2
(ricerche di esami specialistici, consulto di medici, ricorso a tecniche di
fecondazione assistita).
Il lavoro qui presentato parte dalla volontà di indagare quei casi di sterilità
che non trovano una spiegazione di ordine medico, ed è stato alimentato
dall’interesse ad approfondire gli aspetti psicologici della sterilità e della
procreazione medicalmente assistita. Si è deciso pertanto di affrontare questa
complessa tematica analizzando, dapprima, i vissuti e le conseguenze
psicologiche del singolo e della coppia che vive una condizione di sterilità e che
decide di affrontare un trattamento di procreazione medicalmente assistita e, in
un secondo tempo, cercando di capire quale possa essere lo spazio per lo
psicologo in questo ambito ancora di dominio preminentemente medico.
Prima di descrivere i vissuti psicologici connessi alla condizione di sterilità e
al trattamento di procreazione medicalmente assistita, abbiamo ritenuto
opportuno presentare nel primo capitolo gli elementi fisiopatologici
maggiormente responsabili della sterilità maschile e femminile e nel terzo
capitolo le diverse tecniche di procreazione medicalmente assistita poiché
pensiamo che uno psicologo che si occupi di questo campo debba possedere tali
conoscenze.
Nel secondo capitolo vengono prese in considerazione due ipotesi: da un
lato si esamina la possibilità che i fattori psicologici possano influenzare
l’eziologia della sterilità e, dall’altro, l’impatto psicologico della sterilità sulla
coppia e sull’individuo.
La prima ipotesi focalizza l’attenzione sul fatto che la sterilità possa essere
causata da fattori psicologici. L’ipotesi psicogenica è stata ormai rigettata, ad
oggi non si sono ancora trovate conferme empiriche di una causa psicologica
inconscia della sterilità al contrario, si ritiene che lo stress sia un fattore implicato
nell’eziopatogenesi della sterilità secondo un modello di multifattorialità causale
e non di causalità lineare. La seconda ipotesi considera la sterilità come un
evento stressante ed incontrollabile, tale da provocare forte disagio e
conseguenze psicosociali e psicosessuali nei partner e nella coppia, conseguenze
3
che dipendono essenzialmente dal fattore tempo, cioè dalla durata del problema
(Platt, Ficher, Silver, 1973; Slade, 1981; O’Moore, O’Moore & Harrison, 1983) e
dalla sofferenza vissuta da entrambi i componenti della coppia e a sua volta
fortemente influenzata dal contesto socio‐culturale di riferimento (Froggio,
2000; Matsubayashi, Hosaka, Izumi, Suzuki & Makino, 2001).
Dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso, la ricerca empirica ha spostato
lentamente l’attenzione sui fattori psicologici associati alle diverse procedure di
riproduzione assistita, abbandonando in parte l’investigazione della sterilità e gli
aspetti psicologici; di questo aspetto ci siamo occupati nel terzo capitolo
affrontando nell’ultima parte anche le conseguenze che un trattamento di
procreazione medicalmente assistita può avere sullo sviluppo psicosociale dei
bambini concepiti con queste tecniche e sulla relazione genitori‐figli.
Ritenendo infine, che la sterilità non sia soltanto un problema organico,
bensì un problema con dei risvolti importanti anche sulla psiche degli individui
coinvolti, sulla vita di relazione, sulla vita sessuale, sul benessere e la salute della
coppia, nel terzo capitolo abbiamo trattato l’importanza e l’utilità di
un’integrazione medico psicologo nel trattamento della sterilità.
4
Capitolo 1
Aspetti medici della sterilità
1.1 Sterilità o infertilità? Una definizione
I termini sterilità e infertilità sono comunemente usati come sinonimi,
tuttavia nell’ambito clinico vi sono correnti di pensiero distinte
1
che
attribuiscono all’uno e all’altro termine significati diversi.
