5
secondo approcci diversi, che ne individuano cause differenti a seconda degli statuti
metapsicologici e delle relative teorie eziologiche di riferimento , ma che hanno un
punto in comune, quello di individuare nell’incapacità di sentire e soffrire le
emozioni nella mente, l’origine di queste patologie organiche definite
psicosomatiche. Nel descrivere, storicamente, un’atavica quanto resistente scissione
corpo-mente, radicata nella filosofia, biologia e psicologia e nel discutere di un
superamento di approcci scissionistici, si parlerà delle terapie corporee e della
concomitante scissione mente/corpo nel soggetto malato, nella filosofia e nella
psicologia, nella scienza in toto e della teratogena scissione corpo-mente anche a
livello “terapeutico”; si discuterà di un corpo visto solo come specchio dell’anima,
ma anche di una mente dimenticata quando ci si approccia riduzionisticamente solo
al corpo e di come, quindi, sia difficile analizzare le problematiche mente/corpo
riproponendo nella terapia lo stesso bug che si presenta nell’individuo malato: una
scissione, una non comunicazione mente/corpo.
Ritornare alla salute è ritornare ad unire nell’individuo mente e corpo, ma è possibile
attraverso terapie scissionistiche?! Insomma, descriviamo un paradosso, attraverso
un percorso speculativo in cui a un corpo malato, spesso, si affianca anche una
scienza malata. Dalle difficoltà, quindi, di una terapia anche corporea che non venga
a una matura concezione dell’unità corpo –mente e dell’analisi dei vissuti del
soggettivo del corpo, al procedere verso una psicoterapia integrata che possa, invece,
conciliare un operare etico sul corpo con un operare etico sulla mente in una visione
complessa dell’eziologie e della causalità dei problemi e delle malattie, in una teoria
sistemica dell’uomo e della terapia! Una psicoterapia integrata e un approccio
psicodinamico che parta dal corpo con gli approcci di Ajuriaguerra e di Sami ali sono
6
l’argomento dell’ultimo parte, con riflessioni riguardo alla psicoanalisi che si occupa
del simbolico, della psicomotricità che si occupa del corpo reale, alla ricerca e alla
scoperta di un approccio nuovo metapsicologico, che possa fare del corpo proprio,
l’oggetto del suo campo investigativo-diagnostico e terapeutico. Presenterò l’analisi,
il tentativo di studio anamnestico e terapeutico di alcuni casi clinici, che presentano
delle malattie organiche-psicosomatiche e che quindi presentano una malattia del
corpo reale , dovuta a una somatizzazione dello stesso per incapacità di somatizzare e
pensare la malattia e le emozioni; il tentativo terapeutico di ri-somatizzare la fantasia,
di pensare le emozioni, in maniera tale che non agiscano più teratogenamente nel
corpo, di risentire e risoffrire il corpo, vivere il corpo nella mente, attraverso una
terapia che operi sul corpo e sulla mente insieme, sul corpo reale e sul corpo
immaginario, che operi sull’uomo. Un percorso,dunque, che parte dall’unità del
corpo/mente nel bambino per passare attraverso la scissione patologica, e teratogena
di alcune terapie, fino alla psicoterapia corporeo-verbale integrata per un’analisi
circolare e complessa dell’uomo.
