V
esse, spicca anche un’agenzia di stampa, il «SIR», Società per l’Informazione
Religiosa, costituita dalla FISC nel 1988.
Alcuni giornali hanno una storia più che centenaria, nati come fogli di
battaglia, fra gli ultimi decenni del diciannovesimo secolo e i primi del
ventesimo. In gran parte sotto l’egida della stampa intransigente ne condivisero
le scelte di fondo: la difesa dei diritti della Santa Sede e delle libertà della
Chiesa, seriamente minacciati, sul piano nazionale, dai governi liberali e, sul
piano locale, da amministrazioni gestite da forze politiche ostili al cattolicesimo.
È negli anni del secondo dopoguerra che il settimanale cattolico assume
gradualmente una fisionomia originale: quella appunto di settimanale diocesano.
Con la nascita della FISC, avvenuta il 27 novembre 1966, il processo di
trasformazione si accelera; attraverso convegni, elaborazione di documenti,
servizi del «SIS» (Servizio Informazione Settimanali), prima, e «SIR», poi, i
settimanali diocesani intendono presentarsi come strumenti per la crescita delle
comunità diocesane, di opinione pubblica per le comunità locali, con attenzione
prioritaria a leggere la vita della gente, promuovere la crescita religiosa e civile,
a individuare e stimolare le scelte adeguate per un’autentica partecipazione
popolare alla gestione della vita sociale.
Si può ritenere che i cattolici, in momenti diversissimi tra di loro, e in
ambienti altrettanto diversi, hanno trovato utile, se non necessario, dotarsi di un
loro foglio informativo che ne illustrasse e ne amplificasse la presenza e che
servisse da strumento concreto di servizio alla gente sul territorio.
VI
La definizione stessa di “settimanale cattolico” disambigua il ruolo e la
funzione di questo genere di informazione. Essa, infatti, definisce chiaramente il
limite di movimento che è, al tempo stesso, la vera dichiarazione di identità. In
quanto “cattolico”, il settimanale è legato all’ortodossia cattolica cioè a quanto
impegna il cattolico sul piano della fede e della morale. E su questa ortodossia
non ci possono essere equivoci, ambiguità, sbandamenti, riserve. Resta invece
apertissimo il campo per tutto quanto riguarda le realtà temporali, per tutto
l’opinabile, per il rapporto tra il messaggio e la concretezza e varietà delle
situazioni locali, per quella inculturazione della fede che esige tempi e modi
diversi nei diversi spazi umani, per quella animazione delle realtà temporali che
non è riducibile a denominatore comune universale e neppure nazionale e
neppure regionale ma che ha come riferimento quel territorio la cui
connotazione geografica è possibile soltanto dopo la sua identificazione socio-
culturale
1
.
Possiamo dire che attualmente vi sono due tipi di settimanali: un giornale
di appartenenza, soprattutto al Sud, che è sostanzialmente la voce della Chiesa
locale, che si propone di rafforzare l’appartenenza alla comunità ecclesiale di
quanti ne sono già membri: componenti di associazioni, di movimenti, di organi
pastorali. Ha poca professionalità, è di modeste pretese, ha poca pubblicità ed è
destinato solo ai frequentatori delle parrocchie. E c’è un giornale d’informazione
1
Cfr. G. Merola, I settimanali cattolici in Italia, in “Problemi dell’informazione”, giugno
2006, p. 266.
VII
sul territorio, soprattutto al Nord e, in buona parte, al Centro, caratterizzato da
laicità, interessato all’intera realtà sociale, politica ed ecclesiale per interpretarla
da un punto di vista cristiano, il cui obiettivo è parlare con l’intera comunità
cittadina locale, entrare nel concreto dei problemi del territorio con prese di
posizione sui fatti, anche politici, guadagnandosi notevole peso nell’opinione
pubblica locale. È caratterizzato per professionalità, stile, contenuti, pubblicità
ed è destinato, mediante abbonamenti ed edicola, a tutti
2
.
