2
Realism1 egli sostiene che la carriera di Crane può essere letta come un continuo
esercizio di sfruttamento e sovvertimento dei generi letterari popolari in quegli
anni. Secondo lui, in Maggie e The Red Badge of Courage tramite l’uso
dell’ironia Crane fa una parodia dei romanzi popolari che descrivevano
romanticamente la dura realtà della vita nei bassifondi e della guerra. Poi,
mostrata la falsità degli stereotipi della letteratura commerciale, l’autore fa
ricorso alla tecnica impressionista per sostituire a quelle immagini false una
descrizione non romantica, dura, oggettiva della realtà. Per Solomon, dunque,
Crane è uno scrittore progressista impegnato a smascherare le bugie di una
visione del mondo troppo sentimentale per sostituirle con la verità dei fatti.
L’evoluzione del dibattito critico ha portato a riflettere sul fatto che il
realismo non può essere considerato una fedele riproduzione della realtà e che
quindi anche i testi di Crane sono una ricostruzione retorica del reale di cui è
possibile indagare le funzioni culturali e ideologiche.
Giorgio Mariani lo ha fatto partendo dal presupposto che la cultura popolare
e quella cosiddetta alta sono fenomeni oggettivamente correlati e dialetticamente
interdipendenti, e in stretta correlazione con le ansie e le preoccupazioni sociali
dei tempi di cui sono il prodotto2. Ha dunque studiato Maggie e The Red Badge
of Courage raffrontandoli con i generi popolari che Crane parodiava, per capire
in che modo l’autore cercava di differenziare le proprie opere da quelle della
letteratura commerciale. Se le opere commerciali cercavano di rielaborare le
ansie della società quali la paura del proletariato urbano, o il desiderio di
1
Eric Solomon, Stephen Crane: from Parody to Realism (Cambridge, Massachusetts: Harvard University
Press, 1966)
3
espansione imperialista soprattutto a livello di trama, immaginando soluzioni
fiabesche per problemi sociali concreti, le opere di Crane svolgevano la stessa
funzione a livello di stile. Secondo Mariani anche esse manipolano le
preoccupazioni dell’epoca, al punto che quelle che inizialmente sembrano
critiche a determinate condizioni sociali e storiche si dimostrano in realtà
manovre ideologiche che non sono né politicamente sovversive né più
illuminanti di quelle che l’autore critica nelle opere popolari. Crane rielabora le
preoccupazioni dei suoi tempi in primo luogo presentando realtà sociali
disturbanti quali la povertà, la vita degradata dei bassifondi, la violenza e la
guerra, come spettacoli che il lettore/spettatore può osservare e godere
esteticamente. Anziché avvicinare il lettore alla realtà oggettiva, il realismo di
Crane si dimostra una strategia descrittiva spettacolare che allontana le
preoccupazioni sociali che pareva voler portare in primo piano.
In secondo luogo, i narratori nelle opere di Crane cercano costantemente di
ritrarsi dal testo che stanno costruendo tramite l’uso dell’ironia. Molti critici
hanno lodato l’ironia di Crane in quanto sovversiva, ed essa effettivamente
sovverte i generi letterari popolari, ma non cerca di svelare le origini sociali o
storiche della povertà e della guerra. L’ironia di Crane rimane una forza
essenzialmente negativa che colpisce le convenzioni narrative e le immagini
sentimentali della letteratura popolare, ma non intacca l’ideologia che le ispirava.
La teoria del critico italiano, secondo cui Crane, offrendo ai suoi lettori uno
spettacolo da godere passivamente, si dimostra pienamente inserito nello spirito
della nascente società capitalista e consumista della sua epoca, fa nascere
2
Giorgio Mariani, Spectacular Narratives: Representations of Class and War in Stephen Crane and the
4
l’esigenza di verificare il suo grado di coinvolgimento in un altro aspetto,
altrettanto fondamentale, dello spirito dei tempi, e cioè lo spirito marziale. Si è
perciò presa in esame la lettera del testo per cercare nelle immagini e nelle
metafore del romanzo una chiave che consentisse di comprendere il grado di
partecipazione di Crane a quel movimento di riorientamento della cultura
statunitense che si manifestò a cavallo tra ‘800 e ‘900.
