2
procedimenti italiani, ed ancora garantire la speditezza dei rimedi alle
crisi imprenditoriali
2
.
Dalla riforma è emersa una nuova concezione del fallimento,
considerata non più animata da propositi sanzionatori
dell’imprenditore dichiarato fallito, bensì quale rimedio per operare la
liquidazione dell’impresa nel modo meno traumatico ed al quale era
opportuno affiancare altre soluzioni della crisi d’impresa, comprese
quelle fondate sull’iniziativa dello stesso imprenditore tese ad evitare
l’irreversibilità dello stato di decozione ove possibile
3
.
In tale ultima prospettiva, va registrato un arretramento del ruolo della
giurisdizione rispetto alla valorizzazione di soluzioni negoziali della
crisi le quali, come è stato evidenziato, fanno emergere una “cultura”
della privatizzazione della crisi d’impresa che da tempo s’intravedeva
2
L. GHIA, “Gli obiettivi della Guida Legislativa sull’Insolvenza dell’UNCITRAL”, in Il
Fallimento e le altre procedure concorsuali n. 11/2005, p. 1229, sottolinea come “le medie
nazionali (italiane) evidenziano 12.000/13.000 dichiarazioni di fallimento all’anno, con pagamenti
del 12% per i creditori chirografari e una durata media di sette anni circa”. Sul punto, anche A.
CECCHERINI, “Riforma del fallimento e ragionevole durata della procedura concorsuale”, in Il
Fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 6/2007, p. 731, il quale ricorda che “il sistema della
giustizia italiana è sottoposto ormai da diversi anni ad una pressione crescente, che deriva dalla
tensione tra la durata dei processi nel nostro Paese,e quella che è ritenuta ragionevole in base ai
modelli disegnati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Il problema, noto e dibattuto
in sedi diverse, investe tutti i campi del contenzioso, ma assume nel caso delle procedure
concorsuali aspetti estremi, sia per l’oggettiva distanza dei tempi della nostra giustizia rispetto a
quella dei paesi guida della CE, e sia per la sua inevitabile e strettissima interferenza con i
problemi dell’economia, della concorrenza dei mercati e della concorrenza dei sistemi all’interno
della Comunità europea, la quale ha recepito i principi della Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo all’interno dell’ordinamento comunitario”. L’autore, inoltre, aggiunge come “il punto
decisivo, sul quale ci viene una pressante sollecitazione formalmente dalla CEDU, ma in sostanza
dalla stessa partecipazione alla Comunità europea, è quello dell’adeguamento del processo
italiano, e in particolare delle procedure concorsuali, ai modelli di celerità ed efficienza adeguati
alle esigenze di un’economia sempre più competitiva: non si tratta, dunque, di risarcire i
danneggiati, ma di prevenire i danni”.
3
V. G. LO CASCIO, “La nuova legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla miniriforma
per decreto legge”, in Il Fallimento e le altre procedure concorsuali n. 4/2005, p. 361.
3
nei progetti di riforma delle procedure concorsuali
4
. I nuovi “rimedi”,
laddove attivati tempestivamente, offrirebbero la possibilità allo stesso
imprenditore, se sostenuto dal consenso e dalla fiducia dei suoi
maggiori creditori, di riorganizzare l’attività produttiva e mantenere in
vita il complesso aziendale e il suo valore, ossia il valore del “bene-
impresa” anche a beneficio della collettività
5
.
Uno dei più qualificanti strumenti approntati dal legislatore in tale
ottica è proprio la norma sugli accordi di ristrutturazione dei debiti di
cui all’art. 182-bis L.F., che vengono disciplinati per la prima volta
con il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 recante “Disposizioni
urgenti nell’ambito del Piano per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale” (c.d. “decreto sulla competitività”, in quanto finalizzato a
rilanciare la competitività degli organismi produttivi italiani)
convertito, poi, in legge 14 maggio 2005, n. 80.
