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Parte 1
IL QUADRO NORMATIVO
1.1 – Evoluzione della Normativa
Il tecnico che si occupa dell’analisi energetica degli edifici, negli ultimi anni si è trovato di fronte
un numero considerevole di variazioni normative e legislative, con la difficoltà di non riuscire ad
approfondire totalmente i concetti in essi contenuti.
In particolare nel 2005, con l’uscita del decreto legislativo 192, i percorsi per la certificazione
energetica si sono nuovamente modificati.
A seguito della grave crisi energetica e del forte aumento dei costi di prodotti petroliferi verso la
fine del 1973, in Italia si è imposto come obbligatorio a livello legislativo il problema della
limitazione dei consumi energetici.
La logica del risparmio è stata perseguita con decreti e norme che sono state emanate con due leggi
che sono le tappe fondamentali del cammino energetico degli edifici, in altre parole:
• Legge n. 373 del 30/4/1976 (abrogata)
Tabella 1.1 – l’elenco dei decreti e norme relativi alla legge 373/76.
Anno Legge n. 373/76
1976 Legge n.373 del 30/4/1976 Norme per il Contenimento del Consumo
Energetico per usi termici negli edifici.
1977 D.P.R. n 1052 del 28/06/1977 Regolamento di esecuzione della legge 373.
1986 D.M. del 10/03/1986 Stabiliva le zone climatiche ed i valori minimi e
massimi del coefficiente di dispersione del
calore negli edifici.
1986 D.M. del 30/07/1986 Aggiornamento dei coefficienti di dispersione
termica degli edifici Cd.
1974 UNI n. 7357 del dicembre 1974 Calcolo del fabbisogno termico per il
riscaldamento di edifici.
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• Legge n. 10 del 9/01/1991
Anno Legge n. 10/91
1991 Legge n.10/91 Norme per l'attuazione del piano energetico nazionale in materia
di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo
delle fonti rinnovabili
1993 D.M. del 13/12/1993 Approvazione dei modelli tipo per la compilazione della relazione
tecnica di cui all'art. 28 della legge 9 gennaio 1991, n.10, attestante
la rispondenza alle prescrizioni in materia di contenimento del
consumo energetico degli edifici.
1993 Circolare ministeriale Art. 28 della legge n.10/1991 relazione tecnica sul rispetto delle
13/12/1993, n 231/F prescrizioni in materia di contenimento del consumo di energia negli
edifici. Indicazioni interpretattive e di chiarimento.
1993 D.P.R. 412 del 26/08/1993 Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione,
l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici
ai fini del contenimento dei consumi di energia in attuazione
dell'articolo 4, comma 4 legge 9 gennaio 1991, n. 10.
1994 Circolare ministeriale Art. 11 del decreto del presidente della republica 26 agosto 1993,
12/4/1994, n. 233/F n.412, recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio
e la manutenzione degli impianti termici degli edifici, indicazioni
interpretative e di chiarimento.
1994 D.M. 6/8/1994 Modificazione ed integrazione alla tabella relativa alle zone climatiche
di appartenenza dei comuni italiani allegata al decreto del Presidente
della Republica 26 agosto 1993, n. 412, concernente il contenimento
dei consumi di energia degli impianti termici degli edifici.
1999 D.P.R. 21 dicembre 1999, Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della
n. 551 Republica 26 agosto 1993, n. 412, in materia di progettazione,
installazione, esercizio e manutenzione degli impianti termici degli
edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia.
2001 D.P.R. 380/2001 Testo Unico in Materia Edilizia
2002 Legge 1/3/2002 Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza
dell' Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2001.
2003 D.M. 17/3/2003 Aggiornamenti agli allegati F e G del decreto del Presidente della
Republica 26 agosto 1993, n. 412, recante in materia di progettazione,
l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli
edifici, ai fini del contenimento dei consumi di energia.
