6
interessi coinvolti in tali licenziamenti, delle varie fasi di scelta dei lavoratori
da licenziare, dei diritti del sindacato in tali procedure e delle violazione delle
stesse, cercando di approfondire alcuni delicati problemi legati
all’informazione che in alcuni casi sembra forse “del tutto assente” o di non
semplice applicazione e comprensione da parte dei soggetti coinvolti. Il terzo
capitolo, in ultimo, sarà dedicato ai diritti d’informazione nei trasferimenti
d’azienda, importante per rendere i soggetti collettivi partecipi delle scelte
fatte sull’assetto proprietario: verranno ripercorse le tappe inerenti i
requisiti dimensionali, i destinatari e i contenuti di tali informazioni, il campo
di applicazione e la decorrenza dei termini, punti di fondamentale interesse
in un mondo come quello del lavoro dove l’informazione dei soggetti
partecipanti alle varie attività produttive deve sempre essere garantito e reso
accessibile a tutti.
7
CAPITOLO PRIMO
DIRITTI DI INFORMAZIONE E DI
PARTECIPAZIONE DEI
LAVORATORI ALLA GESTIONE
DELLE IMPRESE
1. I DIRITTI DI INFORMAZIONE
1.1. Premessa e inquadramento degli istituti: i diritti di
informazione e il rapporto individuale di lavoro nelle
fattispecie legali.
In ambito giuslavoristico la discussa categoria dei diritti di informazione
1
si
connota con tratti all’atto peculiari, assumendo una notevole rilevanza
operativa sia sotto il profilo del rapporto individuale sia per ciò che attiene
alle dinamiche contrattuali tra attori collettivi. Nella relazione intersoggettiva
di scambio il flusso informativo tra le parti svolge sostanzialmente un ruolo
di garanzia, a salvaguardia di interessi non direttamente riconducibili
all'area economica di debito/credito bensì afferenti alla sfera personale
dell'altro contraente. In termini di teoria dell'obbligazione ci muoviamo
evidentemente nel campo dei cosiddetti doveri di protezione (o di sicurezza)
che sorgono in funzione di un interesse, di protezione appunto, distinto da
quello di prestazione in quanto avente riguardo a beni, come l'integrità
personale, non dedotti in obbligazione ma suscettibili di pregiudizio a causa o
1
Vedi in merito: Paladin G., Problemi e vicende della libertà di informazione nell’ordinamento
giuridico italiano, in Paladin G., (a cura di), La libertà di informazione, 1979, Torino, p. 1 ss.
8
in occasione dello svolgimento del rapporto contrattuale
2
. Pervero, la
discussione sul tema non prospetta unanimità di consensi specie per quanto
concerne la natura giuridica degli obblighi in questione. Da una parte si
ritiene infatti che vincoli collaterali di tal fatta derivino in virtù del principio
di buona fede e correttezza in funzione integrativa, accedendo al rapporto
obbligatorio e riequilibrando la dimensione prettamente mercantile (o di
scambio) a favore di quella «per così dire 'sociale', che tenga conto di
interessi riguardanti l'integrità personale o la sfera del partner contrattuale».
L'opinione contraria, che nega alla buona fede il carattere di fonte
integrativa autonoma, capace di dar vita — sia pure in via soltanto
sussidiaria — a particolari diritti od obblighi, fa leva sulla natura della
prestazione per ricondurre le obbligazioni accessorie — che costituiscono il
cosiddetto rapporto di cornice e tra le quali sono quindi da annoverare gli
obblighi di protezione — a particolari momenti nei quali si specifica la
prestazione principale valutata secondo diligenza. Alle perplessità
sull'asserita funzione integrativa del principio di correttezza e buona fede si
aggiungono le riserve suscitate dalla constatabile esistenza di più specifiche
norme nelle quali tale funzione risulterebbe ex se soddisfatta tramite
l'esplicita previsione di particolari doveri di protezione o sicurezza. Questi
ultimi costituirebbero quindi niente più che tipiche specificazioni
dell'obbligazione ovvero semplici limiti formali riguardanti l'esercizio di un
diritto, non immediatamente traducibili dalla normativa di correttezza ma
esplicitamente previsti da singole disposizioni di legge . Quest'ultimo ordine
di valutazioni non sembra convincente. Da un lato, infatti, l'accoglimento di
tale orientamento comporterebbe una valutazione della condotta del solo
debitore (art. 1176 cod. civ.), laddove, viceversa, il carattere di naturale
reciprocità degli obblighi di buona fede ben si attaglia alla figura di un
autonomo rapporto bilaterale di protezione. Rapporto che, per altro verso,
non deve intendersi appiattito in senso meramente formalistico sul principio
2
Per approfondimenti: Mengoni R., Sulla natura della responsabilità precontrattuale, in Riv giur.
lav., 1956, II, p. 364.