Gli accordi di ristrutturazione non costituiscono, evidentemente, un
“rimedio nuovo” alle crisi d’impresa, dal momento che essi erano già
conosciuti, nella prassi professionale, come “accordi stragiudiziali”,
4
V. A. MENGOZZI e C. GIRARDI, Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti
e transazione fiscale, Guida alla contabilità e bilancio, 10 giugno 2008 n. 11, pag. 9 che dice
“tramite l’accordo di ristrutturazione, il legislatore ha voluto valorizzare il ruolo dell’autonomia
privata nella gestione della crisi di impresa, mediante la procedura semplificata a carattere
stragiudiziale, garantita dal provvedimento di omologazione del Tribunale”.
5
Contrariamente, la preoccupazione costante del legislatore del ’42 era quella di tutelare i
creditori, relegando in secondo piano l’interesse alla conservazione dell’attività e del patrimonio
aziendale. Si può dire che la legge fallimentare del ’42 avesse una vocazione eminentemente
espulsiva dell’insolvente dal mercato.
Come sottolinea E. SOLLINI in “Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione
dei debiti”, Sistemi editoriali, Napoli 2006, p. 21, “l’impresa – negli ultimi decenni – è stata
considerata sempre più un “bene” del sistema economico, un bene da assistere, tutelare e
conservare anche nel caso in cui l’imprenditore entri in crisi”:
4
espressioni della continua ricerca, da parte degli imprenditori e dei
professionisti che li assistevano, di soluzioni non proceduralizzate
come il fallimento, che, proprio per la maggiore flessibilità, potevano
offrire soluzioni più rapide e adeguate alle circostanze della crisi,
soprattutto nei casi in cui la vitalità del sistema produttivo non
risultava definitivamente compromessa. Tali “accordi”, tuttavia,
vedevano un impiego limitato nella prassi in conseguenza della
carenza di una protezione giuridica che ponesse i creditori
consenzienti al riparo, in caso di insuccesso, dalla revocatoria
fallimentare e dalle conseguenze penali delle varie ipotesi di
bancarotta
6
.
Gli “accordi di ristrutturazione” si presentano, rispetto alle procedure
concorsuali “proprie”, ibride per essere connotati da una fase
pregiudiziale, nella quale l’imprenditore in crisi “rinegozia” con i
creditori la propria situazione debitoria, e da una fase giudiziale, dove
l’accordo, se dotato dei requisiti necessari di legge, ottiene l’omologa
dal Tribunale
7
.
6
La riforma del 2005 tende, fra l’altro, a superare questo problema, introducendo un’apposita
esenzione da revocatoria alla lettera e) dell’art. 67, comma 3, della legge fallimentare (non sono
soggetti all’azione revocatoria gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del
concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi
dell’art. 182 bis. Cfr. F. BUTTIGNON, La recente riforma del diritto fallimentare in Italia:
alcune prime considerazioni, Rivista dei dottori commercialisti, ed. Giuffrè anno 2008 n. 2 pag.
268 e ss.
7
Cfr. A. MENGOZZI C. GIRARDI, in Concordato preventivo, accordi di ristrutturazione e
transazione fiscale, Contabilità & Bilancio n. 11 del 10 giugno 2008, pag. 10, recante “durante la
fase dell’omologazione, il Tribunale effettua un controllo della legalità e della correttezza della
procedura seguita, oltre che della concreta attuabilità dell’accordo, decide sull’opposizioni
formulate dai creditori e da ogni altro interessato. Quest’ultimi hanno 30 giorni di tempo dalla
pubblicazione nel registro delle imprese per poter presentare opposizione all’accordo di
5
Già in via preliminare, ossia di prima stesura della norma, quindi, i
vantaggi degli “accordi di ristrutturazione” sono apparsi quelli della –
sia pure limitata (sessanta giorni) – protezione del Tribunale sulle
azioni individuali dei creditori, la piena protezione dal rischio di
revocatoria su atti, pagamenti e garanzie posti in essere in esecuzione
del piano (art. 67, comma 3, lett. e). I rischi, invece, sono apparsi
soprattutto correlati al giudizio dell’esperto (potenzialmente non
allineato alle visioni dell’impresa ed alle aspettative dei creditori
consenzienti); agli effetti negativi indotti dalla pubblicità dello stato di
crisi (emergente in tal caso, oltre che dalla procedura di nomina del
perito, dal ricorso al Tribunale per l’omologazione); agli spazi (non
ampi, per vero) di discrezionalità del Tribunale in merito
all’omologazione
8
.
