbiamente una attivit comple ssa, che richiede tempo,
esperienza e competenza per mostrare concreti risultati nella gestione di
una banca.
Un sistema di CRM rappresenta l insieme integrato dei modelli e degli
strumenti di misurazione che consente, unitamente all esistenza di idonee
procedure organizzative, una gestione finalizzata e ottimale del rischio di
credito4.
Quando si parla di CRM il ricorso al termine siste ma presuppone che
tutte le attivit relative alla gestione del rischi o di credito vengano viste in
maniera integrata e che tutti i progetti di intervento sui sistemi di
misurazione e gestione vengano coordinati, dal punto di vista strategico e
operativo, da soggetti che siano in grado di percepirne pienamente la
portata e la complessit . Per di piø, tali soggetti devono essere dotati di una
3
Cfr. G. DE LAURENTIS, Rating interni e credit risk management , Bancaria
Editrice, Roma, 2001, pp. 13-16.
Per ulteriori approfondimenti sul tema si vedano: G. DE LAURENTIS, A. SIRONI,
Dalla selezione del credito al credit risk management , Bancaria, anno 1998, fasc. 9;
G. DE LAURENTIS, Il rischio di credito. I fidi bancari nel nuovo contesto teorico,
normativo e di mercato , Egea, Milano, 1994; P. SAVONA, A. SIRONI, La gestione
del rischio di credito di credito nelle grandi banche italiane, Bancaria Editrice, Roma,
2000 ; M. MARSELLA, A. SIRONI, La misurazione e la gestione del rischio di
credito. Modelli, strumenti e politiche , Bancaria Editrice, Roma, 2000; M. ANOLLI, P.
GUALTIERI, La misurazione del rischio di credito nella gestione delle banche , Il
Mulino, Bologna, 1999.
4
Cfr. C. D AURIA, A. GAETANO, F. PASTORE, Profili evolutivi del Credit Risk
Management nelle banche italiane , Bancaria, anno 2001, volume 57, fasc. 1, p. 44.
14
particolare sensibilit per gli aspetti di formaliz zazione e comunicazione
verso tutta la struttura aziendale5.
Uno dei piø importanti obiettivi che deve proporsi di raggiungere la
gestione del rischio di credito Ł quello di stimare il grado di rischio di una
certa esposizione creditizia o di un portafoglio di esposizioni e,
conseguentemente, l assorbimento di capitale economico connesso6.
Ovviamente il tutto nell ambito del piø ampio obiettivo di mantenimento,
rafforzamento e consolidamento nel tempo delle condizioni di equilibrio
patrimoniale ed economico-finanziario della gestione bancaria.
In ogni modo, una quantificazione appropriata del rischio di credito Ł
considerata funzionale per:
allocare in modo efficiente il capitale, ossia migliorare la capacit di
assumere rischio della banca;
realizzare un pricing piø corretto dei propri prodotti (per esempio,
determinando il tasso attivo di un finanziamento coerente con il grado di
rischio della controparte);
stimare la redditivit corretta per il rischio dell a singola operazione o
dell unit /filiale che l ha originata;
ottimizzare la composizione geografica e/o settoriale del portafoglio
impieghi, sfruttando al massimo le opportunit di d iversificazione
offerte dal mercato.
AffinchØ le problematiche sopra richiamate trovino soluzioni efficaci da
parte degli intermediari finanziari Ł necessario che lo sviluppo di questi
5
L approccio alle tecniche di risk management Ł da ricondurre anzitutto al grado di
formazione specialistica e manageriale dei soggetti preposti a occuparsi di tali funzioni:
la formazione, in realt Ł considerata un processo molto complesso e articolato che
richiede studi specialistici di elevato livello. Su tali problematiche, cfr. lo studio di P. L.
FABRIZI in P. L. FABRIZI, Risorse umane e cambiamenti nel settore finanziario. Il
ruolo della formazione , Banche e banchieri, anno 1997, fasc. 2.
6
Cfr. G. FORESTIERI, Corporate e investment banking , Egea, Milano, 2005, p. 500.
15
sistemi di gestione dei rischi non venga visto come un formale
adempimento di richieste provenienti dagli organismi di controllo esterni,
bens come un effettiva esigenza di sviluppo delle modalit di governo
della banca.
Pertanto, risulta evidente che il passaggio a una struttura credit risk
oriented all interno di una banca richieda in primis una trasformazione di
tipo culturale da parte del management bancario, poichØ verr a cambiare la
maniera tradizionale di fare credito, senza dimenticare l ingente impatto
che tale mutamento comporta a livello organizzativo.
Il passaggio a una struttura credit risk oriented implica, tra l altro, il
superamento dell approccio tradizionale dell analis i creditizia
esclusivamente focalizzata sulla valutazione della singola controparte
basata su aspetti di forte soggettivit 7.