9
di reciprocità delle regole di buona fede e correttezza giacché anzi, in
condizione di disparità sostanziale, l'instaurazione di uno specifico rapporto
di informazione profila un'incidenza della relativa attività doverosa «in
maniera diversa sulle parti o addirittura unilateralmente» . Non persuasivo
appare inoltre il riferimento all'esistenza di esplicite norme di legge relative
ad obblighi di protezione, poiché non si può certo escludere l'ipotesi che, in
altri casi non espressamente disciplinati, sorga la necessità di individuare
obblighi di tal fatta per via interpretativa o per autonoma determinazione
delle parti. Per quanto concerne infine la riconducibilità degli obblighi
accessori al contenuto della prestazione principale, appare evidente come tale
operazione possa in effetti valere per quei doveri strumentali indispensabili ai
fini dell'attuazione di quella prestazione (obblighi di prestazione), non già per
giustificare la presenza di obblighi di protezione, di sicurezza, di avviso e di
informazione che di per se stessi costituiscano già dei comportamenti e non
delle semplici modalità attuative della prestazione dovuta. In tale prospettiva
si pongono, in particolare, le obbligazioni accessorie che gravano sulle parti
sub specie di informazioni, comunicazioni, avvisi, la cui matrice comune viene
generalmente identificata in una specificazione del principio generale di
correttezza ovvero ricondotta nell'area della cooperazione creditoria.
Obblighi di questo genere caratterizzano anche il rapporto di lavoro e
debbono essere distinti, con riguardo alle funzioni cui sono destinati, tra
quelli posti a carico del creditore della prestazione, ovvero, del debitore di
opere: come accade, ad esempio, laddove il lavoratore anche in assenza di
specifiche disposizioni contrattuali è tenuto a comunicare tempestivamente le
cause impeditive dell’adempimento dalle quali, in deroga ai principi
generali, non derivi la risoluzione del contratto ma un regime di sospensione
del rapporto (art. 2110 cod. civ.)
3
.
Nel quadro della complessa vicenda obbligatoria derivante dal contratto di
lavoro subordinato alcune norme, di origine legale o contrattuale, prevedono
altrettanti obblighi (od oneri) di informazione a carico dell'imprenditore.
3
In: Cass., 26 marzo 1984, n. 1977 in GC, 1984, I, c. 2170 ss.
10
Tuttavia, le scarni previsioni tipizzate nel codice civile presentano uno scarso
rilievo sostanziale, a testimonianza della deliberata svalutazione da parte del
legislatore del 1942, «della dignità del prestatore di lavoro in quanto tale;
rispetto a quella di qualsiasi altro operatore economico». E tale lacuna è
parsa tanto più grave a fronte di una asimmetrica valutazione della vicenda
obbligatoria integrata da molteplici doveri di protezione specie a latere
debitoris, laddove obblighi di avviso o comunicazione, di custodia e di
preparazione all'adempimento specificano il comportamento richiesto al
lavoratore alla stregua di correttezza e buona fede
4
. Le norme del codice che
configurano specifici obblighi di informazione a carico dell’imprenditore si
riducono alle disposizioni di cui agli artt. 2101, 3° co. cod. civ., 2109, 3° co.
cod. civ. e 96 disp. att. cod. civ.. Con la prima si prevede l’obbligo di
comunicare preventivamente al lavoratore «i dati riguardanti gli elementi
costitutivi della tariffa di cottimo, le lavorazioni da eseguirsi e il relativo
compenso unitario», nonché successivamente «i dati relativi alla quantità di
lavoro eseguito e al tempo impiegato» (art. 2103, 3° co. cod. civ.)
