Introduzione
2
continuamente ricorrere a modifiche strutturali al fine di adeguare le strutture alle
normative, con inevitabili allungamenti nei tempi di progettazione e di
commercializzazione. Una seconda conseguenza negativa di questo approccio era di
natura economica: il continuo ricorso a prove sperimentali altamente distruttive faceva
levitare i costi di progettazione. Fortunatamente, i massicci sforzi nella ricerca
informatica di questi ultimi anni hanno consentito la costruzione di elaboratori sempre
più potenti, in grado di supportare programmi di calcolo agli elementi finiti sempre più
completi e affidabili. Tali strumenti offrono la possibilità di condurre prove “virtuali” su
modelli numerici. Il metodo degli elementi finiti, in particolare, offre la possibilità di
descrivere geometrie complesse, che sarebbero altrimenti impossibili da trattare per via
analitica. A scapito di questi occorre però citare i tempi di calcolo elevati che sono la
causa principale del loro relegamento a strumenti di verifica finale. L’alternativa al
metodo degli elementi finiti è costituita dall’analisi multicorpi accompagnata da calcoli
di progetto di tipo iterativo con la possibilità di caratterizzare in tempi brevi la
geometria del singolo componente. Ovviamente, la modellazione multicorpi, operando
una significativa semplificazione della struttura, può portare ad una stima errata del
comportamento reale della struttura. I risultati del metodo multicorpi devono essere
confrontati con quelli del metodo degli elementi finiti, i quali, a loro volta devono avere
il conforto dei risultati sperimentali.
L’obiettivo che questo lavoro si pone è l’analisi agli elementi finiti del comportamento a
impatto frontale di una struttura ferroviaria e il confronto dei risultati con quelli
disponibili ottenuti in lavori precedenti sia con il metodo degli elementi finiti che con il
metodo multicorpi. Le motivazioni della scelta di una struttura ferroviaria devono
quindi essere ricercate nella relativa abbondanza di documentazione presente in
letteratura.
31 Introduzione ai problemi strutturali non lineari
1.1 Sistemi lineari e sistemi non lineari
La non linearità è una caratteristica tipica di tutti i sistemi fisici. La linearizzazione è da
ritenersi pertanto una idealizzazione della realtà che comporta una considerevole
semplificazione del problema a scapito della attendibilità dei risultati ottenibili. Nella
dinamica lineare è possibile ricorrere all’analisi modale e agli altri strumenti
dell’algebra lineare. Il comportamento di una struttura può essere convenientemente
approssimato mediante l’uso di modelli lineari se:
- le tensioni e le deformazioni sono sufficientemente limitate da non eccedere il limite
di proporzionalità del materiale e gli spostamenti sono sufficientemente piccoli da
non introdurre significative differenze tra configurazione di riferimento e attuale;
- nel sistema non sono presenti meccanismi come giochi e attriti coulombiani.
Ci sono situazioni in cui il comportamento del sistema linearizzato è molto diverso da
quello del sistema non lineare.
1.2 Classificazione delle non linearità
Come illustrato nel paragrafo 1.1 uno dei presupposti per impiegare convenientemente
un modello linearizzato è che tensioni e deformazioni non eccedano il limite di
proporzionalità del materiale e che gli spostamenti siano piccoli.
I problemi in cui la legge tra tensione e deformazione è di tipo non lineare, ma gli
spostamenti e le deformazioni sono piccoli sono detti di sola non linearità del
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
4
materiale. Molti casi di interesse ingegneristico come l’analisi elastoplastica e lo
scorrimento viscoso a caldo rientrano in questa categoria.
Quando invece la relazione tra deformazione e spostamento è non lineare allora il
problema è di non linearità geometrica o cinematica. All’interno di questo caso, si è
soliti distinguere tra problemi con piccole deformazioni e grandi spostamenti e problemi
con grandi deformazioni e spostamenti. Nel primo caso il materiale può avere
comportamento lineare o non, mentre nel secondo anche il materiale presenta
solitamente comportamento non lineare.