Infine, si pu osservare che, in relazione a quanto enunciato dalla teoria
della creazione di valori , un efficiente gestione del rischio produce
vantaggiosi effetti sul processo di creazione e diffusione di valore
all interno della banca, determinando un incremento del valore economico
di quest ultima.
Secondo tale teoria la produzione continua di particolari beni immateriali
quali il know how, l immagine e la qualit dei prodotti bancari, la
leadership della banca, la capacit di gestire e migliorare c ontinuamente il
patrimonio di informazioni a disposizione, la capacit di apportare nella
gestione continue innovazioni di processo, la capacit di risultare sempre
piø efficiente, ecc. consente di costituire un un ico e complesso valore
immateriale, il quale, aggiunto al patrimonio netto contabile, costituisce un
grosso valore , che conferisce alla banca maggiore competitivit , un
7
Cfr. C. D AURIA, A. GAETANO, F. PASTORE, Profili evolutivi del Credit Risk
Management nelle banche italiane , op. cit., p. 45 e 47.
16
migliore posizionamento strategico nel mercato e la possibilit di
mantenere le proprie quote di mercato, oltre all opportunit di acquisirne
altre8.
1.3 Il rischio di credito e le sue componenti
Il sistema bancario Ł tradizionalmente chiamato all impiego delle risorse
finanziarie, soprattutto sotto forma di credito erogato a persone fisiche ed
imprese.
Con il termine rischio di credito si intende la p ossibilit che una
variazione inattesa del merito creditizio di un cliente, nei confronti del
quale esiste un esposizione, generi una corrispondente variazione inattesa
del valore di mercato della posizione creditizia.
In questa definizione, tuttavia, sono impliciti due concetti che necessitano
di essere illustrati e chiariti.
Innanzitutto, il rischio di credito non pu essere confinato alla sola
possibilit dell insolvenza della controparte, in q uanto anche il semplice
deterioramento del merito creditizio di quest ultima viene considerato
come una manifestazione del rischio di credito.
Dunque, il rischio di credito pu manifestarsi sott o forma di:
8
Cfr. S. DELL ATTI, Rischio di credito e Risk Management nell economia della
banca, op. cit, pp. 299-300. Per ulteriori approfondimenti sul tema si veda: L. GUATRI,
La teoria di creazione del valore. Una via europea, Egea, Milano, 1991; L. GUATRI,
M. MASSARI, La diffusione del valore, Egea, Milano,1992; L. SCARDOVI, Il Risk
Management strategico per la massimizzazione del valore economico della banca,
Banche e Banchieri, anno 1997, fascicolo 3; A. BOMBANI, Introduzione al volume di
L. PIERALLI, Il valore della banca. Procedimenti di stima del capitale economico e
formazione dei prezzi, Giappichelli, Torino, 1996.
17
1) Rischio di insolvenza
¨ rappresentato dal rischio di perdita che la banca potrebbe subire a
seguito del manifestarsi dell evento insolvenza ed Ł pari alla differenza
fra il valore del credito e quanto effettivamente verr recuperato.
Pertanto, Ł connesso all eventuale insolvenza della controparte, cioŁ
all impossibilit sopravvenuta per il debitore di o norare le proprie
obbligazioni, quindi di effettuare i pagamenti determinati dal contratto
di credito, siano essi pagamenti a titolo di interessi, commissioni, spese
o rimborso del capitale prestato.
2) Rischio di spread
Rappresenta il rischio di una perdita conseguente al semplice
deterioramento del merito creditizio della controparte, cui seguirebbe un
innalzamento dello spread richiesto dal mercato9.
Il valore del prestito Ł teoricamente determinato come somma dei valori
attuali dei flussi di cassa futuri a cui esso d or igine per contratto; il
relativo tasso di sconto Ł pari al tasso privo di rischio (risk free rate) piø
uno spread che Ł tanto piø elevato quanto piø alto Ł il rischio di
insolvenza della controparte. Dunque, un deterioramento del merito
creditizio di un cliente, innalzando tale rischio, fa aumentare lo spread
richiesto dal mercato e, di conseguenza, riduce il valore di mercato
dell attivit .
In generale, la diminuzione del valore di mercato di un attivit
finanziaria conseguente al deterioramento del merito creditizio
9
Quando la distribuzione della probabilit di insol venza dell emittente Ł rappresentata
in modo discreto, facendo per esempio ricorso a una classificazione delle controparti in
classi di rating, il rischio di spread viene anche chiamato rischio di migrazione o
rischio di transizione . Entrambi i termini indica no la possibilit che la controparte
affidata subisca un declassamento, ossia che il suo merito creditizio e, dunque, la sua
possibilit di insolvenza si deteriorano.
18
dell emittente di tale attivit risulta tanto maggi ore quanto maggiore Ł la
variazione dello spread richiesto dal mercato e quanto maggiore Ł la
vita residua dell attivit 10.
