7
Il secondo invece:
“sfruttamento in borsa di informazioni riservate apprese da un insediato
societario attraverso le sue funzioni”
4
.
Il fenomeno ha presentato, nel breve arco di tempo che ci separa dal
periodo in cui si iniziò a configurare, argomenti di studio sia per la
scienza giuridica che per quella economica. Scienze che sono
strettamente collegate quando l’ambito in cui si opera è per l’appunto
quello che ha ad oggetto il mercato dei valori mobiliari.
Il fenomeno di insider trading è una fattispecie di nuova creazione per il
diritto , basti pensare che i primi tentativi di regolamentazione risalgono
al 1933 ed al 1934 e sono localizzati negli Stati Uniti d’America con
rispettivamente: il “Securities Act” e il “Securities Exchange Act”.
La ragione di questa sua vita breve deriva dal suo essere
inscindibilmente legato alle operazioni compiute sul mercato dei valori
mobiliari. I mercati dei valori mobiliari possono essere definiti: i mercati
in cui avviene la negoziazione di quei titoli di credito trasferibili, emessi
da imprese pubbliche o private in rappresentanza di rapporti di
partecipazione al capitale o di rapporti di credito a medio - lungo
termine
5
.
Le operazioni su tali mercati vengono compiute a seguito di valutazioni
soggettive di coloro che le effettuano prevedendo le future oscillazioni
dei corsi dei titoli. Tali valutazioni a priori vengono effettuate basandosi
3
Citazione da BARTALENA, L’abuso di informazioni privilegiate, Milano 1989 p.2
4
Citazione da:SEMINARA , Insider trading e diritto penale, Milano 1989 p. 1
5
Vedi CARRIERO, Informazione mercato,buona fede : il cosiddetto insider trading,
Milano 1992 p. 1
8
sulle informazioni di cui sono a disposizione i singoli operatori. Quanto
maggiori e significative saranno le informazioni possedute dagli
investitori, tanto più equa e veritiera sarà la valutazione di mercato degli
stessi.
Proprio per questo motivo , l’obiettivo che si sono prefissati tutti gli stati
, caratterizzati da una forma di capitalismo avanzato, è stato quello di
introdurre , nei rispettivi ordinamenti giuridici , delle norme volte a
garantire una sempre maggiore diffusione delle informazioni inerenti ai
valori mobiliari i quali , vengono ad essere oggetto di transazione nei di
loro mercati.
Il fenomeno dell’ Insider trading, da un punto di vista economico ,
costituisce la prova certa dell’imperfezione del mercato. Esso infatti
prevede la sussistenza di un’asimmetria informativa che è incolmabile
poiché ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre soggetti che , in virtù
della funzione che svolgono, possiedono maggiori informazioni rispetto
alla generalità degli investitori. Non potendo evitare questa situazione ,
che è insita nella natura del mercato , gli ordinamenti giuridici hanno
cercato di evitare che tali soggetti potessero sfruttare questo vantaggio di
cui sono beneficiari impedendogli di abusarne. L’ abuso ad esempio
potrebbe consistere nell’utilizzare l’informazione detenuta
anticipatamente rispetto alla sua divulgazione , compiendo operazioni su
titoli ai quali l’informazione si riferisce a prezzi diversi, e ovviamente
più vantaggiosi, rispetto a quelli che vi saranno dopo la divulgazione
della stessa.
Il carattere riprovevole del fenomeno consiste nello sfruttare a proprio o
di altrui vantaggio questa asimmetria informativa per ottenere vantaggi
patrimoniali derivanti da operazioni borsistiche. Nonostante vi siano
9
numerosissime pratiche con le quali si può realizzare quest’ abuso tale
caratteristica è il denominatore comune che le accomuna.
Richiedendo l’Insider trading che l’asimmetria informativa di penda da
un abuso di posizione non verrebbero ad essere considerate le ipotesi in
cui l’acquisizione dell’informazione avvenga casualmente.
6
6
Vedi sull’argomento BARTULLI , Profili penali dell’ “insider trading”, in Riv.
Soc. 1989, p. 988 ss.
10
CAPITOLO I
L’evoluzione legislativa del reato di abuso di informazioni
privilegiate.
1. Insider trading: il contesto normativo anteriore alla l.
157/91.