Secondo una prima definizione:
ξ Sterilità è il termine che indica la difficoltà a concepire in una coppia che
ha rapporti liberi da almeno un anno e non riesce a concepire.
ξ Infertilità è il termine che viene usato quando il concepimento avviene
ma non si riesce a portare avanti la gravidanza.
In questo caso è solo nella donna che la sterilità andrebbe distinta dall'infertilità.
Nell'uomo, infatti, essendo il concetto di aborto ovviamente estraneo alla
patologia della riproduzione, i due termini possono essere utilizzati come
sinonimi.
Secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), si
parla di:
ξ Sterilità quando uno o entrambi i coniugi sono affetti da una condizione
fisica permanente che non rende possibile la procreazione.
ξ Infertilità quando la coppia non è stata in grado di concepire e di
procreare un bambino dopo un anno o più di rapporti sessuali non
protetti.
In questo caso, la sterilità è una condizione più grave, e comunque assoluta, di
infertilità.
1
Alcune di queste sono riportate anche nel Decreto 21 luglio 2004 del Ministero della Salute, “Linee guida in materia di
procreazione medicalmente assistita”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 16 agosto 2004, n.191
5
Secondo una terza definizione non si utilizza il termine sterilità ma si
distingue tra:
ξ Infertilità primaria quando non ci sono mai state gravidanze.
ξ Infertilità secondaria quando si sono ottenute una o più gravidanze e non
si riesce più ad averne.
L'infertilità rischia di essere il male che affliggerà l'Occidente nei prossimi
anni.
Fare figli sarà sempre più difficile. Tra dieci anni una coppia su tre potrebbe
essere sterile o comunque dovrà ricorrere alle tecniche di fecondazione assistita.
Questo è quanto è emerso dal 21° Congresso annuale della Società Europea della
Riproduzione Umana ed Embriologia (ESHRE European Society of Human
Reproduction and Embryology) svoltosi a Copenhagen nel giugno 2005.
In quella sede lo scienziato inglese Bill Ledger ha presentato una ricerca
sull'andamento demografico nel 2015 dove emerge che la sterilità di coppia in
Europa raddoppierà nei prossimi dieci anni. Le conclusioni di Ledger sono nette:
meno coppie in grado di procreare, meno figli, un continente sempre più vecchio
e il rischio di un'emergenza per i sistemi sanitari nazionali.
In Italia due coppie su dieci sono sterili e ogni anno ci dobbiamo aspettare
tra le 50.000 e le 70.000 nuove coppie sterili, il 40% delle quali richiede una
consulenza specialistica (Flamigni, 2005).
Secondo Flamigni (2005) in Italia le cause di sterilità si possono suddividere in:
ξ Sterilità maschile: 35%
ξ Sterilità femminile meccanica: 35%
ξ Sterilità femminile ormonale: 15%
ξ Sterilità di coppia: 5%
ξ Sterilità idiopatica: 10%.
Come si può vedere, quindi, essendo molti gli aspetti della sterilità da
prendere in considerazione, prima di prendere in esame un’eziologia psicologica
6
è necessario che entrambi i membri della coppia si sottopongano ad una visita
medico‐specialistica.
In questo capitolo affronteremo il ruolo dei fattori organici
nell’eziopatogenesi della sterilità, mentre nel prossimo capitolo affronteremo
quello dei fattori psicologici.
7
1.2 La sterilità è una malattia?
Da un punto di vista medico la definizione di sterilità rappresenta un
quadro clinico individuato principalmente dalla persistente mancanza di figli.
Da un punto di vista psicologico “l’essere sterile” traduce in uno stato ed in
una dimensione umana ciò che è una diagnosi medica.
Non vi è dubbio che sia molto difficile considerare “malate”, nel senso
tradizionale del termine, queste persone e queste coppie.
