Premessa
V
inesperta in argomenti finanziari, avvertendo l’esistenza di vincoli alla
comprensione delle informazioni di natura finanziaria. E’ da notare
che rispetto al 2001 questo dato è in aumento di 12 punti (era il 58%):
in particolare la categoria di Italiani che si sentono mediamente
competenti si è decisamente svuotata a vantaggio delle classi di chi “si
sente un principiante” (29% contro il 27% del 2001) oppure “uno che
ne capisce poco o niente” (41% contro il 31% del 2001).
Riguardo al futuro le opinioni sono equamente divise tra chi ritiene
che ci sia bisogno di maggiore conoscenza personale dei temi
finanziari (47%, in prevalenza si tratta di persone che ritengono di
possedere già una cultura finanziaria) e chi ritiene che la delega a
professionisti sarà la via maestra (48%, specie tra coloro che reputano
di avere attualmente una insufficiente cultura finanziaria).
E’ da notare che nonostante la scarsa considerazione delle proprie
capacità, un buon numero di cittadini continui a decidere da solo i
propri investimenti: sono il 19% contro il 10% del 2001; oltre a questi,
un altro 50% procede in totale autonomia dopo essersi solo consultato
con qualcuno che ritiene più esperto. La propensione alla delega
riguarda solo il 25% del campione.
Incrociando queste informazioni con le altre dell’indagine, si
evidenziano situazioni di una certa rischiosità per gli investimenti:
l’11% degli italiani presi in considerazione, nonostante si riconosca
impreparato, decide da solo; un altro 30% è comunque in una
situazione di rischio moderato perché, riconoscendo un’assoluta
impreparazione in materia, dopo un consulto decide senza alcun aiuto.
Non stupisce quindi che di fronte a varie possibilità d’investimento
proposte dal direttore della propria banca, il 20% del campione (il
28% tra i più giovani e il 26% nel Sud Italia) tenda a scegliere quella
Premessa
VI
che presenta il massimo rischio e il massimo rendimento; e al
contempo un altro 9% preferirebbe tenersi i propri soldi “in tasca”
anche rispetto alla prospettiva di un investimento sicuro, seppur a
basso rendimento.
Dai dati sopra esposti emerge che la delusione per la caduta dei valori
azionari, che ha distrutto tanta ricchezza, ha successivamente
aumentato le aspettative di “protezione” del risparmio e la
consapevolezza delle difficoltà nella gestione in autonomia dell’intero
processo di investimento.
Gli intermediari finanziari dall’altro lato hanno sostenuto e promosso
lo sviluppo della domanda. Non sempre tuttavia, l’innovazione
finanziaria, le modalità di proposizione commerciale e l’assistenza pre
e post vendita sono state adeguate rispetto alle aspettative e bisogni
degli investitori. Accanto a nuovi prodotti e servizi di “qualità” gli
intermediari finanziari hanno offerto alla clientela retail anche prodotti
troppo rischiosi e non il linea con il loro profilo e obiettivi di
investimento, poco trasparenti e/o complessi, nonchè costosi.
L’informativa e la consulenza finanziaria hanno spesso mostrato dei
limiti nell’esistenza e/o percezione di conflitti di interessi.
Inoltre, i recenti scandali finanziari (Cirio, Parmalat, alcuni prodotti
strutturati, ecc) hanno fortemente compromesso la fiducia degli
investitori verso l’intero sistema bancario e finanziario. Su questo
fronte si è aperto un dibattito mediatico sulla necessità di rivedere il
sistema dei controlli a tutela dei risparmiatori, attività peraltro ancora
in corso non essendo stati approvati i relativi provvedimenti
legislativi.
L’incertezza, la disinformazione, la sfiducia e le perdite subite hanno
lasciato il segno sul morale dei risparmiatori, il quale deve si essere
Premessa
VII
previdente, ma deve certamente essere più tutelato, anche attraverso
nuove regole che, favorendo trasparenza e consapevolezza, assicurino
una effettiva e concreta protezione delle scelte di risparmio.