L’identikit di settimanale che la FISC va proponendo è quello di un
settimanale col compito di informare, sollecitare, esprimere ed orientare
l’opinione pubblica della Chiesa
3
. Per la Federazione il settimanale diocesano è
uno degli strumenti mediante cui la Chiesa locale manifesta e vive la propria
esperienza in un determinato momento storico e nel luogo particolare dove è
insediata. Il settimanale diocesano ha, rispetto alla comunità diocesana, il
compito di informare e favorire lo scambio di opinioni su tutti i problemi della
collettività; favorire la partecipazione e l’espressione di tutte le voci della
comunità nel dibattito sui problemi della diocesi; fare emergere sugli
avvenimenti un giudizio ispirato alla luce del Vangelo ed al concreto impegno
dei cristiani.
2
Informazioni sulle differenti tipologie di settimanale cattolico si rintracciano ivi, p. 270.
3
Sin dal 1968 la FISC ha tentato di elaborare un’idea di settimanale con il Documento
programmatico. Cfr. par. 2.4.
VIII
Il presente lavoro ha mostrato fin dall’inizio notevoli difficoltà, soprattutto
per la pressoché totale mancanza in Abruzzo di opere storiografiche basate su
una seria ricerca scientifica, aventi per oggetto non tanto il movimento cattolico
in quanto tale, ma almeno la vita ecclesiale o quella più ampiamente civile
dell’Abruzzo contemporaneo, opere che potessero essere comunque utili a un
primo, seppur approssimativo e provvisorio, inquadramento.
Non sorprenderà dunque rilevare come il piatto ambiente politico cattolico
abruzzese non figuri nelle principali rassegne sui cattolici dell’Italia centrale e
meridionale
4
.
Se dal campo delle rassegne e della storiografia nazionale sul Mezzogiorno
nei suoi aspetti generali di storia della chiesa e del movimento cattolico si passa
a quello più ristretto della letteratura centrata sulla storia civile e religiosa
specifica dell’Abruzzo in età moderna e contemporanea, il discorso cambia: a
parte i diversi e notevoli studi di Raffaele Colapietra
5
, c’è una relativamente
vasta serie di scritti, particolarmente dedicati al periodo del primo dopoguerra e
del fascismo e di cui Luigi Ponziani ha tracciato un profilo critico
6
.
4
Qualche cenno si trova invece nel saggio di S. Tramontin su società e movimento cattolico
nel Sud, Società, religiosità e movimento cattolico in Italia, Roma 1977.
5
Cfr. soprattutto R. Colapietra, Abruzzo. Un profilo storico, Lanciano 1977.
6
Cfr. L. Ponziani, Dopoguerra e fascismo in Abruzzo. Orientamenti storiografici, in “Italia
contemporanea”, n. 164, settembre 1986, pp. 93-103.
IX
Vanno tenuti presenti i primi studi organici sul movimento cattolico
regionale, coordinati nell’ambito del Dizionario storico del movimento cattolico
da Giuseppe Ignesti
7
, autore di diverse voci biografiche ivi raccolte, fra cui
quelle dedicate a personaggi di rilievo e anche a personalità minori ma di
diverso interesse come don Cicioni di Teramo, tra i maggiori fautori de
“L’Araldo Abruzzese” di cui fu anche direttore. Le altre figure biografiche
scelte per il Dizionario storico sono state divise per sezioni provinciali, curate
da Adelmo Marino per quella di Teramo, cui ha collaborato Ottavio Di
Stanislao. Indagini opportune sulla struttura del Partito popolare a Teramo, in
particolare ai suoi inizi e in coincidenza con la mancata presentazione alle
elezioni del 1919, sono state realizzate da Ponziani
8
. Bisogna ammettere che in
definitiva il movimento cattolico abruzzese presenta un quadro frammentario,
spesso apparentemente del tutto slegato dalle vicende del movimento nazionale
e inoltre di totale e quasi voluta emarginazione dai riferimenti culturali e politici
del quadro italiano se non palesemente ignaro dei fermenti culturali allora in atto
nel Paese
9
.
7
Cfr. Aa.Vv., Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, Torino 1981-
84.
8
L. Ponziani, La nascita del Partito Popolare italiano a Teramo e la mancata presentazione
alle elezioni del 1919, in “Trimestre”, a. XV (1982), nn. 1-2, pp.109-123.