5
. I cottimisti
sono così posti in grado di controllare l'esattezza del calcolo della
retribuzione che gli viene corrisposta, mentre l'imprenditore ha l'onere di
una preventiva programmazione delle tecniche di produzione, ciò che
legittima il lavoratore al rifiuto della prestazione o alla pretesa di una
maggiorazione retributiva qualora la materia prima risulti diversa e di più
difficile lavorazione
6
. Data la discrezionalità imprenditoriale di operare
ulteriori modificazioni nella determinazione delle tariffe in virtù di
«mutamenti nelle condizioni di esecuzione del lavoro» (art. 2101, 2° co. cod.
civ.), il sindacato ha cercato di acquisire alcuni diritti di informazione e di
esame congiunto circa i criteri generali dei sistemi di cottimo in vigore, i
metodi di rilevazione dei tempi, i coefficienti di maggiorazione, i metodi di
4
Si veda in tal senso: Sanseverino R., Diritto del lavoro, Padova, 1976.
5
Sul tema vedi: Ghezzi G., Il rapporto di lavoro, Bologna, 1987, p. 214.
6
Vedi sull’argomento in: Rabaglietti D., Cottimo, in Enc. dir. 1962, p. 277.
11
calcolo dell'utile di cottimo, l'introduzione di nuovi sistemi di cottimo
7
.
Nell'ambito delle forme di retribuzione ad incentivo, analoga misura
difensiva è rappresentata dalla comunicazione dell'entità del fatturato, ove
questo sia assunto a base di calcolo per il premio di produzione o di
produttività. La verifica del collegamento tra quota del salario variabile e
raggiungimento di obiettivi prefissati diventa più difficile laddove si tratti di
accordi di redditività o di accordi cosiddetti bilanciati (con indici composti di
produttività e redditività), che utilizzano indicatori influenzati da operazioni
di politica aziendale (investimenti, finanziamenti, accantonamenti ecc.). In
questi casi la possibilità di controllo dipenderà dal tenore delle clausole
contrattuali aziendali, più o meno idonee a rendere accessibili e facilmente
reperibili agli interessati e alle loro organizzazioni sindacali le informazioni
relative alle formule retributive in questione ed ai parametri utilizzati
8
.
Tipicamente coordinato con l'obbligazione principale del datore di lavoro è
poi il dovere di comunicazione (rectius di consegna) all’atto della correspon-
sione della retribuzione, del prospetto paga analitico delle voci che
compongono la struttura della retribuzione stessa, imposto dalla legge
5-1-1953, n. 4, ciò che consente la certificazione dei vari elementi compositivi
della retribuzione e il computo esatto delle somme erogate. L'obbligo per il
datore di lavoro di comunicare preventivamente al lavoratore il periodo
stabilito per il godimento delle ferie costituisce il secondo caso di diritto
all'informazione codificato (art. 2109, 3° co. cod. civ.). L'interesse del
lavoratore alla programmabilità delle modalità di godimento del riposo an-
nuale esclude con sicurezza che tale obbligazione possa dirsi adempiuta
qualora la comunicazione venga effettuata senza un congruo preavviso o
comunque non in tempo ragionevolmente utile per l'organizzazione delle
ferie da parte del dipendente. La previsione di cui all'art. 96 disp. att. cod.
civ., per il quale l'imprenditore deve «fare conoscere al prestatore di lavoro,
7
Vedi per approfondimenti in: Veneziani D., Roma F., Regolamentazione del lavoro a cottimo, in
Carinci F. (a cura di) Commentario del contratto collettivo dei metalmeccanici dell’industria
privata, 1989, Napoli, p. 352.
8
Vedi in tal senso: Carinci F., Effetti e problemi della variabilità salariale, UTET, 1990, p. 426.
12
al momento dell'assunzione, la categoria e la qualifica che gli sono assegnate
in relazione alle mansioni per cui è stato assunto» costituisce un obbligo
autonomo di informazione sulla classificazione delle mansioni del lavoratore,
la cui ratio va ricercata nella dissociazione, tipica del contratto di lavoro, tra
volontà negoziale e contenuto del negozio in quanto eterodeterminato da fonti
materialmente o formalmente estranee alla volontà delle parti. Oggetto della
comunicazione è quindi il raggruppamento contrattuale dal quale sia dato
desumere le condizioni e il trattamento del lavoratore, da effettuarsi in un
momento logicamente, se non temporalmente, successivo alla formazione
dell’accordo: l'informazione svolge essenzialmente una funzione di
rafforzamento, «attraverso la conoscenza di dati essenziali del rapporto, della
certezza di adempimento delle obbligazioni da esso nascenti.
