1.IL MARKETING POLITICO
1.1 UNA E PIU’ DEFINIZIONI
Il marketing politico può essere definito come un processo attraverso il quale un
soggetto politico pone in essere una serie di analisi e ricerche al fine di
conoscere una serie di desideri ed aspirazioni dell’elettore per sviluppare un
progetto politico che raccolga il consenso necessario alla conquista del potere
democratico [Vannini G. (1994)].
Troppo spesso capita che il marketing elettorale sia confuso con quello politico
anche se in realtà ne costituisce solamente la parte applicata durante le
campagne ed è appunto per questo che si differenzia per il fatto che l’ottica è
limitata nel tempo e nello spazio, i risultati sono immediati e sono solamente
due: la vittoria o la sconfitta e l’impiego di risorse per raggiungere l’obbiettivo è
naturalmente massimo.
Per tale motivo il marketing elettorale viene definito come l’utilizzazione di
quell’insieme di tecniche proprie della cultura d’impresa da parte di un soggetto
politico in una campagna al fine di massimizzare il consenso su una proposta
[Vannini G. (1994)].
Da tale definizione si nota come manchi una visione a medio - lungo termine
caratteristica invece peculiare del marketing politico.
Numerose sono comunque le definizioni di marketing politico che si possono
trovare e che si caratterizzano per porre gli accenti su particolari a volte molto
diversi.
Ad esempio è interessante la definizione che danno David Quintric e Shroeder
autori del libro “IL MARKETING POLITICO” i quali scrivono che ha per oggetto
l’ottimizzazione del numero dei militanti, dei contributi finanziari e delle adesioni
che devono affluire ad un partito, un programma, un candidato, tramite
l’attivazione di tutti i mezzi necessari per raggiungere un obbiettivo fissato
preliminarmente in funzione delle aspirazioni dell’opinione pubblica
sottolineando come questo strumento sia utilizzato per la soddisfazione dei
clienti/utenti.
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Un’altra definizione particolare la forniscono Butler e Collins dell’Università di
Ulster che ne parlano come lo sviluppo e la diffusione d’idee e opinioni
persuasive su questioni pubbliche o politiche , o su specifici candidati [Butler P.
Collins N., 2004].
Inoltre non va confusa la comunicazione politica con il marketing politico,
anch’essa parte di quest’ultimo.
1.2 UN PO’ DI STORIA
La paternità del termine marketing politico viene attribuita a Stanley Kelley nel
1956 dallo studio della crescente presenza di professionisti della persuasione in
politica [Kelley S. 1956].
Egli usava tale termine per definire la persuasione delle masse, come
strumento di controllo sociale.
Ben presto tale significato perse forza attraverso un’ovvia evoluzione della
materia negli Stati Uniti, il paese nel quale tale disciplina nacque e dove ancora
oggi si possono trovare le maggiori applicazioni di marketing politico.
L’interesse per tale forma di marketing proveniva dalla scientificità dei mezzi
che metteva a disposizione dei candidati, caratteristica sconosciuta all’epoca.
Agli inizi degli anni Ottanta si sono sviluppate due correnti, l’una influenzata dal
marketing applicato alle organizzazioni non commerciali e l’altra dagli studi sulla
propaganda, chiedendosi se il marketing avesse portato qualcosa di veramente
nuovo o se rappresentava comunque una versione rinnovata delle vecchie
attività.
Negli anni novanta si è definitivamente abbandonato il significato di propaganda
e di persuasione delle masse adottando una prospettiva orientata al
consumatore e ponendo gli elettori all’inizio e non alla fine del processo di
produzione delle politiche.
In ultima analisi si nota negli ultimi anni un tendenziale indebolimento dei partiti
poiché questi non sono più in grado di basarsi sugli appelli alla classe, alla
religione e all’ideologia, e sono sempre più spinti ad ampliare le proprie basi di
sostegno in maniera trasversale ai differenti gruppi d’interesse.
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1.3 LE CARATTERISTICHE DEL MERCATO POLITICO
Il marketing politico prevede l’applicazione di una prospettiva di tipo economico
ad un contesto diverso da quello di origine che è appunto la politica.
Il mercato politico è però ben lontano dal poter essere considerato un mercato
di concorrenza perfetta ed il processo di scambio mostra notevoli differenze con
l’atto di acquisto da parte del consumatore.
Ad esempio il prodotto politico è complesso, intangibile e non facilmente
analizzabile dagli elettori mentre nel mercato dei prodotti di consumo i
consumatori percepiscono in modo omogeneo le caratteristiche del prodotto;
inoltre gli stessi produttori politici possono discutere e modificare il prodotto
politico fino, praticamente, a poco prima dell’atto di vendita, il che
significherebbe nel mondo imprenditoriale vedere direttori d’impresa che litigano
sulle caratteristiche dei loro prodotti tra gli scaffali dei negozi, una cosa
impensabile. A tale situazione sono state due differenti risposte da diversi team
di ricercatori, gli uni classificando le caratteristiche del mercato politico per
cercare di creare un modello specifico per questo tipo di attività, gli altri
enfatizzando il concetto di marketing e cercando prove del suo utilizzo nella
prassi dell’organizzazione del modello partitico.