7
I Origine e Sviluppo della Soggettivà
1.1 Vita prenatale e nascita biologica
La vita prenatale del bambino è una pura combinazione naturale e fluidità
corporale dell’uno e dell’altro(Martin Buber)
Il feto si trova, quindi, in una naturale simbiosi con la madre; all’interno
dell’involucro fetale non si abbisogna di alcuna mente che funzioni, perchè è già
tutto preordinato biologicamente e, per quanto si cominci sperimentalmente a parlare
di un protofunzionamento mentale, il bambino è, ancora, un organismo totalmente
dipendente dalle regolazioni fisiologiche della madre e vive in un ambiente protetto,
che lo coccola, lo riscalda, lo protegge, lo nutre: la placenta! L’impressionante
cesura (Freud, 1925) : la nascita, è un’inevitabile dramma se non un trauma, come
sostennero Rank (1913) e Ferenczi (1924), un dramma fisiologico perchè
corrisponde allo sconvolgimento del funzionamento precedente. Si passa da una
situazione completamente protetta e costante a una situazione contraria, attraverso
una serie di improvvisi mutamenti che intervengono in modo visibile nel
8
funzionamento fisiologico dell’organismo e nell’ambiente circostante: il pianto , le
escrezioni, i processi digestivi, la perdita di confini del confine limitante del
funzionamento corporeo, l’aria invece del liquido amniotico, la diversità e
discontinuità del contatto fisico e un ambiente, insomma, poco strutturato. Ma, come
tutti i cambiamenti rappresentano un rischio, sono anche un’opportunità, e per
l’infante rappresentano l’opportunità di crescere, l’opportunità di vivere e diventare
adulto!
Il bambino, alla nascita, quindi, è un coacervo di processi neurofisiologici riflessi,
“una manciata di anatomia e fisiologia e a questa si aggiunge il potenziale di
evolvere in una personalità umana” (Winnicott, 1947: pag 51), subisce gli stimoli
frustranti dell’ambiente, stimoli che non sono più ovattati come lo erano nella
placenta, ma si trova con una struttura corporea e un funzionamento mentale simile a
quello prenatale. Insomma, l’ambiente è più complesso, mentre le sue caratteristiche
fisico-mentali sono simili a quelle che erano durante la fase prenatale e, quindi,
ancora insufficenti ad affrontare l’ambiente, rispondendogli efficacemente.
Il neonato non ha nessun senso dei propri effettivi confini corporei e vive, ancora, in
una sorta di fluidità corporale e funzionale con la madre, in una simbiosi con la
madre-ambiente simile a quella vissuta durante il periodo prenatale. Si trova in uno
stato di dis-integrazione, o meglio di non integrazione, spaziale e temporale; è,
insomma, un sistema aperto ancora poco differenziato che la madre sufficentemente
devota (Winnicott 1949) deve aiutare a crescere; è un sistema in evoluzione, un
sistema imperfetto e la madre-ambiente ne è fondamentale mezzo di regolazione dei
processi neurofisiologici ancora incompleti! La suzione, l’attaccamento, il battito
cardiaco e tanti altri biomeccanismi che servono all’infante per sopravvivere sono
9
regolati geneticamente e filogeneticamente, ma evidenze sperimentali (Hofer 1981,
1982,1983) dimostrano come alla genetica si aggiunga il ruolo dell’ambiente, e la
madre “svolge la funzione di regolatore biologico e comportamentale del bambino”
(Hofer, 1978: pag 56) regolandone le funzioni fisiologiche: dalla frequenza cardiaca,
al ritmo sonno-veglia, alla regolazione della temperatura corporea, alla crescita fisica
stessa! Tali processi definiti “processi regolativi nascosti “(Hofer 1981, 1982, 1983)
evidenziano, allora che, la funzione materna è, primariamente, la regolazione diretta
di funzioni fisiologiche che il bambino non è ancora in grado di regolare da sè; la
presenza, allora, di un ambiente non ostile e in particolare di una madre che svolga
un processo di protezione, facilitazione, organizzazione e stimolazione dello
sviluppo, ma anche e sopratutto di regolazione delle funzioni fisiologiche dell’infante
sono, di certo, la conditio sine qua non, per uno sviluppo efficente e non patologico
dell’infante. A questo punto è piu’ facile capire l’assioma winnicottiano There is not
such an infant, per cui si può ben dire che non esista una cosa che si chiami “un
lattante”!