Rimanendo nella disciplina del codice civile è da ricordare inoltre l'art. 2102
cod. civ. il quale, pur non prevedendo espressamente un obbligo di
comunicazione, si riferisce a quella forma di retribuzione (menzionata
nell'art. 2099, 3° co. cod. civ.), totalmente o solo parzialmente partecipativa
spettante al prestatore di lavoro "in base agli utili netti dell'impresa e, per le
imprese soggette alla pubblicazione del bilancio, in base agli utili netti
risultanti dal bilancio regolarmente approvato e pubblicato». Appare
evidente dal tenore della norma la sussistenza di un diritto del lavoratore
all'informazione circa il risultato economico dell'attività di impresa, sia
questa soggetta o meno alla pubblicazione del bilancio. In un caso si tratta
infatti di adempiere alla pubblicazione del bilancio con relativo obbligo di
certezza e veridicità, nell'altro di un comprensivo obbligo di informazione
circa gli elementi (utili) che determinano l'entità della retribuzione. La
dottrina ha inoltre sostanzialmente equiparato la posizione del prestatore di
lavoro con retribuzione quotativa a quella dell'azionista, individuando una
serie di diritti di informazione e di ispezione del lavoratore per certi versi
affini a quelli riconosciuti agli azionisti ex art. 2261 cod. civ
9
. Un altro
importante diritto del lavoratore, è quello di ricevere un’accurata
9
Vedi in: Ferri G., Partecipazione agli utili, in Enc. dir., Milano, 1982, p. 16.
13
informazione nel caso di licenziamenti individuali. L’art. 2 della legge n. 604
del 1966 (novellato ex art. 21 n. 108 del 1990) obbliga l’imprenditore a
comunicare per iscritto il licenziamento al lavoratore, mentre questi può
chiedere entro 15 giorni dalla comunicazione i motivi che hanno determinato
il recesso: in tal caso l’imprenditore deve, nei sette giorni dalla richiesta,
comunicare i motivi per iscritto al lavoratore, assolvendo in tal modo ad un
onere la cui inosservanza viene sanzionata con l’inefficacia del
licenziamento
10
. Analoga struttura dell’obbligo di motivazione del
licenziamento assume il dovere di informazione in caso di trasferimento del
lavoratore, desumibile dalla locuzione “comprovate ragioni tecniche,
organizzative e produttivi” (art. 2103 cod. civ.) la cui presenza legittima sul
piano sostanziale l’esercizio del relativo potere. Un dovere di correttezza e di
informazione a carico del datore di lavoro discende inoltre dalla previsione
dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori in tema di sanzioni disciplinari. La
norma stabilisce l’obbligo di esteriorizzazione e comunicazione mediante
affissione nel luogo a tutti accessibile del codice disciplinare aziendale, la cui
mancanza, non eludibile con mezzi equipollenti, determina la nullità delle
sanzioni eventualmente erogate. Non ultimo va citato il D. lgs. 06/02/2007 n.
25 il quale individua il quadro generale in materia di diritto d’informazione e
consultazione dei lavoratori nelle imprese o nelle unità produttive situate in
Italia. Tali modalità sono stabilite dal contratto collettivo di lavoro in modo
tale da garantire comunque l’efficacia dell’iniziativa, attraverso il
contemperamento degli interessi dell’impresa con quelli dei lavoratori e la
collaborazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, nel
rispetto dei reciproci diritti ed obblighi. Ai fini del presente decreto
legislativo si intende per: 1) “impresa”: le imprese pubbliche e private situate
in Italia, che esercitano una attività economica, anche non a fine di lucro;
2) “datore di lavoro”: la persona, fisica o giuridica, che esercita un’attività
economica organizzata in forma di impresa, anche non a fine di lucro,
conformemente alle leggi ed ai contratti collettivi di lavoro; 3) “lavoratore”:
10
Per approfondimenti: Napoli T., La stabilità del rapporto di lavoro, Milano, 1980, p. 273.