L’ordinamento giuridico italiano prima della legge 157/91 (Norme
relative all’uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori
mobiliari e alla Commissione nazionale per le società e la borsa) non
conosceva alcun tipo di regolamentazione relativa alle pratiche di insider
trading. La legge in questione, fu emanata con l’obiettivo di uniformare
l’ordinamento interno a quello comunitario , ove in materia si era già
legiferato mediante la direttiva n. 592 dell’89 Cee.
Tale direttiva sul “ coordinamento delle normative concernenti le
operazioni effettuate da persone in possesso di informazioni privilegiate
”, imponeva agli stati membri della CEE di dotarsi di una disciplina anti
- insider entro il 6 giugno 1992. E’ quindi da notare la rapidità con la
quale il nostro legislatore ha adempito all’obbligo comunitario infatti , la
legge 157/91 è stata promulgata più di un anno prima della suddetta
scadenza, ovvero, il 17 maggio del 1991.
11
Una autorevole dottrina italiana , ritiene che l’inserimento del fenomeno
di insider trading all’interno del nostro panorama giuridico sia parte
integrante del cosiddetto procedimento di “Americanizzazione ” del
diritto penale in materia economica. Tale procedimento consiste nel
riprodurre le scelte di politica economica già precedentemente adottate
da parte degli Stati Uniti d’America
7
. Nonostante in alcune ipotesi ciò
sia avvenuto mediante pressioni effettuate da parte degli Stati Uniti
8
sui
competenti organi istituzionali dei vari stati, nella generalità dei casi
possiamo affermare che tale recepimento sia avvenuto completamente in
maniera autonoma e volontaria.
9
Allo stesso tempo è stato però rilevante
l’interesse degli Stati Uniti a migliorare la cooperazione internazionale,
necessaria per reprimere queste pratiche che, senza alcun dubbio,
potrebbero estendersi anche oltre i confini di un singolo stato.
Nel panorama italiano l’assenza di una disciplina specifica concernente
l’insider trading era assolutamente incongruente con i principi che si
stavano pian piano affermando in materia di negoziazioni sui mercati di
valori mobiliari. Ricordiamo infatti disposizioni aventi l’obiettivo di
garantire chiarezza circa gli assetti proprietari delle società e le modalità
di gestione di queste
10
. L’ordinamento giuridico infatti si era preposto
7
Cfr. NAPOLEONI , L’insider trading , in La disciplina penale dell’economia a
cura di Ciro Santoriello Torino 2008 p. 639
8
Da ricordare le pressioni compiute dagli Stati Uniti sulla Svizzera e ben più
importante l’influenza sull’adozione della Convenzione del Consiglio d’Europa
sull’insider trading del 20 aprile 1989 la quale è stata determinante ai fini
dell’adozione della direttiva Cee 89/592.
9
Per ulteriori chiarimenti sull’argomento cfr. NAPOLEONI , La disciplina penale
dell’economia a cura di CIRO SANTORIELLO Torino 2008 p. 639 ss.
10
Si fa riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 4 , 5 , 5 bis , e 17 della
legge 216/74 (sulla base del testo risultante dalla riforma attuata con gli articoli 6 , 7 ,
8 e 14 della legge 4 giugno 1985 n. 281) in tema di partecipazioni azionarie , nonché
alle omologhe norme relative alle imprese bancarie contenute negli articoli 9 e 10
della legge 281/1985 e nella legge 17 aprile 1986 n. 114.
12
l’obiettivo di garantire il maggior grado di trasparenza possibile nel
compimento di operazioni borsistiche.
A questa situazione definibile quindi di “incongruenza normativa” si
accompagnò anche un acceso dibattito giornalistico inerente ad alcuni
fatti clamorosi di insider trading avvenuti negli Stati Uniti
11
. Il clamore
massmediatico provocato da tali casi e il conseguente dibattito che ne
derivò, ha influito in maniera duplice: in primo luogo, ha generato
pressione sui competenti organi legislativi relativamente all’esame delle
proposte di legge presentate; in secondo luogo, ha fatto denotare il
bisogno sociale di ordinare e armonizzare, mediante regole e principi,
una materia di siffatta importanza.
La dottrina giuridica italiana, già prima dell’emanazione della direttiva
comunitaria 89/592, aveva elaborato delle teorie circa una possibile
introduzione di una normativa anti - insider. In un primo momento si
tentò di inserire la nuova fattispecie nel raggio di applicazione di norme
già esistenti, nello specifico l’art. 622 c.p.