Oltre ai due tipi di non linearità descritti, ne esiste un terzo: quello dovuto alle non
linearità al contorno. E’ noto infatti che la matrice di rigidezza di una struttura è
dipendente dalle condizioni di vincolo. Variando queste ultime, variano i gradi di libertà
liberi e con essi le componenti di rigidezza che intervengono nella risposta della
struttura. Se tale variazione cinematica avviene nel corso dell’analisi, ci si trova in
presenza di una non linearità al contorno. Casi tipici di non linearità al contorno si
presentano ogni qual volta si ha a che fare con problemi di contatto e di urto.
Quando si affrontano i problemi strutturali non lineari è conveniente partire dalle
nozioni di meccanica del continuo, dove lo strumento matematico fondamentale è il
calcolo tensoriale, richiamato nei paragrafi seguenti. Successivamente le considerazioni
fatte verranno trasferite alla più famigliare algebra matriciale.
1.3 Richiami di meccanica del continuo
1.3.1 Impostazione del problema
In un’analisi non lineare l’equilibrio del corpo deve essere determinato nella
configurazione deformata. Per questo motivo è necessario impiegare una formulazione
incrementale nel tempo al fine di descrivere convenientemente l’evoluzione del carico e
del moto della struttura. Un approccio di questo tipo è completamente diverso da quello
impiegato tradizionalmente in campo lineare. La contraddizione è in realtà solo
apparente: se sono valide le ipotesi che rendono possibile la linearizzazione, le
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
5
variazioni dimensionali della struttura sono trascurabili rispetto alle dimensioni iniziali,
tanto da rendere indistinguibile la configurazione deformata da quella indeformata.
Nella trattazione seguente, verrà considerato il moto di un corpo rispetto ad un sistema
di riferimento inerziale. Il caso preso in esame è quello più generale: grandi
spostamenti, grandi deformazioni e legge costitutiva del materiale non lineare.
L’obiettivo della trattazione è la valutazione della configurazione assunta dal corpo in
corrispondenza di ben precisi istanti intervallati di ∆t. La soluzione all’istante t+ ∆t
presuppone la completa conoscenza delle variabili statiche e cinematiche dall’istante 0
all’istante t. Nell’analisi viene seguita l’evoluzione di tutti i punti del corpo dalla
configurazione iniziale alla configurazione finale secondo un approccio di tipo
lagrangiano: questa formulazione si contrappone a quella euleriana, particolarmente
impiegata per la descrizione dei fenomeni connessi con il moto dei fluidi, in cui il
continuo evolve all’interno di volumi di controllo fissi.
Con un approccio lagrangiano incrementale l’equilibrio del corpo all’istante t+ ∆t è
esprimibile per mezzo del principio dei lavori virtuali:
R
tt
V
tt
ijttij
tt
tt
dVe
∆+∆+
∆+
∆+
=⋅⋅
∆+
δσ ( 1.1 )
in cui
ij
tt
σ
∆+
è la generica componente del tensore di Cauchy all’istante t+ ∆t e
ijtt
e
∆+
δ
la variazione virtuale della componente di deformazione infinitesima:
∂
∂
+
∂
∂
=
∂
∂
+
∂
∂
=
∆+∆+∆+∆+
∆+
i
tt
j
j
tt
i
i
tt
j
j
tt
i
ijtt
x
u
x
u
x
u
x
u
e
δ
δ
δδ
2
1
2
1
( 1.2 )
Il secondo membro della (1.1) rappresenta il lavoro virtuale compiuto dalle forze
esterne. Questo può essere suddiviso in due contributi: il primo dovuto alle forze di
superficie, il secondo alle forze di volume.