14
chiunque si obblighi mediante retribuzione a collaborare nell’impresa,
prestando il proprio lavoro, intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la
direzione dell’imprenditore; 4) “informazione”: ogni trasmissione di dati da
parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori, finalizzata alla
conoscenza ed all’esame di questioni attinenti all’attività di impresa;
5) “consultazione”: ogni forma di confronto, scambio di opinioni e dialogo
tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro su questioni attinenti
all’attività di impresa. Il presente decreto si applica a tutte le imprese che
impiegano almeno 50 lavoratori. I lavoratori occupati con contratto a tempo
determinato sono computabili ove il contratto abbia durata superiore ai nove
mesi. Il presente decreto non pregiudica eventuali procedure specifiche di
informazione e consultazione già esistenti nel diritto nazionale al momento
della data di entrata in vigore, applicabile ai datori di lavoro che perseguono
direttamente e principalmente fini politici, di organizzazione professionale,
confessionali, benefici, educativi, scientifici o artistici, nonché fini
d’informazione o espressione di opinioni. I contratti collettivi definiscono le
sedi, i tempi, i soggetti, le modalità e i contenuti dei diritti di informazione e
consultazione riconosciuti ai lavoratori. Tali diritti riguardano: l’andamento
dell’attività d’impresa, nonché la sua situazione economica; la situazione
dell’occupazione nell’impresa, le decisioni dell’impresa che siano suscettibili
di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro. La
consultazione avviene secondo modalità di tempo e contenuto appropriato
allo scopo, tra livelli pertinenti di direzione e rappresentanza in funzione
dell’argomento trattato, sulla base delle informazioni fornite dal datore di
lavoro, in modo tale da permettere ai rappresentanti dei lavoratori di
incontrare il datore di lavoro e di ottenere una risposta motivata
all’eventuale parere espresso. Un cenno a parte merita la materia relativa
all’obbligo di sicurezza. È chiaro comunque che nella doverosa attività
diretta alla tutela dell’integrità del lavoratore e nella disposizione dei mezzi
idonei a tal scopo emerge, tra l’altro, un comprensivo dovere di
informazione di avvertimento, peraltro tipizzato nella normativa in materia
15
di igiene e sicurezza
11
. Ci si riferisce in particolare, alla più analitica
disciplina della tutela dell’integrità fisica del lavoratore che prevede l’obbligo
gravante sugli imprenditori, di rendere edotti i lavoratori dei rischi specifici
cui sono esposti e di portare a loro conoscenza le norme essenziali di
prevenzione mediante affissione negli ambienti di lavoro di estratti di
regolamento prevenzionistico.
1.2. Gli sviluppi dei sistemi di informazione
Gli sviluppi dei sistemi di informazione confermano la tendenza ad una
generale formalizzazione-istituzionalizzazione degli strumenti partecipativi,
nel quadro di prassi collettive improntate ad un più marcato orientamento
collaborativo e alla ricerca di più stabili regole di condotta. Numerose
indicazioni testimoniano in questo senso. L'effetto diffusivo del Protocollo
IRI ha infatti generato una ricca tipologia di intese che riguardano non solo
le imprese a partecipazione statale (protocolli EFIM, GEPI, ENI)
12
, ma anche
quelle private (Protocollo Confindustria), sul comune presupposto che una
logica di relazioni industriali cooperative oltre a fondarsi sulla
predisposizione di procedure per la prevenzione del conflitto deve inserirsi in
un quadro di rapporti caratterizzato da relazioni continue non soltanto
contrattuali ma anche di informazione-consultazione preventiva. A livello
nazionale di categoria, la parte prima dei contratti, si arricchisce, di soluzioni
che vanno da un semplice ampliamento quantitativo e qualitativo
dell'informazione-esame congiunto (su materie quali l'andamento del
mercato internazionale e nazionale, l'andamento dell'occupazione giovanile
in rapporto alla disciplina sui contratti di formazione e lavoro, l'andamento
dell'occupazione femminile con le relative possibili azioni positive da
promuovere, problematiche connesse con l'inserimento lavorativo di
11
Sull’argomento vedi: Mazzotta L., Diritto alla salute e decentramenti produttivi, in Busnelli,
Breccia (a cura di), Tutela della salute e diritto privato, 1979, Milano, p. 189.
12
Vedi in: Ricci T., Informazione e consultazione nella contrattazione collettiva, cit., p. 23.