9
Cfr. S. Trinchese, Chiesa e ambiente cattolico negli Abruzzi tra la fine dell’Ottocento e la
caduta del fascismo. Appunti, in “Trimestre”, A. XIX (1986), 3-4 p. 213.
X
“L’Araldo Abruzzese” ha impiegato parecchio tempo per trovare la sua
identità di settimanale diocesano. Nei primi decenni “L’Araldo” si presentava
come “periodico religioso-politico”, per diventare poi “organo ufficiale della
curia”, in seguito “settimanale cattolico” e infine “settimanale diocesano”, ma
quasi sempre veniva dal largo pubblico identificato e segnalato come il
“giornale dei preti”
10
.
Nacque per l’esigenza di comunicare con un mondo laicista che voleva
ridurre al silenzio la Chiesa. E svolse bene il suo ruolo critico, non rifuggendo
anche da sottili polemiche, nei primi decenni del secolo specialmente con la
penna incisiva di Don Gaetano Cicioni, ispiratore di fatto della linea del giornale
fino all’ultimo giorno della sua vita. Don Gaetano Cicioni fu l’unico che incarnò
in modo continuativo e per tutta la sua vita “L’Araldo”, anche quando erano
direttori del periodico personaggi illustri come il prof. don Giovanni De
Caesaris, mons. Pasquale Del Paggio, mons. Domenico Valerii, mons. Adolfo
Binni, il prof. don Annibale Ferrari.
Attraversato il periodo burrascoso della seconda guerra mondiale e del
relativo dopoguerra, “L’Araldo” prese la denominazione di “settimanale
cattolico”. A questa trasformazione contribuì l’impulso nuovo dato alla Chiesa
dal pontificato di Giovanni XXIII e soprattutto furono determinanti i mutamenti
che cominciarono ad apparire nella cultura e nella società. Più tardi, “L’Araldo”
10
Cfr. G. Orsini, Prefazione, in Aa.Vv., Cento anni di Araldo Abruzzese. Storie di Chiesa,
società civile, uomini e vicende nell’arco di un secolo, Teramo-Atri 2004.
XI
divenne “settimanale diocesano”, ma solo di nome perché, di fatto, nella mente
dei sacerdoti e dei fedeli restò un periodico religioso-politico redatto dai preti.
Per interpretare la vicenda de “L’Araldo” non si può fare a meno di considerare i
cambiamenti della sua identità.
Si tratta di un periodico diocesano che ha svolto sia un’azione di
informazione, raccontando la vita della Chiesa locale e universale, con il sorgere
e l’affermarsi dei movimenti laicali, che di formazione attraverso
l’approfondimento e la divulgazione dottrinaria, sia di orientamento morale e
politico che di stimolo alla crescita religiosa ed anche civile di una comunità.
La natura stessa del periodico, giornale diocesano, quindi voce della
diocesi e della Chiesa locale, indica già quale sia stata la linea editoriale seguita
da “L’Araldo” dalla nascita ad oggi. Una linea obbligata che naturalmente non
poteva discostarsi dalle scelte e dal percorso compiuto dalla Chiesa italiana in
questo lungo periodo, con le inevitabili particolarità della situazione ambientale
locale e con le sottolineature e le accentuazioni dovute alla sensibilità delle
persone che, nel corso degli anni, hanno avuto la responsabilità del giornale ma
anche e soprattutto dei vescovi che si sono succeduti sulla cattedra di S. Berardo
dagli inizi del Novecento ai giorni nostri.
Adottare a riferimento “L’Araldo Abruzzese” per tracciare un quadro
storico-politico della comunità locale teramana ed abruzzese, significa affidarsi
all’esperienza e al prestigio dell’unica voce presente per tutto l’arco del
Novecento in Abruzzo. Voce di parte, è fuor di dubbio, ma in questo del tutto
XII
leale al ruolo di organo d’informazione chiaramente individuato e riconosciuto
nella sua ispirazione ideologica. Questa scelta sottintende anche un altro assunto
non secondario: la mancanza di alternative per chi volesse cimentarsi nella
ricostruzione delle vicende politiche novecentesche del teramano attraverso lo
sguardo, spesso filtrato, dell’informazione locale. Nessun’altra iniziativa
editoriale ha avuto la forza di occupare un arco di tempo tanto vasto quanto
quello attraversato da “L’Araldo”. Un testimone autorevole, dunque, della storia
politica e sociale della comunità d’appartenenza e per tanto meritevole di essere
preso in considerazione come fonte privilegiata per la sua ricostruzione.