“Se ci mettiamo a descrivere un lattante, dice ancora winnicott, ci accorgeremmo che
stiamo descrivendo un lattante con qualcuno. Il bambino piccolo non può esistere da
solo ma è fondamentalmente parte di una relazione” (Winnicott,1947: pag 49)
Lo sviluppo è un processo che porta dalla dipendenza all’indipendenza,
dall’incapacità a controllare e gestire ottimamente emozioni, pensieri e processi
neurofisiologici alla capacità di far ciò, dall’etero all’autoregolazione e in tutto
questo è indispensabile un “ambiente facilitante” che faccia prima da sistema vicario
a quello deficente del bimbo, poi lo supporti adeguatamente/sufficentemente in un
naturale passaggio da una dipendenza assoluta a una dipendenza relativa sino
10
all’indipendenza e le emozioni rappresentano il mezzo attraverso cui veicolare i
messaggi regolativi!
1.2 Emozioni Corporee
Per Wallon (1976), la naturale necessità in un individuo di comunicare è collegata
automaticamente all’emozione. Il bimbo, dicevamo, non è altro che corpo, non ha un
aspetto logico-cognitivo, di valutazione della realtà: il bimbo ragiona col corpo, con
le emozioni. Ecco, le emozioni sono sempre presenti sin dalla nascita e veicolano i
messaggi fra la madre e il bambino stesso, ed è nella stretta
relazione tono-emozione che pone le base questo dialogare pre-linguistico
infante/mamma (Wallon 1976). Sono due le emozioni che strutturano la corporeità
dell’infante: piacere e dolore, ma ne parleremo ancora come di emozioni corporee o
di reazioni tonico-corporali, perchè manca in questa fase quello che chiamiamo: lo
psichismo!
Le Emozioni presentano 3 versanti (Taylor 1994):
ξ Fisiologico
ξ Motorio-comportamentale
ξ Cognitivo-esperenziale
I livelli fisiologico e motorio-comportamentale sono, inizialmente, privi di una
regolazione cosciente, in quanto, le emozioni, inizialmente, hanno solo un correlato
fisiologico e sono: la sudorazione, la tensione muscolare, i dolori al pancino del
bimbo, le variazioni vegetative. Le emozioni, in questa fase, sono molto vicine alle
11
sensazioni corporee, mancano dell’aspetto cognitivo di cui ci parla Taylor; insomma,
sono legate al corpo ed è attraverso questo scambio emotivo veicolato dal corpo che
si stabilisce il dialogo preverbale mamma/bimbo, che Ajuriaguerra e Wallon(1976)
definiscono dialogo tonico!
I protagonisti di questa fase dello sviluppo sono: le emozioni e il corpo, il corpo e le
emozioni;per Emde, le emozioni sono gli organizzatori dello sviluppo, hanno effetti
di integrazione, organizzazione e sostegno allo sviluppo, le emozioni uniscono fisico
e psichico, hanno un ruolo di sintesi fra presente e passato.
Il bambino non distingue ancora fra una sensazione esterna e interna , se il suo viso
tocca il seno non sa se la piacevole sensazione nasce nel seno o nel viso
stesso(Winnicott,1949), il bambino non distingue fra un dolore provocato da uno
stimolo spiacevole esterno (una forte luce) e uno stimolo interno (fame), sente solo
l’emozione corporea : il dolore accompagnato a stati fisiologici, vegetativi e
muscolari: sudorazione, secrezioni vegetative, tensioni muscolari; Il soddisfacimento
del bisogno invece porta a un’emozione indifferenziata di piacere, con distensioni
muscolari e attivazioni parasimpatiche del corpo.