L’accordo deve essere pubblicato nel registro delle imprese e con tale
iscrizione acquista l’efficacia giuridica garantita dal provvedimento di
omologa del Tribunale
9
, con la conseguenza che si possono verificare
delle perdite su crediti e delle sopravvenienze attive
10
da remissione
dei debiti, anche se tanto la legge 80 del 2005, quanto il più recente
ristrutturazione e per 60 giorni dalla pubblicazione dell’accordo, il nuovo art. 182 bis stabilisce la
sospensione automatica degli atti esecutivi e delle azioni cautelari sui beni de debitore.
Cfr. anche S. SETTI, in Concordato preventivo, ristrutturazione dei debiti e risanamento
dell’impresa, Contabilità e Finanza, 2006 pag. 280.
8
V.F. BUTTIGNON, La recente riforma del diritto fallimentare in Italia: alcune prime
considerazioni, Rivista dei dottori commercialisti,ed. Giuffrè anno 2008 n. 274 e ss..
9
V. circolare Agenzia delle Entrate n. 40/E/2008.
10
La possibilità dell’emersione di eventuali sopravvenienze attive nel caso di un debt restructuring
dipende dal contenuto concreto dell’accordo che potrebbe configurarsi come una remissione
parziale dei debiti,una riduzione dei tassi di interesse una semplice riprogrammazione delle
scadenze,una remissione con rimborsi dilazionati.
6
intervento correttivo (dlg. 169 del 12 settembre 2007) non hanno
determinato un rigoroso coordinamento con la normativa tributaria
sulle imposte dirette
11
.
In merito, in particolare, al trattamento delle perdite su crediti
12
, l’art.
101 comma 5 del TUIR stabilisce che “le perdite su crediti sono
deducibili se risultano da elementi certi e precisi…e in ogni caso se il
debitore è assoggettato alle procedure concorsuali…”
13
essendo gli
accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis sprovvisti delle
caratteristiche proprie delle procedure concorsuali, quali la
universalità e globalità
14
, la generalità
15
, la ufficiosità
16
e la
separatezza del patrimonio
17
, per il creditore che aderisce alla
ristrutturazione dei debiti la deducibilità delle perdite su crediti non
11
V. MARENGO F, Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, pag. 201 e ss.
12
Che si verificano per i creditori che aderiscono all’accordo rinunciando ad una parte dei loro
crediti.
13
Il problema non sussiste per il concordato preventivo in quanto è ritenuto una procedura
concorsuale a differenza degli accordi di ristrutturazione, difatti l’art. 101 comma 5 così recita:
“….Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale
dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento o del provvedimento che ordina la
liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato
preventivo del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi
imprese in crisi”.
14
Nel senso che le procedure concorsuali riguardano l’intero patrimonio dell’imprenditore,
diversamente per gli Accordi di ristrutturazione.
15
Dato che le procedure concorsuali coinvolgono tutti i creditori, gli Accordi solo una parte che
hanno aderito.
16
Le procedure concorsuali si aprono con un procedimento dell’autorità pubblica, mentre negli
accordi di ristrutturazione il giudizio di omologa del Tribunale non rileva ai fini del
perfezionamento e dell’efficacia dell’intesa, ma interviene per rendere irrevocabili gli atti posti in
esecuzione dell’accordo omologato.
17
Nel senso che mentre nelle procedure concorsuali il patrimonio dell’imprenditore è sottratto per
tutta la procedura dalle azioni esecutive dei singoli creditori, negli Accordi la sospensione delle
azioni esecutive e cautelari è temporanea (sessanta giorni).
7
dovrebbe esse ammessa
18
. Difatti spesso in passato per i concordati
stragiudiziali si è ricorso alla cessione pro soluto del credito in modo
da consentire la deducibilità delle minusvalenze da cessione
19
.
Secondo una parte della dottrina
20
, la deducibilità delle perdite su
crediti da ristrutturazione dei debiti dovrebbe essere consentita, in
quanto l’Accordo costituisce in ogni caso una novazione del rapporto
e, quindi, sarebbe autonomamente deducibile la parte rinunciata dal
creditore
21
.