In effetti, come sostiene Flamigni (2005), la sterilità è assai raramente
determinata da una malattia in atto, mentre è spesso la conseguenza di un
evento patologico ormai scomparso come ad esempio un’infezione pelvica
pregressa con conseguente chiusura delle tube: a guarigione avvenuta permane
la condizione di sterilità. Flamigni tuttavia non concorda con chi considera la
sterilità solo come una condizione psicosociale sfavorevole alla quale non può
essere attribuito lo statuto di vera malattia: al contrario, ritiene che la sterilità
debba essere considerata una malattia in quanto una principale caratteristica
“della condizione di sterilità” è la sofferenza: “Sia il dolore psicologico che quello
fisico sono malattia e perciò hanno diritto all’attenzione del medico e delle sue
cure” (Flamigni, 2005, p. 24).
Considerare malattia ciò che causa sofferenza è un’affermazione di
principio carica di conseguenze su cui, peraltro, non tutti concordano. La donna
sterile potrebbe soffrire anche per effetto di una forte pressione sociale e sentirsi
inadeguata se non ricorre alle tecniche che la scienza le mette a disposizione per
concepire (Papa, 2000).
Considerare la sterilità una malattia implica inoltre il considerare le
tecniche di fecondazione artificiale una cura, con conseguenze sia sul piano
economico‐sanitario (poiché scatta il diritto alla cura), sia sul piano psicologico
(poiché si attiva l’aspettativa di un figlio). Inoltre considerare un figlio come la
terapia sostitutiva per la sofferenza derivata dalla sterilità implica considerarlo
molto diversamente da come può essere considerato un figlio in situazioni
normali (Cecotti, 2004).
8
Tutto questo evidenzia come la sterilità sia un problema che ha
ripercussioni mediche, sociali e psicologiche.
1.3 Il ruolo dei fattori organici nell’eziopatogenesi della sterilità
La specie umana è poco fertile e ciò è dovuto al fatto che l'ovulazione
avviene indipendentemente dal rapporto sessuale. Negli animali, dove vi è una
diretta connessione temporale tra i due eventi, ogni rapporto ha la probabilità di
dare inizio ad una gravidanza nel 98‐99% dei casi: nella donna invece il "rischio"
di essere fecondata è solo del 20‐30% anche se il rapporto avviene nel periodo
fecondo di un ciclo ovulatorio. In base a questa premessa biologica è evidente
che occorre concedere un certo periodo di "prova" (2 anni circa di rapporti non
protetti), prima di potere definire una coppia sterile (Cittadini e Flamigni, 1997).
In genere si considera che per l’uomo e per la donna il tempo ottimale per
la riproduzione sia tra i 22 e i 26 anni; solo dopo i 35 anni l’età esercita una certa
influenza: è noto infatti che per le coppie perfettamente fertili non sempre è
facile concepire, basti pensare che a 25 anni, età di massima fertilità, solo il 25‐
28% delle coppie concepisce al primo ciclo, e che dopo i 30 anni il tasso di
fertilità nella donna decresce gradualmente, fino ad arrivare ai 40 anni quando la
percentuale di gravidanza per ciclo non supera il 5%; dopo i 42 anni il tasso
scende al 2‐3% (Invitto, 2008).
L’evidenza di un progressivo calo di crescita demografica nei paesi
occidentali maggiormente industrializzati induce a pensare che negli ultimi 50
anni si è assistito ad un incremento dei casi di sterilità.
La diminuzione delle nascite non è dovuta solo ed esclusivamente ai fattori
che esamineremo più avanti, ma può essere spiegata facendo ricorso anche a
cause economiche, sociali ed a nuovi modelli culturali.
9
L’incremento dei casi di sterilità quindi può essere anche attribuito a:
ξ Età media dei coniugi al momento del matrimonio (mediamente più
elevata rispetto al passato).
ξ Difficoltà ed esigenze sociali che inducono la coppia a programmare il
concepimento in un’epoca più tardiva
2
.
ξ Nuovo ruolo sociale della donna.