2003 Circolare 15/5/2003 Nuovi modelli del Libretto di Impianto e del Libretto di Centrale.
2005 D.Leg.vo n. 192/2005
2006 D.Leg.vo n. 311/2006
Tabella 1.2 – elenco dei decreti e norme relativi alle leggi citate.
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1.1.1 – La legge n. 373/1976
La Legge 373/76 ora abrogata, ed il suo regolamento di applicazione, il D.P.R. 1052/76,
prescrivevano innanzitutto l’isolamento termico degli edifici. La disposizione era costituita
dall’obbligo del calcolo delle dispersioni, che dovevano essere contenute entro un valore massimo
prestabilito, attraverso l’isolamento termico dell’involucro.
Questa utile disposizione ha consentito, ove applicata di costruire nuovi edifici meno disperdenti.
Il calcolo delle dispersioni era eseguito solo in termini di potenza, secondo la norma UNI 7357
(Calcolo del fabbisogno termico per il riscaldamento di edifici), e veniva utilizzato per verificare la
congruità dell’isolamento termico, come pure per dimensionare l’impianto, ossia per determinare la
potenza termica dei radiatori e quella della caldaia. (figura n. 1.1)
Non venivano assolutamente presi in considerazione gli apporti energetici gratuiti, quindi non si
faceva un bilancio termico che tenesse in conto gli apporti gratuiti (interni ed esterni) e questo era
concettualmente errato perché induceva il progettista a trascurare molti aspetti importanti quali ad
esempio l’ubicazione dei componenti finestrati oltre al fato di garantire una temperatura interna
costante a quella desiderata.
La limitazione della potenza della caldaia prescritta dal D.P.R. 1052/77, ha costituito un vincolo più
dannoso che utile, in quanto il rendimento dell’impianto di produzione dipende da molteplici fattori,
di cui la potenza è solo uno di questi.
Il dimensionamento dell’impianto termico basato sulle sole verifiche imposte dalla vecchia norma
non permetteva di fatto un controllo dei consumi.
L’energia che l’impianto termico deve fornire non dipende solo dal grado d’isolamento
dell’involucro ma anche dalla quota dell’apporto gratuito che concorre al riscaldamento degli
ambienti e anche dal tipo di conduzione dell’impianto stesso.
Ovviamente un intervento che avviene solamente sull’isolamento dell’involucro senza il giusto
dimensionamento dell’impianto termico (in altre parole senza tenere conto delle condizioni al
contorno, come le condizioni climatiche esterne, il terreno, i locali adiacenti al locale che dobbiamo
riscaldare ma soprattutto degli apporti gratuiti di calore) non può garantire un ritorno nel tempo
previsto della spesa di quell'intervento fato.
10
Figura 1.1 - dimensionamento del impianto in base al suo isolamento termico
11
1.1.2 – La legge n. 10/1991 secondo il D.P.R. 412/1993, le variabili del problema
Per affrontare in maniera concettualmente corretta il problema, bisogna seguire un approccio in
termini di bilancio energetico come si vede in figura 1.2.
Ciò consente di individuare le variabili che concorrono nel comportamento del sistema oggetto di
studio e di evidenziare quali di queste possono essere controllate in sede di progetto.
Immaginiamo di avere un caso reale nel quale vi è un unico corpo edilizio servito da un singolo
impianto termico. Il sistema oggetto di studio è, per definizione, l’impianto e lo spazio di volume da
lui riscaldato ossia in questo caso l’intero edificio.
Tale sistema ha determinate condizioni al contorno che in genere sono: le condizioni climatiche
esterne, il terreno, la presenza di ambienti adiacenti non riscaldati o riscaldati a temperatura fissa.
A seconda della destinazione d’uso dei locali il sistema deve rispondere a determinate richieste. Nel
nostro caso consideriamo come esempio una tipologia edilizia residenziale nella quale si deve
garantire una temperatura interna di 20°C (questo è un dato di partenza del problema).