Il bambino vive in una situazione di ignoranza/ agnosia emotiva: non sa, non
conosce, non concettualizza e/o rappresenta cognitivamente ciò che sta accadendo,
ma sente solo le reazioni del suo corpo e quando il suo corpo è teso per stimoli
esterni o interni, allora, sente un dispiacere quando è disteso, sente piacere , un
rilassamento. La mamma ha il compito di interpretare le cause del disagio e trovarne
i rimedi, sollevando il bimbo da un prolungato stato di tensione dovuto, magari, a un
bisogno (fame, freddo) insoddisfatto e dandogli degli strumenti per capire se stesso
nel futuro. Piacere e dolore , le due protoemozioni o sensazioni prettamente fisiche,
12
per Wallon (1976) sono legate a due stati fisici: tensione e distensione. L’infante
vive, quindi, in una naturale dicotomia ritmica di stadi: sistole/diasistole, nel battito
cardiaco, inspirazione/espirazione, fame /appagamento, a un dolore segue un piacere
e viceversa. Questa ritmicità di stati è prodomo dello sviluppo della soggettività del
bambino ed è, come dicevamo, regolata dalla madre. La madre è holding attiva, che
dialoga attivamente, attraverso il corpo, con il bambino, ne interpreta il disagio e ne
interpreta le gioie. La mamma funge da reverie, da trasformatore degli stati del
bimbo e per far ciò deve sentirne e gli stati affettivi e non potrebbe farlo se non fosse
at on ment (all’unisono) col bimbo, adattando i suoi movimenti a quelli del bambino”
attraverso la sintonizzazione affettiva, che permette alla mamma di esser partner di
un ballo sincro coll’infante, di vivere in una armonia ritmica di scambi sensitivi col
bimbo,che, in parole povere, è il dialogo tonico.
Ciò che chiamiamo sviluppo emotivo è l’integrazione di processi somatici sensoriali
e motori negli schemi emozionali che avviene in questo unica danza della vita e i
disturbi patologici adulti hanno a che fare con carenza di questa integrazione.
.
1.3 Ritmicità alla base della vita
Il ritmo del battito cardiaco, il ritmo dei processi fisiologici, il ritmo delle carezze
(wallon 1976) : il bambino sperimenta i propri ritmi e quelli della madre!
Il ritmo è la base della vita, è anteriore ai concetti di tempo e spazio, anzi sembra
indispensabile precursore di questi. Il bambino non ha un senso di spazio e di tempo,
13
vive in una spazio simbiotico indefinito e nell’infinito. Non ci sono confini spaziali,
nè alcuna considerazione di un passato e un futuro:
Il senso dello spazio e del tempo ”quarta dimensione dell’integrazione sono una
conquista x il bimbo”(Winnicott,1961)!
Il ritmo delle carezze, il ritmico alternarsi di emozioni opposte , mancanza-bisogno-
tensione/pienezza-soddisfazione-distensione, il piacere e dolore, la continuità e la
rottura, caratteristiche di ogni sequenza ritmica , fondano l’idea di tempo. La
presenza/assenza delle sensazioni tattili e cinestesiche nelle interazioni con la madre
è la base perchè il bambino incominci a conoscere i confini della propria pelle e
l’idea di uno spazio corporeo. La monotonia ritmica delle cure, il tempo dell’attesa,
lo spazio metaforico fra la tensione e la soddisfazione concepiscono l’idea di uno
spazio interno e lo spazio psichico in quanto analogon dello spazio fisico permette la
conoscenza dello spazio esterno. “ Via via che i momenti io sono diventano più
frequenti ciò che è non me viene gradualmente sentito come cosa distinta. Qui si
ritrova anche l’inizio di un senso del tempo [...] c’è una sensibilità temporale che
nasce dalla sequenza ricorrente di stati di non integrazione, bisogno, acme,
soddisfazione (frustrazione) e le loro conseguenze.”(Winnicott, 1968).