La maggiore complessità dei mercati finanziari (in termini di
prodotti/servizi, strumenti e canali di offerta), il trasferimento dei
rischi dalle Istituzioni al cittadino, le dinamiche socio-demografiche e
il mutamento degli stili di vita dei consumatori sono i quattro driver
che hanno destato con forza l’attenzione dei Governi nazionali su tale
tema.
Numerosi elementi “interni” hanno determinato un mutamento dei
mercati finanziari. Tra questi, si segnalano la moltiplicazione e
l’aumento della complessità degli strumenti finanziari disponibili,
l’introduzione di nuove tecnologie, internet su tutte, con il
conseguente aumento dei canali di offerta, la deregolamentazione dei
mercati finanziari, una sostanziale modifica del rapporto rischio-
rendimento (con la riduzione dei rendimenti dei mercati finanziari e il
corrispondente incremento del rischio associato a rendimenti elevati).
Inoltre, anche a seguito della privatizzazione degli istituti di credito
italiani, si è assistito al passaggio da una gestione del risparmio
attraverso strumenti relativamente semplici e a basso rischio, a nuove
forme di gestione attraverso veri e propri strumenti finanziari più
evoluti e complessi, che, per essere compresi appieno anche nella loro
componente di rischio, richiedono un livello decisamente maggiore di
preparazione da parte del risparmiatore. In questo contesto, una
migliore preparazione da parte del consumatore costituisce un
importante tassello per il raggiungimento di un maggiore equilibrio fra
offerta di prodotti finanziari da parte del sistema e domanda degli
stessi da parte del consumatore.
Premessa
VIII
Le responsabilità sulle scelte finanziarie si stanno gradualmente
spostando dalle Istituzioni ai cittadini. La riduzione delle pensioni
pubbliche induce l’individuo ad investire una quota sempre maggiore
delle proprie risorse in forme previdenziali integrative e private. Lo
Stato garantisce sempre meno il risparmiatore e l’auto-
responsabilizzazione in materia finanziaria diventa così un elemento
chiave nei futuri scenari dei sistemi previdenziali.
Inoltre, intervengono dinamiche di natura socio-demografica –
come la crescita della vita media, la riduzione delle nascite e la
crescente quota di popolazione con più di 65 anni rispetto alla
popolazione in età attiva (con i conseguenti impatti sulla sostenibilità
dei sistemi previdenziali nazionali) - e comportamentale: cresce la
propensione delle famiglie all’indebitamento mentre la propensione al
risparmio (soprattutto tra le generazioni più giovani), pur rimanendo a
livelli tra i più alti al mondo, sembra in contrazione.
Tali cambiamenti comportano una maggiore complessità nelle scelte
finanziarie degli individui, la cui qualità si riflette, in ultima istanza,
sulla crescita del Paese intero. In conseguenza di ciò, i Governi e le
Istituzioni di ogni Paese sono tenuti ad attuare programmi ed iniziative
per migliorare e diffondere l’educazione finanziaria tra i cittadini.
A livello internazionale il grado di cultura finanziaria della
popolazione non appare sempre adeguato alla crescente
complessità dello scenario sopra delineato, persino nelle nazioni
economicamente più avanzate.