Il lavoro qui presentato si suddivide in quattro sezioni: la prima in cui viene
ripercorsa la storia de “L’Araldo Abruzzese” inquadrandone le vicende e
l’attività in momenti particolarmente importanti della sua esistenza,
specialmente fino ai tragici anni della seconda guerra mondiale. La seconda si
occupa di delineare le linee guida del pontificato di Giovanni XXIII, una delle
più importanti svolte nella storia della Chiesa per la sua forza innovatrice e per
la sua spinta di modernizzazione che ha coinvolto anche i mezzi di
comunicazione legati alla dottrina cattolica. Accanto a questo aspetto, il capitolo
affronta anche la situazione politica abruzzese e teramana in epoca repubblicana,
caratterizzata dalla presenza dominante della Democrazia Cristiana. La terza
parte costituisce il centro ed il fondamento della tesi: l’analisi minuziosa delle
annate del settimanale, rilette e riconsiderate in chiave politica in occasione delle
consultazioni elettorali della “prima Repubblica”. Scopo di tale ricerca è
XIII
delineare i caratteri dell’impegno politico espresso dal giornale, nell’evidenza
della sua impostazione cattolica di partenza che però, soprattutto a partire dagli
anni Settanta, in conseguenza dell’assorbimento dell’insegnamento giovanneo e
dell’assoluta novità della “laicizzazione” del settimanale, porta ad una sempre
crescente autonomia di giudizio sull’applicazione politica dei dettami cattolici,
superando quel collateralismo acritico nei confronti della DC che aveva
caratterizzato fino a quel momento la linea de “L’Araldo”. L’ultima sezione
dell’elaborato è riservata alle conclusioni scaturite dalla ricerca, volte a definire i
tratti dell’impegno politico assunto dall’organo diocesano di Teramo nel corso
degli anni.
È forse superfluo precisare che questo lavoro non intende presentarsi come
definitivo e conclusivo di un filone volto a riconsiderare l’impegno politico del
mondo cattolico teramano, inteso qui sia nella sua componente ecclesiale sia in
quella laicale. Ma il suo obiettivo è principalmente di aprire un varco in tale
argomento da un punto di vista ben definito e dichiarato che è quello dell’organo
ufficiale della Chiesa teramana. Esso potrebbe essere preso come base di
partenza per eventuali ulteriori approfondimenti sull’argomento e chissà che non
possa costituire da stimolo per future indagini storiche, vista anche l’attuale
carenza di opere sul tema con cui ci si è scontrati nella fase di documentazione.
Intendo ringraziare chi mi è stato di supporto nel lungo periodo di
realizzazione della tesi, periodo costellato di non poche difficoltà, superate
XIV
anche grazie a loro. In primo luogo il professor Sergio La Salvia, esempio di
pazienza e comprensione di fronte ad ogni mia esigenza. Un pensiero affettuoso,
inoltre, a tutto il personale della biblioteca provinciale “Melchiorre Delfico” di
Teramo, sempre disponibile ad assecondare ogni mia necessità di studio e di
ricerca.
1. NASCITA E SVILUPPO DE “L’ARALDO ABRUZZESE”
1.1 Chiesa e ambiente cattolico in Abruzzo tra Otto e Novecento
L’ambiente cattolico abruzzese si nutre per tutta la storia unitaria italiana
della ripetizione di formule astratte e non bene assorbite, risalenti sul versante
del cattolicesimo politico a un piano intransigente prima maniera. Tutto ciò
coesisteva da sempre con atteggiamenti di rassegnazione allo status quo e con
una ricerca del compromesso maturata nel tempo in una lunga consuetudine alla
sottomissione al potere, ed era venuto evolvendosi durante il primo ventennio
del Novecento in un clerico-moderatismo più assorbito che voluto e certamente
mai pensato o almeno interpretato in maniera originale
11
.