Seguendo questa logica, il rischio di credito deve essere misurato e
conseguentemente gestito non facendo riferimento ad una semplice
distribuzione binomiale dei possibili eventi (insolvenza o non insolvenza),
la quale consentirebbe, in realt , di cogliere in m aniera appropriata il solo
rischio di insolvenza, quanto piuttosto facendo riferimento ad una
distribuzione di probabilit , nella quale l evento insolvenza rappresenta
solo l evento estremo, preceduto dai diversi livelli di probabilit , che
attestano con che grado di attendibilit questo eve nto estremo possa in
futuro manifestarsi. Solo in questo modo si possono evidenziare
adeguatamente entrambe le componenti del rischio di credito.
Un secondo punto da chiarire riguarda il grado di estensione del concetto di
esposizione creditizia, che in tale definizione si intende in senso ampio,
ossia si estende, oltre che agli impieghi in titoli o in prestiti in bilancio,
anche come esplicitamente riconosciuto dalla stes sa autorit di vigilanza
in sede di determinazione dei requisiti patrimoniali relativi al rischio di
credito alle posizioni fuori bilancio, come quell e rappresentate dagli
strumenti derivati negoziati in mercati over the counter e dal regolamento
delle transazioni nazionali e internazionali in titoli, in valute o in strumenti
finanziari derivati.
Ora, se, dalla sopraindicata definizione di rischio di credito da cui si Ł
partiti, si vuole passare ad un esplicitazione delle componenti del rischio di
credito, Ł possibile distinguere fra tre principali elementi:
1) la perdita attesa;
2) la perdita inattesa;
10
Cfr. G. FORESTIERI, Corporate e investment banking , op. cit., pp. 501-502.
19
3) l effetto diversificazione.
1.3.1 La stima della perdita attesa
La perdita attesa (EL Expected Loss) Ł determinata dalla previsione che
un determinato numero di controparti risulter inso lvente nell orizzonte
temporale specificato. Essa riflette i valori attesi della probabilit di
insolvenza del debitore e della quota non recuperabile dell esposizione in
caso di insolvenza.
¨ evidente che, in quanto attesa, essa non rapprese nta il vero rischio di una
esposizione creditizia. PoichØ la perdita attesa stimata ex ante viene
direttamente caricata in termini di spread sulle condizioni di prezzo
applicate al prenditore di fondi, se essa dovesse trasformarsi in perdita
effettiva ex post, ci significherebbe che, a livel lo di portafoglio, la banca
creditrice conseguirebbe il rendimento che si era originariamente prefissata.
La perdita attesa trova la sua naturale copertura negli accantonamenti a
fondi per svalutazione crediti: gli accantonamenti effettuati costituiscono
costi di competenza dell esercizio e, da un punto di vista aziendale, costi
dell attivit caratteristica di erogazione del cred ito, al pari del costo della
raccolta dei fondi destinati all attivit creditizi a.
Per la stima del tasso di perdita atteso (ELR Expected Loss Rate) viene
normalmente utilizzato il tasso di perdita medio calcolato su un insieme
di osservazioni storiche, riguardanti un insieme di impieghi considerati in
un dato orizzonte temporale. Questo tasso medio, in un ottica ex ante e con
riferimento al medesimo intervallo temporale, pu e ssere utilizzato per
caratterizzare ognuna delle esposizioni che compongono il suddetto
portafoglio impieghi.
20
¨ ovvio che in questo tipo di approccio, traslando sulle singole esposizioni
un tasso di perdita medio riferito a un dato portafoglio, si accomuna
forzatamente la visione ex ante di ognuna delle esposizioni a tale valore
medio. L approccio induce, quindi, a valutare attentamente la possibilit di
sezionare il portafoglio complessivo per costruire sub-portafogli piø
omogenei sui quali la forzatura in questione appaia piø accettabile.
Una delle piø significative logiche di costruzione di tali sub-portafogli Ł
quella di prevedere classi di rating: ogni classe Ł formata dagli impieghi
maggiormente omogenei rispetto ad un dato livello di tasso di perdita
atteso.
Un ulteriore passo in avanti ai fini della comprensione del rischio di credito
Ł ottenibile scomponendo il tasso di perdita atteso in due componenti
elementari: la probabilit di insolvenza del debito re (PD Probability of
Default) e la quota del credito non recuperabile in caso di insolvenza (LGD
Loss Given Default), neppure attivando azioni giudiziarie o stragiudiziali
di recupero.
Pertanto, il tasso di perdita atteso (ELR) di una esposizione Ł dato dalla
seguente equazione:
Equazione 1 - Il tasso di perdita atteso dell esposizione i-esima
iii
LGDPDELR ×=
dove:
ELRi Ł il tasso di perdita atteso dell esposizione i-esima;
PDi Ł la probabilit di insolvenza del debitore;
LGDi Ł il valore atteso della quota del credito non recuperabile in caso di
insolvenza.