∆+∆+
∆+∆+∆+∆+∆+
⋅⋅+⋅⋅=
S
tt
i
S
i
tt
V
tt
i
V
i
tttt
tttt
dSufdVuf δδR ( 1.3 )
La relazione (1.1), pur possedendo rilevante interesse teorico, mal si presta ad essere
impiegata in presenza di non linearità. Essa infatti richiede un integrazione di una
funzione incognita su un dominio non noto. Il tensore di Cauchy all’istante t+ ∆t non
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
6
risulta infatti definibile a partire dalle condizioni all’istante t per mezzo di un semplice
incremento dovuto alla deformazione del materiale: il regime di grandi spostamenti
rende sensibile tale tensore ai moti di corpo rigido.
Il fatto che in un problema non lineare la configurazione della struttura sia
continuamente variabile può comunque essere superato in maniera molto efficace
impiegando opportune rappresentazioni per le grandezze tensione e deformazione.
1.3.2 Tensori di tensione
Si accennava nel paragrafo 1.3.1 alla necessità di definire una rappresentazione
ausiliaria per i tensori tensione e deformazione con lo scopo di esprimere il lavoro
virtuale delle forze interne (1.1) in termini di integrale esteso ad un dominio noto. Ci
sono diverse rappresentazioni delle grandezze tensione e deformazione che rendono
possibile questa operazione [1, 2]; tra queste, alcune risultano particolarmente indicate
per ottenere una soluzione con il metodo degli elementi finiti.
Una possibile rappresentazione della tensione è il tensore di Piola-Kirchhoff. Al tempo t
esso è definito da:
njtmn
t
mit
t
ij
t
xxS
,
0
,
0
0
0
⋅⋅⋅= σ
ρ
ρ
( 1.4 )
in cui:
m
t
i
mit
x
x
x
∂
∂
=
0
,
0
( 1.5 )
e ρρ
t0
rappresenta il rapporto tra le densità di massa al tempo 0 e al tempo t.
Invertendo la (1.4) è possibile esprimere il tensore di tensione di Cauchy come:
jn
t
ij
t
im
t
t
mn
t
xSx
,00,0
0
⋅⋅⋅=
ρ
ρ
σ ( 1.6 )
La densità all’istante t può essere calcolata a partire dalla densità di massa all’istante
iniziale imponendo la conservazione della massa:
3
0
2
0
1
00
321 0
xdxdxdxdxdxd
V
tt
V
tt
t
⋅⋅⋅=⋅⋅⋅ ρρ ( 1.7 )
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
7
Poiché:
[]
3
0
2
0
1
0
0321
det xdxdxdXxdxdxd
t
ttt
⋅⋅⋅=⋅⋅ ( 1.8 )
in cui il tensore gradiente di spostamento []X
t
0
è espresso da:
[]
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
∂
=
3
0
3
2
0
3
1
0
3
3
0
2
2
0
2
1
0
2
3
0
1
2
0
1
1
0
1
0
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
x
X
ttt
ttt
ttt
t
Poiché la (1.7) deve valere per un numero arbitrario di particelle si ha:
[]X
t
t
0
0
det⋅= ρρ ( 1.9 )
Una volta noto il gradiente di deformazione la densità è facilmente determinabile, e, a
patto che sia noto anche il tensore di Cauchy, il tensore di Piola–Kirchhoff può essere
calcolato per mezzo di una semplice trasformazione cinematica.
Il tensore di Piola-Kirchhoff gode di alcune interessanti proprietà: la prima è la
simmetria, che risulta evidente dalla (1.4). La seconda proprietà è l’invarianza rispetto
ai moti di corpo rigido.
Un altro modo per esprimere lo stato di tensione è quello che impiega il tensore di
Jaumann, che è definito come:
pi
t
jp
t
pj
t
ip
t
ij
t
ij
t
Ω⋅−Ω⋅−=
∇
σσσσ ( 1.10 )
in cui
ij
t
σ è la derivata temporale della componente del tensore di Cauchy e
ij
t
Ω la
componente del tensore di rotazione:
∂
∂
−
∂
∂
=Ω
j
t
i
t
i
t
j
t
ij
t
x
u
x
u
2
1
( 1.11 )
che fisicamente rappresenta la velocità angolare del materiale.