Per prima cosa bisogna valutare il fabbisogno di energia termica (QL) necessario per mantenere
all’interno dello spazio abitato la temperatura richiesta fissate le condizioni al contorno. Tale
fabbisogno sarà pari all’energia che si disperde attraverso l’involucro dell’edificio verso l’esterno
(l’ambiente circostante al locale che dobbiamo riscaldare) per trasmissione e ventilazione.
Si dovrà quindi calcolare l’ammontare complessivo degli scambi termici dovuti al salto termico tra
l’ambiente riscaldato (spazio abitato) e quello circostante.
I principali scambi termici si possono dividere in due categorie:
a) Scambi termici per trasmissione
• Verso l’esterno (QT)
• Verso il terreno (QG)
• Verso locali adiacenti a temperatura fissa (QAT)
• Verso locali adiacenti non riscaldati (QUT)
b) Scambi termici per ventilazione
• Verso l’esterno (QV)
• Verso locali adiacenti a temperatura fissa (QAV)
• Verso locali adiacenti non riscaldati (QUV)
L’entità delle dispersioni termiche per trasmissione attraverso le pareti dell’involucro dipendono
dalle caratteristiche d’isolamento dell’involucro medesimo, quindi qualora si voglia limitare il
fabbisogno d’energia per il riscaldamento, deve essere imposto un limite all’entità delle dispersioni
termiche per trasmissione.
L’edificio deve avere certe caratteristiche minime d’isolamento termico indipendentemente dalle
fonti e dai sistemi di fornitura dell’energia termica nel sistema.
Valutato l’ammontare dell’energia dispersa per trasmissione e per ventilazione (QL), per garantire
una prefissata temperatura interna, si devono analizzare le modalità d’immissione di un’analoga
quantità d’energia nel sistema.
12
Figura 1.2 – approcio in termini di bilancio energetico
13
Le modalità d’immissione all’interno sono mediante l’impianto termico e mediante gli apporti
gratuiti esterni ed interni.
Apporti energetici gratuiti si hanno attraverso l’involucro dello spazio riscaldato per effetto
dell’irradiazione solare sulle pareti opache (Qse) e sulle superfici finestrate (Qsi). A questi si
aggiungono gli apporti legati alle attività che si svolgono all’interno dei locali (Qi) quali ad
esempio la presenza di persone o di elementi che producono calore come lampade, elettrodomestici,
ecc. Solo una frazione di tali apporti gratuiti, dipendente dalla capacità termica dell’involucro, si
traduce pero, di fatto, in energia termica utile al riscaldamento degli ambienti.
La differenza tra l’energia richiesta (QL) e l’energia utilizzabile proveniente dagli apporti gratuiti
costituisce l’energia utile (Qh) che l’impianto deve fornire per garantire prefissate condizioni
ambientali.
Nell’ipotesi in cui le condizioni di funzionamento del sistema siano diverse da quelle considerate, in
pratica di mantenimento della temperatura interna costante nel tempo, bisognerà tenere conto
dell’effetto di tale funzionamento (attenuante o intermittenza) sui valori dell’energia dispersa
attraverso l’involucro e di quella gratuità disponibile dalle sorgenti interne e dalla radiazione solare.
Comunemente si adotta la tecnica di introdurre due coefficienti di riduzione, uno che agisce sul
valore dell’energia dispersa attraverso l’involucro calcolato in condizioni costanti e l’altro che
agisce sull’entità degli apporti gratuiti precedentemente determinati.
Si determina pertanto un’energia utile (Qhvs) che l’impianto deve fornire nell’ipotesi che il
funzionamento non sia costante nel tempo.
È chiaro che l’energia che l’impianto deve fornire non dipende soltanto dal grado d’isolamento
dell’involucro ma anche dalla quota d’apporto gratuito che concorre al riscaldamento degli ambienti
(aspetto che era trascurato nella Legge 373/1976).