Come sostengono gli storici Higham e Jackson Lears, in quei decenni la
società americana, che aveva raggiunto un alto livello di benessere in seguito alla
crescente urbanizzazione e industrializzazione, cominciava a nutrire dei dubbi sul
fatto che un eccesso di civilizzazione potesse portare a una perdita di vigore e a
un isterilimento della nazione3. Per reazione a questi dubbi si cercarono di
recuperare una vita più autentica e piena ed esperienze più intense, che
sfuggissero alle frustrazioni, alla routine e all’ottusità della vita urbana e
industriale; il militarismo si dimostrò veicolo privilegiato per queste aspirazioni.
Stephen Crane sceglie proprio la guerra come ambientazione per il suo
romanzo. In esso ci presenta le vicende di un protagonista animato da illusioni
romantiche e cavalleresche di eroismo, che si arruola nella speranza di sfuggire
alla monotonia della sua vita civile e di realizzarsi pienamente. Nell’esercito
viene colto da dubbi e paure a proposito della sua virilità e capacità di essere
all’altezza del suo compito di guerriero. Anche l’esercito viene descritto in preda
a una crisi: non ha chiaro il senso del proprio ruolo, ha perso lo spirito marziale
nei lunghi mesi passati a cercare di migliorare il suo benessere, è stanco della
American 1890s (New York: Lang, 1992)
3
John Higham, “The Re-orientation of American Culture in the 1890’s”, in John Higham, Writing
American History: Essays on Modern Scholarship (Bloomington, Indiana: Indiana University Press,
5
monotonia dell’addestramento cui viene sottoposto, è diviso al suo interno tra
comandanti e truppa.
Ma quando il periodo di immobilità finisce, e finalmente l’esercito entra in
azione, assistiamo a una trasformazione radicale che vede tutte le contraddizioni
risolversi e gli uomini trovare il senso del proprio ruolo. L’azione militare viene
dunque presentata come una soluzione efficace per la crisi che attanagliava
esercito e protagonista. Crane rappresenta questa trasformazione con tre serie
fondamentali di metafore e immagini: una organicista e naturalista, una legata al
mondo primitivo, selvaggio e animale, l’ultima relativa a quello meccanico e
industriale.
La prima serie di metafore consiste in frequenti paragoni tra l’esercito e un
organismo, e tra la guerra e fenomeni naturali. Crane paragona il protagonista al
dito di una mano, oppure le cariche nemiche a una serie di onde che si abbattono
sulla costa, e in questo modo riesce a far passare per naturali, scontate, giuste
quelle che sono creazioni storiche e sociali, eliminando così ogni possibilità di
critica all’esperienza marziale.
La seconda serie vede Crane associare insistentemente alle tecnologie della
guerra immagini primitive, e immagini di vita selvaggia, barbara, o addirittura
animale, ai soldati impegnati nella battaglia. I cannoni sono paragonati a capi
indiani, i proiettili a selci scagliate dal nemico, i soldati a barbari e bestie
selvagge. Con questi paragoni l’autore rende l’esperienza marziale attraente per il
pubblico degli anni ’90 dell’Ottocento, che cercava uno sfogo per i propri istinti
repressi dalle costrizioni della vita urbana e industriale.
1972) e T. J. Jackson Lears, No Place of Grace: Anti-Modernism and the Transformation of American
6
La terza serie di immagini sembra in contraddizione con le prime due: i
soldati che combattono sono paragonati ripetutamente a operai intenti al proprio
lavoro, a ingranaggi di un meccanismo, e l’esercito è descritto come una società
industriale. In quegli anni molti pensatori, tra cui anche il filosofo William
James, proponevano un’industria riformata come modello per superare la crisi
della società statunitense. Punto cardine del riformismo industriale era il
superamento dei contrasti tra la classe dirigente e quella lavoratrice, che si poteva
ottenere facendo capire ad entrambe la necessità di una loro collaborazione per il
bene del sistema, che avrebbe poi favorito la piena realizzazione di ciascuno dei
suoi componenti.
Nel romanzo Crane descrive la parabola del suo protagonista che passa da
una profonda crisi al superamento dei dubbi e dei timori sulla propria virilità
grazie al coinvolgimento nel macchinismo dell’esercito e all’accettazione
incondizionata del ruolo di ingranaggio, che lo porta, paradossalmente, a
trasformarsi in eroe quando diventa portabandiera e cioè guida del suo
reggimento.