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
8
E’ importante rilevare che il tensore di Jaumann è simmetrico e che se
∇
ij
t
σ è nullo la
(1.10) determina la variazione del tensore di Cauchy conseguente ad un moto di corpo
rigido rotatorio.
E’ interessante a questo punto confrontare i tensori di Piola-Kirchhoff e Jaumann.
Entrambe le misure dello stato di tensione sono insensibili ai moti di corpo rigido ma
dipendono unicamente dalla deformazione effettiva del materiale. Il tensore di Piola-
Kirchhoff ha le dimensioni di una pressione. Esso risulta quindi particolarmente idoneo
ad operare in presenza di materiali per i quali la tensione è definita in funzione della
deformazione, come nel caso dei materiali elastici o iperelastici
1
. Il tensore di Jaumann
rappresenta una derivata nel tempo di una pressione. Esso si presta dunque ad essere
impiegato laddove l’incremento di tensione è legato all’incremento di deformazione,
come accade nel caso dei materiali ipoelastici
2
. Questa differenza mostra la convenienza
di misurare le tensioni nell’uno o nell’altro modo, a seconda delle leggi costitutive del
materiale; in particolare, se le leggi non dipendono dal percorso di carico è più
efficiente il tensore di Piola-Kirchhoff, mentre se le leggi dipendono dal percorso di
carico, è più conveniente usare il tensore di Jaumann.
1.3.3 Tensori di deformazione
Per essere descritto in maniera accurata, il problema non lineare necessita oltre che di
appropriati misuratori dello stato di tensione, anche di convenienti misuratori dello stato
1
Sono definiti iperelastici quei materiali per cui esiste una funzione U di energia di deformazione, la cui
derivata rispetto ad una componente di deformazione determina la corrispondente componente di
tensione.
ij
ij
U
ε
σ
∂
∂
=
2
I materiali ipoelastici sono quelli per cui la relazione tra tensione e deformazione è valida in senso
incrementale.
εσ dkd ⋅=
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
9
di deformazione. Il misuratore di deformazione impiegato con il tensore di Piola-
Kirchhoff è il tensore di Green-Lagrange, definito come:
()
jk
t
ik
t
ij
t
ji
t
ij
t
uuuu
,0,0,0,00
2
1
⋅++⋅=ε ( 1.12 )
in cui:
j
i
t
ji
t
x
u
u
0
,0
∂
∂
=
Per il tensore di Jaumann, la deformazione è descritta per mezzo del tensore di velocità
di deformazione:
∂
∂
+
∂
∂
⋅=
i
t
j
t
j
t
i
t
ij
t
x
u
x
u
e
2
1
( 1.13 )
I tensori (1.12) e (1.13) soddisfano le stesse condizioni dei corrispondenti tensori di
tensione: essi sono simmetrici e invarianti rispetto ai moti di corpo rigido. In aggiunta,
essi sono energeticamente coniugati ai corrispondenti tensori di tensione. Questa
considerazione porta all’uguaglianza:
⋅⋅=⋅⋅
V
t
mntmn
t
V
ij
t
ij
t
t
dVedVS δσεδ
0
0
00
( 1.14 )
La relazione (1.14) è la base della formulazione incrementale lagrangiana impiegata
nell’analisi non lineare agli elementi finiti di solidi e strutture.
1.3.4 Le equazioni del moto in forma incrementale nella formulazione
lagrangiana
L’equazione (1.1) non può essere risolta per via diretta perché non è nota la
configurazione al tempo t+ ∆t. Come si è accennato in precedenza, la continua
variazione di forma del corpo porta a conseguenze importanti per lo sviluppo di
un’analisi incrementale: il calcolo della tensione al tempo t+ ∆t deve anche tenere conto
dei moti di corpo rigido del materiale. Gli inconvenienti dovuti all’uso della (1.1) sono
stati superati dall’adozione di opportune grandezze per descrivere lo stato di tensione e
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
10
di deformazione, portando al risultato espresso dalla (1.14). La validità di tale
equazione resta invariata se si prende come configurazione di riferimento una
qualunque tra le configurazioni note, comprese nell’intervallo di tempo 0, …, t.