L’Accordo per l’imprenditore, invece, può generare, per effetto della
riduzione delle obbligazioni, delle sopravvenienze attive che dal punto
di vista fiscale, comportano l’assoggettamento a tassazione, come
componenti di reddito
22
.
Infatti in passato gli Uffici, con due risposte formulate nell’ambito di
una videoconferenza
23
, avevano escluso la detassazione delle
sopravvenienze provenienti dall’Accordo, basandosi su una
18
V. DEZZANI F. e DEZZANI L., Il Fisco n. 1 del 16 febbraio 2009, La sopravvenienza attiva
derivante dall’accordo di ristrutturazione dei debiti è soggetta a tassazione nel bilancio del
debitore, pag. 977 e ss.
19
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, pag. 201 e ss.
20
V. TUMIETTO P. Aspetti fiscali del fallimento nella riforma, in Studi giuridici su
www.tribunalemilano.it.
21
In merito si è espressa anche una NOTA MINISTERIALE del 7 febbraio 2008, prot. 6579/2008,
che equipara per estensione analogica l’Accordo di ristrutturazione al concordato preventivo, con
la conseguenza che l’Amministrazione dovrebbe ammettere il creditore alla deducibilità delle
perdite subite, limitandosi alla sola prima fase dell’art.101 comma 5 del TUIR, dove le perdite su
crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi.
22
V. AMBROSINI S., “Accordi di ristrutturazione dei debiti”, in “Il nuovo diritto fallimentare”
commentario diretto da Jorio A., Zanichelli, Bologna 2007, p 2541. V. sempre S. AMBROSINI,
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato di diritto commerciale pag. 162, V. anche. V.
DEZZANI F. e DEZZANI L., Il Fisco n. 1 del 16 febbraio 2009,La sopravvenienza attiva
derivante dall’accordo di ristrutturazione dei debiti è soggetta a tassazione nel bilancio del
debitore, cit. pag. 977 e ss.
23
Videoconferenza MAP (Modulo di aggiornamento professionale) tenutasi il 18 maggio 2006 a
Torino dal Direttore centrale Normativa e contenzioso dell’Agenzia delle Entrate.
8
interpretazione letterale della norma, applicando per le stesse l’art.
109 del Tuir attraverso il quale costituivano materia imponibile.
Tale interpretazione non risulta allineata alla ratio della norma in
quanto prescinde da un attento esame della finalità dell’istituto, non
tenendo conto che lo scopo dell’Accordo di ristrutturazione è proprio
quello di risanare l’impresa in crisi, con l’obiettivo della continuità
aziendale
24
.
Avversa a tale tesi vi è una recente nota
25
della Direzione Regionale
dell’Emilia Romagna, con la quale l’Agenzia delle Entrate ha ribaltato
il precedente indirizzo del 2006
26
, affermando la non imponibilità
anche delle sopravvenienze attive negli accordi di ristrutturazione in
virtù di una applicazione estensiva e analogica dell’art. 88, comma
quarto, TUIR
27
.
24
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, cit. pag.211 e ss.
25
NOTA MINISTARIALE de 7 febbraio 2008, prot. 6579/2008, cit.
26
Tribunale di Roma, decreto 4-16 ottobre 2006-Pres. F. SEVERINI, Rel. M. Manzi, che veniva
sostenuto la differenza marcata tra l’accordo di ristrutturazione e il concordato preventivo,
nonostante l’art. 182 bis sia collocato nel titolo II della legge fallimentare, V. anche Tribunale di
Milano 24 gennaio 2007 in www.ilcaso.it/fallimenti.
27
In particolare, l’Agenzia ha così argomentato: “Si è discusso e si discuterà parecchio sulla
natura di tali accordi in quanto dalla loro collocazione all’interno delle procedure concorsuali e
non riconducendoli nell’alveo privatistico discende l’applicazione estensiva ed analogica delle
norme stabilite per il concordato preventivo; prima fra tutte la norma prevista al quarto comma
dell’art. 88 del Tuir che prevede la non imponibilità delle sopravvenienze derivanti da concordato
preventivo…”.