12
( Rivelazione di segreto
professionale ) e l’art. 2622 c.c.
13
( Divulgazione di notizie sociali
riservate ).
11
Cfr. citazioni in CASELLA , Alcune osservazioni in materia di insider trading , in
Giur. Comm. 1989 V p.796 ss.
12
Articolo 622 c.p. “Chiunque,avendo notizia , per ragione del proprio stato o ufficio
, o della propria confessione o arte,di un segreto , lo rivela senza giusta causa,ovvero
lo impiega a proprio o altrui profitto è punito , se dal fatto può derivare nocumento,
con la reclusione fino ad un anno o con la multa da 30 a 516 euro.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori , direttori generali ,
sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della
società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.”
13
“E punito con la reclusione fino ad un anno e con la multa da lire duecentomila a
lire due milioni , su querela della società , gli “amministratori , i direttori generali , i
sindaci , i liquidatori che,senza giustificato motivo , si servono a profitto proprio o
altrui di notizie avute a causa del loro ufficio , o ne danno comunicazione (…) se dal
fatto può derivare pregiudizio alla società.”
13
Tale articolo è stato recentemente modificato ad opera dell’art. 30 l. 28 dicembre
2005, n. 262 in “False comunicazioni sociali in danno della società,dei soci o dei
creditori” il quale sancisce: “Gli amministratori,i direttori generali,i dirigenti preposti
alla redazione dei documenti contabili societari,i sindaci e i liquidatori,i quali,con
l’intenzione di ingannare i soci o il pubblico e al fine di conseguire per sé o per altri
un ingiusto profitto,nei bilanci,nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali
previste dalla legge,dirette ai soci o al pubblico,esponendo fatti materiali non
rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni,ovvero omettono informazioni la
cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica,patrimoniale o
finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene,in modo idoneo ai
indurre in errore i destinatari della predetta situazione ,cagionando un danno
patrimoniale alla società,ai soci o ai creditori,sono puniti,a querela della persona
offesa,con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto,ancorché aggravato,a danno
del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori,salvo che sia commesso in
danno dello Stato,di altri enti pubblici o delle Comunità europee.
Nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV,titolo III,capo II,del testo
unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e successive
modificazioni,la pena per i fatti previsti dal primo comma è da uno a quattro anni e il
delitto è procedibile d’ufficio.
La pena è da due a sei anni se,nelle ipotesi di cui al terzo comma,il fatto cagiona un
grave nocumento ai risparmiatori.
Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatori
superiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento
ISTAT ovvero se sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di
entità complessiva superiore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.
La punibilità dei fatti previsti dal primo e terzo comma è estesa anche al caso in cui
le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di
terzi.
La punibilità per i fatti previsti dal primo e dal terzo comma è esclusa se le falsità o
le omissioni non alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione
economica,patrimoniale,o finanziaria della società o del gruppo al quale essa
appartiene.La punibilità è comunque esclusa se le falsità o le omissioni determinano
una variazione del risultato economico di esercizio,al lordo delle imposte,non
superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superiore all’1 per
cento.
In ogni caso il fatto non è punibile se conseguenza di valutazioni estimative
che,singolarmente considerate,differiscono in misura non superiore al 10 per cento
da quella corretta.
Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo,ai soggetti di cui al primo comma sono
irrogate le sanzioni amministrative da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici
direttivi delle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a sei a tre anni
,dall’esercizio dell’ufficio di amministratore,sindaco,liquidatore,direttore generale e
dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari,nonché da ogni
altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell’impresa.”
Per approfondimenti in materia vedasi MUSCO con la collaborazione di MASULLO
, I nuovi reati societari, Milano 2007
14
Entrambi questi due riferimenti normativi partono dalla concezione ,
ormai superata, che la condotta di insider trading offenda gli interessi
societari. Tale teoria verrà specificamente analizzata in seguito adesso
verifichiamo la possibile rispondenza del delitto da noi esaminato con i
due citati reati.
Partiamo dal primo: art. 622 c.p.