Determinata l’energia utile (Qhvs) che l’impianto deve fornire, l’analisi si sposta sulle
caratteristiche dell’impianto.
Nel processo che trasforma l’energia primaria (combustibili che possono essere da diversa fonte,
fossili oppure rinnovabili) in energia termica utile si hanno delle perdite. Il rapporto tra l’energia
termica utile e quella primaria definisce il rendimento globale dell’impianto ( gη ).
Le perdite d’energia si hanno in corrispondenza alle fasi di produzione, distribuzione, emissione e
regolazione: .,,, redP ηηηη
L’energia primaria richiesta (consumata) sarà tanto maggiore di quella utile richiesta quanto più il
rendimento globale dell’impianto ( gη ) si allontana dal 100%.
Un requisito prestazionale da richiedere al sistema è quello di avere un rendimento globale
dell’impianto superiore ad un minimo consentito cosi da contenere le perdite dell’impianto entro
limiti prefissati.
Il fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento globale è legato sia al rendimento globale
dell’impianto termico che all’ammontare del fabbisogno di energia utile il quale a sua volta dipende
da com’è costruito ed isolato l’edificio e soprattutto da come questo sia concepito per sfruttare gli
apporti gratuiti.
Quindi per definire le caratteristiche prestazionali dell’intero sistema edificio-impianto (nel senso di
definire le caratteristiche in termini di consumo energetico) bisogna tenere in conto tutti questi
aspetti.
Le normative tecniche dell’UNI costituiscono una guida per adempiere a questi punti e devono
essere viste soprattutto come uno strumento per una progettazione energeticamente corretta. Esse
seguono l’impostazione del bilancio energetico sopra descritto e consentono al progettista di
modellare il sistema edificio-impianto assegnando caratteristiche prestazionali adeguate.
14
1.1.3 – Entità volumetriche oggetto della verifica
La normativa tecnica dell’UNI attuativa del D.P.R. 412/1993 è la normativa alla quale si deve
basare il tecnico progettista per il calcolo della prestazione termica dell’edificio.
La normativa tecnica dell’UNI (UNI 10379 e UNI 10344) ha introdotto la definizione di nuove
entità volumetriche che entrano nel gergo comune dei professionisti operanti nel settore
termotecnico, tra esse le principali sono: zona termica, e l’edificio.
Con il termine “zona termica” si definisce uno spazio racchiuso da un involucro edilizio riscaldato
ad una temperatura uniforme da un un unico impianto e con la stessa destinazione d’uso. Uno
spazio riscaldato deve essere quindi suddiviso in più zone termiche se vi sono sottoinsiemi con
temperatura interna diversa o se hanno destinazione d’uso diversa e comunque se sono serviti da
impianti diversi.
Per “edificio” s’intende uno spazio racchiuso da un involucro edilizio e riscaldato con energia
prodotta da un unico impianto termico
Non sempre dunque l’entità edificio definita dalla norma UNI 10344 e UNI 10379 coincide con
quanto s’intende nell’accensione comune del termine ossia con il corpo di fabbrica ma rappresenta
il sottoinsieme di questo che risulta riscaldato da un proprio impianto. Tale sottoinsieme costituisce
l’entità volumetrica oggetto delle verifiche di legge.
1.1.4 – Edifici nuovi e ristrutturazione degli esistenti
Negli edifici di nuova costruzione o negli interventi di ristrutturazione devono essere verificati i
seguenti requisiti.
• Il coefficiente di dispersione volumica per trasmissione dell’involucro Cd deve risultare
inferiore ad un valore limite imposto Cdlim.
• Il rendimento globale medio stagionale gη dell’impianto termico deve risultare superiore
ad un valore limite minimo imposto limgη .