9
1.1a La formulazione della norma dopo il correttivo
28
.
Con il decreto legislativo n. 169 del 12 settembre 2007, in vigore dal
1° gennaio 2008, sembrerebbe concludersi la riforma della legge
fallimentare, difatti sono stati apportati alcuni chiarimenti alla
disciplina varata nel 2005, modificando l’art. 182-bis pur lasciandone
immutato l’impianto originale. Gli elementi di novità introdotti
riguardano:
1) la disciplina dei presupposti (soggettivo e oggettivo) dell’Accordo;
2) l’individuazione dell’atto introduttivo del giudizio di
omologazione;
3) la chiarificazione della successione temporale del deposito in
cancelleria e della sua pubblicazione nel registro delle imprese;
4) la fissazione dei requisiti professionali del soggetto chiamato a
redigere la relazione sull’attuabilità dell’accordo;
5) l’interpretazione autentica contenuta nella Relazione illustrativa al
correttivo circa la locuzione regolare pagamento dei creditori
estranei;
6) la precisazione della consecùtio tra il fatto dell’iscrizione e gli
effetti che ad essa sono riconnessi dalla legge;
28
D.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, di attuazione della legge delega 228/2006 di conversione del
d.l. 173/2006 (c.d. decreto milleproroghe).
10
7) l’introduzione della protezione automatica per un tempo non
superiore a sessanta giorni dalle azioni cautelari ed esecutive
individuali e concorsuali dei terzi contro l’imprenditore;
8) la possibilità di inserire l’ipotesi della transazione fiscale ex art.
182-ter non soltanto per il concordato preventivo, ma anche negli
accordi
29
;
9) il superamento definito della questione inerente la natura giuridica
dell’istituto confermando la tesi autonoma
30
.
Per quanto riguarda il presupposto soggettivo relativo al debitore
definito “imprenditore”, si aderisce alla dottrina che individua
nell’imprenditore commerciale con i requisiti dimensionali ex art. 1
R.d. 267/42, l’unico soggetto giuridico al quale è attribuita la facoltà
di ricorrere all’istituto
31
.
Circa il presupposto oggettivo dell’imprenditore si inserisce, e non si
lascia intendere, che deve essere in “stato di crisi”
32
.
Ma vi sono anche modifiche che attengono alla fase procedurale, dal
momento che il deposito dell’accordo è, attualmente, funzionale alla
richiesta di omologazione dello stesso (l’imprenditore “domanda
l’omologazione depositando”), il che rende più armonica la norma,
29
V. www.ilcaso.it, Il Tribunale di Ancona ha omologato il primo accordo di ristrutturazione dei
debiti con transazione fiscale stipulato in Italia, depositato nel registro delle imprese il 22/09/2008
e in cancelleria del Tribunale di Ancona il 26/09/2008.
30
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, pag.VIII e ss.
31
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, pag.130.
32
V. V. RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il diritto fallimentare riformato a cura
di G. SCHIANO DI PEPE, CEDAM 2008, pag. 111 e ss.
11
posto che, nella versione precedente, l’attività di deposito non veniva
direttamente collegata alla funzione di quella attività
33
.
Un altro aspetto importante del “correttivo” è che esso ha contribuito
al superamento dei dubbi se gli accordi di ristrutturazione
rappresentassero una forma semplificata del concordato preventivo, o
fossero un istituto autonomo. Quest’ultima tesi che era comunque
apparsa subito preferibile, è stata confermata dalle modifiche che
hanno previsto:
1) la sospensione (per sessanta giorni) delle azioni esecutive e
cautelari;
2) la soppressione della “dichiarazione” di cui all’art. 161 L.F. Tale
dichiarazione – che avrebbe dovuto essere depositata unitamente ad
ulteriore documentazione e rappresentava una “dichiarazione di
crisi”
34
– era infatti vista come un collegamento con la disciplina del
concordato preventivo
35
.
Il regime pubblicitario non è stato modificato, quindi l’accordo di
ristrutturazione viene pubblicato nel registro delle imprese ed acquista
efficacia dal giorno della sua pubblicazione, dove entro trenta giorni i
creditori e ogni interessato possono proporre opposizione.