È dunque possibile sostenere che Crane in The Red Badge of Courage parli
della crisi della società dei suoi tempi, e proponga una soluzione molto simile a
quella sostenuta da riformatori suoi contemporanei.
La peculiarità della sua rappresentazione sta nel fatto che mette in evidenza i
legami paradossali che finirono con l’unire il modello industriale alla sua critica
antimoderna. Jackson Lears sostiene infatti che l’impulso militarista, nato per
reazione al trionfo della società commerciale, si dimostrò al suo servizio quando
Culture. 1880-1920 (New York: Pantheon, 1981)
7
la guerra ispano-americana del 1898, motivata economicamente dal bisogno di
trovare nuovi mercati per le grandi industrie statunitensi, trovò una sanzione
culturale nell’esigenza di rispondere con una guerra al timore che gli Stati Uniti
stessero diventando una nazione sterile.
Similmente, il modello industriale di esercito che Crane descrive nel suo
romanzo è reso accettabile al protagonista e ai lettori, che nell’esperienza
marziale stavano cercando uno sfogo dalle costrizioni della società industriale in
cui vivevano, tramite continui paragoni con immagini tratte dal mondo naturale,
selvaggio, primitivo. La tecnologia viene accettata perché trasfigurata
miticamente in modo da allontanarla da quel mondo, che le è proprio, della
ripetitività dei gesti, della meccanizzazione, dell’organizzazione scientifica del
lavoro. Il mondo industriale è nemico naturale del mondo eroico, ma Crane
riesce con questi accostamenti a coniugarli, e a mettere l’illusione romantica
dell’eroe selvaggio e primitivo al servizio della moderna tecnica di guerra.
8
Capitolo I
Stephen Crane e la città: realtà, illusioni, spettacolo.
Maggie: A Girl of the Streets (A Story of New York), il primo romanzo di
Stephen Crane, viene pubblicato a spese dell’autore nei primi mesi del 1893,
perché nessun editore commerciale aveva accettato il manoscritto. Solo poche
delle millecento copie stampate vengono vendute, ma il libro guadagna a Crane
l’ammirazione di Hamlin Garland e William Dean Howells. Lui stesso non
l’aveva firmato col suo vero nome, ma con lo pseudonimo Johnston Smith. Nella
dedica del libro a Garland Crane scrive : “It is inevitable that you will be greatly
shocked by this book”1.
La stessa idea viene espressa dall’anonimo estensore della prima recensione2
di Maggie:
“The slum life of New York City is treated with the frank
fidelity of the realist, and while the unco guid and ultra pious
may be shocked by the freedom of his descriptions and the
language in which the dialogues are carried on, sensible
people will read the book in the spirit in which it was written
and will derive therefrom the moral lesson which it is the
author’s aim to inculcate”3.
Obiettivo dell’autore è mostrare la tremenda influenza dell’ambiente sul carattere
e sul destino dell’uomo: “Maggie, the heroine, or central figure of the tale, grows
up under surroundings which repress all good impulses, stunt the moral growth
and render it inevitable that she should become what she eventually did, a
1
Stephen Crane: Letters, ed. R.W. Stallman e Lillian Gilkes (New York: New York University Press,
1960), pag.14.
2
Vedi Thomas A. Gullason, “The First Known Review of Stephen Crane’s 1893 Maggie”, English
Language Notes, V (Giugno 1968), pagg. 300-302.
3
Da Port Jervis Union, 13 Marzo 1893, pag. 3.
9
creature of the streets.”4 La recensione prosegue con lodi per lo stile vigoroso di
Crane e afferma che: “The literary merits of the work are considerable”.
Anche Hamlin Garland, i cui racconti, raccolti e pubblicati nel 1891 con il
titolo Main-Travelled Roads, mostravano interesse per il realismo e un forte
impulso riformista, ne scrive su The Arena, un giornale in prima linea nel
movimento progressista, una recensione ammirata per le capacità stilistiche e per
il realismo con cui Crane descriveva la realtà dei bassifondi newyorchesi:
"It deals with poverty and vice and crime also, but it does
so, not out of curiosity, not out of salaciousness, but because
of a distinct art impulse, the desire to utter in truthful phrase a
certain rebellious cry. It is the voice of the slums. It is not
written by a dilettante; it is written by one who has lived the
life […] His book is the most truthful and unhackneyed study
of the slums I have yet read.[…] It is important because it
voices the blind rebellion of Rum Alley and Devil's Row. It
creates the atmosphere of the jungles where vice festers and
crime passes gloomily by. Where outlawed human nature
rebels against God and man."5.