Partendo da questa considerazione, è possibile lo sviluppo di due diverse formulazioni:
la lagrangiana totale (T. L.) e la lagrangiana aggiornata (U. L.).
La formulazione lagrangiana totale, considera come configurazione di riferimento
quella all’istante iniziale. Il principio dei lavori virtuali assume allora la seguente forma:
R
tt
V
ij
tt
ij
tt
dVS
∆+∆+∆+
=⋅⋅
0
000
εδ ( 1.15 )
La formulazione lagrangiana aggiornata considera invece come configurazione nota
quella al tempo t. Il principio dei lavori virtuali si scrive allora come:
R
ttt
V
ij
tt
tij
tt
t
dVS
t
∆+∆+∆+
=⋅⋅ εδ ( 1.16 )
Entrambe le formulazioni tengono conto degli effetti dovuti ai grandi spostamenti e alle
grandi deformazioni; in quest’ultimo caso occorre tuttavia che la legge costitutiva sia
quella appropriata. In particolare, se la legge costitutiva del materiale è stata formulata
per piccole deformazioni, un problema analizzato con la formulazione lagrangiana
totale terrà conto solo delle piccole deformazioni, nonostante la validità generale di tale
formulazione. Per il resto, i vantaggi di una formulazione sull’altra dipendono
dall’efficienza numerica. Tutte queste considerazioni sono riassunte in Tabella 1.1.
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
11
Tabella 1.1
Tipo di analisi Descrizione Tipo di formulazione
Misura delle tensioni e
delle deformazioni
Solo non linearità del
materiale
Spostamenti piccoli.
Relazione σ -e non
lineare.
Non linearità del
materiale
Tensioni e
deformazioni
convenzionali
Formulazione
lagrangiana totale
(T.L.)
Tensione di Piola-
Kirchoff e
deformazione di Green
Formulazione
lagrangiana aggiornata
(U.L.)
Tensione di Cauchy e
deformazione di
Eulero
Formulazione
lagrangiana totale
(T.L.)
Tensione di Piola-
Kirchoff e
deformazione di Green
Formulazione
lagrangiana aggiornata
(U.L.)
Tensione di Jaumann e
velocità di
deformazione
Spostamenti e
rotazioni grandi, ma
dilatazione e
scorrrimenti relativi
piccoli. Relazione σ -e
lineare o non
Spostamenti e
rotazioni grandi.
Scorrimenti relativi
grandi. Relazione σ -e
lineare o non
Grandi spostamenti e
rotazioni ma piccole
deformazioni
Grandi spostamenti e
rotazioni e grandi
deformazioni
1.4 Comportamento inelastico dei materiali
1.4.1 Relazioni inelastiche monoassiali
La risposta strutturale di un materiale può essere caratterizzata eseguendo prove
sperimentali su provini di forma e dimensioni fissate e seguendo procedure indicate in
normative specifiche. Tra queste, le prove più diffuse sono sicuramente quelle di
trazione monoassiale che permettono di stabilire la relazione tra la tensione σ e la
deformazione e di un materiale sollecitato a basse o bassissime velocità di
deformazione. I punti della curva σ- e ricavati sperimentalmente possono essere
impiegati direttamente per definire una legge costitutiva puntuale, oppure essere
elaborati per ricavare parametri numerici macroscopici da impiegare in opportuni
modelli interpolanti. L’impiego di curve interpolanti ha il vantaggio di rendere il calcolo
meno oneroso. Tuttavia, la scelta di un modello troppo semplificato potrebbe portare a
risultati inaccettabili. Un modello particolarmente efficace è quello bilineare. Esso
descrive in maniera appropriata il comportamento sia in campo elastico che plastico.