I più importanti ricercatori che seguirono la prima direzione furono Butler nel
1996, Lock e Harris nel 1996 e per ultimo Scammel nel 2004 i quali si rivolsero
allo studio del mercato dei servizi per la maggiore vicinanza e per le numerose
analogie con il mercato politico poiché i servizi intangibili sono notevolmente più
complessi da vendere dei prodotti fisici e la decisione di acquisto di un servizi è
un processo più lento e ragionato.
L’acquirente inoltre non può fisicamente vedere il prodotto che sta per
acquistare e ciò aumenta l’incertezza del processo facendo diventare
l’acquirente fortemente dipendente dall’informazione e costringendolo, in base
al costo/significatività, alla ricerca di fonti informative attendibili.
In tali casi è necessario che il marketing consideri tali transazioni non come atti
unici ma come relazioni di scambio nelle quali il consumatore investe fiducia
mentre il produttore mantiene la sua promessa.
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Un altro obiettivo del marketing sarà naturalmente quello di ridurre l’incertezza
attraverso strategie di costruzione del consenso. Ciò sarà possibile attraverso
una politica d’informazione che porterà alla certificazione dei risultati ottenuti di
fronte al pubblico e all’assunzione di promesse e impegni che devono essere
considerati credibili e realizzabili agli occhi dei potenziali acquirenti.
Dallo studio del mercato dei servizi emerge inoltre l’importanza della
reputazione e dell’immagine pubblica in quanto dopo l’acquisto l’offerente deve
controllare, appunto, lo stato della propria reputazione perché questa può
essere facilmente distrutta se le promesse vengono disattese ed inoltre i costi
di ricostruzione sono considerevoli; basti pensare che ad una analisi delle
elezioni britanniche del 1983 da parte di Heath emerse che per gli elettori
dell’epoca non erano i punti del manifesto programmatico che contavano, ma la
percezione generale del buon nome del partito ed analisi più recenti si stanno
concentrando sul ruolo di leadership confermando tali tesi.
Naturalmente i modelli di voto delle scienze politiche sono poco propensi a
ritenere l’immagine, considerata anche nel suo significato allargato di
reputazione, come elemento centrale; addirittura questo viene visto da Whiteley
come “un evento in grado di distruggere i punti di equilibrio e di stabilità
dell’intero modello [Whiteley P. 1997]. In realtà la scienza politica continua a
cercare le risposte non dove è più probabile trovarle ma dove è più facile
vedere, infatti l’immagine è una variabile che per le sue caratteristiche è poco
propensa ad essere inserita in un modello rispetto ad altre; come ad esempio lo
sono la percezione delle politiche o l’identificazione del partito. Nonostante ciò
dall’analisi del marketing sui servizi emerge che la reputazione è comunque
legata alla percezione dei risultati, della competenza e dell'attendibilità.
Solamente attraverso l’uso della variabile immagine/reputazione si può spiegare
come mai accada che molte persone votino per un partito mentre preferiscono
politiche o fondamenti ideologici di un altro.
Per questo motivo i partiti dovranno essere particolarmente attenti all’immagine
che danno di sé essendo questa l’unica “cosa” di sostanza che un partito può
promuovere di fronte ai suoi potenziali elettori, insieme naturalmente al
programma di governo.
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In questa situazione i media si trovano ad avere una posizione estremamente
importante e si spiega la loro pervasività nel mondo politico rispetto a qualsiasi
altro mercato dei servizi.
I media in tale situazione rendono più complessi i meccanismi di scambio senza
determinarne comunque le dinamiche.
Alla fine, secondo Kircheimer, ciò porterà ad una situazione nella quale il ruolo
del partito diventa analogo a quella di una marca importante di un articolo di
consumo di massa altamente standardizzato di cui si ha universalmente
bisogno [Kircheimer O. (1966)].
Il marketing politico si affida inoltre alle teorie della strategia competitiva e alla
teoria della segmentazione del mercato; in tal modo si spiega la presenza nel
mondo politico del leader, dello sfidante, del follower e del nicher (colui che
sceglie una posizione di nicchia) e le opzioni strategiche dei partiti variano a
seconda delle situazioni appena descritte in cui si vengono a trovare. Ad
esempio il leader può tentare di accrescere la sua percentuale di voti sia
espandendo il mercato totale (aumentando il numero di elettori) sia espandendo
la sua quota di mercato (attaccando gli avversari più piccoli e vulnerabili)
oppure potrebbe scegliere di difendere la sua quota di mercato. Secondo
Collins e Butler i partiti la maggior parte delle volte optano quest’ultima strategia
perché intrinsecamente è considerata meno rischiosa [Butler e Collins (2004)].
Lo sfidante invece può scegliere di raggiungere il suo obiettivo attaccando
direttamente il leader o altri sfidanti o competitor più piccoli. Nel caso in cui il
leader fosse visto come forte e popolare allora lo sfidante sarà costretto a
ridurre le differenze di prodotto.
I nichers invece si rivolgono ad un segmento particolare e tendono alla
produzione di una standardizzazione, ne sono esempi comuni le liste civiche o i
partiti a difesa di minoranze etniche.
Il secondo filone invece si focalizza sull’organizzazione dei partiti e delle
campagne cercando le prove del ricorso al marketing nel loro comportamento,
in particolare valutando in che misura questi hanno fatto propria l’idea del
marketing riguardante il focus sul consumatore.
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