1.3.1 Il ruolo dei fattori organici nell’eziopatogenesi della sterilità maschile
La sterilità maschile è una condizione patologica ad eziologia multipla e
complessa. Il fattore maschile, nell’ambito della sterilità di coppia, appare
sempre più attuale in virtù del fatto che sono cadute gran parte delle reticenze
culturali che impedivano all’uomo di recarsi dall’andrologo per problemi di
fertilità; inoltre in passato si riteneva che la mancanza del concepimento
dipendesse soprattutto dalla donna.
Il versante maschile della riproduzione richiede l’integrità funzionale
dell’asse ipotalamo‐ipofisi‐gonadi, una normale qualità del liquido seminale, un’
efficiente funzione erettile ed eiaculatoria ed infine una buona relazione tra il
seme ed il muco cervicale (Trotta, 2001).
Il fattore maschile di sterilità, quindi, è dato da una incapacità del seme
maschile di fecondare l'ovocita. Questa incapacità può essere dovuta ad una
alterazione delle caratteristiche degli spermatozoi (scarso numero, scarsa
motilità, morfologia alterata) o alla presenza di alterazioni del tratto genitale
maschile che impediscono agli spermatozoi, normalmente prodotti dal testicolo,
di essere emessi con l'eiaculato oppure ancora alla mancata produzione di
spermatozoi.
2
Una ricerca condotta dal Centro Studi Fertilità e Maternità (FeM) nel 2008 su 5 paesi europei (Francia, Spagna, Italia,
Germania, Svezia evidenzia come nei paesi in cui la donna è più libera di scegliere di avere un figlio, grazie alla maggiore
flessibilità del mondo del lavoro ma soprattutto alle politiche sociali, la natalità è superiore. Dal confronto tra questi Paesi
sono dunque emerse importanti correlazioni tra i servizi e l’investimento in politiche per la maternità ed il tasso di
natalità che vedono l’Italia fanalino di coda d’Europa, ma anche un nuovo legame tra la scelta di avere più di un figlio e la
libertà della donna di gestire la propria riproduttività.
10
In rapporto al tipo di alterazione alla base della condizione di infertilità
maschile si distinguono quindi essenzialmente due forme (Invitto, 2008).
ξ La sterilità secretoria nella quale le vie di deflusso degli spermatozoi sono
normali ma sussistono delle alterazioni a carico della qualità o della
quantità del seme.
ξ La sterilità escretoria nella quale esiste una alterazione delle vie di
deflusso degli spermatozoi.
Sterilità secretoria
Come già detto tale forma di sterilità si caratterizza per un’alterazione
qualitativa e/o quantitativa del seme maschile. Possiamo infatti osservare
condizioni caratterizzate da una ridotta concentrazione di spermatozoi
nell'eiaculato (oligospermia) o in cui gli spermatozoi presentano una scarsa
motilità (astenospermia) o alterazioni morfologiche (teratospermia). Peraltro
nella maggior parte dei casi tali condizioni si trovano variamente rappresentate
contemporaneamente.
Nel complesso Invitto (2008) sottolinea come la sterilità secretoria rappresenti
quella di più comune riscontro nell'ambito del fattore maschile di sterilità è può
riconoscere alla base cause di tipo congenito (talora su base cromosomica) o più
spesso acquisite.
Tra le cause secretorie acquisite ricordiamo:
ξ Le patologie di tipo infiammatorio come ad esempio l'orchite parotitica
bilaterale (temibile complicanza della parotite quando questa si
manifesta dopo la pubertà) o come alcune malattie a trasmissione
sessuale (la Clamidia, la Candida).
ξ Le patologie su base vascolare: fra queste l'esempio più tipico è
rappresentato dal varicocele ossia la dilatazione varicosa delle vene
11
nello scroto che interferisce con la produzione degli spermatozoi3
(Bartolucci, 2008).
ξ L’ipertermia: una malattia acuta febbrile può arrecare danno alla
spermatogenesi con conseguente calo della fertilità che può durare da
due a sei mesi dopo l’evento (Lenzi, 2002).