Garland trova in Maggie la voce dei bassifondi resa con sincerità e
originalità. Le sue lodi si appuntano sulla veridicità con cui Crane dà voce alla
ribellione della popolazione dei bassifondi non per curiosità o gusto della
provocazione, ma per un sincero impeto artistico. L'unica riserva espressa nei
confronti di questo romanzo riguarda la sua incompletezza, il suo essere solo un
frammento: "It is typical only of the worst elements of the alley."6 Manca la
descrizione delle famiglie della strada accanto, che vivono vite di purezza eroica
e di durezza senza speranza.
4
Ibidem.
5
Da The Arena, VIII (Giugno 1893), pagg. xi-xii.
6
Ibidem.
10
Quando il libro fu ristampato nel 1896 in seguito al successo di The Red
Badge of Courage, il suo crudo realismo fu considerato da molti motivo di
biasimo. Recensori successivi criticarono molto duramente il romanzo proprio
per l'eccessiva focalizzazione sulla parte più degradata della società:
“Mr. Stephen Crane in Maggie studies New-York
tenement-house life with the pretence of aggressive realism. He
puts on paper the grossness and brutality which are commonly
encountered only through actual contact with the most besotted
classes. Oaths, drunkenness, rags, stained walls, cut heads,
black eyes, broken chairs, delirious howlings, the flat staleness
of a police report are his properties. In his finished book they
are still raw material with the edge of their offensiveness in no
way taken off; for Mr. Crane entirely lacks the ability which
has enabled some other men to deal with sordid, disgusting and
vicious themes in a way that made them at least entertaining
[…] His story is one of unrelieved dullness in which the
characters interest neither by their words nor acts, are depraved
without being either thrilling or amusing, are dirty without
being picturesque. There is nothing enticing in their lives nor
uplifting in the contemplation of their sorrows.”7
La principale accusa contenuta in quest’articolo non è quella di parlare di
una realtà dura, di cui si conosce l’esistenza, e che è già stata trattata in
letteratura. Le critiche sono motivate dal fatto che Crane parla di questa realtà
senza renderla né attraente né edificante, cioè non si adegua alle uniche strategie
narrative che in quegli anni rendevano accettabile la scelta di occuparsi della
parte degradata della società. Un’altra recensione ci porta alle stesse conclusioni:
“We should classify Mr. Crane as a rather promising writer
of the animalistic school. His types are mainly human beings of
the order which makes us regret the power of literature to
portray them. Not merely are they low, but there is little that is
7
Da New York Tribune, 31 Maggio1896, pag.26.
11
interesting in them.[…] Maggie it is impossible to weep over.
We can feel only that it is a pity that the gutter is so dirty, and
turn in another direction.”8
Il romanzo di Crane viene criticato perché non appartiene né al genere della
narrativa popolare, sentimentale e romanticheggiante, né a quello dello studio di
ambiente con intenti riformisti.
Negli anni ’90 dell’Ottocento la letteratura dei bassifondi, narrativa o
giornalistica, era diventata un genere codificato e dalle ottime vendite. Con
l’esplosione della rivoluzione industriale ed il suo effetto sconvolgente sulle
strutture geografiche e sociali delle città, gli strati bassi della società e gli
ambienti in cui vivevano erano diventati oggetto di grande attenzione. Eugène
Sue nel 1848 era stato il primo a descrivere le zone più sgradevoli di una
metropoli, nel suo Les Mystères de Paris. Tradotto immediatamente in inglese, la
prima edizione americana del libro vendette oltre ottantamila copie, e diede il la
ad una schiera di epigoni che applicavano i codici del genere alle città
statunitensi9. In America la Bowery, un quartiere degradato di New York, era
diventata l’ambientazione classica per questo genere di testi, che fornivano al
pubblico delle classi medie immagini eccitanti della povertà e degradazione dei
bassifondi, filtrate attraverso strutture narrative sentimentali e melodrammatiche.