Analizzando il testo del suddetto articolo, riportato nella nota
(11),possiamo individuare ben due ragioni per le quali le fattispecie di
insider trading non possono rientrare in questa figura criminosa:
1) La prima, di carattere normativo: l’art. 622, sanzionando la
rivelazione o l’utilizzo di una notizia segreta, fa riferimento in
maniera univoca alla lesione del diritto di utilizzare
esclusivamente la stessa spettante al titolare del segreto. Per
questo motivo è necessario che il segreto sia sfruttato per se stesso
e con l’obiettivo di garantirsi un’utilità, cosa che è da escludere
nel caso dell’insider trading;
2) La seconda , riferita alla natura del reato di insider trading:
consiste nella sostanziale differenza tra colui che commette questo
reato il quale ha interesse che la notizia segreta rimanga tale,
almeno fino al compimento della sua operazione, e colui che
commette il reato di cui all’art. 622 c.p. il quale invece va a
divulgare una notizia che invece avrebbe dovuto rimanere
segreta
14
.
Per tali ragioni si è concluso che l’Insider trading non poteva essere
sanzionato tramite l’applicazione dell’ art. 622 c.p.
14
Sull’argomento cfr. SEMINARA, Insider trading e diritto penale, Milano 1989 p.
3 ss.
15
Il secondo riferimento normativo al quale si voleva ricollegare l’Insider
trading è l’art. 2622 c.c. Per portare avanti questa teoria sarà necessario
analizzare il testo dell’articolo non ancora riformato riportato nella nota
(12).
La considerazione di tale articolo dipende dal modo in cui si interpreta
l’inciso “si servono a profitto proprio o altrui” poiché , se questa venisse
interpretata in senso restrittivo, alla stregua di quanto fa anche l’art. 622
c.p., allora bisognerebbe concludere necessariamente per l’estraneità
della fattispecie di insider trading anche dal reato in questione
15
.
Diversamente , applicando una lettura estensiva dell’ articolo in esame,
questo finirebbe per ricomprendere ogni ipotesi in cui i soggetti
tassativamente indicati, contravvenendo ai loro doveri d’ufficio,
utilizzino, al fine di realizzare profitto per se stessi o per altri, le notizie
conosciute per ragioni d’ufficio.
Tra l’altro una lettura diversa da quest’ultima determinerebbe il sorgere
di due problematiche. La prima consistente nel fatto che l’art 2622 c.c.
finirebbe con l’essere un semplice duplicato dell’ art. 622 c.p. La
seconda stante nel fatto che, in questo modo, si creerebbe una grave
lacuna normativa: non sarebbero in alcun modo sanzionate tutte quelle
15
Sull’argomento cfr. NUVOLONE , Il diritto penale del fallimento e delle altre
procedure concorsuali, Milano 1955 sostiene l’anzidetta teoria dell’interpretazione
restrittiva dell’ art. 2622 per chiarezza cito p. 370 “ di una notizia ci si può servire ,
sfruttando positivamente il contenuto dell’informazione (ad es. applicando in una
vera e propria azienda un ritrovato di fabbricazione della società di cui si è
amministratore); oppure , tenendone conto implicitamente per prendere o non
prendere determinate decisioni (ad es. vendendo le proprie azioni, in quanto si sa che
è prossima una deliberazione che produrrà un crollo delle quotazioni in borsa)” nel
secondo caso l’autore ritiene che l’ art. 2622 non sia configurabile poiché
l’ordinamento riconosce all’amministratore il “diritto di servirsi delle notizie
riservate per evitare un danno proprio”.
16
condotte che consistono in un impiego delle notizie senza la loro
materiale divulgazione
16
.
Quindi possiamo concludere che, interpretando in senso estensivo il
precedente testo dell’articolo 2622 c.c. l’Insider trading rientrava nel
fatto tipico previsto.
Restava da vedere se da esso poteva derivare pregiudizio per la società.
2. Dibattito dottrinale sull’individuazione dell’interesse leso
dal reato di insider trading.
La dottrina , che aveva cercato di inserire la fattispecie di insider trading
all’interno dei due suddetti reati , si era basata su una teoria che a monte
riteneva che il reato del quale trattiamo fosse lesivo di interessi della
società alla quale si riferiva la notizia.