Tra le cause secretorie congenite ricordiamo il criptorchismo
4
oltre a
malattie genetiche come la sindrome di Klinefelter
5
(Invitto, 2008).
Sterilità escretoria
La sterilità escretoria è una condizione caratterizzata dall'assenza di
spermatozoi nell'eiaculato conseguente ad una alterazione delle vie di deflusso.
Tale alterazione può aver luogo ad un qualsiasi livello e può essere conseguente
a cause di natura congenita o acquisita.
Tra le forme escretorie congenite va ricordata l’agenesia (mancata
formazione) dei dotti deferenti; in questo caso la capacità del testicolo di
produrre spermatozoi può essere normale ma sono assenti, in quanto non
formate, le vie (dotti deferenti) che dovrebbero condurre il seme all’esterno. La
malattia genetica che più di frequente comporta agenesia dei dotti deferenti è la
fibrosi cistica (Raimondo, Di Luccio e Ventruto, 2008).
I dotti deferenti si possono chiudere anche in seguito ad infezioni e/o
malattie degenerative delle gonadi (come ad esempio nelle neoplasie del
3
Le gonadi maschili o testicoli sono contenuti in una sacca superficiale di pelle e muscolo, lo scroto. I testicoli si
sviluppano durante la vita fetale nella cavità addominale e migrano nello scroto durante l’ultima parte dello sviluppo
fetale . L’esternalizzazione dei testicoli permette loro una temperatura ambientale meno elevata, che è essenziale per la
normale spermatogenesi.(Dettore, 2001) La spermatogenesi è molto sensibile ad un aumento di temperatura e, nel
varicocele, il ristagno di sangue peritesticolare causa, appunto, uno squilibrio termico. Non si conoscono del tutto le cause
del varicocele, sono però ipotizzabili due ordini di fattori:fattori predisponenti come la familiarità e fattori scatenanti di
cui senza dubbio il più importante è la pubertà. [Per ulteriori approfondimenti: (Flati, Gentile, Lenzi, Varicocele ed
infertilità maschile Seu, 2006)].
4
Il criptorchidismo è un’anomalia per la quale il testicolo non è sceso adeguatamente e non ha assunto la posizione
normale nello scroto. Si interviene con un trattamento farmacologico se la diagnosi viene fatta nei primi due anni di vita
altrimenti si deve intervenire chirurgicamente.(Bartolucci, 2008).
5
La sindrome di Klinefelter è caratterizzata da un cromosoma x soprannumerario (47xxy) dovuto alla non disgiunzione
meiotica nella formazione dei gameti(gametogenesi). Il quadro clinico è caratterizzato da: insufficiente virilizzazione,
testicoli piccoli, sterilità, azoospermia, elevata statura media, aumento delle gonadotropine plasmatiche (FSH e LH), il
dosaggio dell'FSH risulta particolarmente indicativo ai fini della diagnosi, come conseguenza di un grave danno a carico
dei tubuli seminiferi; in un certo numero di individui affetti è anche riscontrabile un livello intellettivo inferiore alla [Per
ulteriori approfondimenti: (Cummings, 2004; Raimondo, Di Luccio, Ventruto, 2008).
12
testicolo), oppure in seguito ad interventi chirurgici, ed in questo caso si parla di
forme escretorie acquisite.
L’ostruzione generalmente può essere rimossa chirurgicamente ma è
necessario un periodo di tempo molto lungo prima che sia ripristinata la
possibilità di concepire (Invitto, 2008).
Una causa di sterilità maschile meno frequente è l'eiaculazione retrograda
in cui l’emissione del seme refluisce in vescica invece di essere eiaculato
all'esterno, e questo è conseguenza di particolari interventi chirurgici come per
esempio l’intervento di prostatectomia (Dettore, 2001; Trotta, 2001).