• Il Fabbisogno Energetico Normalizzato FEN del sistema deve risultare inferiore ad un
valore limite imposto FENlim
Il calcolo di Cd e del FEN deve essere fatto per ciascuna porzione di spazio riscaldata con energia
prodotta da un unico impianto. Nel caso di tipologie residenziali (categoria E.1) esso deve essere
fatto per l’intero complesso edilizio nel caso sia previsto un unico impianto di produzione, deve
essere fatto invece per singola unità abitativa se sono previsti impianti singoli per unità.
1.1.5 – Coefficiente di dispersione volumica per trasmissione
Il coefficiente di dispersione volumica globale per trasmissione dell’involucro Cd rappresenta la
potenza termica dispersa per trasmissione per ogni unità di volume riscaldata per ogni grado Celcius
di differenza tra la temperatura interna e quella esterna di progetto.
15
Il coefficiente Cd1, in accordo con quanto stabilito nell’apendice E della norma UNI2 10379, è dato
dall’espressione sotto:
e
Ptr
d V
C
∆Θ⋅
Φ
= ,
(1)
Dove:
Ptr ,Φ è la potenza termica per trasmissione attraverso l’involucro dell’edificio riscaldato calcolata
secondo la UNI 73573, senza tenere conto degli aumenti previsti per l’intermittenza di
funzionamento considerando la temperatura interna ed esterna in riferimento dell’art. 4
comma 1 del D.P.R. 412/1993, ed espressa in watt;
V è il volume lordo delle parti di edificio riscaldato, definito dalle superfici, esterne degli
elementi che lo delimitano ed espresso in m3;
e∆Θ è la differenza tra temperatura interna di progetto e la temperatura esterna minima di
progetto espressa in °C;
Per rispettare la legge occorre:
• Calcolare il valore di Cd dell’edificio con la formula sopra
• Calcolare il Cd limite dell’edificio in esame seguendo la procedura riportata nelle normative
precedenti alla Legge n. 10/1991
• Verificare che il
lim,dd CC ≤
Il valore di Cdlim si calcola come segue:
Per ogni comune ci sono due valori di Cdlim elencati nella Tabella 1.34.
• Per S/V5 minore o uguale di 0,2 i valori assegnati sono sempre pari a quelli che si hanno per
S/V = 0,2
• Per S/V maggiore di 0,9 i valori assegnati sono sempre pari a quelli che si hanno per S/V 0
0,9
• Per S/V maggiore di 0,2 e minore di 0,9 il valore di Cdlim viene determinato per
interpolazione6 con la seguente formula:
( )
( )
lim,1lim,2lim,1lim,
7,0
2,0/
dddd CC
VSCC −⋅−+=
1
Il Cdlim si calcola in base al D.M. 30/7/86 per gli edifici ai quali si applicavano le norme della Legge n. 373 e in base
al D.M. 23/11/1982 per quelli industriali, prima dell’uscità del D.Lgs. 192/2005.
2
UNI 10379 è la norma attuativa del D.P.R. 412/1993.
3
UNI 7357 è la norma attutiva del D.P.R. 1052/1977.
4
La tabella 3 si riferisce ai valori di Cdlim del D.M. 30/7/86 per gli edifici mentre per gli edifici industriali esiste
un'altra tabelladei valori di Cdlim del D.M. 23/11/1982 simile a quella sopra.
5
S/V è il fattore di forma dell’edificio dove S è la superficie esterna che delimita il volume lordo delle parti di edificio
riscaldato V.
6
Notare che l’interpolazione viene fatta per prima sui Gradi Giorni e poi sul S/V.