Nello stesso tempo, è attraverso la motricità e la sensorialità che si strutturano il
tempo e lo spazio; quando il bambino comincia a sentire il proprio corpo, a
camminare , inizia anche a misurare le cose tramite la propria corporeità, sente la
distanza fra sè e la madre e tutti questi indizi sono importanti per strutturare il
tempo e lo spazio; non possiamo, quindi, tralasciare lo studio dello sviluppo
cerebrale e della mielinizzazione, dello sviluppo motorio del corpo reale come base
dello sviluppo delle funzioni psicologiche. Tempo e Spazio, dunque, sono categorie
14
geneticamente predeterminate frutto del mero sviluppo cerebrale biologico, cioè
categorie interne o Nihil est in intellectu quod non fuerit in sensu (locke) cioè non vi
è nulla nella mente che non sia passato attraverso i sensi e la motricità? In una
visione causalistica lineare, le due suddette considerazioni sono fondamentalmente
opposte, ma la vita e lo sviluppo umano, in particolare, sono inscrivibili in una
statuto complesso in cui non esiste la linearità e la derivazione semplice di un
fenomeno da un altro, in cui lo sviluppo non è lineare e la regolazione esterna
modula, influenza, il corpo e lo sviluppo dei processi interni, influenzando pure i
processi genetici e prettamente biologici, in una maturazione progressiva, che si
manifesta come una progressione geometrica in cui ogni nuova integrazione
promuove una serie di possibilità motorie, che , a loro volta promuovono un
affinamento sempre più rigoroso della sensibilità; così la crescita cerebrale è favorita
da un ambiente stimolante, che migliora anche la mielizzazione e lo sviluppo di
connessioni cerebrale che a loro volta permettono la fruizione dell’ambiente, che
determina, ancora, uno sviluppo emotivo e cognitivo facendoci capire come il ”
corpo è al limite fra l’esterno e l’interno”( Sami Ali: 99, 1977). Possiamo pensare
che, in un bagaglio filogenetico e genetico, il ritmo abbia in sè l’idea del
tempo/spazio ma che, solo attraverso la regolazione materna, il ritmo non resti
ripetizione pedissequa, ma diventi suono di vita; il tempo e lo spazio sembrano
inscritti nella biologia dell’ essere umano, ma allo stesso tempo la regolazione
ambientale influenza il dato biologico e, qualunque sia la provenienza esterna o
interna dei concetti di spazio e tempo, è sempre attraverso il corpo e in rapporto ad
esso e alla motricità, che spazio e tempo acquistano significato “Il corpo stesso
funzionando come schema di rappresentazione costituisce il denominatore comune
15
fra spazio e tempo”(ibidem: 100). Ci potremmo riferire a una costruzione secondo
una spirale interattiva dove filogenetico e ritmi di vita, interno ed esterno,
sensorialità e motricità e regolazioni esterne interagiscano e si con-fondono fra di
loro. Il tempo inscritto nel ritmo abbisogna di una regolazione esterna fondamentale
affinchè diventi tempo di vita e così quando il ritmo filogenetico-biologico, non è
legato affettivamente si riscontrano già nell’infanzia fenomeni patologici legati al
corpo: afinalistici dondolamenti ritmici, manierismi, movimenti scoordinati;
riteniamo, dunque, che il tempo e il ritmo legati al corpo diano e prendano significato
assieme a questo. Quando tempo e spazio non sono inseriti all’interno di una
relazione rimangono significati senza significanti che li delimitino e ne diano un
senso, citando Rosolato potremmo dire che la relazione è il significante formale di
tempo e spazio. Così, Sami ali dice a proposito della privazione e dei comportamenti
di depressione anaclitica “Non essendovi alcuna risposta a questa chiamata, l’attività
motoria viene nuovamente abbandonata a se stessa. Azioni che girano in tondo,
diventando progressivamente azioni fini a se stesse. L’immaginario si esaurisce
automatizzandosi mentre il comportamento perde il proprio valore espressivo: Si
possono avere delle sequenze di azioni che si ripetono, chiuse, immutabili ,
meccaniche.Il tempo si coagula, all’infuori del tempo, nella reiterazione
dell’identico” (Sami Ali:98, 1988)
Sembra quindi che la privazione affettiva o meglio regolativa porti a disregolazioni
dei ritmi della vita; la relazione e il ritmo della relazione sono uno zeitstag dei ritmi
del bambino e dell’uomo di cui il bambino è padre
16
1.4 Privazioni affettive e regolative
L’importanza della relazione madre-bambino come meccanismo di regolazione del
milieu interior (ambiente interno) del bambino fu messa in evidenza da studi
osservazionali di Spitz e Wolf, che fra il 1945 e il ‘46 studiarono le sindromi da
ospedalizzazione.