Altre cause
La letteratura medica sottolinea il ruolo significativo dei fattori sociali nella
sterilità: fenomeni complessi come lo stile di vita, oppure l’abuso di sostanze
alcoliche o di stupefacenti (cannabis), l’assunzione di alcuni farmaci, alcune
malattie sistemiche (tubercolosi), l'esposizione a condizioni ambientali
sfavorevoli (radiazioni, inquinanti industriali) o l’uso di steroidi anabolizzanti.
Gli steroidi anabolizzanti sono derivati sintetici del testosterone
6
modificati
al fine di stimolare il metabolismo proteico, con conseguente incremento della
forza e massa muscolare e riduzione della massa grassa.
L’assunzione di steroidi anabolizzanti inibisce la produzione di testosterone
da parte delle cellule di Leydig per un meccanismo di autoregolazione ormonale
e, di conseguenza, causa un’insufficiente spermatogenesi.
Oltre a causare sterilità gli steroidi anabolizzanti hanno conseguenze gravi
anche per la salute in genere. E’ oramai comprovata una maggiore frequenza di
infarto del miocardio e di ictus. Infine, sono dimostrati effetti di tipo psichiatrico
come un’aggressività che può giungere fino ad episodi di violenza (in dosi intorno
a 1000 mg di testosterone a settimana) o, al contrario, depressione e apatia e
disturbi del comportamento, tra cui la stessa dipendenza da prodotti
anabolizzanti (Scaravelli, 2007).
6
Il testosterone è il principale ormone maschile e viene secreto dalle cellule di Leydig che si trovano nei testicoli ed è
necessario per la spermatogenesi.
13
Degno di nota è anche il fatto che diversi studi (Augood, Duckitt &
Templeton, 1998; Magnusdottir, Thorsteinsson, Thorsteinsdottir, Heimisdottir &
Olafsdottir, 2005; Gosman, Katcher & Legro, 2006; Sallmén, Sandler, Hoppin,
Blair & Baird, 2006; Van der Steeg et al, 2008) hanno evidenziato che il numero
di spermatozoi nell'eiaculato maschile è andato progressivamente riducendosi
negli ultimi decenni (fino ad oltre il 50%), a testimoniare l'incidenza negativa non
solo, come già evidenziato, dell'inquinamento, oppure delle malattie infettive a
trasmissione sessuale, ma anche di altri fattori tipici delle società industrializzate
come l’alimentazione scorretta, il fumo, lo stress, l’inattività fisica e l’obesità.
In entrambi i sessi è il fenotipo “obesità addominale” che, in modo
particolare, può alterare la fertilità. Questo effetto sembra essere principalmente
correlato a disordini della secrezione dell’ormone sessuale e/o al suo
metabolismo, che porta ad una condizione di iperandrogenismo relativo nelle
donne obese e di ipotestosterolemia, ed in alcuni casi ad un vero ipogonadismo
ipogonadotropico negli uomini obesi. Nelle donne l’obesità può anche svolgere
un rilevante ruolo nella patofisiologia dell’iperandrogenismo e nelle anomalie
metaboliche che caratterizzano la sindrome dell’ovaio policistico.
La perdita di peso può produrre miglioramenti delle anormalità ormonali e
della fertilità sia nelle donne sia negli uomini. La disfunzione erettile, che è molto
comune nei maschi obesi, può anche trarre beneficio da cambiamenti dello stile
di vita in grado di favorire la perdita di peso (Pasquali, Patton e Gambineri,
2007).
Dal momento che la maggior parte degli uomini con problemi di fertilità
non è sterile ma "semplicemente" ipofertile, è molto importante adottare norme
comportamentali adeguate, da affiancare a quelle terapeutiche prescritte
dall'andrologo. Tali regole, utili anche in un’ottica preventiva, comprendono
l'astensione dal fumo, la moderazione dell'alcol, l'utilizzo di indumenti e
biancheria intima traspirante e non troppo stretta, il rispetto di una dieta
equilibrata (eventualmente supplementata con zinco) e l'adozione di uno stile di
vita più attivo. Non si tratta dei soliti consigli di routine: basti pensare, ad
14
esempio, all'effetto positivo dell'attività fisica sui livelli circolanti di testosterone,
fondamentali per la spermatogenesi, all'alto grado di correlazione tra disfunzione
erettile ed aterosclerosi o agli innumerevoli effetti dannosi dell'alcol e del fumo.