Premessa
IX
Infatti, dalle risultanze della ricerca realizzata da Ambrosetti, “The
European House”, in collaborazione con il consorzio PattiChiari,
emerge che:
- più del 70% degli Italiani si sente inadeguato sulle decisioni
finanziarie (Fonte: ISPO, dicembre 2006). Il 65% dei giovani
italiani tra gli 11 e i 25 anni si mostra poco o per nulla
interessato alla gestione del risparmio e più del 70% non ha
alcuna competenza in materia (Fonte: Assoreti, 2006);
- negli Stati Uniti d’America il 50% degli studenti delle scuole
superiori non possiede competenze in materia di gestione
finanziaria di base (Fonte: Jump$tart Coalition for Personal
Financial Literacy, 2002);
- due terzi dei consumatori inglesi giudica gli argomenti
finanziari troppo complicati e reputa di non possedere
sufficienti competenze per poter effettuare scelte corrette in
materia (Fonte: FSA, 2003);
- solo il 5% degli Australiani dichiara di non avere problemi in
materia di gestione delle proprie finanze e solo il 14% della
popolazione sostiene di non avere necessità di ulteriore
formazione sulla loro gestione (Fonte: ANZ, 2003);
- in Giappone il 70% della popolazione adulta non possiede
alcuna conoscenza su investimenti azionari e obbligazionari, il
57% nessuna conoscenza sui prodotti finanziari in generale e il
29% nessuna conoscenza su assicurazioni, pensioni e tasse
(Fonte: Central Council for Financial Services Information,
2000);
Premessa
X
- un Canadese su cinque non ha fiducia nelle proprie capacità
finanziarie e due terzi della popolazione ritengono di non essere
adeguatamente formati per compiti come investire e definire un
piano finanziario (Fonte: SEDI - Social and Enterprise
Development Innovations, 2007);
- tre Francesi su quattro dichiarano di essere poco esperti in
materie finanziarie, più di uno su due crede di non essere
sufficientemente preparato per scegliere un prodotto finanziario
e più di due terzi dei Francesi considerano gli investimenti
come una realtà molto complessa (Fonte: AMF - Autorité des
Marchés Financiers, 2004);
- circa l’80% dei Tedeschi si sente competente in materia
finanziaria, ma solamente il 42% degli intervistati ha dimostrato
di essere in grado di rispondere correttamente ad almeno metà
delle domande su tematiche finanziarie poste nell’indagine
campionaria (Fonte: Commerzbank AG, 2003).
Tale situazione sottolinea con forza la necessità di avviare interventi
correttivi per innalzare il livello di educazione finanziaria degli
individui.
I fenomeni in atto aumentano la complessità nelle scelte finanziarie
degli individui, la cui qualità si riflette, in ultima istanza,
sull’efficienza del sistema finanziario e sull’economia complessiva di
ogni Paese. Il miglioramento del livello dell’educazione finanziaria –
intesa come il processo attraverso il quale il consumatore/investitore
migliora la propria comprensione di prodotti e nozioni finanziarie,
sviluppa le capacità e la fiducia necessarie per diventare
maggiormente consapevole dei rischi e delle opportunità finanziarie,
Premessa
XI
per effettuare scelte informate, comprendere a chi chiedere supporto e
mettere in atto altre azioni efficaci per migliorare il proprio benessere
finanziario - permette di attivare un circolo virtuoso di crescita del
Paese.
Gli interessi in gioco sono molteplici in quanto il miglioramento della
cultura finanziaria della popolazione coinvolge direttamente il Paese,
il sistema finanziario e i singoli cittadini. Non è sufficiente che vi sia
una valida offerta di prodotti e servizi finanziari, ma vi deve essere
anche un’adeguata domanda, che può diventare più efficiente solo se
il consumatore è adeguatamente formato, informato e
responsabilizzato sulle proprie scelte in materia finanziaria.
Delle scelte corrette e consapevoli di gestione delle proprie risorse
finanziarie da parte di milioni di persone hanno infatti impatti rilevanti
sul tessuto economico e sociale di ogni nazione.
Migliorare il livello di cultura finanziaria nel Paese porta benefici
all’economia nel suo complesso, incrementa il benessere degli
individui e contribuisce ad una maggiore efficienza del settore dei
servizi finanziari. Si innesca così un circolo virtuoso dal quale
possono beneficiare tanto i singoli quanto il Paese intero.
Dotare i consumatori/risparmiatori di un miglior livello di educazione
finanziaria significa permettere loro di assumere con maggior
consapevolezza e preparazione le proprie decisioni finanziarie, di
sviluppare una miglior comprensione del rapporto rischio -
rendimento associato alle diverse scelte di allocazione finanziaria e di
costruire quindi un patrimonio più solido grazie al maggior accesso al
mercato finanziario e a prodotti/servizi sempre più evoluti.