A F
Gradi Giorno Gradi Giorno
S/V <= 600 601 900 9001 1400 1401 2100 2101 3000 > 600
<= 0,2 0,49 0,49 0,46 0,46 0,42 0,42 0,34 0,34 0,3 0,3
>= 0,2 1,16 1,16 1,08 1,08 0,95 0,95 0,76 0,76 0,73 0,73
B C D E
Gradi Giorno Gradi Giorno Gradi Giorno Gradi Giorno
Tabella 1.3 – Valori di Cd lim di cui al D.M. 30/7/86
16
Tutto il procedimento lo riassumo come riportato nello schema sotto:
Ai fini del calcolo della potenza termica dispersa per trasmissione è necessario conoscere le
seguenti grandezze:
• Area di ciascun componente edilizio che separa lo spazio in oggetto da un altro che si trova
in condizioni diverse;
• Trasmittanza termica di ciascun componente edilizio (U);
• Trasmittanza termica lineica
l
ψ del ponte termico e la sua lunghezza L;
• Temperatura della zona adiacente.
I componenti edilizi che devono comparire nel calcolo della potenza termica dispersa per
trasmissione sono quelli a contatto con:
• L’ambiente esterno;
• Una zona riscaldata a temperatura fissata diversa da quella della zona oggetto dello studio;
• Una zona non riscaldata.
Nel caso di ambiente esterno la temperatura da considerare è quello di progetto esterna che si trova
nella normativa.
Nel caso di zona riscaldata la temperatura da considerare è quella a cui è mantenuta tale zona.
Nel caso di zona non riscaldata la temperatura da considerare è quella esterna di progetto in quanto,
per la parete corrispondente, si introduce un valore equivalente della trasmittanza termica che tenga
conto delle effettive condizioni al contorno7.
7
Il coefficiente di dispersione termica equivalente (W/K, attenzione non è la trasmittanza termica) si determina
utilizzando le equazioni riportate nella UNI 10344.
D.M. 30/07/86 UNI 10379 Involucro Edilizio
A, U, DT
S/V, GG,
Cdlim Cd
Progetto
Cd <= Cdlim
OK
Si
No
17
Quindi per quanto riguarda il calcolo della potenza8 termica dispersa per trasmissione attraverso
l’involucro, questo è dato dalla somma di tutte le dispersioni per trasmissione che avvengono
dall’ambiente riscaldato verso l’esterno o gli ambienti a temperatura fissa, oppure gli spazi non
riscaldati con le dispersioni per i possibili ponti termici:
GATUTtermicopTptr QQQQQ
...
,
..
,
++++=Φ (2)
Dove:
TQ
.
è la potenza termica dispersa verso l’ambiente esterno per trasmissione attraverso
l’involucro dell’edificio (in altre parole dalle superfici opache e quelle trasparenti).
termicopQ ,
.
è la potenza termica dispersa per ponte termico.
UTQ
.
è la potenza termica dispersa attraverso le superfici opache verso locali non riscaldati.
ATQ
.
è la potenza termica dispersa attraverso le superfici opache verso locali a temperatura
costante.
GQ
.
è la potenza termica dispersa attraverso superfici opache verso il terreno.
1.1.6 – I Provvedimenti attuativi della legge n. 10/1991 e del Capo VI, Parte II, del
DPR n. 380/2001
Con l’entrata in vigore del Capo VI, Parte II del D.P.R. 6 Giugno 2001, n. 380, recante le norme per
il contenimento del consumo di energia negli edifici, il Titolo II della nota Legge 10/1991,
costituito da 13 articoli, è stato riprodotto e coordinato con le disposizioni contenute nel Testo
Unico.
Le analoghe disposizioni della legge n. 10/1991 sono state riportate negli articoli dal 122 al 135 del
Testo Unico in materia edilizia. Esse riguardano principalmente:
• la progettazione e la messa in opera ed esercizio di edifici e impianti;
• le modalità di presentazione della documentazione tecnica;
• la certificazione delle opere e il loro collaudo;
• la certificazione energetica degli edifici;
• l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici;
• la certificazione di componenti di edifici e impianti;
• i controlli, le verifiche e le sanzioni.
Dopo l’entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001, la legge n. 10/1991 è stata soggetta a modifiche e
integrazioni, prima dal D.Leg.vo n. 192/2005 e successivamente dal dal D.Leg.vo 311/2006.