Un’ultima causa, infine, può essere attribuita alla formazione di anticorpi
prodotti dal sistema immunitario femminile che tendono ad immobilizzare gli
spermatozoi provocandone l'agglutinazione (Righetti e Luisi, 2007).
Età
Benché in misura nettamente inferiore rispetto al sesso femminile, dove
l’effetto dell’età materna sulla fertilità è ben documentato (Baird, Collins,
Egozcue, Evers, Gianaroli & Leridon, 2005), anche la fertilità maschile è
influenzata negativamente dall'età avanzata.
Il lento declino dei livelli di testosterone a partire dai 30‐35 anni può infatti
accrescere il problema dell'oligospermia o sommarsi ad altre cause di ipofertilità
proprie o della partner.
Nonostante la permanenza della funzione spermatogenetica anche nel
periodo della senescenza, la funzione gonadica maschile può subire, con l’età, un
progressivo declino, sia dal punto di vista della biosintesi di testosterone, sia dal
punto di vista riproduttivo (Wagner, 2004).
Le principali variazioni seminali sono di carattere qualitativo e quantitativo:
riguardano in particolare il volume dell’eiaculato, la morfologia, la motilità degli
spermatozoi e la loro vitalità (Eskenazi et al., 2003; Kühnert et al., 2004); invece,
relativamente alla conta spermatica, non c’è attualmente un consenso unanime
(Wagner, 2004; Kühnert & Nieschlag, 2004; Hellstrom et al., 2006).
Inoltre, come per le donne, anche per gli uomini sembra che diventare
padri in età matura aumenti il rischio di avere figli affetti da
sindrome di Down. Lo sostiene uno studio (Zhu et al., 2005)
condotto in Danimarca su un campione di 70 mila coppie. I
risultati ottenuti da quest'analisi osservazionale indicano che
uomini che diventano padri oltre i 50 anni hanno un rischio di
15
quattro volte superiore di generare prole affetta da sindrome di
Down rispetto a soggetti più giovani.
Gli spermatozoi, come gli ovuli, accumulano mutazioni
genetiche che hanno come conseguenza sia il calo della fertilità
che l’aumento del rischio di segregazioni cromosomiche anomale
che si manifestano poi nella progenie. Dopo i 35 anni, infatti, i
filamenti del DNA degli spermatozoi presentano una tendenza
alla rottura che riduce la capacità dello sperma di rendere fertile
l’ovulo. A questo va aggiunto che lo stress e le cattive abitudini,
come fumare o bere, sono già stati da tempo indicati come
elementi che incidono sulla fertilità maschile poiché indeboliscono
gli spermatozoi.
1.3.2 Protocolli diagnostici nella sterilità maschile
Un mezzo diagnostico fondamentale per lo studio della fertilità maschile è
lo spermiogramma (tab. 1).
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha disposto che questo
esame sia effettuato sul liquido seminale ottenuto con masturbazione dopo un
periodo di astinenza sessuale variabile tra 3‐7 giorni e consegnato al laboratorio
entro trenta minuti dalla raccolta.
Criteri di normalità dello spermiogramma
Volume 2 ml o più
ph compreso tra 7,2 e 7,8
Spermatozoi 20 milioni o più
Motilità 50% o più alla seconda ora
Morfologia 50% o più forme normali
MAR test inferiore al 10% di spermatozoi agglutinati
IB test inferiore al 10% di spermatozoi agglutinati
Tabella 1 ‐ Fonte Organizzazione mondiale della sanità (1992)