Premessa
XII
Oggi il rapporto rischio - rendimento non è pienamente compreso dal
consumatore: questi deve capire che ad elevati rendimenti finanziari
corrispondono elevati livelli di rischio.
Allo stesso tempo, la migliore allocazione delle risorse finanziarie
aumenta l’efficienza complessiva del sistema finanziario. Di
conseguenza, migliorano l’efficienza dell’economia e la percezione
esterna del Sistema Paese da parte degli investitori esteri. Ne derivano
così una maggiore attrattività e competitività per il Paese.
La capacità competitiva di ogni territorio (si tratti di una nazione o di
una regione) è fortemente correlata alla sua capacità di attrarre capitali
esterni.
Una maggiore competitività territoriale è quindi il presupposto di una
maggiore attrazione di investimenti esteri che, a loro volta,
contribuiscono a migliorare la competitività territoriale stessa.
Investire nell’educazione finanziaria degli italiani significa quindi,
in ultima analisi, contribuire alla crescita del Paese: a titolo di puro
esempio, se un incremento del livello di cultura finanziaria portasse ad
una maggiore e più efficace partecipazione dei consumatori al mercato
finanziario, con conseguente incremento della domanda di
prodotti/servizi e del volume di scambi, sarebbe altresì ipotizzabile un
incremento dell’efficienza allocativa delle attività finanziarie
possedute dalle famiglie italiane. In prima analisi, se tale efficienza
portasse ad un aumento anche di un solo punto percentuale nel valore
di tali attività, ciò equivarrebbe a 32,7 miliardi di euro, ovvero al 2,3%
del Pil nazionale.
1
Capitolo 1
Gli strumenti finanziari
L’art. 1 del Testo unico della finanza (T.U.F.) definisce strumenti
finanziari:
• le azioni e gli altri titoli rappresentativi di capitale di rischio
negoziabili sul mercato dei capitali;
• le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito
negoziabili sul mercato dei capitali;
• gli strumenti finanziari, negoziabili sul mercato dei capitali,
previsti dal codice civile;
• le quote di fondi comuni di investimento;
• i titoli normalmente negoziati sul mercato monetario;
• qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permetta di
acquisire gli strumenti indicati nei punti precedenti e i relativi
indici;
• i contratti futures su strumenti finanziari, su tassi di interesse,
su valute, su merci e sui relativi indici, anche quando
l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di differenziali
in contanti;
• i contratti di scambio a pronti e a termine (swaps) su tassi di
interesse, su valute, su merci nonché su indici azionari (equity
Capitolo 1. Gli strumenti finanziari
2
swaps), anche quando l’esecuzione avvenga attraverso il
pagamento di differenziali in contanti;
• i contratti a termine (forward) collegati a strumenti finanziari,
a tassi d’interesse, a valute, a merci e ai relativi indici, anche
quando l’esecuzione avvenga attraverso il pagamento di
differenziali in contanti;
• i contratti di opzione per acquistare o vendere gli strumenti
indicati nei punti precedenti e i relativi indici, nonché i
contratti di opzione su valute, su tassi d’interesse, su merci e
sui relativi indici, anche quando l’esecuzione avvenga
attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
• le combinazioni di contratti o di titoli indicati nei precedenti
punti; si pensi, ad esempio ai titoli strutturati;
• dall’approvazione della legge sul risparmio, n. 262,
disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei
mercati finanziari, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 301
del 28 dicembre 2005. anche i prodotti assicurativi a carattere
prevalentemente finanziario vengono considerati strumenti
finanziari.
E’ d’obbligo un’ultima precisazione: i mezzi di pagamento, come
banconote, assegni e carte di pagamento, non sono considerati
strumenti finanziari.
I contratti futures, swaps, forward, di opzione e loro combinazioni
sono anche definiti come strumenti finanziari derivati.