Nella maggior parte dei casi, eroi ed eroine riuscivano a superare gli orrori
sociali e le tentazioni morali del loro ambiente, ed alla fine si lasciavano alle
spalle la miseria. Enorme successo ebbero i libri di scrittrici che riuscivano a
proiettare una luce romantica su vite miserevoli. Questi erano preparati per
8
Da The Nation, LXIII (2 Luglio 1896), pag. 15
9
Alan Trachtenberg, The Incorporation of America: Culture and Society in the Gilded Age (New York:
Hill and Wang, 1982), pag.103.
12
piacere ad un pubblico delle classi più basse, oltre che a quello borghese. I
bassifondi e i luoghi di lavoro erano utilizzati come scenario per l’eterna lotta tra
bene e male, vizio e virtù, dalla quale la bella eroina usciva ricca e felicemente
sposata. Queste storie possono essere lette come tentativi di trovare soluzioni
immaginarie e compensazioni utopiche per le contraddizioni sociali e
l’oppressione di classe di cui il loro pubblico era vittima.
Il critico di The Nation disapprova Crane anche perché non mostra intenti
riformisti nei confronti dell'ambiente degradato che descrive. A partire dal 1872,
con l'opera del reverendo Charles Loring Brace The Dangerous Classes of New
York, si era andata diffondendo una letteratura di analisi delle condizioni di vita
nei bassifondi delle metropoli americane finalizzata a proposte di riforma che
avrebbero dovuto migliorare una situazione sempre più esplosiva. Giorgio
Mariani nel suo libro Spectacular Narratives sostiene che l'atteggiamento dei
riformisti che il critico avrebbe voluto trovare in Maggie consentiva alle classi
agiate di assumere un ruolo paternalistico nei confronti delle classi inferiori. Le
inchieste sulle condizioni di vita nei bassifondi svolgevano il duplice ruolo di
soddisfare quel misto di curiosità e paura con cui i lettori borghesi guardavano
alle classi lavoratrici, e di far percepire al pubblico più ampio la necessità di
migliorare le condizioni di vita dei più poveri per tenerne sotto controllo il
potenziale sovversivo. I vari riformatori e giornalisti che, nel trentennio finale del
diciannovesimo secolo, si fecero carico di documentare la vita dei poveri,
concordavano su un punto di fondamentale importanza. I bassifondi non erano
solo il brodo di coltura di criminali e degenerati; erano anche l’ambiente in cui,
se lasciate dalla debolezza morale e dalla miopia politica delle classi agiate, le
13
folle potevano tramutarsi in una forza rivoluzionaria10. Jacob Riis, autore nel
1890 di How the Other Half Lives, libro chiave del movimento per la riforma
degli slum, ad esempio, vedeva questo pericolo come uno dei motivi principali
per i quali evitare l’eccessivo affollamento nei casamenti di New York. Perfino
Benjamin Flower, fondatore dell’Arena, rivista radicale che sosteneva la causa
del realismo in letteratura e che fin dal 1889 pubblicava articoli di protesta per le
condizioni dei bassifondi, nonostante gli attacchi al desiderio di volgare
ostentazione delle classi agiate, e alla codardia e al letargo della Chiesa,
continuava a vedere nei quartieri poveri delle città una minaccia costante per la
società: “In time of social upheavals they will prove magazines of destruction”11.
Nonostante la volontà di criticare moralmente, e talvolta anche politicamente, le
classi agiate per la terribile miseria diffusa negli slum, anche i riformatori non
vedevano nelle masse povere urbane altro che una forza potenzialmente
distruttiva.
L’opera di Crane è stata letta come un continuo esercizio di analisi e
sovvertimento della letteratura popolare o commerciale. Eric Solomon è il critico
che ha più coerentemente sviluppato questa tesi. Nel suo libro Stephen Crane:
from Parody to Realism egli sostiene che in Maggie Crane compie un attacco
parodico ai romanzi della sua epoca che gettavano una luce romantica sulla dura
realtà della vita nei bassifondi:
10
Giorgio Mariani, Spectacular Narratives: Representations of Class and War in Stephen Crane and the
American 1890s (New York: Lang, 1992), specialmente il capitolo 2, pagg. 35-67.