33
V. V. G. FALCONE, La “gestione privatistica dell’insolvenza” tra accordi di ristrutturazione e
piani di risanamento, in La nuova legge fallimentare “rivista e corretta” a cura di S. BONFATTI e
G. FALCONE, ottobre 2007, pag. 302.
34
V. V. G. FALCONE, La “gestione privatistica dell’insolvenza” tra accordi di ristrutturazione e
piani di risanamento, in La nuova legge fallimentare “rivista e corretta” a cura di S. BONFATTI e
G. FALCONE, cit. pag. 303 e ss.
35
V. V. RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il diritto fallimentare riformato a cura
di G. SCHIANO DI PEPE, CEDAM 2008, cit. pag. 115.
12
Un’altra modifica apportata riguarda invece, la fissazione dei requisiti
professionali del soggetto chiamato a redigere la relazione
sull’attuabilità dell’accordo, il quale deve essere in possesso dei
requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d
36
.
Si evidenzia, inoltre un’ulteriore modifica apportata dal correttivo
37
e
precisamente l’introduzione del sesto comma dell’art. 182 ter, che
estende la possibilità della Transazione fiscale anche per gli accordi di
ristrutturazione
38
.
1.2 Presupposti e contenuti degli accordi di ristrutturazione.
1.2.a Il presupposto soggettivo: “l’imprenditore commerciale”.
I soggetti legittimati a richiedere l’omologazione dell’accordo di
ristrutturazione sono gli imprenditori commerciali non piccoli
39
. Il
termine “imprenditore” ha sostituito il termine “debitore” con il
correttivo del 2007 per risolvere la laconicità del precedente art. 182-
bis, che non precisava i presupposti soggettivi ed oggettivi degli
accordi di ristrutturazione dei debiti
40
. Tali accordi non possono
36
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, pag.VIII e ss.
37
Comma aggiunto dall’art.16. d.lgs.12 settembre 2007 n. 169.
38
Il debitore può effettuare la proposta di cui al primo comma anche nell’ambito delle trattative
che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis.V. anche TRENTI
C: in La transazione fiscale: connotati essenziali, in Diretta MAP del 23 ottobre 2008; V anche
Decreto legge 29 novembre 2008 n. 185 art. 32, che apporta ulteriori modifiche.
39
V. MISINO, Fallimento: Presupposti soggettivi, definizione di piccolo imprenditore, in
Contabilità Finanza e Controllo, 2007, Vol. 2 pag. 655 e ss.; V. anche R. MARCELLO, Italia Oggi
“Crisi d’impresa, esperti in campo” 6 febbraio 2008.
40
V. S. AMBROSINI, Trattato di diritto Commerciale Diretto da G. Cottimo, Il concordato
preventivo e gli accordi di Ristrutturazione dei debiti, pag. 164 e ss.
13
quindi essere utilizzati dal “debitore civile”
41
e non possono essere
avanzati dai creditori.
Ulteriore requisito che debbono possedere gli imprenditori che
richiedono l’omologazione di un accordo di ristrutturazione consiste
nell’iscrizione nel Registro delle imprese, come si evince dal disposto
del comma 2° dell’art. 182-bis, che ne prescrive appunto la
pubblicazione in tale Registro e dell’ultimo comma, che fa decorrere
l’efficacia dell’accordo dal momento della pubblicazione. Quindi
risultano escluse dall’ambito di applicazione della norma le società di
fatto
42
.
1.2.b Il presupposto oggettivo: lo “stato di crisi”.
Per quanto attiene al presupposto oggettivo, l’art. 182-bis, con la
nuova formulazione parla di “imprenditore in stato di crisi” (a
proporre un accordo non può essere un imprenditore in condizioni di
normale vitalità economico-finanziaria). L’idea è quella di mettere a
disposizione degli imprenditori uno strumentario più articolato e
flessibile di quanto non avvenisse nel passato, al fine di affrontare
41
V. anche V. V. RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il diritto fallimentare
riformato a cura di G. SCHIANO DI PEPE, CEDAM 2008, cit. pag. 112, che sostiene “in ordine
al presupposto soggettivo, al precedente riferimento al debitore. è ora sostituito quello
dell’imprenditore; chiarito che il debitore civile non può accedere al predetto beneficio”.