16
lavoratori extracomunitari e di lavoratori portatori di handicap, condizioni
ambientali ed ecologiche ecc.); alla previsione di nuovi livelli di informazione
all'abbassamento del tetto numerico previsto dai contratti quale condizione
per gli obblighi informativi, sino alla creazione di osservatori per la raccolta,
lo scambio e l'esame delle informazioni a vari livelli (nazionale, regionale,
comprensoriale e di grande insediamento) e all'istituzione di comitati
bilaterali permanenti per favorire lo scambio di informazioni e per la
consultazione su materie determinate. Ciò che colpisce del nuovo scenario, in
sostanza, è la valorizzazione delle norme procedurali e l'estensione di
istituzioni bilaterali che pongono peraltro la necessità di evitare sovrap-
posizioni e/o duplicazioni di sedi e di previsioni in materia di informazione
con l'adozione di opportuni raccordi. Così, ad esempio, nei settori ove
operano le istituzioni bilaterali previste dai protocolli IRI e EFIM, i contratti
di categoria sanciscono un assorbimento dei diritti ed obblighi disciplinati
nella parte prima, per le stesse materie e con gli stessi soggetti, da parte dei
comitati
13
. Non sempre, inoltre, le competenze degli osservatori sono
alternative rispetto al sistema di informazione, bensì integrative. E chiaro,
comunque, che l'istituzione di organismi bilaterali quali gli osservatori tenda
ad accertare, nel complessivo sistema dell'informazione, i profili più
spiccatamente concertativi, ridimensionando le previsioni relative al puro e
semplice flusso informativo: il cui effettivo funzionamento sembra
rappresentare, in questi casi, «più il rispetto formale di una clausola
contrattuale che un elemento realmente utile nelle decisioni da assumere».
Prendendo a riferimento il contratto collettivo nazionale dei metalmeccanici
privati (14-12-1990) è esemplare il rafforzamento della precedente previsione
(introdotta con il rinnovo del 1987) sulla banca dati delle nuove tecnologie,
che si trasforma in «Banca dati per l'analisi congiunta della situazione
economico-sociale dell'industria metalmeccanica», finalizzata alla raccolta ed
elaborazione «degli elementi quantitativi necessari ad un confronto e ad una
13
Per approfondimenti vedi: Bellardi R., Contrattazione di categoria nell’industria, in Le relazioni
sindacali in Italia, cit., p. 147 ss.
17
verifica sistematica su temi di rilevante interesse reciproco», con previsione
di un incontro annuale i cui risultati verranno discussi in un apposito «work-
shop» annuale (art. 1); nonché la costituzione, in via sperimentale e riservata
ad alcune aree territoriali, di organismi paritetici per lo studio e l'esame della
situazione economico-sociale del settore. Detti organismi si riuniranno di
norma due volte all'anno, potranno avvalersi di strutture professionali
esterne, ed affronteranno materie relative all'andamento dell’occupazione,
relazioni sindacali nel settore, andamento degli orari di fatto, andamento dei
salari di fatto, formazione professionale e questioni ambientali (art. 2). Con
tale previsione il C.C.N.L. in esame sembra allinearsi alla tendenza,
precedentemente accennata, relativa alla costituzione di istituzioni bilaterali
già presenti in molti altri contratti, con la dichiarata finalità di promuovere
corrette relazioni industriali, individuando scelte capaci di risolvere i
problemi settoriali e di orientare in tal modo l'azione dei propri
rappresentanti. Caratteristica di questa tendenza, che conferma la spinta
degli attori collettivi in favore di un sistema più stabile, istituzionalizzato e
cooperativo di relazioni industriali, è la rammentata previsione e costituzione
di «osservatori nazionali», volti ad analizzare e valutare con la periodicità
richiesta dalla natura dei problemi in discussione, le questioni suscettibili di
avere incidenza sulla situazione complessiva del settore interessato, fornendo
«una comune base di riferimento per le valutazioni delle parti nell'elabo-
razione delle proprie linee di politica contrattuale»
14
. Nel caso del contratto
collettivo nazionale della “chimica privata”, l'osservatorio consente un
confronto congiunto articolato su più livelli (settoriale, territoriale, per
gruppi industriali con oltre 1000 dipendenti e unità produttive con oltre 500
dipendenti) che coprono un ambito estremamente vasto di materie;
un'apposita sezione viene dedicata ai problemi dell'ambiente e della
sicurezza.
14
Vedi sul tema: Pagano L., Osservazioni in tema di tutela giudiziale dei diritti sindacali di
informazione, in Riv. giur. lav., 1982, II, p. 704.