11
Benjamin Orange Flower, Civilization’s Inferno; Or, Studies in the Social Cellar (Boston: Arena
Publishing Co., 1893), pag. 23.
14
“In Maggie and George’s Mother he parodies the accepted
forms of slum fiction and, with the same materials, makes fresh
and powerful slum novels”12.
“Maggie involves a complete reversal of the sentimental
themes of the nineteenth-century best sellers that dealt with the
life of a young girl. These novels […] displayed a manifest
religious bias; Maggie is scorned by a clergyman and Jimmie
finds organized religion abhorrent. The conventional novels
treated romantic love and the salvation of female honor;
Crane’s heroine is sexually betrayed and falls to the lower
depths. A key scene in the sentimental novel was the slow,
beautiful death of the heroine’s mother; here Maggie herself
dies, off stage, and her drunken, blaspheming mother survives.
The villain in the sentimental novel was generally regenerated
by the heroine’s good influence; Crane’s Pete the bartender
becomes increasingly degraded and ends in a drunken stupor,
mocked by thieving streetwalkers. The essential lesson of the
sentimental novel was that happiness (and wealth) came from
submission to suffering; suffer Maggie does, but the result of
her pangs is only further misery, poverty, and death”13.
Avendo così dimostrato che Maggie smaschera le distorsioni
sentimentalistiche dei bassifondi utilizzate dalla narrativa popolare, Solomon
loda Crane per aver creato una tecnica narrativa innovativa con implicazioni
politiche progressiste.
Anche altri critici enfatizzano il rifiuto da parte di Crane dei valori della
classe media e delle convenzioni morali e letterarie della letteratura degli slum.
Scrive Gullason:
“[Crane] tries to impress on the reader his responsibility for
the existing conditions. He makes the reader see and feel the
slum reality with suffocating closeness […] in order to lead him
from ignorance to awareness”14.
12
Eric Solomon, Stephen Crane: from Parody to Realism (Cambridge, Massachusetts: Harvard
University Press, 1966), pag. 22.
13
Ibidem, pagg. 22-23.
14
Thomas Gullason, “Tragedy and Melodrama in Stephen Crane’s Maggie”, in Stephen Crane, Maggie: a
Girl of the Streets (New York: Norton, 1979), pag. 253.
15
E Walcutt:
“[In Maggie] the discrepancy between the Victorian pieties
and the jungle reality of the world is conscientiously explored.
[…] The story […] presents the exact reality with an intensity
that defies indifference”15.
La presentazione impressionistica della realtà sociale dei bassifondi è stata a
lungo considerata una presa di posizione critica nei confronti non solo della
cultura popolare, ma anche di certi estremi della società capitalista che in quegli
anni coglieva i suoi primi successi di rilievo. Eppure lo stesso Solomon sostiene
che in Maggie non vengono prese affatto in considerazione le cause della
situazione sociale così realisticamente descritta, che “Crane wrote only as an
observer”, e nota “the very absence of any sense of class warfare or economic
motivation on Crane’s part”.16 “Crane makes no judgments about the sources of
the slum mud puddle”. “Unlike the usual run of slum novels, Maggie finds no
cause - not religion, nor class stratification, nor poverty, nor even those
naturalistic staples, coincidence and dark natural forces.”17 Nel romanzo non si
trovano analisi o commenti, ma una presentazione all’apparenza non mediata di
una situazione che viene accettata come un dato di fatto.
Donald Pizer, nel suo saggio sui rapporti tra Maggie e il naturalismo, scrive
che il romanzo presenta molti degli elementi distintivi della narrativa naturalista,
ed in modo particolare l’ambientazione nei bassifondi e il tema della forza
soverchiante dell’ambiente18. Lo stesso Crane pareva aver voluto dare una chiosa
15
Charles Child Walcutt, American Literary Naturalism: a Divided Stream (Minneapolis, Minnesota:
University of Minnesota Press, 1956) pagg. 69-72.
16
Eric Solomon, Stephen Crane: from Parody to Realism (Cambridge, Massachussetts: Harvard
University Press, 1966), pagg. 27-28.
17
Ibidem, pagg. 32-33.
18
Donald Pizer, “Stephen Crane’s Maggie and American Naturalism”, Criticism, a quarterly for
Literature and the Arts, VII (Primavera 1965), pagg. 168-175.