42
V. S. AMBROSINI, in “Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti”, cit.
pag. 165 e ss.
14
anche situazioni di crisi non ancora risoltesi in insolvenza vera e
propria.
Ma questo solleva il problema di che cosa si intende per “stato di
crisi”
43
, che dovrebbe porsi in relazione logica e, almeno
potenzialmente consequenziale, con quello più grave ed irreversibile
di insolvenza
44
.
L’insolvenza si presenta quando il valore delle attività, inteso anche
come il più elevato valore tra quelli di funzionamento (funzione dei
flussi monetari operativi attesi futuri), di cessione e di liquidazione, si
prospetta inferiore al valore nominale del debito, con la conseguente
evidenza di un valore negativo del capitale (equity value)
45
.
Quindi, in alcuni casi tale situazione potrebbe non accompagnarsi a
uno stato di difficoltà ad adempiere ai propri impegni finanziari nel
breve periodo: ciò si verifica appunto quando una parte consistente del
debito è a medio-lungo termine. Solo quando tale debito andrà a
scadenza, se l’impresa non ha la capacità di accendere un nuovo
43
V. M. CALBIANI, in Convegno “Prevenzione delle crisi e risanamento delle aziende”, tenutosi
a Bari il 12 settembre 2006, pag. 3 che sostiene “causa certa di numerose situazioni di crisi si
possono sicuramente individuare nella mancanza quasi totale per le nostre PMI della funzione
finanziaria, intesa come la capacità di reperire risorse finanziarie dimenticando il ruolo
importante e nevralgico della pianificazione degli investimenti strategici di ogni azienda”.
44
V. F. BUTTIGNON, La recente riforma del diritto fallimentare in Italia: alcune prime
considerazione, in Rivista dei dottori commercialisti, ed. Giuffrè, anno 2008 n. 2, cit. pag. 269 e
ss.
45
V. F. BUTTIGNON, La recente riforma del diritto fallimentare in Italia: alcune prime
considerazione, in Rivista dei dottori commercialisti, ed. Giuffrè, anno 2008 cit. n. 2 pag. 270.
15
debito o nuovo capitale, l’insolvenza si manifesta effettivamente, pure
in una situazione di crisi strutturale da tempo presente
46
.
Nel silenzio della precedente formulazione della norma, la questione
era controversa e prevaleva la soluzione negativa (era difficile pensare
che un imprenditore che concludeva un accordo di ristrutturazione dei
debiti non si trovasse in stato di crisi), ora, al contrario, il Legislatore
ha chiarito che l’imprenditore deve essere necessariamente in stato di
crisi, il che rileva, secondo una dottrina, che la ricorrenza dello stato
di crisi rappresenta un requisito per l’omologazione dell’accordo
47
.
Nel definire la crisi propriamente detta, si evidenziano le cause e gli
effetti
48
.
Le cause possono derivare da:
a) fattori esogeni all’impresa, legati a variabili di sistema e
congiunturali, quindi limitatamente controllabili da parte dell’impresa
stessa (ad es. aumenti dei tassi di interesse o inflazione, incremento
del costo lavoro, politiche bancarie di credit crunch
49
, scarsa
possibilità di penetrazione sui mercati esteri ecc.);
46
V. V. RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il diritto fallimentare riformato a cura
di G. SCHIANO DI PEPE, CEDAM 2008, cit. pag. 113.
47
V. V. RINALDI, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Il diritto fallimentare riformato a cura
di G. SCHIANO DI PEPE, CEDAM 2008, cit. pag. 113.
48
V. MARENGO F., Accordi di Ristrutturazione del debiti, Profili economici, civilistici, fiscali e
di responsabilità dei partecipanti all’intesa, itaedizioni, 2008, cit. pag. 10 e ss.
49
Vuol dire “stretta creditizia”, si ha quando le banche sono preoccupate della solvibilità di coloro
a cui prestano i soldi, pertanto concedono prestiti a condizioni più rigide, aumentando i tassi o
chiedendo più garanzie.