In tal senso, la presenza politica dei cattolici abruzzesi a partire
dall’attuazione del non expedit sa di passivo conformarsi alle direttive centrali
vaticane. È inoltre da ricordare come i vescovi abruzzesi (e in genere quelli
meridionali), in particolar modo nel periodo tra le due guerre, siano in genere
vescovi formatisi nella stagione di lotta e di reazione al modernismo, per giunta
provenienti da ambienti estranei alla mentalità del Sud, essendo spesso
11
Per questa ricostruzione della situazione abruzzese del cattolicesimo otto-novecentesco cfr.
S. Trinchese, Chiesa e ambiente cattolico negli Abruzzi tra la fine dell’Ottocento e la caduta
del fascismo. Appunti, in “Trimestre”, A. XIX (1986), 3-4, pp. 207-208.
2
settentrionali e comunque formatisi fuori regione, a Roma, sempre ispirati da
una schietta tentazione integrista di ripudio per tutto ciò che è moderno
12
.
Fa eccezione la notevole figura di Nicola Monterisi, vescovo a Chieti dal
1919 al 1929, la cui esperienza trentennale nel suo insieme è stata giudicata da
Gabriele De Rosa come una delle più vivaci e interessanti nella recente storia
della Chiesa del Mezzogiorno
13
. Non a caso Monterisi era stato proprio a Chieti
una delle rare voci di chiesa ad esercitare una qualche forma di opposizione al
dilagante potere del fascismo che andava instaurandosi come regime totalitario.
Si tratta comunque, in Abruzzo, di figure completamente isolate, se non uniche,
incapaci di produrre proseliti su uno scenario di più vasto e quasi immodificabile
conformismo, sia a livello di vertici sia di base, nei confronti del regime fascista.
La condizione di isolamento della regione gioca la sua importanza nel
determinare l’ambiente cattolico abruzzese di cui essa cristallizza talune
peculiarità, evitandone il contatto con esperienze di altre zone: anzitutto un tipo
di pietà a vasta diffusione che si sovrappone a residui di festosità pagane a
livello popolare. Inoltre, l’amministrazione della vita religiosa è affidata a un
clero la cui preparazione rivela un’accentuazione dei forti limiti formativi e delle
rigidità culturali già da altre indagini osservate per varie zone depresse d’Italia.
12
Ibidem.
13
Il giudizio si trova in G. De Rosa, Il movimento cattolico in Italia. Dalla Restaurazione
all’età giolittiana, Bari 1976, p. 366.
3
Eppure taluni mediati riflessi trovano uno spazio, per quanto marginale,
nell’esperienza abruzzese. Sul piano esterno, l’organizzazione della dottrina
sociale e l’impianto di un partito “cattolico” avrebbero comunque trovato,
magari passivamente o del tutto in negativo, una conferma a livello di
esperienza politica. Sul piano interno, il tentativo di ricristianizzazione avveniva
attraverso il più rigido controllo dei seminari con una severa vigilanza sulle
forme di pietà e l’adozione di modelli ascetici controriformati anche in seguito
alla crisi modernista, la quale non pare aver avuto alcuna eco nella regione
14
.
Se ora spostiamo la nostra attenzione all’impegno politico e sociale dei
cattolici in Abruzzo, occorre riflettere su alcuni punti: il collegamento tra
movimento cattolico locale – con tutte le cautele nell’uso di tale definizione, il
cattolicesimo politico abruzzese apparendo estremamente slegato e isolato – e
Opera dei congressi è praticamente inesistente e quel poco che se ne riesce a
enucleare con chiarezza è affidato a contatti episodici o personali e non presenta
volontà politica non diremo autonoma ma neppure originale o originalmente
meditata. Per tutto l’Ottocento si assiste ad un notevole ritardo nella formazione
dei gruppi e dei comitati cattolici, mentre l’azione dell’Opera dei congressi è
praticamente assente.
14
Cfr. S. Trinchese, Chiesa e ambiente cattolico negli Abruzzi, cit., pp. 214-215.