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
12
1.4.1.1 Modello bilineare
La caratteristica σ- e è data dall’unione di due tratti lineari (Figura 1.1). Il
comportamento del materiale è elastico con modulo normale E fino alla tensione di
snervamento σ
Y0
. Oltre tale limite la caratteristica procede con pendenza pari al modulo
tangente E
T
.
E
eeE
E
EE
E
eeE
Y
T
T
Y
Y
0
0
0
σ
σσ
σ
σ
≥⋅+
−
⋅=
≤⋅=
( 1.17 )
Figura 1.1
Dalla (1.17) è possibile derivare una legge di incrudimento che definisce il valore della
tensione di snervamento in funzione della deformazione permanente. Prendendo in
esame la caratteristica σ- e riportata in Figura 1.2, si vede che la tensione di
snervamento conseguente ad una deformazione permanente e
p
vale:
eE
TYY
∆⋅+=
0
σσ ( 1.18 )
in cui:
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
13
ep
eeBCAB +=+=∆ε ( 1.19 )
Figura 1.2
La componente di deformazione elastica è data da:
E
e
YY
e
0
σσ −
= ( 1.20 )
Sostituendo la (1.20) nella (1.18) e risolvendo rispetto a σ
Y
si ottiene:
pPYY
eE ⋅+=
0
σσ ( 1.21 )
in cui il modulo plastico E
P
è dato da:
T
T
P
EE
EE
E
−
⋅
= ( 1.22 )
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
14
Figura 1.3
1.4.1.2 Influenza della velocità di deformazione sulla tensione di
snervamento
L’esperienza mostra che il comportamento del materiale è influenzato dalla velocità di
deformazione. In particolare, all’aumentare della velocità di deformazione aumenta la
tensione di snervamento σ
Y0
. Un modello che risulta abbastanza fedele alla realtà e che
possiede il pregio della semplicità è quello di Cowper-Symonds:
() ()
+⋅=
q
YY
D
1
00
10
ε
σεσ
( 1.23 )
in cui i parametri D e q sono costanti caratteristiche del materiale che prendono il nome
rispettivamente di tasso di viscoplasticità e di sensibilità alla velocità di deformazione.
Numerose prove sperimentali sono state condotte al fine di misurare i coefficienti D e q.
Per un acciaio dolce, test dinamici effettuati da Cowper e Symonds, realizzando
deformazioni massime prossime a quella corrispondenti al limite elastico, hanno
evidenziato D= 40,4 s
-1
e q= 5. In seguito, Campbell e Cooper, hanno eseguito alcune
prove su acciai dolci raggiungendo deformazioni più elevate e misurando D= 6844 s
-1
e
q= 3,91. Successivamente, Abramowicz e Jones hanno realizzato prove di trazione
1 – Introduzione ai problemi strutturali non lineari
15
dinamiche uniassiali su acciai dolci, rilevando D= 802 s
-1
e q= 3,585. La legge (1.23)
per tutti i casi elencati è rappresentata in Figura 1.4.
Legge di Cowper - Symonds
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
0 200 400 600 800 1000 1200
d ε /dt (s
-1
)
σ
Y0/
σ
Y0
(0)
Cowper - Symonds Campbell - Cowper Abramowicz - Jones
Figura 1.4
1.4.2 Relazioni inelastiche pluriassiali
Le relazioni inelastiche monoassiali non sono adatte allo studio di strutture complesse.
Non appena gli stati di tensione e di carico si complicano, è necessario introdurre
relazioni inelastiche che dipendono dalle sei componenti di tensione e deformazione.
Nel caso delle analisi elastoplastiche, il comportamento del materiale viene
caratterizzato da:
- condizione di snervamento;
- regola di flusso;
- regola di incrudimento.