Si ritiene che pur non citandolo esplicitamente, anche il D.P.R. n. 380/2001 sia stato modificato
nelle parti in cui riporta le disposizioni riguardanti il contenimento dei consumi energetici.
8
Sottolineiamo che nel calcolo del Cd si sommano le potenze disperse (solo potenze per trasmissione e non per
ventilazione) mentre nel calcolo del FEN sommiamo l’energia dispersa. È questa la sostanziale differenza apportata
dalla Legge 10, ovvero non limitare solo le potenze disperse ma contenere l’energia totale consumata dall’edificio.
18
Per quanto riguarda il Titolo I della Legge n. 10/1991 le disposizioni legislative emanante che
riguardano questo titolo sono quelle relative all’attuazione dell’Articolo 4, Comma 49, contenute nel
D.P.R. n. 412/1993 e s.m.i.
Il D.P.R. n. 412/1993 e s.m.i. riporta il regolamento riguardante la progettazione, l’installazione
l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici al fine di contenere i consumi
d’energia. Questo regolamento, che ha sostituito il regolamento contenuto nel D.P.R. n. 1052/1977
attuativo della ex legge n. 373/1976, è stato modificato dal D.Leg.vo 192/2005 e s.m.i..
Mentre per quanto riguarda il secondo titolo della Legge n. 10/1991 merita di essere segnalato
quello per l’attuazione dell’articolo 28 il cui contenuto era riportato nel D.M. 13 dicembre 1993
abrogato dal D.Leg.vo 192/2005 e s.m.i..
Il decreto riportava i modelli di relazione che dovevano essere compilati e presentati al Comune
prima di dare inizio ai lavori.
1.2 – Elementi Innovativi e Prescrizioni Contenuti nel D.P.R. n. 412 del 26 agosto 93
Prima dell’emanazione del D.Leg.vo n. 192/2005, il provvedimento base per eseguire la
progettazione degli edifici e degli impianti termici al fine di contenere i consumi energetici era il
D.P.R. n. 412/1993 e s.m.i, nonché le norme tecniche applicabili.
La Legge 9 gennaio 1991 n. 10, concernente le norme per l’attuazione del Piano energetico
nazionale in materia d’uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti
rinnovabili d’energia prevede, tra molteplici adempimenti, l’emanazione di norme riguardanti:
• la definizione dei criteri generali tecnico-costruttivi e le tipologie per l’edilizia
convenzionata nonché per l’edilizia pubblica e privata (art. 4 comma 1) e opere pubbliche
(art. 4 comma 2); su proposta del Ministro dei Lavori Pubblici (LLPP).
• La progettazione, l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli
edifici (art. 4 comma 4) su proposta del Ministro dell’industria, del Commercio e
dell’Artigianato (MICA)
L’articolo 28 della Legge n. 10/1991 prescrive inoltre che il proprietario dell’edificio, o chi ne ha
titolo, deve depositare in Comune insieme alla denuncia di inizio lavori relativi alle opere di cui agli
art. 25 e 26 della stessa legge, il progetto delle opere stesse corredato da una relazione tecnica,
sottoscritta dal progettista o dai progettisti, che ne attesti la rispondenza alle prescrizioni per
contenimento del consumo di energia degli edifici e relativi impianti.
Per rispondere a quanto richiesto dall’art. 4 Comma 4 e all’articolo 28 della Legge n. 10/1991 sono
stati emanati i seguenti decreti:
• D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993 – Regolamento recante norme per la progettazione,
l’installazione, l’esercizio e la manutenzione degli impianti termici.
• Decreto del Ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato 13 dicembre 1993 contenente
i modelli tipo per la compilazione della relazione di cui all’articolo 28 della legge 9 gennaio
1991 n. 10.
• Decreto del Ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato 6 agosto 1994 “Decreto di
recepimento della Normativa UNI attuative del D.P.R. 26 agosto 1993 n. 412”.