Da osservazioni numerose e ripetute e su confronti fra vari bambini residenti in
orfanotrofi o in istituti con presenza parziale della madre, Spitz e Wolf si resero
conto che, quando le cure erano date in modo anonimo, senza un legame affettivo si
constatavano i vari danni detti ospedalismo: ritardo dello sviluppo somatico, della
padronanza manipolativa , dell’adattamento all’ambiente, del linguaggio, ridotta
resistenza alle affezioni; nei casi più gravi marasma e morte.
Spitz inquadrò questa sindrome all’interno dei disturbi provocati da una perturbata
relazione madre/bambino, parlando di una carenza affettiva totale distinguendola
dalla depressione anaclitica dovuta a privazione parziale. Spitz individuò la genesi
dell’ospitalismo nell’assenza di scambi affettivi e più in generale nell’assenza dell’
oggetto d’amore; oggi, parliamo, anche, di mancata regolazione neurobiologica
come conseguenza dell’assenza della madre e dei relativi danni allo sviluppo
ontogenetico del bimbo.
Laudenslager dimostrò, invece, gli effetti, sul sistema immunitario, della
separazione dalla madre, per 14 giorni, di scimmie lattanti. Le scimmiette sottoposte
al crudo esperimento mostrarono una riduzione della risposta ai mitogeni, il dato
ritornò normale dopo alcuni giorni di ricongiungimento e il
17
ristabilimento di un rapporto normale, ma rimane il dubbio che, se la mancata
regolazione fosse avvenuta per più tempo, gli effetti teratogeni sul sistema
immunitario, sarebbero potuti diventare da transitori a stabili. Dallo stesso
esperimento si ricavò un altro dato importante: anche nelle madri si era riscontrata la
stessa anomalia sul sistema immunitario, ciò ci porta a confermare, ancora, che la
regolazione dei ritmi biologici sta nella relazione e anche la madre è regolata dalla
stessa relazione.
Due studiosi (Harlow, 1966) hanno compiuto un esperimento molto interessante:
hanno fatto scegliere a dei cuccioli di scimmia due "tipi" di mamma. Alcuni sono
stati assegnati a una madre artificiale costituita da una struttura metallica a forma di
scimmia che sostiene un biberon. Altri, invece, venivano messi tra le braccia di
scimmie, altrettanto, artificiali ma ricoperte da stoffa calda e morbida. Ebbene, i
cuccioli privilegiavano enormemente il contatto con la "madre di stoffa",
rifugiandosi da lei quando venivano spaventati; i cuccioli preferivano un con-tatto
caldo e morbido simile a quello di un corpo umano e che presumibilmente fungesse
da regolatore e riuscisse pure a calmare le scimmiette impaurite. La madre,quindi,
non è un “biberon” tramite cui soddisfare il bisogno fisiologico di nutrienti, ma non è
neanche solo un oggetto d’amore ma il regolatore biologico indispensabile per le
funzioni del bimbo. Anche la privazione affettiva del bambino autistico unita a
concause genetiche porta come conseguenze una disregolazione dei ritmi, i classici
dondolii autistici, movimenti coatti e disregolazioni varie del corpo. Biologia e
ambiente mostrano ancora una volta la loro inscindibile interconnessione.