Era infatti autorevolmente ritenuto che i fatti di Insider trading
danneggiassero l’immagine della società. Si credeva che, una volta che
gli operatori di mercato fossero venuti a conoscenza di questi, i titoli
della società interessata sarebbero divenuti meno appetibili poiché si
sarebbe sviluppato un timore di non veridicità del valore degli stessi in
prospettiva futura. Ovviamente questo avrebbe comportato un calo degli
acquisti dei relativi titoli che a sua volta avrebbe messo in crisi l’intero
16
Cfr. SEMINARA, Insider trading e diritto penale, 1989 Milano p.7
17
sistema di finanziamento della società con conseguenze oltremodo
dannose
1
.
Il ragionamento sopra evidenziato è però criticabile in più punti. Esso
infatti ha tre grosse falle:
1) Si riferisce all’ipotesi in cui le informazioni sfruttate in borsa
riguardino esclusivamente fatti interni alla società;
2) Presuppone che l’accertamento del fatto illecito si verifichi subito
dopo che lo stesso sia stato posto in essere e che inoltre il pubblico
dei risparmiatori ne abbia avuto immediata conoscenza;
3) Necessita che, se il fatto di insider trading sia stato eseguito da
soggetti interni alla società, questa non abbia adottato alcun
provvedimento nei loro confronti. Si ritiene infatti che
,un’eventuale interruzione del rapporto lavorativo con gli autori
del fatto , abbia effetti positivi sulla fiducia degli investitori.
Inoltre è da valutare che il danno che deriverebbe alla società sarebbe da
considerare di natura indiretta e comunque difficilmente quantificabile
oltre ad essere ovviamente eventuale e non assolutamente certo. A prova
di ciò vi era la circostanza che le imprese non avevano mai adottato
misure volte a contrastare il fenomeno in esame cosa che invece si
sarebbero immediatamente preoccupate di fare se i loro interessi fossero
stati lesi.
Ancora è da effettuare una valutazione di tipo giurisprudenziale : una
tutela della reputazione societaria così pressante avrebbe comportato
altre e diverse problematiche quali quella di una pressoché infinita
1
Per ulteriori delucidazioni sull’argomento si veda ABBADESSA , L’uso di
informazioni privilegiate nei rapporti con la società , in Annali della facoltà di
Economia e commercio dell’Università di Catania , 1979 p. 595 ; SEMINARA,
Insider trading e diritto penale, Milano 1989 p. 15 ss.
18
estensione della responsabilità degli amministratori e dirigenti delle
stesse società.
Inoltre va tenuto conto del fatto che, analizzando le fattispecie di insider
trading, queste consistono nell’utilizzare sul mercato informazioni che
sono fatte per essere divulgate. E’ quindi da chiedersi: quale danno può
derivare alla società dall’utilizzo di queste pratiche?
Per questo motivo si è concluso che l’articolo 2622 c.c. non fosse
applicabile a queste fattispecie visto che le stesse non detenevano il
necessario requisito della lesione degli interessi societari.
Un’ulteriore critica alla teoria in questione deriva dal paragone che
venne effettuato tra le fattispecie di insider trading e il reato di cui
all’articolo 2628 c.c.
2
. Caratteristica immediatamente visibile del reato
preso in considerazione era che sanzionava gli stessi soggetti attivi del
reato di cui all’art. 2622. La sanzione molto più grave era dovuta al fatto
che l’art. 2628 c.c. tutelava non solo interessi societari , ma interessi ben
più generali quali quelli del corretto andamento del mercato borsistico e
della tutela degli investitori.
Dato che anche il fenomeno di insider trading era lesivo del corretto
andamento del mercato mobiliare, appariva assolutamente privo di
fondamento che due fattispecie , entrambe lesive di interessi generali ,
fossero regolate diversamente ritenendo che i fatti di insider trading
fossero invece lesivi soltanto degli interessi societari.
2
Articolo 2628 c.c. anteriormente alla riforma: “Sono puniti con la reclusione da uno
a cinque anni e con la multa non inferiore a lire seicentomila gli amministratori , i
direttori generali , i sindaci e i liquidatori che diffondono notizie false o adoperano
altri mezzi fraudolenti atti a cagionare nel pubblico mercato o nelle borse di
commercio un aumento o una diminuzione del valore delle azioni delle società o di
altri titoli ad essa appartenenti”
Articolo 2628 c.c. dopo la riforma “Illecite operazioni sulle azioni o quote sociali , o
della società controllante”