Il D.P.R. n. 412/1993 si applica a tutte le categorie d’edifici, compresi quelli industriali e
artiganniali, nei quali sia installato un impianto adibito alla climatizzazione degli ambienti o alla
produzione d’acqua calda per usi igienico e sanitari, alimentati con combustibili solidi, liquidi e
gassosi.
9
Il suddetto comma è stata abrogata dal D.Leg.vo 192/2005 e s.m.i..
19
È da sottolineare, inoltre che il D.P.R. n. 412/1993, si applica ai soli impianti per la climatizzazione
invernale e non agli impianti per la climatizzazione estiva.
Inoltre le sue disposizioni non si applicano ai seguenti apparecchi: stufe, caminetti, radiatori
individuali, radiatori, scaldaacqua unifamiliari.
È superato il criterio, contenuto nella legge n. 373/76 e nei regolamenti da essa derivati, di limitare
unicamente le dispersioni termiche attraverso l’involucro edilizio e di fissare la potenza termica del
generatore in base a questo parametro (figura n. 1.3).
Le norme contenute nel D.P.R. n. 412/1993 pongono maggiore attenzione: al Sistema Edificio-
Impianto per la progettazione dell’impianto termico, alle prestazioni dei componenti durante tutta la
sua vita. Quindi il D.P.R. n. 412/1993 introduce il concetto fondamentale di prestazione termica del
sistema edificio-impianto (figura n. 1.4) che deve essere determinata utilizzando le procedure di
calcolo riportate nella Normativa Tecnica UNI.
Fig. 1.4 – Elementi che intervengono a definire l’efficienza del sistema
Fig. 1.3 – Interpretazione secondo la legge 373/76
Pmax = (Cdlim + 0,34n)V x DTp
L'efficienza energetica
era associata al solo isolamento dell'edificio
Sistema = involucro edilizio
Legge 373/76
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Viene infatti introdotto il criterio di contenimento dei consumi d’energia del sistema edificio-
impianto termico, basato su un bilancio energetico che tiene conto delle:
a) in termini di perdite:
• dell’energia persa per trasmissione e per ventilazione attraverso l’involucro edilizio;
• dell’energia persa dall’impianto termico nelle fasi di produzione, regolazione, distribuzione
ed emissione del calore.
b) in termini di apporti:
• dell’energia primaria immessa nella centrale termica attraverso i vettori energetici;
• dell’energia solare fornita all’edificio, principalmente attraverso le sue superfici vetrate;
• degli apporti gratuiti interni.
Il criterio per il contenimento del consumo di energia degli edifici comporta un approccio
metodologico di progettazione che prevede:
a) La formulazione di un limite globale dei fabbisogni energetici per unità di volume riscaldato e
per unità di grado giorno (FEN, norma UNI 10379) nell’ipotesi di temperatura interna degli
ambienti mantenuto al valore fissato per tutto il periodo di riscaldamento.
b) L’introduzione di un valore limite del rendimento globale medio stagionale ( gη ) per il
dimensionamento degli impianti termici di nuova installazione o sottoposti a ristrutturazione;
c) L’introduzione di un valore limite del rendimento medio stagionale di produzione ( pη ) per il
corretto dimensionamento dei generatori di calore destinati a sostituire i vecchi generatori.
Fin qui i gradi di libertà del progettista per contenere i consumi energetici e le inefficienze del
sistema entro il limite prestabilito, nelle condizioni convenzionali previste, sono quindi
relativamente ampi potendo operare sui seguenti parametri:
• Isolamento termico dell’involucro edilizio (che in ogni caso deve essere superiore ai valori
previsti dalla normativa);
• Rendimento medio stagionale del generatore di calore che in ogni caso deve risultare
superiore al valore imposto dal D.P.R. 412/1993 all’art. 5 comma 1;
• Eventuale recupero dell’aria ricambiata;
• Esposizione e dimensionamento delle superfici vetrate.